Dettaglio Legge Regionale

Norme regionali in materia di disturbo all'esercizio dell'attività venatoria e piscatoria:modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme regionali per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio" e alla legge regionale 28 aprile 1998, n.19 "Norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne della Regione Veneto". (17-1-2017)
Veneto
Legge n.1 del 17-1-2017
n.8 del 17-1-2017
Politiche infrastrutturali
10-3-2017 / Impugnata
La legge regionale, che detta norme in materia di disturbo all'esercizio dell'attività venatoria e piscatoria, modificando la legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme regionali per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio" e la legge regionale 28 aprile 1998, n.19 "Norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne della Regione Veneto", presenta, relativamente alle disposizioni contenute negli articoli 1 e 2, profili di illegittimità costituzionale connessi allo sconfinamento in ambiti che la Costituzione assegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, con particolare riguardo alla materia dell'ordine pubblico e della sicurezza nonché dell’ordinamento civile e penale, di cui all’articolo 117, comma 2, lettere h) e l) della Costituzione, oltre violare i principi costituzionali, in materia di sanzioni, di legalità, razionalità e non discriminazione, rinvenibili negli articoli 25, 3 e 27 della Costituzione.

L'art. 1 inserisce, dopo l'art. 35 della l. r. n 50/1993 (Norme regionali per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio), l'art. 35 bis recante: "Disturbo all'esercizio dell'attività venatoria e molestie agli esercenti l'attività venatoria", in base al quale "chiunque, con lo scopo di impedire intenzionalmente l'esercizio dell'attività venatoria ponga in essere atti di ostruzionismo o di disturbo dai quali possa essere turbata o interrotta la regolare attività dì caccia o rechi molestie ai cacciatori nel corso delle loro attività, è punito con la sanzione amministrativa da euro 600,00 a euro 3.600,00".
Il comma 2 prevede che all'accertamento e alla contestazione delle violazioni procedono gli organi cui sono demandate funzioni di polizia.
Il comma 3, infine, statuisce che la Regione esercita le funzioni amministrative riguardanti l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla presente legge e ne introita i proventi.

Il successivo art. 2 modifica la legge regione Veneto 28 aprile 1998 n.19 (Norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne della Regione Veneto) inserendo l’articolo 33 ter recante "Disturbo all'esercizio dell'attività piscatoria e molestie agli esercenti attività piscatoria". La norma prevede sanzioni amministrative comprese da euro 600,00 a euro 3.600,00 nei confronti di chiunque allo scopo di impedire intenzionalmente l'esercizio piscatoria, ponga in essere atti di ostruzionisrno o di disturbo dai quali possa essere turbata o interrotta la regolare attivita di pesca o rechi molestie ai pescatori nel corso delle loro attività.

Premesso che la genericità e l'indeterminatezza delle condotte punibili individuate dalle descritte norme regionali sono suscettibili di creare rilevanti problemi in sede applicativa, esse appaiono esorbitare dalla competenza assegnata al legislatore regionale.
Le norme regionali delineano fattispecie sanzionatorie nella quale vengono introdotti i concetti di "disturbo", di "ostruzionismo" e di molestie" che si sostanziano in atti emulativi posti in essere al solo fine di recare nocumento a beni fondamentali quali l'integrità delle persone e la sicurezza. Beni la cui tutela assume importanza prioritaria per l’ordinamento tanto da essere rimessa alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Le norme regionali si pongono dunque in contrasto con l’articolo 117, secondo comma lettera h) della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di sicurezza ed ordine pubblico

Va altresì rilevato che, come emerge dal tenore testuale delle disposizioni, le stesse descrivono la condotta di reato già prevista all’articolo 660 del Codice Penale, punita con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a euro 516, posto che contengono tutti gli elementi propri del reato contravvenzionale, con la specificazione che la "molestia" o il "disturbo" è messo in atto contro l'esercizio in luogo pubblico o aperto al pubblico dell'attività venatoria/piscatoria; trattasi per ciò stesso di materia riservata alla legislazione esclusiva dello Stato.
A ciò aggiungasi che le fattispecie individuate dalla regione, sanzionate in via amministrativa, con l’asserita finalità di garantire l’ordinato e regolare svolgimento di attività, quali quella venatoria e quella della pesca, consentite dall’ordinamento, vanno a colpire comportamenti emulativi e condotte già di per sé potenzialmente illeciti quali il compimento di atti ostruzionistici e di disturbo finalisticamente orientati a impedire l’esercizio delle attività in parola che producono un evento di danno consistente nel turbamento o nell’interruzione delle stesse attività ovvero nel recare uno stato di molestia. I danni prodotti da tali comportamenti trovano già, nell’ordinamento vigente, una tutela di carattere privatistico che si sostanzia nella risarcibilità dei danni arrecati.
Anche sotto questo profilo dunque eccede dalla competenza sanzionatoria regionale l’individuazione di fattispecie di illecito amministrativo consistenti in comportamenti, anche se di per sé non antigiuridici, che possono potenzialmente determinare illeciti civili.
Le norme regionali invadono quindi ambiti riservati alla competenza esclusiva dello Stato, quali l’ordinamento civile e penale, in violazione dell’art. 117, comma 2, lett. l) della Costituzione .

Si osserva, infine, che la formulazione delle fattispecie sanzionatorie introdotte risulta contraria ai principi costituzionali di legalità, razionalità e non discriminazione, rinvenibili negli articoli 25, 3 e 27 della Costituzione : oltre al fatto che dalle disposizioni censurate non emerge la clausola di riserva "salvo che il fatto non costituisca reato", le sanzioni amministrative introdotte dalle norme regionali in esame, da euro 600,00 a euro 3.600,00, appaiono sproporzionate, non solo rispetto a quelle previste dall'art. 35 della legge regionale n. 50 del 1993, il cui massimo edittale - nei casi più gravi - è fissato in euro 1.200, ma anche rispetto a quelle vigenti nei confronti del cacciatore per le violazioni commesse ai sensi dell'art. 31 della legge n. 157/92.
Al riguardo, si rileva che nel nostro ordinamento i principi costituzionali in materia sanzionatoria trovano applicazione in relazione a tutte le misure di carattere punitivo, comprese quelle amministrative, alle quali si applica quindi la medesima disciplina prevista per le pene in senso stretto. Detti canoni costituzionali sono per altro espressamente richiamati anche dalla legge fondamentale n. 689/1981 (artt. 1 e ss.), in tema di principi generali in materia di sanzioni amministrative, che le Regioni sono tenute ad osservare nell'esercizio delle proprie potestà.

Per questi motivi le disposizioni regionali sopra indicate devono essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione

« Indietro