Dettaglio Legge Regionale

Proroga dell’esercizio provvisorio per l’anno 2017 e istituzione del Fondo regionale per la disabilità. Norme urgenti per le procedure di nomina nel settore sanitario regionale. (1-3-2017)
Sicilia
Legge n.4 del 1-3-2017
n.9 del 3-3-2017
Politiche socio sanitarie e culturali
28-4-2017 / Impugnata
La legge della Regione Siciliana n. 4 del 10 marzo 2017, recante "Proroga dell'esercizio provvisorio per l'anno 2017 e istituzione del Fondo regionale per la disabilità. Norme urgenti per le procedure di nomina nel settore sanitario regionale", presenta i seguenti profili d'illegittimità costituzionale.
L'art. 3, che reca le "Norme urgenti per le procedure di nomina nel settore sanitario regionale", prevede che, "nelle more della modifica legislativa discendente dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 251 del 2016 e considerato il mancato aggiornamento dell'elenco regionale secondo quanto previsto dal comma 3 dell'art. 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni al fine di evitare liti e contenzioso, gli incarichi di direttore generale delle Aziende sanitarie provinciali, delle Aziende ospedaliere e delle Aziende ospedaliere universitarie della Regione attualmente vigenti sono confermati sino alla naturale scadenza ed è fatto divieto di procedere a nuove nomine, ove non ricorra l'incarico ordinario si procede lla nomina del commissario ai sensi di quanto disposto dall'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni. Resta confermato quanto stabilito dall'articolo 1 della legge regionale 2 agosto 2012, n. 43".
Tale disposizione regionale che interviene in materia di nomina di direttori generali delle aziende sanitarie, prevedendo il divieto di nominare nuovi direttori generali allo scadere degli incarichi in corso, e la nomina di commissari in luogo della nomina dei direttori generali, senza peraltro stabilire le procedure e i requisiti necessari per dette nomine, nonché i relativi termini di decadenza, eccede dalle competenze attribuite alla regione Sicilia dallo Statuto speciale, e in particolare dalla competenza concorrente in materia di "assistenza sanitaria" e di "sanità pubblica" attribuite alla regione dall'art. 17, lett. b) e c), dello Statuto, e contrasta con i principi fondamentali in materia di tutela della salute contenuti nella normativa statale di riferimento, in violazione dell'art.117, terzo comma, Cost., e dei principi di ragionevolezza, di adeguatezza e di buon andamento dell'amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost.
Al riguardo appare opportuno ricordare che l'istituto della nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie ha recentemente formato oggetto di apposita disciplina statale di riforma. La legge n. 124 del 2015 (recante "Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche"), all'articolo 11, comma 1, lettera p), nel dettare i principi fondamentali in materia di tutela della salute, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, ha previsto, per la nomina dei direttori generali delle ASL una "selezione unica per titoli, previo avviso pubblico, dei direttori generali in possesso di specifici titoli formativi e professionali e di comprovata esperienza dirigenziale, effettuata da parte di una commissione nazionale composta pariteticamente da rappresentanti dello Stato e delle regioni, per l'inserimento in un elenco nazionale degli idonei istituito presso il Ministero della salute, aggiornato con cadenza biennale, da cui le regioni e le province autonome devono attingere per il conferimento dei relativi incarichi da effettuare nell'ambito di una rosa di candidati costituita da coloro che, iscritti nell'elenco nazionale, manifestano l'interesse all'incarico da ricoprire, previo avviso della singola regione o provincia autonoma che procede secondo le modalità del citato articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni". Detto art. 11, comma 1, lettera p), ha quindi demandato al decreto delegato la disciplina concernente le procedure per la nomina dei direttori generali delle Asl, prevedendo:
a) la selezione da parte di una commissione nazionale di esperti per l'inserimento dei candidati in un elenco nazionale, volta a valutare l'idoneità al conferimento degli incarichi di direttore generale;
b) la procedura di conferimento dell'incarico da parte della regione "previo avviso (da rivolgere esclusivamente a coloro che sono iscritti nell'elenco nazionale) [...] secondo le modalità dell'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992", vale a dire attraverso una procedura selettiva volta a valutare i candidati in ordine al singolo incarico da conferire. Infatti già il d.l. n.158 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, con l'obiettivo di slegare la nomina della dirigenza apicale delle aziende sanitarie dalla sola "fiducia politica", per agganciarla ad una valutazione di tipo "tecnico", aveva modificato l'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992, prevedendo la formazione di un elenco regionale di idonei, costituito previo avviso pubblico e selezione effettuata da parte di una Commissione.
In attuazione del citato art. 11, comma 1, lettera p), è stato emanato il decreto legislativo n. 171 del 2016, che, ai fini del conferimento degli incarichi di direttore generale, agli artt. 1 e 2, prevede una doppia selezione: una a livello nazionale per la costituzione dell'elenco nazionale degli idonei a ricoprire gli incarichi, ed una a livello regionale, previo avviso pubblico - rivolto esclusivamente a coloro che sono iscritti nell'elenco nazionale - volta alla formazione di una rosa di candidati da sottoporre al Presidente della Regione. Tale decreto prevede inoltre, con disciplina transitoria contenuta nell'art. 5, che "fino alla costituzione dell'elenco nazionale e degli elenchi regionali di cui, rispettivamente, agli articoli 1 e 3, si applicano, per il conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo, di direttore sanitario e, ove previsto dalle leggi
regionali, di direttore del servizi socio-sanitari, delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, e per la valutazione degli stessi, le
procedure vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Nel caso in cui non è stato costituito l'elenco regionale, per il conferimento degli incarichi di direttore amministrativo, di direttore sanitario e, ove previsto dalle leggi regionali, di direttore dei servizi socio-sanitari, le regioni attingono agli altri elenchi regionali già costituiti".
La ratio della riforma in parola è quella di introdurre dei correttivi al sistema vigente, al fine di assicurare un punto di equilibrio tra l'esigenza di un rapporto fiduciario tra l'organo politico e gli organi di vertice delle ASL e l'esigenza di garantire che le nomine avvengano in modo imparziale e trasparente. Ciò in piena coerenza anche con gli ormai consolidati orientamenti della Corte Costituzionale in merito alla natura di tali incarichi, al fine di assicurare il buon andamento e l'imparzialità della pubblica amministrazione.
Come è noto, la menzionata legge delega n. 124/2015 è stata impugnata dalla regione Veneto dinanzi alla Corte Costituzionale, che, con la sentenza n. 251 del 2016, ha dichiarato l'incostituzionalità, tra l'altro, dell'art. 11, comma 1, lettera p), nella parte in cui prevede che il decreto legislativo attuativo sia adottato previa acquisizione del parere reso in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Si sottolinea tuttavia che detta sentenza ha chiarito che la dichiarata illegittimità costituzionale della legge delega non si estende ai decreti delegati. La sentenza recita infatti: "Le pronunce di illegittimità costituzionale, contenute in questa decisione, sono circoscritte alle disposizioni di delegazione della legge n. 124 del 2015, oggetto del ricorso, e non si estendono alle relative disposizioni attuative. Nel caso di impugnazione di tali disposizioni, si dovrà accertare l'effettiva lesione delle competenze regionali, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo riterrà di apprestare al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione". Sulla scorta di tale pronuncia il Consiglio di Stato, interpellato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri sugli adempimenti da compiere a seguito della sentenza della suddetta sentenza della Corte costituzionale, nel parere n. 83 del 2017, ha affermato che "... non sussistano dubbi sulla attuale vigenza ed efficacia dei decreti legislativi già emanati, non avendo la Corte Costituzionale né affermato né escluso la loro legittimità costituzionale", ed infatti, la Corte "ha inteso modulare in modo chiaro gli effetti della propria pronuncia, escludendo che i decreti legislativi siano stati incisi direttamente dalla pronuncia di illegittimità costituzionale".
Ciò premesso, l'art. 3 della legge regionale in esame, che detta una nuova disciplina della nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie, prevedendo il divieto di effettuare nuove nomine allo scadere degli incarichi in corso, e la nomina di commissari in luogo della nomina dei direttori generali, senza peraltro stabilire le procedure e i requisiti necessari per dette nomine, nonché i relativi termini di decadenza, opera una “reformatio in peius" rispetto alle garanzie di trasparenza ed
imparzialità che il legislatore ha inteso assicurare con la riforma operata con la legge n. 124 del 2015 e con il d. lgs. n. 171 del 2016, al fine di garantire il buon andamento e l'imparzialità dell'azione amministrativa. Esso contrasta pertanto con i menzionati principi fondamentali in materia di tutela della salute di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., contenuti nell' art. 11, comma 1, lettera p), della L. n. 124 del 2015 e negli artt. 1 e 2 e 5 del d.lgs. n. 171 del 2016, che informano i procedimenti di nomina dei direttori generali delle Asl, e viola altresì il "principio di ragionevolezza", di adeguatezza e di buon andamento dell'amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Peraltro anche a voler ritenere che, non essendo stato ancora istituito l'elenco nazionale, si debbano applicare "le procedure vigenti" all'entrata in vigore del d. lgs. n. 171 del 2016, come previsto dall'art. 5 di tale decreto, tali procedure non possono che essere quelle individuate dall'art. 3-bis del d. lgs n. 502 del 1992 (come modificato dal D.L. 158 del 2012), che contiene i principi fondamentali in materia di tutela della salute riguardanti la nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie, e che sono vigenti fino alla data di istituzione dell'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale, secondo quanto previsto dall'art. 9 del menzionato d. lgs. n. 171 del 2016. La norma regionale in esame, invece, analogamente alle altre disposizioni regionali vigenti in materia, contenute negli artt. 19 e 20 della legge delle regione siciliana n. 5 del 2009, non rispetta il dettato dell'art. 3-bis del d.lgs n. 502/1992, ponendosi anzi in contrasto con esso. Innanzitutto, nel vietare nuove nomine, la norma regionale in esame si pone in contrasto con il comma 2 del menzionato art. 3-bis, che pone in capo alla regione l'obbligo di nomina del direttore generale "nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell'ufficio". Inoltre anche la previsione di nomina di commissari ad hoc in luogo della nomina dei direttori generali non trova riscontro nel menzionato art. 3-bis. Infatti nella misura in cui la norma regionale rinvia all'art. 3-bis per la nomina dei commissari e non dei direttori generali contrasta con detta norma statale che prevede e disciplina, sia a regime, sia in via transitoria, solo la nomina dei direttori generali attingendo all'elenco regionale degli idonei. Il comma 3 dell'art. 3-bis stabilisce infatti che "La regione provvede alla nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, attingendo obbligatoriamente all'elenco regionale di idonei, ovvero agli analoghi elenchi delle altre regioni". Pertanto la Regione, in base alla menzionata normativa statale, allo scadere degli incarichi, dovrebbe attingere all'elenco regionale che, seppure non aggiornato, in base alla formulazione della norma regionale in esame, deve ritenersi esistente, oppure, in alternativa, dovrebbe attingere "agli analoghi elenchi delle altre regioni". Peraltro detto art. 3-bis non prevede la possibilità per la Regione di nominare commissari da porre in capo alle aziende sanitarie. L'unica previsione di commissariamento prevista da detto articolo (e in particolare dal comma 2, che opera un rinvio al comma 2-octies dell'art. 2), è la possibilità di nomina, decorsi i sessanta giorni, di un Commissario ad acta da parte del Governo quale intervento sostitutivo ai sensi dell'art. 120 Cost.
Si segnala infine che la norma regionale non può ritenersi legittima in base all'art. 1 della legge regionale 2 agosto 2012, n. 43, richiamato dalla norma in esame, che, aggiungendo l'art. 3-bis alla legge regionale 28 marzo 1995, n. 22, recante le "Norme in materia di nomine ed incarichi di competenza del Governo della Regione", al comma 3 prevede che " Restano ferme le disposizioni previste dalla normativa vigente che disciplinano i casi di cessazione anticipata per i titolari di incarichi conferiti dal Presidente, dalla Giunta o dagli Assessori della Regione". Tale norma riguarda infatti ipotesi di vacanza dell'ufficio determinate da cause tassative e, pertanto, limitate a fattispecie ben precise, diverse da quelle individuate dalla legge in esame che prevede il divieto di effettuare nuove nomine allo scadere degli incarichi in corso, e la nomina di commissari in luogo della nomina dei direttori generali.
Pertanto la norma regionale in esame, disattendendo tutti i principi della legislazione statale in materia di nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie, crea un regime provvisorio e privo di regole in luogo di quello a regime profilato dalla legislazione statale per l'organizzazione delle pubbliche amministrazioni. Essa pertanto, come sopra anticipato, eccede dalle competenze attribuite alla regione Sicilia dallo Statuto speciale, e in particolare dalla competenza concorrente in materia di "assistenza sanitaria" e di "sanità pubblica" attribuite alla regione dall'art. 17, lett. b) e c), dello Statuto, e contrasta con i principi fondamentali in materia di tutela della salute contenuti nell' art. 11, comma 1, lettera p), della L. n. 124 del 2015 e negli artt. 1 e 2, 5 e 9 del d.lgs. n. 171 del 2016, nonché nell'art. 3-bis del d. lgs n. 502 del 1992 (come modificato dal D.L. 158 del 2012), in violazione dell'art.117, terzo comma, Cost. Essa viola, altresì, i principi di ragionevolezza, di adeguatezza e di buon andamento dell'amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost. Il principio di ragionevolezza, infatti, nato nell'ambito dei giudizi costituzionali sul principio di eguaglianza, e che è alla base del principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost., costituisce oggi valido "complemento" a qualunque altro principio costituzionale richiamato a parametro del giudizio della Corte, e si pone quale criterio di giudizio volto a valutare la logicità, la coerenza, l'adeguatezza, la congruenza, la proporzionalità e la non arbitrarietà della disciplina legislativa per stabilire se si tratta di leggi ragionevolmente fondate.
Per i motivi esposti l'art. 3 della legge regionale in esame deve essere impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell'art. 127 della Costituzione.

« Indietro