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Disposizioni per la realizzazione, manutenzione, gestione, promozione e valorizzazione della rete dei cammini della Regione Lazio. Modifiche alla legge regionale 6 agosto 2007, n. 13, concernente l'organizzazione del sistema turistico laziale e successive modifiche. (10-3-2017)
Lazio
Legge n.2 del 10-3-2017
n.21 del 14-3-2017
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia impugnativa
Con delibera del Consiglio dei Ministri dello scorso 12 maggio 2017 il Governo deliberò l'impugnativa della legge della Regione Lazio n.2 pubblicata sul B.U.R n. 21 del 14/03/2017 recante: Disposizioni per la realizzazione, manutenzione, gestione, promozione e valorizzazione della rete dei cammini della RegioneLazio. Modifiche alla legge regionale 6 agosto 2007, n. 13, concernente l'organizzazione del sistema turistico laziale e successive modifiche.
In particolare le censure governative si erano appuntate sugli articoli 13 e 14, che, non prevedevano che le funzioni e gli interventi disciplinati dalle stesse norme, riguardanti la rete dei cammini regionale, qualora interessassero il territorio dei Parchi nazionali si svolgessero in conformità al Regolamento ed al Piano di ciascun Parco, nonché alle misure di salvaguardia eventualmente dettate dal provvedimento istitutivo. Si rilevò , altresì che le medesime norme , quando avessero interessato aree rientranti in Parchi nazionali, fossero suscettibili di applicarsi senza il nulla osta dell’Ente Parco anche ove necessario ai sensi dell’art. 13 della legge n. 394 del 1991.
Analoghe ragioni portarono a censurare le disposizioni contenute negli artt. 3, comma 2, e 15, che prevedevano strumenti di natura sostanzialmente regolamentare, per la gestione e della fruizione dei percorsi della «rete di cammini», anche con riferimento alla porzione di territorio ricompresa nel perimetro dei Parchi nazionali.
Infine le norme contenute negli'articoli 5, comma 1, e 11, comma 2, laddove si prevedevano funzioni gestionali legate alla rete dei cammini , per la parte in cui tali attività si svolgevano nel territorio dei Parchi, furono ritenute di spettanza dei soggetti gestori dei medesimi.
La Regione Lazio, con la legge regionale n. 9/2017, recante " Misure integrative, corettive e di coordinamento in materia di fiananza pubblica regionale. Disposizioni varie", con il comma 95 dell'art. 17 ha modificato tutte le sopra indicate norme regionali, nel senso indicato dal Governo, con espliciti richiami alla disciplina delle aree protette statali e regionali ed al rispetto delle funzioni attribuite ai relativi Enti di gestione.
Considerato che le modifiche apportate hanno determinato il venir meno dei motivi del ricorso e che, come dichiarato dalla stessa Regione, le norme impugnate non hanno trovato - medio tempore - applicazione, su conforme parere del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, si ritiene che ricorrano i presupposti per rinunciare al ricorso e si propone dunque la rinuncia alla impugnativa.
12-5-2017 / Impugnata
La legge in esame , recante “Disposizioni per la realizzazione, manutenzione, gestione, promozione e valorizzazione della rete dei cammini della RegioneLazio. Modifiche alla legge regionale 6 agosto 2007, n. 13, concernente l'organizzazione del sistema turistico laziale esuccessive modifiche”, presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento a varie disposizioni, e deve pertanto essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

Occorre premettere che la legge in detta norme per la realizzazione, manutenzione, gestione, promozione e valorizzazione della rete dei cammini della Regione Lazio. Tale rete interessa tutto il territorio regionale – come si ricava agevolmente dalla ampia definizione di “patrimonio escursionistico” reperibile all’art. 2, comma 1, lett. e), compreso, ai sensi dell’art. 1, comma 1, nell’ambito della “rete dei cammini”. Risulta dunque inclusa nella “rete” anche il territorio ricadente nei parchi nazionali e nelle aree protette regionali. Al riguardo si segnala come la menzionata normativa regionale appare gravemente lesiva delle funzioni che la legge attribuisce agli Enti Parco e ai soggetti gestori delle altre aree protette esistenti nel territorio regionale, nonché – più in generale – contrastante con importanti norme della legislazione statale ascrivibili alla competenza esclusiva in tema di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”.
La giurisprudenza costituzionale ha da tempo chiarito come la «materia delle aree protette» statali e regionali, di cui la legge n. 394 del 1991, rappresentando la disciplina fondamentale, sia ascrivibile all’«esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.» (tra le altre, cfr. le sentt. n. 20 e n. 315 del 2010; n. 44 del 2011). La Regione, dunque, può certo esercitare le proprie funzioni legislative anche quando incidano su tale sfera, ma «senza potervi derogare», potendo viceversa «determinare, sempre nell’àmbito delle proprie competenze, livelli maggiori di tutela» (sentenze n. 193 del 2010 e n. 61 del 2009; sent. n. 44 del 2011). Più nello specifico, la giurisprudenza costituzionale ha chiarito come «il territorio dei parchi, siano essi nazionali o regionali, ben (possa) essere oggetto di regolamentazione da parte della Regione, in materie riconducibili ai commi terzo e quarto dell’art. 117 Cost., purché in linea con il nucleo minimo di salvaguardia del patrimonio naturale, da ritenere vincolante per le Regioni» (sentt. nn. 232 del 2008 e 44 del 2011). Il Giudice costituzionale, inoltre, ha avuto modo di precisare che «la disciplina statale delle aree protette, che inerisce alle finalità essenziali della tutela della natura attraverso la sottoposizione di porzioni di territorio soggette a speciale protezione», risponde a tali finalità per mezzo di due differenti tipi di strumenti: la regolamentazione sostanziale delle attività che possono essere svolte in quelle aree, come le «limitazioni all’esercizio della caccia» (sentenza n. 315 del 2010, n. 44 del 2011), e la «predisposizione di strumenti programmatici e gestionali per la valutazione di rispondenza delle attività svolte nei parchi, alle esigenze di protezione della flora e della fauna» (sentenza n. 387 del 2008, n. 44 del 2011). Ebbene, la legge regionale in esame in epigrafe contiene profili di contrasto con strumenti dell’uno e dell’altro tipo tra quelli predisposti dalla legislazione statale, e dunque devono ritenersi costituzionalmente illegittime nelle parti e per i motivi di seguito illustrati, le seguenti norme :
1 ) Artt. 13 e 14, nella parte in cui non prevedono che le funzioni e gli interventi negli stessi disciplinati siano realizzati – nei casi in cui interessino aree rientranti in Parchi nazionali – in conformità al Piano del Parco ed al Regolamento del Parco, nonché alle misure di salvaguardia eventualmente dettate dal provvedimento istitutivo, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), e sesto comma, nonché dell’art. 118, primo e secondo comma, in riferimento agli artt. 8, 11 e 12 della legge n. 394/1991.
L’art. 13 della legge regionale in oggetto affida il compito alla Giunta regionale, di approvare, con cadenza triennale, il «documento di indirizzo regionale per la promozione e la valorizzazione della RCL». Tale «documento di indirizzo», tra le altre cose, deve indicare «le linee generali programmatiche per la manutenzione, gestione, valorizzazione e promozione degli itinerari culturali europei, dei percorsi storici, religiosi, culturali e paesaggistici, delle vie consolari e del patrimonio escursionistico della Regione» nonché «le strategie e le priorità di intervento per l'arco temporale di riferimento nonché le modalità di verifica del loro perseguimento»; contenere azioni mirate a «favorire la fruizione sostenibile delle aree di interesse naturalistico nonché la fruizione turistico-ricreativa della RCL, in coerenza con gli obiettivi di conservazione dell'ambiente naturale», a «compensare gli squilibri tra aree critiche e aree di eccellenza del territorio regionale» ed a «coinvolgere sia le comunità locali che i privati in un'offerta integrata di servizi di accoglienza, di informazione, di animazione, di promozione, di valorizzazione, di gestione e di manutenzione che li renda soggetti attivi e principali beneficiari dello sviluppo turistico connesso alla rete viaria»; «favorire l'integrazione con la rete del trasporto pubblico locale nonché l’intermodalità del trasporto ecologico, tenendo in particolare considerazione i punti d'accesso per chi utilizza la bicicletta e i mezzi pubblici; «promuovere la corretta fruizione, manutenzione e conservazione della RCL»; individuare «per gli itinerari culturali europei gli interventi prioritari», tra i quali la «manutenzione dei percorsi ed il perfezionamento della sicurezza degli antichi tracciati ai fini del pubblico utilizzo, anche attraverso l'installazione di cartellonistica e segnaletica secondo gli standard europei lungo l'itinerario» e la «manutenzione, il recupero e la ricostruzione, anche in forma ciclabile o carrabile, di tratte di percorso degli antichi tracciati, anche in interconnessione con le infrastrutture per la mobilità già esistenti, per favorirne e migliorarne la percorribilità a fini escursionistici».
In virtù del successivo art. 14, inoltre, con deliberazione della Giunta regionale si procede anche alla approvazione del «programma operativo annuale degli interventi», attuativo del sopra richiamato «documento di indirizzo».
Ebbene, nella parte in cui le disposizioni regionali sopra richiamate non prevedono che le attività della Regione sopra illustrate destinate ad interessare il territorio dei Parchi nazionali debbano svolgersi in conformità al Regolamento ed al Piano di ciascun Parco, si pongono in contrasto con le norme della legge n. 394 del 1991 sopra richiamate. Così facendo, peraltro, contrastano innanzi tutto con l’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., poiché, come si è visto più sopra, incidono sul nucleo di salvaguardia predisposto dalla legge statale, in esercizio della propria competenza esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, con riferimento ad una particolare categoria di aree protette. Analoghe conclusioni, ancora, devono raggiungersi per la mancata previsione della conformità alle «misure di salvaguardia» eventualmente dettate, ai sensi dell’art. 8, comma 5, della medesima legge, fino alla entrata in vigore della specifica disciplina dell’area protetta. La mancata previsione della conformità al regolamento del Parco, d’altra parte, implica anche la violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost., poiché comporta la lesione della potestà regolamentare in una materia di competenza legislativa esclusiva statale, nella specie destinata ad essere esercitata, in base al citato art. 11 della legge n. 394 del 1991, dagli Enti Parco. Infine, la possibilità che l’attività gestionale e organizzatoria regionale si esplichi in difformità dal Piano del Parco comporta a sua volta la lesione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost., dal momento che in tal modo si pregiudica una funzione amministrativa di tipo programmatorio affidata dalla legge statale in una materia di propria competenza, ad un ente pubblico nazionale quale l’Ente Parco.

Gli artt. 13 e 14 devono essere ritenuti incostituzionali anche per un diverso motivo. Infatti, ove si interpretino nel senso che le funzioni ivi disciplinate – nei casi in cui interessino aree rientranti in Parchi nazionali – possano portare alla identificazione di interventi realizzabili senza il nulla osta dell’Ente Parco anche ove necessario ai sensi dell’art. 13 della legge n. 394 del 1991, violano gli artt. 117, secondo comma, lett. s), e sesto comma, nonché dell’art. 118, primo e secondo comma, in riferimento al menzionato art. 13 della legge n. 394/1991.
L’effetto, che la disposizione in esame potrebbe determinare, di legittimare interventi all’interno dei territori dei Parchi nazionali – quali apertura di nuovi sentieri o realizzazione di strutture ricettive – senza il nulla osta dell’Ente Parco, anche ove necessario ai sensi dell’art. 13 della legge n. 394 del 1991, non potrebbe che essere ritenuta in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lett. s) – in quanto lesiva di un importante standard ambientale stabilito dalla legge statale con riferimento al settore delle aree protette – e 118, primo e secondo comma Cost., poiché pregiudicherebbe irrimediabilmente una funzione amministrativa legittimamente assegnata dallo Stato in una materia di propria competenza esclusiva.
Gli artt. 13 e 14, infine, vanno ritenuti incostituzionale per una terza ragione. Le funzioni individuate da tali disposizioni sono, evidentemente, di tipo specificatamente gestorio, concernendo anche la pianificazione, la promozione e la realizzazione di interventi. La legge n. 394 del 1991, tuttavia, è chiara nell’affidare l’attività di gestione dei Parchi nazionali all’Ente Parco. In tal senso depone, inequivocabilmente, l’art. 1, comma 3, di tale atto normativo (ribadito peraltro dal successivo comma 4) che esplicitamente individua nella disciplina dal medesimo dettata lo «speciale regime (…) di gestione» cui i territori delle aree protette sono sottoposti. Tale speciale regime di gestione, in particolare per i Parchi nazionali, è imperniato – dal punto di vista del soggetto titolato allo svolgimento dell’attività di gestione – sull’Ente Parco, individuato e disciplinato dall’art. 9, e – dal punto di vista funzionale – sul Piano del Parco, di cui al già citato art. 12. Ancora, nello stesso senso depone l’art. 29 della legge n. 394 del 1991, che affida agli organismi gestori delle aree protette speciali poteri di controllo sulla conformità delle attività realizzate all’interno delle medesime rispetto al regolamento, al Piano, o al nulla osta.
Ora, essendo la «rete di cammini» destinata ad includere anche porzioni di territorio ulteriori rispetto a quelle dei Parchi nazionali, ed essendo volto l’intervento legislativo regionale a mettere in connessione e coordinare tutti i percorsi escursionistici regionali, si può riconoscere alla Regione la possibilità di predisporre atti gestori quali quelli sopra menzionati. Tuttavia, appare del tutto evidente che, nella misura in cui gli atti gestori siano destinati a dispiegare i propri effetti anche all’interno dei territori dei Parchi nazionali, pregiudicano le funzioni affidate agli Enti Parco dalla legge statale, nell’esercizio della propria competenza esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, determinando così una violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.
E ciò risulta precisamente lesivo dello standard di tutela ambientale predisposto dalla legge n. 394 del 1991, che a posto tale ente a presidio dei «valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali educativi e ricreativi» presenti nel Parco nazionale (art. 2, comma 1, della legge n. 394 del 1991).
Risulta inoltre violato l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., poiché si tratta di funzioni affidate – da parte del legislatore competente per materia – in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza ivi contenuti.

2) Gli artt. 3, comma 2, e 15, nella parte in cui prevedono strumenti di disciplina, di natura sostanzialmente regolamentare, della gestione e della fruizione dei percorsi della «rete di cammini», anche con riferimento alla porzione di territorio ricompresa nel perimetro dei Parchi nazionali, violano gli artt. 117, secondo comma, lett. s), sesto comma, in riferimento agli artt. 11 e 12 della legge n. 394/1991.
Il citato art. 3, comma 2, prevede che «per determinate caratteristiche fisiche dei tracciati e degli ambienti attraversati o per la presenza di previgenti limitazioni, l'ente titolare della strada su cui insiste il percorso, in accordo con il comune competente per territorio o, in caso di gestione associata delle funzioni, con l'unione dei comuni, sentito il Coordinamento di cui all'articolo 7, può definire, motivandole, modalità più restrittive di utilizzo dei percorsi, che devono essere evidenziate nel Catasto di cui all'articolo 10 e per le quali deve essere prevista opportuna segnaletica». Il successivo art. 15, a sua volta, affida alla Giunta il compito di adottare un regolamento con il quale disciplinare, tra l’altro, «le caratteristiche tecniche a cui uniformare la segnaletica della RCL», «i termini e le modalità entro i quali deve provvedersi all'installazione e all'adeguamento della segnaletica della RCL», «i criteri e le modalità per la progettazione e la realizzazione di itinerari escursionistici e archeologici», «le caratteristiche di sicurezza necessarie per consentire le diverse tipologie di fruizione», nonché «i requisiti strutturali e funzionali delle strutture di cui all'articolo 6, comma 3».
Come si vede, le disposizioni sopra indicate pretendono di affidare al regolamento attuativo, nonché ad un atto sostanzialmente regolamentare (quello di cui all’art. 3, comma 2) settori che invece la legge n. 394 del 1991 attribuisce all’attività regolatoria degli Enti Parco. Si noti, peraltro, che – come ha efficacemente messo in luce la Corte costituzionale con la sent. n. 108 del 2005 – la legge statale «rimette la disciplina delle attività compatibili entro i confini del territorio protetto, al Regolamento del parco, che è adottato dall’Ente parco, e approvato dal Ministro dell’ambiente, previo parere degli enti locali, e comunque d’intesa con le Regioni». Lo standard ambientale qui in discussione – con riferimento al quale si veda anche la sent. n. 70 del 2011 – non manca dunque di tener conto anche della incidenza che la funzione regolatoria in esame ha sulle funzioni regionali, predisponendo adeguati strumenti di collaborazione con la medesima.
Per le ragioni qui esposte, dunque, nella parte in cui le citate disposizioni della legge regionale n. 2 del 2017 facultizzano il regolamento (o un atto sostanzialmente regolamentare) a disciplinare i sopra richiamati oggetti anche con riferimento al territorio degli Enti Parco, deve ritenersi incostituzionale per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), sesto comma, in riferimento agli artt. 11 e 12 della legge n. 394/1991.


3) L’articolo 5, comma 1, che prevede la possibilità, per l’Agenzia regionale del turismo, di affidare la manutenzione, la valorizzazione e la promozione degli intinerari della «rete dei cammini» ad un ente gestore – limitatamente alla parte in cui tali attività siano destinate a svolgersi nel territorio dei Parchi – viola gli artt. 117, secondo comma, lett. s), e 118, primo e secondo comma, in riferimento agli artt. 1, commi 3 e 4; 2, comma 1; e 12 della legge n. 394 del 1991.
Ai sensi di detta norma regionale «l'Agenzia regionale del turismo può affidare, nel rispetto della disciplina europea e statale vigente in materia, la gestione, la manutenzione, la valorizzazione e la promozione degli itinerari e dei percorsi di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), ad un ente gestore». Anche in questo caso si tratta di funzioni di gestione diretta che, in base alle norme della legge n. 394 del 1991 sopra richiamate, deve inequivocabilmente ritenersi di spettanza dei soggetti gestori dei Parchi nazionali. Da qui la radicale incostituzionalità della previsione in esame.

4) L’articolo 11, comma 2, prevede la possibilità, per la Regione, di promuovere accordi ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990, che definiscano le modalità di transito e le limitazioni connesse alle condizioni del percorso nei tratti di proprietà privata. La disposizione – limitatamente alla parte in cui tali attività siano destinate a svolgersi nel territorio dei Parchi –gli artt. 117, secondo comma, lett. s), e 118, primo e secondo comma, in riferimento agli artt. 1, commi 3 e 4; 2, comma 1; e 12 della legge n. 394 del 1991.
La norma regionale prevede infatti quanto segue: «Preventivamente all'inserimento nella RCL di tratti di proprietà privata, compresi i beni sequestrati alla criminalità organizzata, la Regione promuove il ricorso alla stipula di accordi d'uso ai sensi dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e successive modifiche, che definiscano le modalità di transito e le limitazioni connesse alle condizioni del percorso nei tratti di proprietà privata, nel rispetto della normativa statale vigente. Nel caso in cui i proprietari e i soggetti titolari di altri diritti reali, in relazione al percorso, intendano assumere iniziative imprenditoriali attinenti ad attività e servizi volti a migliorare i percorsi o tratti di essi, gli accordi di cui sopra possono prevedere anche forme di supporto tecnico e di snellimento delle procedure di avvio».
Anche in questo caso, come nel precedente, si tratta di funzioni di gestione diretta che, in base alle norme della legge n. 394 del 1991 sopra richiamate, nei casi in cui è destinata ad esplicarsi con riferimento al territorio dei Parchi nazionali deve inequivocabilmente ritenersi di spettanza dei soggetti gestori dei medesimi. Da qui la radicale incostituzionalità della previsione in esame.
5) Si evidenzia che le illegittimità costituzionali delle disposizioni sopra richiamate hanno riguardo alla loro applicazione anche in riferimento a porzioni del territorio regionale incluse nel perimetro di riserve naturali statali e di aree protette regionali.
Quanto alle prime, risulta innanzi tutto chiaramente dall’art. 1 della legge 394 del 1991 come anch’esse debbano risultare sottoposte ad uno «speciale regime» che coinvolge sia la loro «tutela» che la loro «gestione». Il successivo art. 17, inoltre, precisa come sia compito del loro decreto istitutivo determinare «i confini della riserva ed il relativo organismo di gestione» nonché «indicazioni e criteri specifici cui devono conformarsi il piano di gestione della riserva ed il relativo regolamento attuativo, emanato secondo i principi contenuti nell’articolo 11 della presente legge». Nonostante siano disciplinate in modo certamente meno dettagliato, anche per le riserve naturali statali la legge n. 394 del 1991 pone, a tutela della loro missione ambientale, vincoli organizzativi e funzionali analoghi a quelli che caratterizzano i Parchi nazionali, prevedendo in particolare: a) l’affidamento della loro gestione ad uno specifico organismo, individuato ad hoc dal decreto istitutivo; b) lo svolgimento di una attività di pianificazione dell’attività di gestione; c) l’esistenza di un momento regolatorio delle attività consentite nell’area protetta.
Quanto alle aree protette regionali, occorre innanzi tutto ricordare come sia del tutto consolidato l’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo il quale la disciplina delle aree protette, rientrando nella competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente» prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., detta norme fondamentali del settore cui la legislazione regionale deve uniformarsi anche con riferimento alle aree protette regionali (cfr., ad es., sentt. nn. 212 del 2014; 171 del 2012; 325 del 2011; 41 del 2011). In particolare, per quel che qui è di più prossimo interesse, le norme statali cui la legislazione regionale deve uniformarsi prevedono l’esistenza di un soggetto gestore dell’Area protetta regionale, che non può essere spogliato delle competenze sugli interventi nella medesima (artt. 1, comma 4 e 23 della legge n. 394 del 1991), nonché l’esistenza di un regolamento dell’area protetta (art. 22, comma 1, lett. d): in tema si vedano tra le altre, le sentt. nn. 171 del 2012, 41 del 2011 e 325 del 2011) e di un Piano del parco regionale (art. 23), cui sono affidati compiti analoghi agli omologhi strumenti di regolamentazione e pianificazione degli enti parco dello Stato.
Sia alle riserve naturali statali che alle aree protette regionali, infine, si applica l’art. 29 della legge n. 394 del 1991, che – ad ulteriore conferma di quanto rilevato più sopra – affida all’«organismo di gestione dell’area naturale protetta» importanti poteri di controllo circa la conformità delle attività realizzate nell’area rispetto al regolamento, al Piano e al nulla osta.
In sintesi, sussistono dunque ragioni di incostituzionalità della legge regionale indicate in oggetto, per ragioni analoghe a quelle più sopra illustrate, anche con riferimento a quelle porzioni del territorio regionale rientranti nel perimetro di riserve naturali statali e di aree protette regionali.

Per i motivi sopra descritti le norme regionali sopra evidenziate devono essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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