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Misure per l’efficientamento dell’azione amministrativa e l’attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2017 - Collegato alla stabilità regionale per il 2017. (31-3-2017)
Campania
Legge n.10 del 31-3-2017
n.28 del 31-3-2017
Politiche economiche e finanziarie
24-5-2017 / Impugnata
La legge in esame, recante “Misure per l’efficientamento dell’azione amministrativa e l’attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2017 - Collegato alla stabilità regionale per il 2017”, presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento a varie disposizioni e deve pertanto essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

L’articolo 1, comma 10 dispone che nelle more dell'attivazione del nuovo Policlinico Universitario di Caserta, al fine di incrementare i LEA della Provincia di Caserta, l'ASL e l'Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli", stipulano apposita convenzione volta a consentire l'utilizzo di spazi ospedalieri, per l'incremento di prestazioni aggiuntive a quelle già erogate.
La disposizione stabilisce, quindi, un incremento dei livelli essenziali di assistenza nella provincia di Caserta.
Al riguardo si richiama l'articolo 2, comma 95, della legge n. 191 del 2009 che dispone che gli "interventi individuati dal piano di rientro sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro". L'incremento di prestazioni aggiuntive, stabilito dalla norma in parola, determina maggiori oneri a carico del Servizio sanitario regionale, in contrasto con la cornice programmatoria e finanziaria del Piano di rientro regionale.
La disposizione, pertanto, viola gli articoli 81, terzo comma, 117, secondo comma, lett. e) in materia di perequazione delle risorse finanziarie e 120, secondo comma, della Costituzione.

Art. 1, comma 30: dispone che la Regione al fine di tutelare e conservare le acque superficiali e sotterranee esistenti sul territorio regionale destinate al consumo umano, vieta, a decorrere dalla data di entrata in vigore della disposizione de qua, la prospezione, la ricerca, l'estrazione e lo stoccaggio di idrocarburi liquidi e gassosi nonché la realizzazione delle relative infrastrutture tecnologiche nelle aree di affioramento di rocce carbonatiche, così come perimetrate ed evidenziate nella cartografia idrogeologica, individuate nel Piano di gestione delle acque del Bacino idrografico dell'Appennino Meridionale.
La disposizione incide nella materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia ed in quella del governo del territorio, introducendo un divieto di natura pregiudiziale che si pone in contrasto con l'art. 117, comma 3 della Costituzione che stabilisce per tali materie la potestà legislativa concorrente Stato-Regioni.
Nell'ambito di tali aree di competenza legislativa concorrente l'Amministrazione statale e quella regionale esercitano le proprie funzioni attraverso lo strumento dell'intesa in senso forte, in conformità al principio di leale collaborazione …. Il divieto unilaterale imposto dal legislatore regionale contrasta con il suddetto principio di leale collaborazione, "(...) che impone il rispetto, caso per caso, di una procedura articolata, tale da assicurare lo svolgimento di reiterate trattative." (cfr. sentenza Corte Costituzionale n. 117/2013).
La proibizione assoluta recata dalla disposizione in esame equivale ad una" ( ... ) preventiva e generalizzata previsione legislativa di diniego di intesa (...)", perciò "(...) vanifica la bilateralità della relativa procedura, che deve sempre trovare sviluppo nei casi concreti e si pone in simmetrica corrispondenza con le norme che hanno introdotto la «drastica previsione» della forza decisiva della volontà di una sola parte - sia essa, di volta in volta, lo Stato, la Regione o la Provincia autonoma ritenute costituzionalmente illegittime da questa Corte con giurisprudenza costante (ex plurimis, sentenze n. 39 del 2013, n. 179 del 2012, n. 33 del 2011, n. 121 del 2010, n. 24 del 2007)."
Da un punto di vista meramente logico occorre, poi, evidenziare l'irrazionalità della norma, poiché pone sullo stesso piano attività e interventi oggettivamente e tecnicamente diversi; infatti, a differenza delle attività di estrazione e stoccaggio, le attività di prospezione e ricerca non comportano alterazioni dell'ambiente e di conseguenza non interferirebbero in alcun modo con la finalità dichiarata di tutelare e conservare le acque superficiali e sotterranee esistenti nelle aree di affioramento di rocce carbonatiche.
Inoltre, si rammenta che per le "attività di prospezione, ricerca, estrazione e stoccaggio di idrocarburi liquidi e gassosi nonché la realizzazione delle relative infrastrutture tecnologiche" - ai fini del rilascio dei titoli e delle autorizzazioni - è previsto che singoli interventi, ai sensi del D.lgs. 152/2006 e s.m.i, siano sottoposti a valutazione di impatto ambientale, pertanto qualora le attività e gli interventi implichino impatti ambientali negativi sulle aree di affioramento di rocce carbonatiche, non otterrebbero un giudizio positivo di compatibilità ambientale.
Inoltre, la norma in questione comporterebbe il diniego implicito ex lege dell'intesa regionale, per quegli impianti e attività localizzati in aree indicate, comportando un "effetto automatico" e ineludibile della incompatibilità implicita, in particolare, viene implicitamente predeterminato (negando ogni possibilità di un esito positivo alle relative istruttorie) l'esito negativo delle istanze di rilascio dei titoli minerari eventualmente proposte dai soggetti interessati, localizzate "nelle aree di affioramento di rocce carbonatiche, così come perimetrate ed evidenziate nella cartografia idrogeologica del Piano di Gestione delle Acque del Distretto Idrografico dell'Appenino Meridionale".
Si evidenzia che la Corte Costituzionale si è già pronunciata su questioni analoghe a quella in argomento, dichiarando l'incostituzionalità di alcune norme regionali che disponevano l'incompatibilità/inidoneità di determinati impianti e infrastrutture in specifiche aree del territorio regionale. Secondo la Corte, le norme regionali si ponevano in contrasto: (i) con la normativa nazionale di riferimento, (ii) impedivano - di fatto - il rilascio della prescritta intesa da parte della Regione precludendo alle amministrazioni statali l'esercizio dell'azione amministrativa di loro competenza, e/o (iii) violavano il principio di leale collaborazione (sentenze Corte Cost. 282/2009 e 119/2010 aventi ad oggetto la realizzazione di impianti eolici e 331/2010 in materia di impianti nucleari).
Più in generale, infine, la Corte Costituzionale, sul tema del rapporto fra legislazione nazionale e regionale, ha sancito che in nessun caso la Regione può utilizzare "la potestà legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello Stato che ritenga costituzionalmente illegittima, se non addirittura dannosa o inopportuna" (tra le altre, sentenza n. 198 del 2004).

L'art. 1, comma 4, lettera a), prevede che il fabbisogno della rete ospedaliera vada soddisfatto, prioritariamente, tramite le strutture private provvisoriamente accreditate "tenendo conto dell'organizzazione dei servizi ospedalieri di diagnosi e cura rappresentata e offerta a tal data in regime di accreditamento provvisorio, con le correlate prestazioni ospedaliere erogate nell’ambito delle specialità così come espresse e conseguenzialmente riconosciute". L’organizzazione ospedaliera deve essere rapportata ai fabbisogni attuali e delineata secondo quanto disposto dai vigenti provvedimenti di riorganizzazione della rete ospedaliera regionale, adottati in attuazione dei Programmi operativi 2016-2018 e non tramite le strutture private accreditate in via provvisoria, come, invece, previsto nella norma regionale, in contrasto con il D.M. n. 70/2015.

L'art. 1, comma 4, lettere b) e c) introducono modifiche in contrasto con il punto 2.5 dell'allegato al D.M. n. 70/2015, che non prevede, per le strutture accreditate già esistenti alla data del 1° gennaio 2014, che non raggiungono la soglia dei 60 posti letto accreditati per acuti, la possibilità di ricorrere all'attribuzione di nuovi posti letto utili al raggiungimento della citata soglia minima. La ratio della disposizione di cui al punto 2.5 del D.M citato è quella di realizzare l'efficientamento della rete ospedaliera, attraverso un processo che preveda il superamento della parcellizzazione delle strutture erogatrici, il cui numero deve essere contenuto in rapporto ai bacini di utenza, operando, se necessario, i ridimensionamenti utili a ricondurre le strutture sanitarie entro un numero definito in base ai bacini d'utenza, al fine di garantire una buona qualità e un adeguato livello di sicurezza delle prestazioni. Si evidenzia, altresì, che il punto 3.1 del D.M. citato individua con chiarezza una serie di parametri di riferimento che definiscono, nell'insieme, il corretto ed efficiente utilizzo della "risorsa posto letto", definitivamente superando la dimensione meramente quantitativa della dotazione massima di posti letto per popolazione residente.

L'art. 1, comma 8, stabilisce che, su istanza dei laboratori di analisi che hanno già aderito ad una aggregazione nell'ambito del riassetto della rete, la competente ASL, acquisito il parere del Commissario ad acta – che peraltro non è ancora stato nominato -, può prorogare i termini per gli adempimenti intermedi previsti dai decreti del Commissario ad acta. Fissa, altresì, il termine finale per il conseguimento della soglia minima di 200.000 prestazioni/ anno al 30 giugno 2018.
La previsione di tale proroga appare "generica", essendo il differimento del termine integralmente rimesso alla ASL sia nell’an che nel quantum, cioè non è coerente con i piani di programmazione regionale.
Si evidenzia, parimenti, che la disposizione in commento si pone in contrasto con la normativa vigente. Infatti, la legge 27 dicembre 2006, n. 296, all'art. 1, comma 796, ha definito una serie di disposizioni per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009: la lettera o) del citato comma 796 ha previsto, tra l'altro, che "le Regioni provvedono entro il 28 febbraio 2007 ad approvare un piano di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio, al fine dell'adeguamento degli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi di incremento dell'efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate". In attuazione delle previsioni suddette, è stato quindi adottato l'Accordo Stato-Regioni del 23 marzo 2011 nel quale, tra l'altro, è stata ribadito che "Nei criteri di accreditamento dovrà essere prevista una soglia minima di attività, al di sotto della quale non si può riconoscere la prevista idoneità di produttore accreditato e a contratto. La soglia minima proposta come riferimento è di un volume di attività di 200.000 esami di laboratorio complessivamente erogati/anno, prodotti in sede e non tramite service [...]. Tale soglia minima dovrà essere raggiunta in tre anni di attività, partendo da un volume minimo di 100.000 esami di laboratorio complessivamente erogati/anno". La Regione con la disposizione de qua non ha rispettato questi indicatori.
Inoltre, per quanto specificamente collegato al Piano di rientro dal disavanzo sanitario, si rappresenta che tale disposizione contrasta anche con quanto previsto dal crono-programma stabilito nel Programma Operativo 2016-2018 (adottato con Determinazione del Commissario ad Acta n. 14 del 1.3.2017), che ha previsto le aggregazioni per almeno il 50% del totale dei laboratori entro il 30 giugno 2017 e le aggregazioni per il totale dei laboratori entro il 31 dicembre 2017.
Le citate disposizioni contenute nell’art. 1, commi 4, lettera a) b) e c), nonché il comma 8 non risultano conformi con la cornice programmatoria e finanziaria del Piano di rientro regionale e sono in contrasto con il DM del 2 aprile 2015, n.70, in particolare con il punto 2.5 dell'allegato annesso, concernente il "Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera", emanato in attuazione dell'articolo 1, comma 169, della Legge 30 dicembre 2004 n.311, violando, pertanto, l’articolo 117, terzo comma, Cost. in materia di tutela della salute e l’articolo 120, secondo comma.

Per le suesposte considerazioni, ritiene che sussistano i presupposti per l'impugnativa della legge regionale in esame dinanzi alla Corte Costituzionale.

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