Dettaglio Legge Regionale

GESTIONE FAUNISTICO - VENATORIA DEL CINGHIALE E RECUPERO DEGLI UNGULATI FERITI (17-7-2017)
Lombardia
Legge n.19 del 17-7-2017
n.29 del 21-7-2017
Politiche infrastrutturali
15-9-2017 / Impugnata
La legge regionale, che detta norme per la gestione faunistico venatoria del cinghiale e il recupero degli ungulati feriti, è censurabile, con riferimento all’articolo 3, commi 1 e 3, che risultano contrastare con norme poste dallo Stato nella disciplina delle aree protette, contenute nella l.n. 394/1991, da ascriversi alla competenza statale esclusiva in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», di cui all’art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione.
In particolare :
- l’art. 3, comma 1, della legge regionale prevede che «la Giunta regionale, sentiti la Provincia di Sondrio e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), entro novanta giorni dall'approvazione del provvedimento di cui all'articolo 2, deliber(i) le modalità di gestione del cinghiale sull’intero territorio regionale anche mediante la definizione dei criteri per il calcolo delle densità obiettivo, la determinazione di modalità e tempistiche per l'attuazione del prelievo venatorio e del controllo, nonché le modalità per il monitoraggio dei risultati conseguiti».
Il riferimento di tale disposizione all’«intero territorio regionale» rende palese che l’ambito di applicazione di quest’ultima comprende anche il territorio delle aree protette, nazionali e regionali. Questa conclusione, del resto, è confermata dal comma 3 del medesimo art. 3, ai sensi del quale «per il territorio delle aree protette di cui all'articolo 2, commi 1 e 3, della legge 394/1991 e di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e c), della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 (Piano regionale delle aree regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale), le densità obiettivo sono definite d'intesa con i relativi enti gestori».
La norma in parola, nella parte in cui si applica anche alle aree protette nazionali, contrasta palesemente con il disposto dell’art. 11, commi 1, 3 e 4, della legge n. 394 del 1991. Mentre il comma 1 dell’art. 11, infatti, affida al regolamento del parco il compito di disciplinare «l’esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco», la disposizione che qui si contesta prevede che sia la Giunta regionale a disciplinare «modalità e tempistiche per l'attuazione del prelievo venatorio e del controllo, nonché le modalità per il monitoraggio dei risultati conseguiti».
Ancora, il contrasto con le previsioni di legge statale è reso palese dalla considerazione dei successivi commi 3 e 4. La prima di queste disposizione prevede che «salvo quanto previsto dal comma 5, nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat», vietando «in particolare» (…) «la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali». La seconda, invece, individua nel regolamento del Parco la fonte legittimata ad introdurre deroghe a tali divieti.
La disposizione di legge regionale che qui si contesta, invece:
a) consente, implicitamente, ma del tutto chiaramente, la caccia (il «prelievo venatorio»), nei territori dei Parchi nazionali, vietata dalla norma statale sopra citata;
b) invade un ambito che – come giù evidenziato – la normativa statale in materia di aree protette affida in via esclusiva al regolamento del Parco.
I sopra richiamati motivi di contrasto con le previsioni di legge statale si traducono, per le ragioni già più sopra evidenziate, in altrettante ragioni di illegittimità costituzionale della norma regionale, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.
Analoghe ragioni di incostituzionalità, inoltre, affliggono la disposizione de quo nella parte in cui si applica ad aree protette regionali, in virtù del suo contrasto con l’art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991. Tale disposizione infatti, prevede: a) che «nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l'attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici», b) che «detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in conformità al regolamento del parco». Da qui, dunque, una analoga e ulteriore ragione di incostituzionalità della norma regionale, anch’essa per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione

- l’art. 3, comma 3, dispone che «per il territorio delle aree protette di cui all'articolo 2, commi 1 e 3, della legge 394/1991 e di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e c), della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 (…), le densità obiettivo sono definite d'intesa con i relativi enti gestori». la norma si pone in contrasto con le previsioni della legge n. 394 del 1991, che affida chiaramente agli enti parco, o comunque ai soggetti gestori delle aree protette, tali funzioni amministrativa di tipo gestorio, in attuazione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost., e quale previsione di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost..
In tal senso depone, inequivocabilmente, l’art. 1, comma 3, di detta legge (ribadito peraltro dal successivo comma 4) che esplicitamente individua nella disciplina dal medesimo dettata lo «speciale regime (…) di gestione» cui i territori delle aree protette sono sottoposti. Tale speciale regime di gestione, in particolare per i Parchi nazionali, è imperniato – dal punto di vista del soggetto titolato allo svolgimento dell’attività di gestione – sull’Ente Parco, individuato e disciplinato dall’art. 9, e – dal punto di vista funzionale – sul Piano del Parco, di cui al già citato art. 12. Ancora, nello stesso senso depone l’art. 29 della legge n. 394 del 1991, che affida agli organismi gestori delle aree protette speciali poteri di controllo sulla conformità delle attività realizzate all’interno delle medesime rispetto al regolamento, al Piano, o al nulla osta.
Con particolare riferimento al caso de quo, occorre però riferirsi nuovamente all’art. 11, comma 4, della legge n. 394 del 1991, che prevede che gli «eventuali prelievi faunistici» e gli altrettanto eventuali «abbattimenti selettivi», che siano «necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco», «devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'Ente parco ed essere attuati dal personale dell'Ente parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'Ente parco stesso». E’ dunque evidente che la legge statale affida specificamente agli enti Parco la funzione de quo. Non può dunque essere la Regione a provvedere ad individuare la densità-obiettivo della specie cinghiale, poiché – una volta individuata quest’ultima – la decisione di procedere a prelievi e abbattimenti sarebbe meramente esecutiva.
Non basta, del resto, la previsione dell’intesa con gli enti gestori delle aree protette ad evitare l’incostituzionalità della disciplina, poiché il precetto statale interposto la cui violazione comporta il contrasto con le norme costituzionali sopra indicate prevede che la titolarità della funzione sia in capo a tali enti, i quali devono peraltro poter adottare le proprie determinazioni senza che altra amministrazione (nella specie, quella regionale) abbia un potere di co-decisione.
La menzionata ragione di incostituzionalità non riguarda soltanto le aree protette nazionali, ma anche quelle regionali. Rileva qui ancora una volta il già richiamato art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991. Anche tale disposizione, infatti, prevede che gli eventuali «prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici» debbano avvenire «per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso Ente». Possono essere dunque riproposte le considerazioni sopra riportate con riferimento ai Parchi nazionali.

Per questi motivi la legge regionale deve essere impugnata dinanzi alla Corte costituzionale, limitatamente alle disposizioni censurate, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione .

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