Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni per l’esecuzione degli obblighi di vaccinazione degli operatori sanitari. (19-6-2018)
Puglia
Legge n.27 del 19-6-2018
n.82 del 21-6-2018
Politiche socio sanitarie e culturali
2-8-2018 / Impugnata
La legge della Regione Puglia del 19 giugno 2018, n. 27, recante "Disposizioni per l'esecuzione degli obblighi di vaccinazione degli operatori sanitari", presenta i seguenti profili d’illegittimità costituzionale.

1) L'art. 1, commi 1 e 2, dispone che, con deliberazione della Giunta regionale, siano individuati i reparti ai quali possono accedere i soli operatori sanitari che si siano attenuti alle indicazioni del Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale vigente per soggetti a rischio per esposizione professionale, e prevede inoltre che, in particolari condizioni epidemiologiche o ambientali, le direzioni sanitarie ospedaliere o territoriali valutino l'opportunità di prescrivere vaccinazioni normalmente non raccomandate per la generalità degli operatori.
Così disponendo l’art.1, con la norma di cui al comma 1, trasforma, di fatto, le vaccinazioni raccomandate dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale vigente in vaccinazioni obbligatorie e, con la norma contenuta nel comma 2, prevede la possibilità che le direzioni sanitarie stabiliscano l'obbligo di effettuare per la generalità degli operatori sanitari anche le vaccinazioni normalmente non raccomandate. Esso, pertanto, imponendo obblighi di vaccinazione, peraltro non previsti dalla legislazione statale, eccede dalle competenze regionali e interviene in un ambito nel quale sono prevalenti gli aspetti ascrivibili ai principi fondamentali in materia di tutela della salute e di profilassi internazionale, riservati alle competenze legislative dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, comma terzo, e comma secondo, lettera q), della Costituzione, ledendo altresì il principio di eguaglianza, nonché il principio della riserva di legge in materia di trattamenti sanitari di cui agli artt. 3 e 32 della Costituzione.

L’art. 1 è, infatti, incostituzionale sotto vari aspetti:

a) Innanzitutto è da evidenziare che, come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 5 del 2018, secondo quanto emerge dall’evoluzione storica della normativa in materia di vaccinazioni, conclusasi con il decreto legge 7 giugno 2017, n. 73, è sempre stata la legislazione statale a disciplinare gli obblighi vaccinali.
La Corte costituzionale ha inoltre chiarito, in varie sentenze, che il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell'arte medica, e di essere rispettata nella propria integrità fisica e psichica deve essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il Paese, attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale (sentenze n. 169 del 2017, n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002). Tale principio vale non solo (come ritenuto nelle sentenze richiamate) per le scelte dirette a limitare o a vietare determinate terapie o trattamenti sanitari, ma anche per l'imposizione di altri trattamenti sanitari. Se è vero che il "confine fra le terapie ammesse e terapie non ammesse, sulla base delle acquisizioni scientifiche e sperimentali, è determinazione che investe direttamente e necessariamente i principi fondamentali della materia" (come afferma la sentenza n. 169 del 2017), a maggior ragione, e anche per ragioni di eguaglianza deve essere riservato alla legislazione statale, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, il compito di qualificare come obbligatorio un determinato trattamento sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili (in tal senso è la citata sentenza della Corte costituzionale n. 5 del 2018).
Nella specie, poi, la profilassi per la prevenzione della diffusione delle malattie infettive richiede necessariamente l'adozione di misure omogenee su tutto il territorio nazionale.
La norma regionale in esame, pertanto, imponendo obblighi vaccinali, intervene sui principi fondamentali in materia di tutela della salute, invadendo la competenza riservata alla legislazione statale dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

b) E’ altresì da sottolineare la rilevanza che assume in materia di vaccinazioni, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. q), Cost., la competenza riservata alla legislazione statale in materia di "profilassi internazionale", nella misura in cui le norme in materia di prevenzione vaccinale servono a garantire uniformità anche nell'attuazione, in ambito nazionale, di programmi elaborati in sede internazionale e sovranazionale (come più volte ritenuto dalla Corte costituzionale, sia pure nel settore veterinario: sentenze n. 270 del 2016, n. 173 del 2014, n. 406 del 2005, n. 12 del 2004).
Di fatto, in questo ambito, a parere della Consulta, ragioni logiche, prima che giuridiche, rendono necessario un intervento del legislatore statale e le regioni sono vincolate a rispettare ogni previsione contenuta nella normativa statale, incluse quelle che, sebbene a contenuto specifico e dettagliato, per la finalità perseguita si pongono in rapporto di coessenzialità e necessaria integrazione con i principi di settore (sentenze n. 192 del 2017, n. 301 del 2013, n. 79 del 2012 e n. 108 del 2010).
Pertanto la norma regionale in esame, disciplinando tale materia, viola il menzionato dell'art. 117, secondo comma, lett. q), della Costituzione.

c) L’art.1, comma 1, inoltre, prevedendo che con deliberazione della Giunta regionale siano individuati i reparti ai quali possono accedere i soli operatori sanitari che si siano attenuti alle indicazioni del Piano nazionale di prevenzione vaccinale, demanda ad un atto amministrativo la regolamentazione di una materia in ordine alla quale l’art. 32 della Costituzione impone una riserva di legge. Così disponendo la norma regionale oltre a violare il menzionato art.32 della Costituzione, contrasta con il disposto dell’articolo 44 dello Statuto della Regione Puglia che attribuisce alla Giunta regionale la potestà regolamentare con riferimento ai soli regolamenti esecutivi e ai regolamenti di attuazione delle leggi regionali.

d) Infine l'articolo 1, comma 2, disponendo che sia la direzione sanitaria ospedaliera o territoriale a stabilire l’obbligatorietà delle vaccinazioni, senza peraltro prevedere che siano adeguatamente individuati, a livello di fonte primaria, i presupposti, il contenuto e i limiti dell’obbligo vaccinale, viola anch’esso il principio della riserva di legge – sebbene relativa – imposto dall’articolo 32 della Costituzione nella materia di trattamenti sanitari.

2) All’illegittimità costituzionale dell’art. 1, consegue, per i medesimi motivi esposti al punto 1), l’incostituzionalità degli artt. 4 e 5.
In particolare:
- L’art. 4 (richiamato dall’art.1, comma 1), che prevede che la Giunta regionale, con apposito provvedimento deliberativo, provvede a dettagliare le modalità d'attuazione delle disposizioni contenute nella legge in esame e adotta decisioni dirette a promuovere le vaccinazioni, è censurabile in quanto, come illustrato al punto 1), sub c), demanda ad un atto amministrativo la regolamentazione di una materia in ordine alla quale l’art. 32 della Costituzione impone una riserva di legge. Così disponendo la norma regionale in esame oltre a violare l’art.32 della Costituzione, contrasta con il disposto dell’articolo 44 dello Statuto della Regione Puglia che attribuisce alla Giunta regionale la potestà regolamentare con riferimento ai soli regolamenti esecutivi e ai regolamenti di attuazione delle leggi regionali.

- L’art. 5, prevedendo una sanzione amministrativa pecuniaria per il mancato adempimento dell’obbligo (posto dall’art. 1, comma 1) di individuare, con deliberazione di Giunta, i reparti ai quali possono accedere i soli operatori che si siano attenuti alle indicazioni del Piano nazionale di prevenzione vaccinale, contrasta con il principio affermato dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 63 del 2006 e n. 361 del 2003), secondo il quale le disposizioni specifiche che prevedono sanzioni amministrative, regolano il procedimento volto ad irrogarle e, ancor prima, ad accertare le trasgressioni, sono coessenziali ai principi fondamentali della materia, e pertanto , nella materia in parola, sono riservati alla legislazione statale. Secondo la Consulta infatti “il legislatore statale, cui è riconosciuto il potere di prevedere le fattispecie da sanzionare, deve avere anche quello di determinare le sanzioni per il caso di violazione dei divieti e degli obblighi stabiliti”(sentenza n. 361 del 2003). “Ciò deriva”, come affermato dalla Corte nella sentenza n. 361 del 2003, “dal parallelismo tra i due poteri – quale risultante per esempio dall’art. 9 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e dall’art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 – numerose volte riconosciuto da questa Corte (ad esempio, sentenze n. 103 del 2003; n. 187, n. 85 e n. 28 del 1996; n. 60 del 1993 e n. 1034 del 1988): parallelismo che comporta, in linea di principio, che la determinazione delle sanzioni sia nella disponibilità del soggetto al quale è rimessa la predeterminazione delle fattispecie da sanzionare”.

Sulla base delle considerazioni svolte, gli artt. 1, 4 e 5 della legge in oggetto, nonché l’intera legge regionale avente carattere normativo omogeneo, violano il principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, il principio della riserva di legge di cui all’articolo 32 della Costituzione, nonché la competenza riservata alla legislazione statale sia per l’emanazione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, sia per la disciplina della profilassi internazionale ai sensi dell’articolo 117, comma terzo, e dell’articolo 117, comma secondo, lettera q), della Costituzione.

Per i motivi esposti gli artt. 1, 4 e 5 della legge in oggetto, nonché l’intera legge regionale, avente carattere normativo omogeneo, devono essere impugnati dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.

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