Dettaglio Legge Regionale

Variazione generale al bilancio di previsione 2018/2020 ai sensi del comma 1 dell’articolo 51 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 - (1° provveditimento). (3-10-2018)
Marche
Legge n.39 del 3-10-2018
n.83 del 4-10-2018
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia impugnativa
Con delibera del Consiglio dei Ministri del 28 novembre 2018 è stato impugnato l’articolo 5 della legge della regione Marche n. 39 del 03/10/2018, recante “Variazione generale al bilancio di previsione 2018/2020 ai sensi del comma 1 dell’articolo 51 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 - (1° provvedimento).”

La disposizione censurata consentiva una rideterminazione della dotazione del fondo del trattamento accessorio del personale della Giunta regionale e del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato del personale con qualifica dirigenziale della Giunta regionale, al fine di armonizzare il trattamento economico accessorio del personale trasferito dalle province alla Regione, per effetto della legge n. 56/2014, a quello del restante personale regionale. Tale rideterminazione non era in linea con quanto stabilito all'articolo 23, commi 2 e 4, del decreto legislativo n. 75/2017, in quanto consisteva in un aumento che superava il limite fissato dal comma 2 della normativa richiamata, equivalente all’“importo determinato per l’anno 2016” ed in assenza del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di definizione della misura di aumento (comma 4).
La suddetta normativa statale rappresenta la cornice di regolazione, in materia di contrattazione integrativa, che tutte le pubbliche amministrazioni devono rispettare.

La disposizione regionale, eludendo il decreto legislativo n. 75/2017, violava conseguentemente l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile, nel quale rientra qualsivoglia aspetto legato alla disciplina del rapporto di lavoro, quale la retribuzione. L’articolo 5 si poneva in contrasto anche con il principio di eguaglianza fra i cittadini sancito all'articolo 3 della Costituzione, per la diversa qualificazione degli emolumenti del personale di altre pubbliche amministrazioni, nella medesima situazione lavorativa.

La Regione ha successivamente emanato la legge regionale n. 24 del 31 luglio 2019, che, all’articolo 4, comma 2, abroga la disposizione impugnata dal Governo.

Atteso il conforme parere dell’Ufficio legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione, quanto sopra esposto ha determinato il venir meno delle motivazioni oggetto del ricorso pendente in Corte Costituzionale.

Pertanto, alla luce di quanto precede, ricorrono i presupposti per rinunciare al ricorso.
28-11-2018 / Impugnata
La Legge Regione Marche n. 39 pubblicata sul B.U.R n. 83 del 04/10/2018 recante: Variazione generale al bilancio di previsione 2018/2020 ai sensi del comma 1 dell'articolo 51 del decreto legislativo 23 giugno 2011. n. 11 8 -(1° provvedimento) presenta aspetti illegittimi per glia aspetti di seguito evidenziati.

L'articolo 5 detta alcune disposizioni volte all'armonizzazione del fondo per il trattamento economico accessorio del personale della Giunta regionale afferente all'area del comparto ed il trattamento economico di posizione e risultato del personale dirigenziale sempre della Giunta regionale.
L’intervento viene adottato in attuazione di quanto disposto dell'articolo 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
Al riguardo, si fa presente che l'art. 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017 n. 205 prevede che "... a decorrere dal 1° gennaio 2018 i fondi destinati al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, degli enti presso cui il predetto personale è transitato in misura superiore al numero del personale cessato possono essere incrementati, con riferimento al medesimo personale, in misura non superiore alla differenza tra il valore medio individuale del trattamento economico accessorio del personale dell'amministrazione di destinazione, calcolato con riferimento all'anno 2016, e quello corrisposto, in applicazione del citato articolo 1, comma 96, lettera a), della legge n. 56 del 2014, al personale trasferito, a condizione che siano rispettati i parametri di cui all'articolo 23, comma 4, lettere a) e b), del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 ".
In proposito si ricorda che i parametri di cui alla sezione sopra evidenziata devono essere definiti in apposito DPCM e sono riferiti alle seguenti poste:
a) fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 557-quater, della legge n. 296 del 2006, il rapporto tra le spese di personale e le entrate correnti considerate al netto di quelle a destinazione vincolata;
b) il rispetto degli obiettivi del pareggio di bilancio di cui all'articolo 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243.
In merito, si evidenzia che l'adozione del citato DPCM - e la puntuale declinazione dei parametri che il legislatore definisce in termini generali - rappresenta la condizione indispensabile per l'applicazione della norma. In particolare, in assenza dello stesso, la lettera a) dell'art. 23 risulta priva di contenuti, non essendo definita la percentuale indicativa di una situazione di virtuosità finanziaria. Conseguentemente, in assenza del DPCM, il comma 800 non può legittimamente essere richiamato dalle regioni come presupposto per la loro legislazione autonoma.

Giova, altresì, evidenziare che, ai sensi del citato comma 800, le amministrazioni possono incrementare i fondi, anche del personale dirigenziale, oltre il tetto stabilito dall' art. 23, comma 2, del citato decreto legislativo n. 75/2017, limitatamente alla differenza fra il numero delle unità di ex provinciali trasferito e il numero di unità del proprio personale cessato dal servizio. La quantificazione del predetto incremento va calcolata sulla base del differenziale, riferito all'anno 2016, tra il valore medio pro-capite del trattamento accessorio di destinazione ed il valore medio pro-capite del trattamento accessorio di provenienza. Le norme in esame si limitano a una nuova quantificazione del fondo in valore assoluto, senza che sia consentito verificare le modalità di calcolo e il rispetto dei presupposti della disposizione.
In assenza delle condizioni sopra rappresentate, la norma regionale, nel porsi in contrasto con l'art. 23, comma 2, del d. lgs. n. 75/2017, che rappresenta una cornice di regolazione in materia di contrattazione integrativa che tutte le pubbliche amministrazioni devono rispettare, confligge con l'art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile.
Inoltre, l'art. 5 si pone in contrasto con l’articolo 23, comma 4, del d. lgs. n. 75/2017 e, conseguentemente, viola l'art. 117, comma 2, lett. l) Cost. laddove pone come condizione alla possibilità di incrementare i fondi per la contrattazione integrativa destinata al personale in servizio presso le regioni a statuto ordinario e le città Metropolitane, il rispetto di determinati requisiti che dovranno essere indicati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Nelle more dell'adozione del predetto decreto non risulta, dunque, possibile individuare nel citato comma 800 il presupposto dell'intervento legislativo in esame.
A ciò aggiungasi che la disposizione prevede un generico incremento del fondo non attendendosi, in tal modo, ai limiti indicati dal citato comma 800.
Si riscontra, altresì, un contrasto con il principio di eguaglianza fra i cittadini di cui all'art. 3 della Costituzione in quanto il personale delle altre pubbliche amministrazioni, nella stessa situazione lavorativa, si troverebbe di fronte ad una diversa qualificazione degli emolumenti.
Per le suesposte considerazioni sussistono i presupposti per l'impugnativa della legge regionale in esame dinanzi alla Corte Costituzionale per le violazioni indicate e norma dell’art. 127 della Costituzione

« Indietro