Dettaglio Legge Regionale

"Disposizioni urgenti in materia di finanza regionale" (9-8-2012)
Campania
Legge n.27 del 9-8-2012
n.52 del 13-8-2012
Politiche economiche e finanziarie
4-10-2012 / Impugnata

La legge della regione Campania 9 agosto 2012, n. 27, recante “Disposizioni urgenti in materia di finanza regionale”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale.
Occorre premettere che la Regione Campania ha stipulato in data 13 marzo 2007, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, comma 180, della legge 311/2004, l'Accordo sul Piano di rientro dai disavanzi sanitari 2007-2009. Successivamente, a luglio 2009, essendo stato disatteso l'Accordo stipulato dalla Regione, il Governo ha esercitato i poteri sostitutivi previsti dall'articolo 4, comma 2 del decreto-legge 1 ° ottobre 2007 n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, procedendo alla nomina del Presidente della Regione quale Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro. Con la legge finanziaria 2010 è stata, poi, concessa alle Regioni che si trovavano in gestione commissariale, come la Regione Campania, la possibilità proseguire il Piano di rientro attraverso programmi operativi.
Tanto premesso, si rappresenta quanto segue.
L’articolo 4, comma 3 della legge in esame dispone che, nelle more del completamento del Policlinico Universitario, i posti letto programmati (pari a 500, secondo quanto previsto dal decreto del commissario ad acta n. 49/2012) sono distribuiti nelle strutture pubbliche e private della provincia di Caserta.
A tal riguardo, si deve sottolineare che il programma operativo, come da indicazioni del citato decreto del commissario ad acta n. 49/2012, non contempla la distribuzione dei posti letto prevista dalla legge regionale in analisi. Ciò comporta il contrasto della norma in esame con gli impegni assunti dalla regione con il Piano di rientro.
La disposizione regionale in questione, inoltre, determina un’ingerenza degli organi ordinari della regione sui poteri attribuiti al Commissario ad acta, nell’esercizio del potere sostitutivo dello Stato di cui all’articolo 120 della Costituzione. Tra i punti del mandato commissariale, di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 23 aprile 2010, rientra infatti il “Riassetto della rete ospedaliera e territoriale, con adeguati interventi per la dismissione/riconversione/riorganizzazione dei presidi non in grado di assicurare adeguati profili di efficienza e di efficacia; analisi del fabbisogno e verifica dell'appropriatezza; conseguente revoca degli accreditamenti per le corrispondenti strutture private accreditate; conseguente modifica del vigente piano ospedaliero regionale in coerenza con il Piano di rientro” (punto c).
La norma regionale in questione, contrasta con quanto previsto dal Piano di rientro e quindi con i principi fondamentali della legislazione dello Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’articolo 2, commi 80 e 95 della legge n. 191/2009, in base ai quali “gli interventi individuati dal piano sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro” e, pertanto, viola l’articolo 117, comma 3 della Costituzione.
La norma, inoltre, viola il richiamato articolo 120 della Costituzione, per ingerenza con i poteri attribuiti al Commissario ad acta nell’esercizio del potere di controllo sostitutivo.
A tal riguardo occorre richiamare quanto precisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 78/2011, secondo cui “l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti – malgrado il carattere vincolante (art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007») dell’accordo concluso dal Presidente della Regione – ad un’attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica.
È, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che l’esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali, senza che possa essere evocato il rischio di fare di esso l’unico soggetto cui spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza sanitaria in ambito regionale”.
L’articolo 2, comma 4 della legge in esame, nel sostituire il comma 1 dell’articolo 44 della precedente legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1, prevede, con riferimento all’anno 2012, una riduzione delle risorse già destinate alla copertura dell’ammortamento del debito sanitario pregresso al 31 dicembre 2005.
Occorre precisare che la legge regionale n. 5/2007 prevede, all’articolo 2, comma 1, che “Al fine di consentire il rispetto degli impegni finanziari previsti dal piano di rientro approvato con specifico accordo con lo Stato, ai sensi dell’articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per l’ammortamento del debito pregresso al 31 dicembre 2005 la Regione destina un’entrata finalizzata pari a 38 milioni di euro a decorrere dal 2008 e per trent’anni, a valere sulle entrate del titolo I del bilancio regionale”.
La richiamata legge regionale n. 1/2012, ha poi disposto, all’articolo 44, comma 1, che “L’entrata finalizzata di 38 milioni di euro a valere sulle entrate del titolo I del bilancio regionale, di cui all’articolo 2 della legge regionale 4 aprile 2007, n. 5 (Norme per la copertura del disavanzo sanitario dell'esercizio 2006 ed altre disposizioni urgenti ai fini dell'accordo tra la Regione e lo Stato per il rientro del disavanzo, la riqualificazione e la razionalizzazione del servizio sanitario regionale), che la Regione, in conformità agli impegni finanziari previsti dal piano di rientro approvato con specifico accordo con lo Stato stipulato ai sensi dell’articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2005), ha destinato a decorrere dal 2008 e per trenta anni alla copertura dell’ammortamento del debito pregresso al 31 dicembre 2005 non cartolarizzato, è incrementata per le medesime finalità fino ad un massimo di euro 53.700.000,00 per l’esercizio 2012, e fino ad un massimo di euro 55.500.000,00 per ciascuno degli esercizi dal 2013 al 2037”.
Tale disposizione, come detto, è stata da ultimo sostituita dall’articolo 2, comma 4 della legge ora in esame, nel modo seguente: “L'entrata finalizzata di 38 milioni di euro a valere sulle entrate del titolo I del bilancio regionale, di cui all'articolo 2 della legge regionale 4 aprile 2007, n. 5 (Norme per la copertura del disavanzo sanitario dell'esercizio 2006 ed altre disposizioni urgenti ai fini dell'accordo tra la Regione e lo Stato per il rientro del disavanzo, la riqualificazione e la razionalizzazione del servizio sanitario regionale), che la Regione, in conformità agli impegni finanziari previsti dal piano di rientro approvato con specifico accordo con lo Stato stipulato ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2005), ha destinato a decorrere dal 2008 e per trent'anni alla copertura dell'ammortamento del debito pregresso al 31 dicembre 2005 non cartolarizzato, è incrementata per le medesime finalità fino ad un massimo di euro 55.500.000,00 per ciascuno degli esercizi dal 2013 al 2037, per l'anno 2012 l'entrata di euro 15.700.000,00, già finalizzata alla copertura dell'ammortamento del debito sanitario pregresso al 31 dicembre 2005, non cartolarizzato, è rifinalizzata al finanziamento dei mutui contratti dagli enti locali per la realizzazione di opere pubbliche a valere sulla UPB 1.82.227”.
La disposizione in questione, pertanto, ha di fatto ridotto l’ammontare delle risorse destinate, per l’anno 2012, all’ammortamento del debito sanitario pregresso al 31 dicembre 2005, destinando una parte delle stesse al finanziamento di mutui contratti dagli enti locali per la realizzazione delle opere pubbliche.
Ciò si pone in contrasto con gli impegni assunti dalla regione in sede di Piano di rientro, in difformità, quindi, da quanto previsto dall'art. 2, commi 80 e 95 della legge n. 191/2009, secondo cui “gli interventi individuati dal piano sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro”.
A tal proposito, occorre segnalare che la regione Campania ha concordato, nella riunione tecnica del 30 marzo 2012 l’ottenimento di ulteriori anticipazioni di liquidità da parte dello Stato per fronteggiare l’ammortamento del debito citato, solo a condizione che la Regione stessa garantisca interamente le risorse individuate con la legge regionale n. 1/2012, il che viene di fatto impedito dalla legge in esame.
L’articolo 2, comma 4 della legge regionale in esame, nella parte in cui sostituisce il comma 1 dell’articolo 44 della legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1, contrasta con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’articolo 2, commi 80 e 95 della legge n. 191/2009 e conseguente, viola l’articolo 117, comma 3 della Costituzione.
L’articolo 4, comma 5 della legge in esame escludendo, limitatamente all’ipotesi del subentro disciplinata dall’art. 9 della legge elettorale regionale n. 4/2009, l’applicazione della disposizione di cui all’art. 65, comma 1, del TUEL – che prevede l’incompatibilità alla carica di consigliere regionale di tutti coloro che ricoprono la carica di presidente e assessore provinciale, nonché di sindaco e assessore dei comuni compresi nel territorio della regione – contrasta con il principio di ragionevolezza e di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione. La mera disapplicazione della citata disposizione statale viola, inoltre, l’art. 122, primo comma, della Costituzione che nel conferire alla Regione il potere legislativo nella materia in argomento, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato, implicitamente riconosce la vigenza – nelle more dell’esercizio della potestà legislativa di cui all’art. 122 – della generale disciplina statale in materia di incompatibilità dettata dalla legge n. 154/1981.

Per i suddetti motivi, si ritiene di promuovere la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.

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