Dettaglio Legge Regionale

Integrazione alla L.R. 21 luglio 1999, n. 44 recante "Norme per il riordino degli Enti di edilizia residenziale pubblica" e modifiche alla L.R. 25 ottobre 1996, n. 96 recante "Norme per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni di locazione". (28-4-2014)
Abruzzo
Legge n.25 del 28-4-2014
n.53 del 9-5-2014
Politiche infrastrutturali
30-6-2014 / Impugnata
La legge della Regione Abruzzo n. 25 del 2014, che detta disposizioni in materia di riordino degli enti di edilizia residenziale pubblica, presenta profili di illegittimità costituzionale per le seguenti motivazioni.

In via preliminare, va considerata la questione relativa all’esercizio del potere dell’organo legislativo regionale in casi di scioglimento dell'assemblea regionale per fine legislatura, con specifico riferimento all’approvazione della legge regionale in esame.

Con la legge costituzionale n. 1/1999 la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità è stata devoluta al legislatore regionale. In particolare detta legge costituzionale ha attribuito allo statuto ordinario la definizione della forma di governo e l’enunciazione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione, in armonia con la Costituzione (art. 123, primo comma, Cost.). Nel contempo, la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità è stata demandata allo stesso legislatore regionale, sia pure nel rispetto dei principi fondamentali fissati con legge della Repubblica, «che stabilisce anche la durata degli organi elettivi» (art. 122, primo comma, Cost.).

L’articolo 86, comma 3, dello Statuto della regione Abruzzo testualmente recita: “…nei casi di scioglimento anticipato e di scadenza della Legislatura:
a) le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalità disciplinate nel Regolamento, sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessità;
b) le funzioni del Presidente e della Giunta regionale sono prorogate sino alla proclamazione del nuovo Presidente della Regione limitatamente all'ordinaria amministrazione e agli atti indifferibili; in caso di impedimento permanente, morte e dimissioni volontarie del Presidente della Regione, le sue funzioni sono esercitate dal Vicepresidente. “in caso di scioglimento anticipato e di scadenza della legislatura, il Consiglio e l’Esecutivo regionale sono prorogati sino alla proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni, indette entro tre mesi dal Presidente della Giunta, secondo le modalità definite dalla legge elettorale”.

La Corte Costituzionale ha già più volte riconosciuto che, anche in assenza di specifiche disposizioni statutarie, nel periodo antecedente alle elezioni per la loro rinnovazione e fino alla loro sostituzione, i Consigli Regionali, dispongono «di poteri attenuati confacenti alla loro situazione di organi in scadenza, analoga, quanto a intensità di poteri, a quella degli organi legislativi in prorogatio» (cfr. sentt. n. 468/1991; 515/1995; 196/2003; 68/2010).

Nel periodo pre-elettorale si verifica, in sostanza, una fase di depotenziamento delle funzioni del Consiglio regionale, la cui ratio è stata individuata dalla giurisprudenza costituzionale nel principio di rappresentatività connaturato alle assemblee consiliari regionali, in virtù della loro diretta investitura popolare e della loro responsabilità politica verso la comunità regionale.
L’istituto della prorogatio, come chiarito nella sentenza n. 515/1995, è volto a coniugare il principio di rappresentatività politica del Consiglio Regionale «con quello della continuità funzionale dell’organo». Questa esigenza di continuità funzionale porta ad escludere che il depotenziamento possa spingersi fino a comportare un’indiscriminata e totale paralisi dell’organo stesso, e consente al Consiglio Regionale di deliberare in circostanze straordinarie o di urgenza, o per il compimento di atti dovuti o di ordinaria amministrazione.

Tale orientamento giurisprudenziale è stato ribadito e specificato nella sentenza n. 68/2010, con cui la Consulta ha sottolineato che «nell’immediata vicinanza al momento elettorale, pur restando ancora titolare della rappresentanza del corpo elettorale regionale, il Consiglio regionale non solo deve limitarsi ad assumere determinazioni del tutto urgenti o indispensabili, ma deve comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori».

Pertanto, la legge in esame potrebbe essere ritenuta legittima soltanto laddove la sua adozione fosse giustificata dalla sussistenza di presupposti di urgenza e di indifferibilità, ovvero laddove la medesima costituisse un atto dovuto.

La Corte Costituzionale, al riguardo, ha affermato che spetta al Consiglio Regionale «selezionare le materie da disciplinare in conformità alla natura della prorogatio, limitandole ad oggetti la cui disciplina fosse oggettivamente necessaria ed urgente» e ha fatto riferimento ai lavori preparatori per verificare se fossero state addotte «specifiche argomentazioni in tal senso» (sentenza n. 68/2010, par. 4.5.).

Possono quindi essere approvati in regime di prorogatio solo gli atti costituzionalmente dovuti, quali il recepimento di una Direttiva comunitaria direttamente vincolante per le Regioni o progetti di legge che presentano i caratteri dell’indifferibilità ed urgenza, quali ad esempio il bilancio di previsione, l’esercizio provvisorio o una variazione di bilancio.

L’urgenza ed indifferibilità oltre a dover essere adeguatamente motivata, deve essere volta ad eliminare le situazioni di danno senza limitare la libertà di scelta dell’organo legislativo quando avrà riacquistato la pienezza dei suoi poteri.

Tutto ciò premesso si rileva che per il provvedimento legislativo in esame non emerge alcuno dei caratteri di indifferibilità ed urgenza, né di atto dovuto o riferibile a situazioni di estrema gravità da non poter essere rinviato per non recare danno alla collettività regionale o al funzionamento dell’ente.

Per quanto rilevato si ritiene che con riferimento alla legge in esame il Consiglio regionale abbia legiferato oltrepassando i limiti riconducibili alla sua natura di organo in prorogatio e che conseguentemente il provvedimento sia nella sua interezza censurabile per violazione dell’art. 86, terzo comma, dello Statuto regionale in relazione all’art. 123 Cost.

A prescindere da quanto sopra osservato, si ritiene che la legge regionale presenti anche aspetti di illegittimità costituzionale relativamente alla disposizione contenuta nell’articolo 1, che introduce alla legge regionale 21 luglio 1999, n. 44, l’articolo 24-bis (ATER in condizioni di deficit strutturale), in base al cui comma 1 le Aziende territoriali per l’edilizia residenziale abruzzesi dichiarate dalla Giunta Regionale in condizioni di deficit strutturale “possono destinare al risanamento finanziario dei rispettivi bilanci” i proventi della vendita, tra l’altro, degli immobili di edilizia agevolata e convenzionata (lettera a), nonché degli edifici di fatto non utilizzati come alloggi in quanto inagibili o inabitabili (lettera c). Le suddette previsioni non risultano in linea con le norme introdotte dall’art. 3, comma 1, del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, recante “misure per l’alienazione del patrimonio residenziale pubblico”. Infatti, detto comma 1, alla lettera a), nel modificare l’articolo 13 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto che “Le risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente”. Per questi motivi, la disposizione di cui all’art. 1, comma 1, della legge in esame invade la potestà legislativa esclusiva statale nella materia “livelli essenziali delle prestazioni”, e pertanto viola l’art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione.

La Corte Costituzionale, infatti, ha più volte precisato – da ultimo, con la sentenza n. 121 del 2010 - che la materia dell'edilizia residenziale pubblica, non espressamente contemplata dall'art. 117 Cost., «si estende su tre livelli normativi»: «il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In tale determinazione - che, qualora esercitata, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. - si inserisce la fissazione di principi che valgano a garantire l'uniformità dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, secondo quanto prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995. Il secondo livello normativo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia "governo del territorio", ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost., come precisato [...] da questa Corte con la sentenza n. 451 del 2006. Il terzo livello normativo, rientrante nel quarto comma dell'art. 117 Cost., riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale» (sentenza n. 94 del 2007).

L’art. 3, comma 1, del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, nel destinare le risorse derivanti dalle alienazioni “esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente”, incide sulla determinazione dell’offerta di alloggi destinati ai ceti meno abbienti, inserendosi in quello che la Corte Costituzionale ha definito il “primo livello normativo”, di competenza esclusiva statale. Pertanto, la norma regionale che prevede una diversa destinazione dei proventi derivanti dalla vendita degli alloggi medesimi viola l’art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione.

Per tali motivi la norma regionale deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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