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Disposizioni collegate al primo provvedimento di variazione al bilancio di previsione finanziario della Regione per il triennio 2019/2021. Modificazioni di leggi regionali e altre disposizioni. (24-4-2019)
Valle Aosta
Legge n.5 del 24-4-2019
n.19 del 30-4-2019
Politiche economiche e finanziarie
19-6-2019 / Impugnata
La legge Regione Valle Aosta del 24 aprile 2019 n. 5 pubblicata sul B.U.R n. 19 del 30/04/2019 recante “Disposizioni collegate al primo provvedimento di variazione al bilancio di previsione finanziario della Regione per il triennio 2019/2021. Modificazioni di leggi regionali e altre disposizioni” presenta profili di illegittimità costituzionale e va impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione, per le motivazioni che di seguito si illustrano.

L’articolo 5 rubricato “Disposizioni in materia di tariffe del servizio idrico integrato. Modificazione alla legge regionale 8 settembre 1999, n. 27”, modificando l’art. 5 della legge n. 27/99, presenta i seguenti profili di criticità:
1. al comma 2, ove alla Giunta regionale si attribuisce il compito di definire “i modelli tariffari del ciclo idrico relativi all'acquedotto, alla fognatura e alla depurazione delle acque reflue, tenuto conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, nonché della copertura dei costi diretti d'investimento e di esercizio, nel rispetto dei principi europei e statali vigenti in materia”, non si fa cenno alcuno all’obbligo espresso di conformarsi alle direttrici della metodologia tariffaria statale;
2. il comma 4, ove si prevede l’istituzione di due distinte componenti tariffarie (una di carattere aggiuntivo e l’altra di carattere perequativo), per la promozione della qualità dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, non risulta totalmente coerente con il contenuto delle direttrici della metodologia tariffaria statale di cui all’art. 4 della deliberazione dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente 28 dicembre 2015, 664/2015/R/idr;
3. conseguentemente anche i commi 5, 6 e 7, costituendo previsioni di dettaglio rispetto a quelle contenute al comma 4, ripropongono le medesime criticità, venendo, in rilievo, inoltre, alle lettere a) e b) del comma 6 il contrasto, laddove non è precisato il carattere aggiuntivo delle stesse previsioni, con i meccanismi operanti sull’intero territorio nazionale fissati dall’Autorità e basati sull’istituzione delle componenti tariffarie perequative UI2 e UI3, volte rispettivamente alla promozione prevalentemente della qualità tecnica da applicarsi a tutte le utenze del servizio idrico integrato come maggiorazione ai corrispettivi di acquedotto, di fognatura e di depurazione ed alla perequazione dei costi relativi all’erogazione del bonus sociale idrico da applicarsi a tutte le utenze del servizio idrico integrato ubicate sul territorio nazionale, diverse da quelle dirette in condizioni di disagio economico sociale, come maggiorazione al corrispettivo di acquedotto;
4 al comma 9, ove si attribuisce alla Giunta regionale il compito di disporre con propria deliberazione “le integrazioni al metodo tariffario regionale del servizio idrico integrato, anche ai fini dell'adeguamento ad eventuali componenti tariffarie obbligatorie definite dalla normativa statale vigente”, non si fa cenno alcuno, come evidenziato anche al punto 1 della presente nota, all’obbligo espresso di conformarsi alle direttrici della metodologia tariffaria statale.
Al riguardo, si precisa che, per costante giurisprudenza, la materia relativa ai criteri per l’individuazione delle componenti di costo e per la determinazione delle tariffe per i servizi idrici e all’approvazione delle medesime è espressione della competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, comma secondo, lettere e) (tutela della concorrenza) ed s) (tutela dell’ambiente); pertanto, è esclusa dalla competenza regionale la determinazione diretta ex lege di qualsiasi componente di costo che incida sulla tariffa applicabile.
Vale, infatti, rammentare che la Corte costituzionale, con numerose pronunce (cfr. ex multis sentenze nn. 246/09, 307/09, 29/10, 142/10, 67/13, 93/17), ha chiarito che le regioni, stante il vigente riparto costituzionale di competenze legislative, non possono legiferare in materia di determinazione delle tariffe per i servizi idrici, atteso che “dall’interpretazione letterale e sistematica degli artt. 154, 155 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006 si desume che la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua è ascrivibile alla materia della tutela dell’ambiente e a quella della tutela della concorrenza, ambedue di competenza legislativa esclusiva dello Stato” e che “le disposizioni regionali impugnate riservino a tali enti un’attività di approvazione e modulazione che, invece, dalle norme statali interposte, in particolare dall’articolo 10, comma 14, del d.l. n. 70 del 2011, risulta riservata allo Stato, nell’esercizio delle proprie competenze in materia di tutela dell’ambiente e di tutela della concorrenza”.
I citati artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4, del decreto legislativo n. 152/06, così come l’art. 10, comma 14, del decreto-legge n. 70/11 (da leggersi in combinato disposto con l’art. 21, comma 19, del decreto-legge n. 201/11 e con l’art. 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 201/11) sono, pertanto, pacificamente qualificati dalla Corte costituzionale come norme-parametro interposte, la cui violazione determina indirettamente la violazione dell’art. 117 della Costituzione.
Seppure il quadro sopra delineato riguardi, in primis, le regioni ordinarie e come tale, sulla base dei rilievi della Consulta e delle pronunce della giurisprudenza costituzionale sinteticamente richiamate, non “immediatamente trasponibile” alle autonomie speciali, dotate, in tema di servizio idrico integrato, di competenza legislativa esclusiva in base ai rispettivi statuti (sentt. nn. 142 del 2015 e 233 del 2013), non può tuttavia affermarsi che detta competenza primaria possa essere esplicata senza alcun limite.
Al riguardo, proprio con riferimento alla legislazione della Regione Valle d’Aosta, giova evidenziare la previsione di cui all’art. 2 dello Statuto speciale, che prevede come l’esercizio della potestà legislativa da parte della Regione debba avvenire “in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”. Inoltre, si rileva come la Corte costituzionale, nella citata sentenza n. 142 del 2015, affermi che il doveroso rispetto dei principi europei e statali vigenti in materia è declinato con la formulazione di un espresso onere a carico dell’organo regionale, “tenuto a conformarsi alle direttrici della metodologia tariffaria statale, con la conseguenza che, per tale via, risulta salvaguardato l’interesse statale a una regolazione stabile e idonea a garantire gli investimenti necessari, un servizio efficiente e di qualità, nonché la tutela degli utenti finali”.
Sul punto, quindi, assumono rilievo le disposizioni di cui all’articolo 4 della deliberazione dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente del 28 dicembre 2015, 664/2015/R/idr, recante le direttrici della metodologia tariffaria statale, da applicare sull’intero territorio nazionale ed individuate nelle disposizioni, a tutela dell’utenza e dei livelli minimi di qualità del servizio, che afferiscono: a) alle componenti di costo ammissibili al riconoscimento tariffario nonché alla struttura del vincolo ai ricavi del gestore; b) al limite massimo alla variazione annuale del moltiplicatore tariffario ; c) alle regole tese alla sostenibilità finanziaria efficiente delle gestioni.
In merito, poi, all’ampiezza del perimetro entro il quale è esercitata la competenza primaria regionale, è opportuno precisare che anche recentemente la Corte costituzionale ha ribadito i limiti della potestà statutaria delle Regioni ad autonomia speciale, evidenziando che, in questo caso, “la potestà legislativa regionale incontrerà i limiti statutari, e quindi – pur nella diversità delle formule presenti nei singoli statuti speciali – quelli delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, dei principi generali dell’ordinamento giuridico, degli obblighi internazionali e dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea” (sentenza n. 65 del 2019).
Occorre considerare, ancora, che il citato decreto-legge n. 201/2011, nell’attribuire all’Autorità “le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici”, ha precisato che tali funzioni “vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all’Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481” (art. 21, comma 19).
Peraltro, la legge n. 481/1995 si configura, al pari delle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 70/11 (con particolare riferimento all'art. 10, comma 11 e ss.) e nel decreto-legge n. 201/2011 (con specifico riguardo all'art. 21, comma 19), come "norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica".
Quanto sopra è confermato dal disposto dell’art. 1, comma 1, della medesima legge n. 481/1995, che individua le finalità dell’azione delle Autorità indipendenti di regolazione nella necessità di garantire la “promozione (..) dell'efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità (..) nonché adeguati livelli di qualità nei servizi medesimi (..) assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori”.
Infine, in merito al bonus sociale idrico, è opportuno precisare come, oltre alle richiamate previsioni normative, venga in rilievo il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri 13 ottobre 2016 , in cui si evidenzia l’importanza di introdurre strumenti tariffari idonei a sostenere le utenze disagiate, in grado, al contempo, di garantire il principio «chi inquina paga» e quello della copertura dei costi attraverso meccanismi endotariffari, al fine di garantire l'equilibrio economico-finanziario della gestione della misura. Il medesimo decreto, all’art. 3, comma 1, assegna poi all’Autorità il compito di disciplinare il bonus per tutti gli utenti domestici residenti, ovvero per i nuclei familiari, di cui sono accertate le condizioni di disagio economico sociale, garantendo, attraverso il metodo tariffario e la relativa articolazione tariffaria, il recupero dei costi efficienti del servizio e degli investimenti, l'equilibrio economico finanziario della gestione, nonché la tutela degli utenti.
Pertanto, il bonus sociale idrico, le cui modalità applicative in relazione alla fornitura di acqua agli utenti domestici residenti in condizioni di disagio economico sociale sono state definite dall’Autorità con la deliberazione 21 dicembre 2017, 897/2017/R/idr, si configura quale misura prevista dalla normativa primaria con valenza nazionale, diretta a garantire i principi fondamentali della persona, la cui rilevanza sociale travalica il vigente quadro di competenze che, sulla base dell’interpretazione fornita, riconduce anche la competenza relativa alla determinazione dei criteri tariffari alla materia dell’organizzazione del servizio idrico integrato
In conclusione, alla luce dei motivi sopra illustrati, si ritiene di dover impugnare le disposizioni citate relative all’articolo 5, in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione, nonché alle norme fondamentali delle riforme economico-sociali ed ai principi generali dell’ordinamento giuridico che vengono in rilievo nella fattispecie esaminata.


L'articolo 12 (Disposizioni in materia di riordino fondiario. Modificazioni alla legge regionale 18 luglio 2012, n. 20), dopo il comma 2- che apporta modifiche all'art. 9 della l.r. n. 20-dispone l'aggiunta dell'art. 2 bis, di seguito riportato:
«1. Ai fini della redazione del Piano di riordino fondiario, qualora nell'area interessata risultino beni intestati a soggetti irreperibili, sconosciuti o deceduti senza eredi, il Consorzio convoca l'assemblea dei consorziati affinché i soggetti interessati possano dichiarare, alla presenza di un notaio, le ragioni per vantare l'eventuale titolarità dei predetti beni. L'assemblea si pronuncia su tali dichiarazioni, approvandole ai fini della predisposizione del piano di assegnazione dei terreni di cui al comma 2,lettera b), con la maggioranza di cui all'art. 5, comma 3. A tali fini, il notaio verbalizza le generalità dei dichiaranti e, per ognuno di loro, le particelle catastali e le quote di proprietà di cui essi vantano la titolarità, dando atto, nello stesso verbale, che nessuno dei presenti abbia dichiarato di vantare, sui predetti beni, altri diritti di godimento. Resta ferma, in caso di esito negativo della procedura, la possibilità, per il Consorzio, di dare atto che i predetti beni sono ricompresi nel piano di riordino subordinatamente all'avvio, ove consentito dalla normativa vigente e previa dichiarazione di pubblica utilità ai sensi dell'art. 11, comma 2, del procedimento espropriativo di cui alla legge regionale 2 luglio 2004, n. 11 (Disciplina dell'espropriazione per pubblica utilità in Valle d'Aosta. Modificazioni delle leggi regionali 11 novembre 1974, n. 44, e 6 aprile 1998, n. 11)».
La disposizione normativa regionale impatta con l'istituto delle successioni e, in particolare, la disciplina prevista dall'art. 586 cod. civ. (Acquisto dei beni da parte dello Stato): che così dispone: « In mancanza di altri successibili, l'eredità è devoluta allo Stato. L'acquisto si opera di diritto senza bisogno di accettazione e non può farsi luogo a rinunzia».
Sotto altro profilo, l'art. 528 cod. civ. (Nomina del curatore) disciplina l'istituto dell'eredità giacente , che al comma 1, prevede il seguente disposto:
«Quando il chiamato non ha accettato l'eredità e non è nel possesso di beni ereditari, il pretore del mandamento in cui si è aperta la successione, su istanza delle persone interessate o anche d'ufficio, nomina un curatore dell'eredità».
Nella materia de qua è stato tra l'altro, presentato al Senato il DDL S. 249 recante "Disposizioni in materia di devoluzione dell'eredità ai Comuni e modifica degli articoli 565 e 586 del codice civile" con cui si prevedono misure per l'acquisto dei beni da parte dei Comuni di competenza, in mancanza di altri successibili.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte la disposizione normativa regionale nel prevedere - nell'ambito del piano di riordino fondiario - che qualora nell'area interessata risultino beni intestati a soggetti “irreperibili, sconosciuti o deceduti senza eredi”, "il Consorzio convoca l'assemblea dei consorziati affinché i soggetti interessati possano dichiarare, alla presenza di un notaio, le ragioni per vantare l'eventuale titolarità dei predetti beni. L'Assemblea si pronuncia su tali dichiarazioni, approvandole ai fini della predisposizione del piano di assegnazione dei terreni di cui al comma 2, lettera b)", presenterebbe alcune criticità in quanto verrebbe ad incidere nelle prerogative di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art.117, secondo comma, lettera I), Cost.

Le disposizioni eccedono anche dalla competenza legislativa esclusiva della Regione di cui all’articolo 2 dello Statuto della Valle d’Aosta (Legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4) che deve esercitarsi in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.

Per le ragioni che precedono si ritiene di dover impugnare la legge in esame ai sensi dell'articolo 127 della Costituzi8one.

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