Dettaglio Legge Regionale

Norme a sostegno dell’economia circolare e di gestione sostenibile dei rifiuti. (30-12-2020)
Abruzzo
Legge n.45 del 30-12-2020
n.222 del 30-12-2020
Politiche infrastrutturali
26-2-2021 / Impugnata
La legge regionale, che detta “Norme a sostegno dell’economia circolare e di gestione sostenibile dei rifiuti.” presenta aspetti di illegittimità costituzionale con riferimento alla disposizione contenuta nell’articolo 1,commi 4 e 9 , che , per le motivazioni che di seguito si riportano, viola la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema di cui all’articolo 117, secondo comma lettera s) della Costituzione.
In particolare:
1 . L’articolo 1, comma 4, della legge regionale stabilisce che: “La Regione, con la presente legge, sostiene azioni dirette alla riduzione della produzione e al recupero di materia con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia, minimizzando il quantitativo di rifiuto urbano non inviato al riciclaggio, ribadendo la volontà di non prevedere la realizzazione di impianti dedicati di incenerimento per i rifiuti urbani e prevedendo di raggiungere tendenzialmente al 2022, a scala di bacino regionale, conformemente al vigente Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (di seguito PRGR), i seguenti obiettivi minimi:
a) un quantitativo di produzione di rifiuto urbano indifferenziato, inferiore ai 130 chilogrammi per abitante anno;
b) un quantitativo di rifiuti residui avviati a smaltimento finale in discarica, inferiore ai 100 chilogrammi per abitante anno”.
Siffatta norma, pur privilegiando attività finalizzate alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al loro riciclaggio, manifesta la volontà di non voler prevedere la realizzazione di impianti destinati all’incenerimento dei rifiuti.
Tale disposizione, pur se di carattere programmatico, finisce per costituire la base giuridica per ritenere improcedibili, e dunque porre dei limiti, alle richieste di autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio di impianti che non siano dedicati esclusivamente al recupero di materia.
La disposizione regionale dunque sostanzialmente determina un divieto alla realizzazione di impianti di incenerimento dei rifiuti sul territorio regionale.
Si rammenta in proposito che ai sensi dell’articolo 35 della l. n. 164 del 2014, gli impianti di incenerimento dei rifiuti “ costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica”
Prevedere quindi l’assenza di tali tipi di impianti nel territorio regionale oltre a determinare un deficit nella potenzialità di incenerimento, potrebbe comportare non soltanto l’impossibilità di trattare i rifiuti provenienti da altre regioni ma anche la necessità di dover ricorrere, per lo smaltimento di alcune tipologie di rifiuti prodotti dalla stessa Regione, ad impianti posti fuori dal suo territorio.
Il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non consente che le Regioni prescrivano limiti generali siffatti, in quanto contrastano con il principio fondamentale di preminente interesse nazionale - riconducibile nella potestà esclusiva statale di cui all’art. 117, comma 2, lett. s) Cost. - di individuazione degli impianti di recupero e smaltimento di rifiuti ex art. art. 195, comma 1, lett. f, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e 196, comma 1 lett. n) e o) del decreto legislativo n. 152 del 2006. In forza di siffatte previsioni, infatti, è riservata allo Stato l’individuazione degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale che deve essere effettuata secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, nonché l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento di rifiuti. Alle regioni pertiene invece la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell'articolo 195, comma 1, lettera p), nonché la definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare.
È solo nella sede procedimentale che può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità, e che trovano nei princìpi costituzionali la loro previsione e tutela. Ne deriva, dunque, che la norma regionale in oggetto, la quale, la volontà regionale di non prevedere la realizzazione di impianti dedicati di incenerimento per i rifiuti urbani in assenza di qualsiasi tipo di valutazione istruttoria di natura procedimentale , sostanzia “in forma di legge”, il contenuto oggettivo di interventi regionali che la legge statale correla ad atti di pianificazione aventi la forma dell’atto amministrativo, sul presupposto che “solo in tal modo è possibile assicurare le garanzie procedimentali per un giusto equilibrio in gioco, da soddisfare anche attraverso l’acquisizione di pareri tecnici” (Corte Cost. Sentenza n. 142/2019).
2 . Il successivo comma 9 dell’ articolo 1 della stessa legge regionale prevede le azioni che la Regione intende promuovere al fine di tutelare la salute ed il territorio, con appositi provvedimenti attuativi, stabilendo, alla lettera u), quella di : “definire, per garantire la tutela della salute e del territorio, distanze minime e fasce preventive minime dai centri abitati e dalle funzioni sensibili, come ad esempio asili nido, scuole, centri sportivi e di aggregazioni, distretti sanitari, ospedali e case di riposo, al di sotto delle quali la localizzazione di impianti di trattamento e di smaltimento dei rifiuti è esclusa a priori”.
Detta disposizione nell’escludere, dunque, la realizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti da alcuni luoghi specifici, stabilisce distanze da rispettare e in taluni casi anche divieti alla realizzazione, ponendosi così in contrasto con le previsioni contenute nell’articolo 196, comma 1, lettere n) e o) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ( codice dell’Ambiente) che consentono alla Regione, sulla base dei criteri generali dettati dalla normativa statale, di definire criteri per l’individuazione, da parte delle Province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti.
Come affermato dalla Corte Costituzionale (da ultimo sentenza n. 272 del 2020) la Regione non può fissare nella forma della legge regionale i criteri di individuazione delle aree non idonee all’installazione degli impianti, perché, invece, sul punto è necessario pronunciarsi all’esito di un procedimento amministrativo.
La Corte ha affermato che il procedimento amministrativo costituisce il luogo elettivo di composizione degli interessi, in quanto «“[è] nella sede procedimentale […] che può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità, e che trovano nei princìpi costituzionali la loro previsione e tutela. La struttura del procedimento amministrativo, infatti, rende possibili l’emersione di tali interessi, la loro adeguata prospettazione, nonché la pubblicità e la trasparenza della loro valutazione, in attuazione dei princìpi di cui all’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241[…]: efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza. Viene in tal modo garantita, in primo luogo, l’imparzialità della scelta, alla stregua dell’art. 97 Cost., ma poi anche il perseguimento, nel modo più adeguato ed efficace, dell’interesse primario, in attuazione del principio del buon andamento dell’amministrazione, di cui allo stesso art. 97 Cost. (sentenza n. 69 del 2018)”» (sentenza n. 116 del 2020).
A ciò si aggiunge che «se la materia, per la stessa conformazione che il legislatore le ha dato, si presenta con caratteristiche tali da enfatizzare il rispetto di regole che trovano la loro naturale applicazione nel procedimento amministrativo, ciò deve essere tenuto in conto nel vagliare sotto il profilo della ragionevolezza la successiva scelta legislativa, pur tipicamente discrezionale, di un intervento normativo diretto» (sentenza n. 116 del 2020).
Tali asserzioni di carattere generale trovano una speculare corrispondenza nella prerogativa, propria del legislatore statale nelle materie affidate alla sua competenza legislativa esclusiva, di vincolare la Regione ad esercitare in forma procedimentale l’attività amministrativa che la normativa statale abbia allocato a livello regionale, precludendo il ricorso alla funzione legislativa (ex plurimis, sentenze n. 28 del 2019, n. 66 del 2018 e n. 20 del 2012).
Con particolare riferimento, poi, al procedimento di localizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti tale principio ha trovato reiterate conferme nella giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 142, n. 129 e n. 28 del 2019).
L’art. 199, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’ambiente) disciplina i piani regionali di gestione dei rifiuti, attribuendo loro un contenuto in parte eventuale, in parte necessario.
Entro quest’ultimo si colloca proprio la specificazione dei «criteri per l’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti, nonché per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti» (art. 199, comma 3, lettera l, del cod. ambiente).
È perciò il suddetto piano la sede che il legislatore competente ha scelto, al fine di ponderare i complessi interessi coinvolti dalla decisione, all’esito di un procedimento amministrativo aperto alla partecipazione del pubblico, e nel quale sono sentiti gli enti locali e le Autorità d’ambito.
Sul punto, l’art. 199, comma 1, del cod. ambiente è infatti esplicito nel prevedere che «[l]’approvazione dei piani regionali avviene tramite atto amministrativo».
L’art. 199, comma 5, del codice dell’ambiente, stabilendo che «il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente» persegue proprio tale scopo.
La disposizione regionale in esame invece appare prevedere un generico divieto di localizzazione che prescinde dalla concomitante pianificazione regionale, mentre è solo al Piano che è demandato adattare i criteri di esclusione di certe porzioni di territorio alla effettiva conformazione dello stesso, dovendosi evitare divieti astratti che, formulati senza una visione sinottica della pianificazione, si tradurrebbero in un ostacolo, se non nella impossibilità, di realizzazione degli impianti, con conseguente illegittimità costituzionale delle disposizioni, come affermato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze nn 154 del 2016 e n. 285 del 2013.
Per i motivi esposti la legge in esame deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione, con particolare riferimento all’art. 1, commi 4 e 9, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione.

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