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Modifiche alla legge regionale 24 agosto 1979, n. 63 “Norme per l’istituzione e il funzionamento dell’Istituto regionale per le ville venete “I.R.V.V.””, ed ulteriori disposizioni. (10-2-2021)
Veneto
Legge n.3 del 10-2-2021
n.22 del 12-2-2021
Politiche ordinamentali e statuti
31-3-2021 / Impugnata
Con la presente legge la Regione Veneto apporta modifiche alla legge regionale del 24 agosto 1979, n. 63 recante “Norme per l’istituzione e il funzionamento dell’Istituto per le ville venete “I.R.V.V.”, ed ulteriori disposizioni. In particolar modo, prevede l’armonizzazione del trattamento economico del personale dell’istituto regionale con quello della Giunta regionale del Veneto.
Tuttavia la presente legge è censurabile per le seguenti motivazioni:

1) L’articolo 1 interviene in materia di trattamento accessorio del personale dell’Istituto regionale ville venete, modificando l’articolo 25 della legge regionale n. 63 del 1979, con l’introduzione del comma 3-bis che così recita:

“In attuazione di quanto disposto dal terzo comma, a decorrere dal 1° gennaio 2018, al fine di consentire l'effettiva armonizzazione del trattamento economico del personale dell'Istituto regionale ville venete con quello della Giunta regionale del Veneto, i fondi destinati al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, dell'ente possono essere incrementati, con riferimento al medesimo personale, in misura non superiore alla differenza tra il valore medio individuale del trattamento economico accessorio del personale dell'amministrazione regionale, calcolato con riferimento all'anno 2016, e quello corrisposto al personale in servizio alla medesima data presso l'Istituto”.

E ancora il medesimo articolo 1 introduce il comma 3-ter secondo cui “In attuazione di quanto disposto dal terzo comma in tema di assoggettamento, anche con riferimento al trattamento economico, alla normativa regionale del personale dell'Istituto regionale ville venete, a decorrere dal 1° gennaio 2020 si applica al medesimo personale quanto disposto dall'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 "Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi" convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58.".

Preliminarmente deve evidenziarsi che l'Istituto regionale per le ville venete è stato istituito con la legge regionale 24 agosto 1979, n. 63, allo scopo di provvedere, "in concorso con il proprietario o sostituendosi ad esso, al consolidamento, al restauro nonché alla migliore utilizzazione delle Ville Venete" (art. 2).
L'Istituto, che ha preso il posto dell'ente pubblico nazionale "Ente per le Ville venete", è dotato di personalità giuridica pubblica e il relativo personale è "equiparato ai dipendenti regionali" ai sensi dell'art. 25, terzo comma, della legge regionale n.63 del 1979. Successivamente, la legge regionale 24 ottobre 2019, n. 43, recante "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 24 agosto 1979, n. 63 - Norme per l'istituzione e il funzionamento dell'istituto Regionale per le Ville Venete "IRVV", ha sostituito quanto previsto dal citato terzo comma dell'art. 25 con la seguente disposizione, attualmente vigente: "lo stato giuridico e il trattamento economico del personale dipendente dell'istituto è equiparato a quello del personale di ruolo della Regione ed è soggetto alla relativa normativa regionale" (art. 23, comma 2).

La norma in esame, che professa di essere finalizzata ad attuare il disposto del comma 3 dell’articolo 25 della L.R n.63 del 1979 (equiparazione allo stato giuridico ed economico del personale di ruolo della Regione) di fatto è diretta a realizzare l’armonizzazione del personale dell’I.R.V.V. con il solo personale della Giunta regionale del Veneto, intervenendo in una materia riservata in via esclusiva alla normativa statale, quale la disciplina dei fondi per il trattamento economico accessorio del personale pubblico, prevedendo che l'Istituto regionale per le ville venete "I.R.V.V." possa armonizzare - e quindi incrementare - il valore medio individuale del trattamento accessorio erogato ai propri dipendenti al valore medio individuale del trattamento accessorio del personale dell'amministrazione regionale, con ciò ponendosi in contrasto con l'articolo 117, comma 2. lett. l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile.
Peraltro, la disposizione deroga a quanto previsto dall'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, il quale dispone che “... a decorrere dal 1 gennaio 2017, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n..165, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016... ", in quanto consente sostanzialmente all'Istituto regionale per le ville venete "I.R.V.V." di superare tale proprio limite finanziario.

La nuova norma, dunque, consentendo di incrementare i fondi per il trattamento economico accessorio del personale dell’istituto, risulta non coerente con la riserva di competenza esclusiva assegnata al legislatore statale dall’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione in materia di ordinamento civile nonché con il principio di coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 117, terzo comma della Costituzione.

Inoltre, la materia del trattamento economico, sia fondamentale che accessorio, relativo anche a tale personale deve soggiacere alle disposizioni del citato decreto legislativo n. 165/2001, disposizioni che, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, costituiscono principi fondamentali, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione.
In particolare, si richiama l’articolo 45 secondo cui il trattamento economico fondamentale ed accessorio è definito dai contratti collettivi, nonché l’articolo 40, comma 3- bis e comma 3-quinquies del d.lgs. 165/2001 in base al quale, in particolare, le regioni, per quanto concerne le proprie amministrazioni, possono destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa nei limiti stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei parametri di virtuosità fissati per la spesa di personale dalle vigenti disposizioni, in ogni caso nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica e di analoghi strumenti del contenimento della spesa.

In questo senso la stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 146 del 2019 ha affermato che il legislatore statale demanda alla contrattazione collettiva nazionale di comparto "la determinazione e l'assegnazione delle risorse destinate al trattamento accessorio dei dipendenti pubblici, anche al fine di premiare il merito e il miglioramento delle prestazioni dei dipendenti, come previsto in specie dall'art. 45, commi 3 e 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) [¬1. Non è superfluo rimarcare che lo spazio della contrattazione decentrata e integrativa, individuato dall'art. 40, comma 3-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001 come sede idonea per la destinazione di risorse aggiuntive relative al trattamento economico accessorio collegato alla qualità del rendimento individuale, è uno spazio circoscritto e de/imitato dai contratti nazionali di comparto. La contrattazione non potrà che svolgersi «sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziaii che questi ultimi prevedono» ".

Tale consolidato orientamento è stato ribadito dalla Corte Costituzionale anche con la recentissima sentenza n.25 del 2021: "in particolare, nel delineare i confini tra ciò che è ascrivibile alla materia «ordinamento civile» e ciò che invece ricade nella competenza regionale, questa Corte ha precisato che sono da ricondurre alla prima «gli interventi legislativi che [...J dettano misure relative a rapporti lavorativi già in essere (ex multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015)» (sentenza n. 32 del 2017) e rientrano, invece, nella seconda «i profili pubblicistico-organizzativi dell'impiego pubblico regionale» (sentenze n. 241 del 2018 e n. 149 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 191 del 2017 e n. 63 del 2012).

Inoltre, nella pronuncia n.16 del 2020 (legge regionale Siciliana n. 8 del 2018) i giudici della Corte hanno ribadito che la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici – ivi inclusi i profili del trattamento economico (inteso nel suo complesso, senza alcuna limitazione a quello fondamentale) e della relativa classificazione (sentenza n. 213 del 2012) – rientra nella materia «ordinamento civile», che spetta in via esclusiva al legislatore nazionale. Invero, a seguito della sua privatizzazione, tale rapporto è disciplinato dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva, come espressamente previsto dall’art. 2 t.u. pubblico impiego. Compete, dunque, unicamente al legislatore statale anche la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei dipendenti regionali (ex multis, sentenze n. 175 e n. 160 del 2017, n. 257 del 2016), ai sensi dell’art. 1, comma 2, t.u. pubblico impiego. Ulteriormente l’art. 2, comma 3, t.u. pubblico impiego, stabilisce, che «l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi» e l’art. 45, comma 1, dello stesso testo unico ribadisce che «(…) il trattamento economico fondamentale ed accessorio […] è definito dai contratti collettivi».


2) Con riferimento, al nuovo comma 3 ter dell'articolo 25 della legge regionale n. 63/1979, introdotto dall'art. 1 della legge regionale n. 3/2021, si evidenzia che tale norma contempla, secondo quanto chiarito dalla relazione illustrativa, "la possibilità di incrementare il personale dell'Istituto prevedendo, stante l'assoggettamento anche in tema di trattamento economico alla normativa regionale - come stabilito dal comma 2 secondo capoverso del citato art. 25 - l'applicazione anche al personale dell'Istituto dell'art. 33 (comma 1, ultimo periodo) del decreto legge 34 del 2019 "Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi", convertito con modificazioni, dalla L. 58/2019. Il citato comma 3 ter prevede, infatti, la possibilità di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale e con le modalità e le limitazioni previste dall'art. 33 sopra richiamato".

Pertanto, il citato comma 3-ter interviene su una competenza legislativa statale, estendendo in via unilaterale al predetto "I.R.V.V." le disposizioni in materia di adeguamento in aumento o in diminuzione del sopra richiamato limite finanziario del trattamento accessorio, al fine di garantire l'invarianza del valore medio pro-capite, riferito all'anno 2018, del fondo per la contrattazione, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018.

Sul punto, si evidenzia che tali disposizioni trovano attuazione per le sole regioni a statuto ordinario e non anche per gli enti alle medesime collegati o dipendenti, ai sensi di quanto previsto dall'ultimo periodo dell'articolo 33, comma 1, del decreto legge n. 34/2019; con ciò la norma regionale in esame si pone anche in questo caso in contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile nonché con il principio di coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 117, terzo comma della Costituzione.

Infine, dal punto di vista della uniforme ed omogenea applicazione delle norme statali di riferimento su cui interviene la disposizione regionale, si fa presente che la predetta normativa regionale determina difformità applicative e sperequazioni economiche nei confronti del personale dipendente dagli enti ed istituti della Regione Veneto, nonché del personale dipendente degli enti ed istituti delle altre regioni a statuto ordinario non assoggettati alla norma regionale in esame e, in quanto tali, non destinatari di analoghe armonizzazioni in aumento del proprio trattamento accessorio, con ciò ponendosi in palese violazione dei principi di uguaglianza sanciti dall'articolo 3 della Cost.

Per i motivi suesposti, si ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale della legge della Regione Veneto n. 3 del 2021, relativamente all’articolo 1, che introduce i commi 3 bis e 3 ter all'articolo 25 della l.r. n. 63/1979, in quanto si pongono in contrasto con la normativa statale sopracitata, in violazione dei principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, nonché in violazione dell’articolo 117, secondo comma , lettera l), che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile, e del principio fondamentale di coordinamento della finanza di cui al terzo comma, del medesimo articolo 117, della Costituzione.

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