Dettaglio Legge Regionale

Modifiche alla legge regionale 28 aprile 2008, n. 10 (disposizioni collegate alla legge finanziaria 2008). (20-10-2008)
Liguria
Legge n.37 del 20-10-2008
n.14 del 21-10-2008
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia impugnativa
RINUNCIA IMPUGNATIVA

Nella seduta del Consiglio dei Ministri del 18 dicembre 2008 è stata deliberata l'impugnazione della legge regionale della Liguria n. 37 del 20 ottobre 2008, in materia di affidamenti in house. L’articolo 1, comma 2 della legge censurata, nell’inserire il comma 2 bis all’articolo 34 della l.r. n. 10/2008, disponeva che: “Qualora si pervenga all'esercizio del controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi da parte della Regione, anche in forma associata, previa intesa fra i soci, gli enti, le aziende, le agenzie regionali e le società controllate direttamente o indirettamente dalla Regione possono affidare, tramite specifiche convenzioni, prestazioni finalizzate alla produzione di beni e servizi alla società”. Così disponendo la norma regionale prevedeva un affidamento diretto in assenza dei requisiti necessari per individuare un rapporto ‘in house’ fra il soggetto conferente e quello conferitario, contrastando con le sentenze della Corte di Giustizia in tema di affidamento in house e con gli articoli 43 e 49 del Trattato CE, violando i vincoli derivanti dall'Ordinamento comunitario ai sensi dell'articolo 117, comma 1, della Costituzione; contrastava anche con l'articolo 13 del d.l. n. 223/06 invadendo la competenza legislativa statale in materia di tutela della concorrenza, violando l’articolo 117, comma 2 lett. e), della Costituzione.
Successivamente, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 20 febbraio 2009, è stata deliberata l'impugnazione della legge regionale della Liguria n. 44 del 24 dicembre 2008, la quale, nel prevedere modifiche al comma 2 bis all'art. 34 della l.r. Liguria n. 10/2008, non superava le suddette censure.
La legge regionale n. 63/2009 recante:"Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2010", esaminata dal Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 10 febbraio 2010 (censurata dinanzi la Corte Costituzionale per altre motivazioni), all’art.21, comma 4 dispone l’abrogazione dell’art. 34 della L.r. Liguria n.10/2008 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2008) così come modificato dalla L.r. n. 37/2008, dalla L.r. n.14/2008 e dalla L.r. n.44/2008.
Con il suddetto intervento normativo, quindi, possono ritenersi superati i rilievi di illegittimità costituzionale formulati in sede di impugnativa delle citate leggi regionali, per le quale si ritiene sussistano i presupposti per proporre rinuncia di impugnazione.
18-12-2008 / Impugnata
La legge in esame, composta da due articoli, recante disposizioni relative alla riorganizzazione e allo sviluppo della società Genova S.p.A. è censurabile per i motivi che di seguito si espongono.
L’articolo 1, comma 2, della presente legge inserisce il comma 2 bis all’articolo 34 della l.r. n. 10/2008, e dispone che: “Qualora si pervenga all'esercizio del controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi da parte della Regione, anche in forma associata, previa intesa fra i soci, gli enti, le aziende, le agenzie regionali e le società controllate direttamente o indirettamente dalla Regione possono affidare, tramite specifiche convenzioni, prestazioni finalizzate alla produzione di beni e servizi alla società”.
Tale disposizione viola i principi previsti dall’Ordinamento giuridico comunitario in materia di affidamento in house. Al riguardo si osserva, infatti, che la possibilità di derogare al generale obbligo di esperire la gara d'appalto è ammissibile solo nel caso in cui l'affidamento venga disposto a favore di un soggetto legato all'ente pubblico di appartenenza da un rapporto di delegazione interorganica. In particolare, affinché ci sia un legittimo affidamento in house, devono sussistere 3 requisiti:
1) l’amministrazione affidante deve svolgere un “controllo analogo” a quello esercitato dalla stessa sui propri servizi;
2) la società deve essere a capitale interamente pubblico;
3) la società affidataria deve operare esclusivamente per l’ente pubblico di appartenenza.
Ad oggi, infatti, la disciplina in esame e le citate condizioni legittimanti l’affidamento in house, così come in origine elaborate dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia nella sentenza Teckal, C-107/98, hanno subito un forte processo evolutivo da parte della giurisprudenza europea e nazionale attraverso un percorso volto a rendere sempre più stringente e rigoroso il contenuto dei presupposti, con particolare attenzione al cd. "controllo analogo" (in ultimo rispettivamente sent. Corte Cost. n. 326/08, Consiglio di Stato n. 2932/07, Corte di Giustizia, 13 novembre 2008, C-324/07).
Affinché si eserciti controllo analogo, infatti, "è necessario che si realizzi quello che è definito un controllo strutturale, e questo non può limitarsi agli aspetti formali” ma deve essere effettivo e svincolato da qualsiasi condizione futura ed eventuale (Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana 719/2007). I giudici della Corte di giustizia, hanno interpretato in maniera restrittiva l'affidamento dei servizi in tema di in house providing; la Corte riconduce il concetto di controllo da parte dell'amministrazione affidante alla possibilità di quest'ultima di esercitare un'influenza determinante, sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti, non considerando un elemento sufficiente la sola detenzione in mano pubblica dell'intero capitale sociale della società (Corte di giustizia, C-410/04, del 6 aprile 2006).
Il comma in esame, quindi, è censurabile perché il “controllo analogo” di cui si tratta non risulta effettivo ed assoluto ma subordinato al verificarsi di condizioni meramente eventuali.
Ma anche ad ammettere (denegata ipotesi) che fra la Regione Liguria e le società in questione possa dirsi sussistente una relazione ‘in house’, nondimeno la richiamata norma regionale risulterebbe illegittima in quanto lesiva delle tassative ipotesi in cui l’affidamento ‘in house’ può essere disposto. Ed infatti, la norma da ultimo approvata dalla Regione comporta che, una volta accertata la sussistenza di un rapporto ‘in house’ fra la Regione ed una determinata società (circostanza che, per altro, qui si contesta), l’affidamento diretto possa essere disposto (non solo dalla Regione, ma) anche da parte di “società controllate direttamente o indirettamente dalla Regione”.
E’ tuttavia evidente che, in questo caso, la norma regionale ammette che l’affidamento diretto intervenga fra soggetti fra i quali non intercorre alcun rapporto partecipativo o di controllo diretto, atteso che le relazioni fra loro sono solo indirette ed eventuali, in quanto mediate dalla presenza dell’Ente-Regione.
Conseguentemente, la norma regionale risulta illegittima per la parte in cui ammette un affidamento diretto in assenza dei requisiti necessari per individuare un rapporto ‘in house’ fra il soggetto conferente e quello conferitario.
La disposizione è, anche, illegittima nella parte in cui consente alle società controllate indirettamente dalla Regione di affidare prestazioni finalizzate alla produzione di beni e servizi. La previsione di un controllo esercitato in via indiretta, non risponde ai requisiti previsti dalla legge statale e dalla giurisprudenza comunitaria di riferimento, in quanto l’amministrazione in tal modo non potrebbe esercitare una influenza determinante nè sugli obiettivi strategici nè sulle decisioni importanti della società affidataria; il tramite di una società holding, infatti, incide negativamente sulla sussistenza del controllo analogo ai fini della legittimità di un affidamento in house. L'intervento di un siffatto tramite, infatti, indebolisce il controllo eventualmente esercitato dall'amministrazione aggiudicatrice su una S.p.A., in forza della mera partecipazione al suo capitale (C. giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04). Ne consegue, quindi, che non può essere legittima una disposizione di legge che ammette la possibilità per una società controllata indirettamente dalla Regione di affidare direttamente tramite convenzione la produzione di beni e servizi ad una società in house providing della Regione stessa.
La norma in esame, così strutturata, è ancor più lesiva in quanto non risultando il controllo analogo effettivo e assoluto ma soltanto eventuale, non disciplina la fattispecie opposta. Infatti, nel caso in cui non dovesse essere raggiunto tale controllo, la Regione e gli enti pubblici hanno l’obbligo di dismettere le quote in ottemperanza alla disposizione di cui all’art. 13 del d.l. n. 223/06, non trattandosi, nella specie, di servizi pubblici locali. Tale obbligo non è espresso, invece, dalla norma regionale, risultando pertanto illegittima per tale ragione.
Il comma 2 dell’art. 1 della legge in esame, che inserisce il comma 2 bis all’art. 34 della l.r. n. 10/08, così disponendo si pone in contrasto con le sentenze della Corte di Giustizia sopra richiamate e con gli articoli 43 e 49 del Trattato CE, violando i vincoli derivanti dall'Ordinamento comunitario ai sensi dell'articolo 117, comma 1, della Costituzione e con l'articolo 13 del d.l. n. 223/06 invadendo la competenza legislativa statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’articolo 117, comma 2 lett. e), della Costituzione.
Per le ragioni suesposte, la legge regionale deve essere impugnata dinanzi la Corte Costituzionale, ai sensi art. 127 della Costituzione.

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