Dettaglio Legge Regionale

Prima legge di revisione normativa ordinamentale 2022. (20-5-2022)
Lombardia
Legge n.8 del 20-5-2022
n.21 del 24-5-2022
Politiche ordinamentali e statuti
21-7-2022 / Impugnata
Con la presente legge la Regione Lombardia, opera una revisione della legislazione regionale, anno 2022, in materia di affari istituzionali, economica, territoriale dando attuazione, con il Titolo IV della presente legge, ad impegni assunti con il Governo in applicazione del principio di leale collaborazione.

Tuttavia la presente legge è censurabile per le seguenti motivazioni:
1) L’articolo 3, comma 1, lettera c), introduce la lettera 1-bis al comma 1 dell'articolo 5 della l.r. 6 del 2015, prevedendo una collaborazione interistituzionale tra la Regione, i competenti organi decentrati dello Stato ed i comuni in materia di sicurezza urbana, con la possibilità anche di "superamento della barriera funzionale e operativa dei confini territoriali di riferimento del singolo corpo o servizio di polizia locale".

Si evidenzia che la legge quadro sulla polizia municipale del 7 marzo 1986, n. 65, all'articolo 3, dispone che "gli addetti al servizio di polizia municipale esercitano nel territorio di competenza le funzioni istituzionali previste dalla presente legge e collaborano, nell'ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di Polizia dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità".
Il successivo articolo 4, comma 1, punto 4, lett. c), della medesima legge quadro, indica le ipotesi in cui sono ammesse missioni esterne della polizia municipale e, tra queste, sono previste, al fine di rinforzare altri corpi e servizi in particolari situazioni, occasioni stagionali o eccezionali, previa esistenza di appositi piani o di accordi tra le amministrazioni interessate, delle quali va data previa comunicazione al Prefetto.

Lo stesso articolo 6 della citata legge n. 65 del 1986, al comma 2, n. 3), affida alle “regioni la potestà di promuovere tra i comuni le opportune forme associative con idonee iniziative di incentivazione". Pertanto, solo in tale ambito è possibile la collaborazione in parola.

L'articolo 3, comma1, lett. c), pertanto, consente l'operatività della polizia locale al di là dei confini territoriali di riferimento, senza le limitazioni previste dalla legge n. 65 del 1986, profilando un assetto di disciplina più ampio di quello che le norme statali prevedono, con uno sconfinamento nella materia "ordine pubblico e sicurezza", riservata al legislatore statale dall'articolo 117, secondo comma, lett. h) della Costituzione.

2) l'articolo 3, comma1, lettera g), aggiunge al comma 1 dell’articolo 27 della legge regionale n.6 del 2015 il seguente periodo "il patto locale di sicurezza urbana è, altresì, uno degli strumenti per realizzare le finalità previste dall’articolo 5, comma 1, lettera 1 bis”, definendo il patto locale di sicurezza urbana.
La norma regionale interferisce in modo evidente con i patti stipulati dal prefetto ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge n. 14 del 2017, nel tentativo di riallocare la materia della "sicurezza urbana" a un differente livello di governance rispetto a quello individuato dal legislatore statale.
Pertanto, la disposizione in esame opera una confusione di piani, con la conseguente violazione dell’articolo 117, secondo comma, lett. h), della Costituzione, atteso che il versante sul quale alla Regione è rimessa la stipulazione di intese è quello della "sicurezza integrata", mentre la "sicurezza urbana" è rimessa agli accordi tra prefetti e sindaci.

3) L’articolo 11, comma 1, lettera a), modifica l'articolo 13 della legge 11 dicembre 2006, n. 24, sostituendo il comma 5 con il seguente: «La Giunta regionale può, con apposita deliberazione, prevedere idonei strumenti tecnologici, ulteriori a quanto previsto al secondo periodo del comma 6-bis, per agevolare il controllo del rispetto delle limitazioni regionali alla circolazione e all'utilizzo dei veicoli».
La disposizione, nel prevedere che la regione possa individuare ulteriori strumenti tecnologici per agevolare il controllo del rispetto delle limitazioni regionali alla circolazione e all'utilizzo dei veicoli, si pone in contrasto con la normativa statale di cui all'art. 45, comma 6 e dall'art. 201, comma 1-bis, lettera g), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, che prevedono, rispettivamente, che i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all'accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, sono disciplinati dal regolamento di attuazione del codice della strada e sono soggetti all'approvazione od omologazione da parte del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, e che con regolamento del Ministero medesimo sono definite le condizioni per l'installazione e l'esercizio dei dispositivi di controllo in questione.

Ciò premesso, occorre preliminarmente chiarire che la "circolazione stradale" è attribuita alla competenza esclusiva dello Stato.

Al riguardo, la Corte costituzionale nella sentenza 19 dicembre 2004, n. 458 ha evidenziato come "in ragione della capillare diffusione dei veicoli a motore, il fenomeno della mobilità di massa connota incisivamente sul piano economico, sociale e culturale l'attuale stadio di sviluppo della società; e comporta che la circolazione stradale esprima oggi una delle più rilevanti modalità di esercizio della libertà di movimento da un punto all'altro del territorio nazionale.
In evidente correlazione con la proclamazione di principio di cui all'art. 16 della Costituzione, l'art. 120 vieta alla Regione di «adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni».
La circolazione stradale - pur non essendo espressamente menzionata nell'art. 117 della Costituzione - non per questo può essere collocata nell'ambito residuale ascritto alla potestà legislativa esclusiva delle Regioni ordinarie dal quarto comma del medesimo art. 117.
In relazione ai vari profili sotto i quali essa può venire in esame, considerazioni di carattere sistematico inducono a ritenere che la circolazione stradale sia riconducibile, sotto diversi aspetti, a competenze statali esclusive, ai sensi del citato art. 117, secondo comma.
In primo luogo, l'esigenza, connessa alla strutturale pericolosità dei veicoli a motore, di assicurare l'incolumità personale dei soggetti coinvolti nella loro circolazione (conducenti, trasportati, pedoni) certamente pone problemi di sicurezza, e così rimanda alla lettera h) del secondo comma dell'art. 117, che attribuisce alla competenza statale esclusiva la materia «ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale». Del tutto correttamente, quindi l'art. 1 del decreto legislativo n. 285 del 1992, recante il nuovo codice della strada, nell'individuare i «principi generali» della disciplina, esplicitamente dichiara che «la sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato».
In quanto funzionale alla tutela dell'incolumità personale, la disciplina della circolazione stradale mira senza dubbio a prevenire una serie di reati ad essa collegati come l'omicidio colposo e le lesioni colpose; e pertanto la sua collocazione, sotto questo profilo, nella citata materia non contrasta con la giurisprudenza della Corte che riferisce la «sicurezza» prevista dalla ricordata norma costituzionale all'adozione delle misure relative alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell'ordine pubblico (sentenze n. 407 del 2002, numeri 6 e 162 del 2004).
Dal suo canto, la disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore si inquadra agevolmente nella lettera 1) del secondo comma dell'art. 117, nella parte che attribuisce alla competenza statale esclusiva la materia dell' ordinamento civile».
Infine - per quanto concerne il settore delle sanzioni amministrative per le infrazioni al codice della strada - vale il principio generale secondo cui la competenza a dettare la disciplina sanzionatoria rientra in quella a porrei precetti della cui violazione si tratta, mentre per le successive fasi contenziose, amministrativa e giurisdizionale, opera la medesima lettera I), nella parte in cui attribuisce alla competenza statale esclusiva le materie della «giustizia amministrativa» e della «giurisdizione»".

Nelle materie di legislazione esclusiva anche la potestà regolamentare spetta allo Stato (articolo 117, comma 6, Cost.), di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, recante "Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada" non appare suscettibile di essere derogato da una legge regionale.
Pertanto, la disposizione di cui all'art. 11, comma 1, lettera a), della legge regionale n. 8 del 2022, nel prevedere che la regione può prevedere ulteriori strumenti tecnologici, peraltro non definiti, di controllo del rispetto delle limitazioni alla circolazione e all'utilizzo dei veicoli, appare in contrasto la disciplina statale contenuta nel codice della strada, con la conseguente violazione dei principi fondamentali della materia della circolazione stradale, ascrivibile in quella più generale concernente "ordine pubblico e sicurezza", oggetto di competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, della Costituzione.

Per i motivi suesposti, si ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale della legge della Regione Lombardia n.8 del 2022, relativamente agli articoli 3, comma 1, lettera c) (che introduce la lettera 1-bis al comma 1 dell'articolo 5 della l.r. 6 del 2015), all'articolo 3,comma 1, lettera g) (che aggiunge al comma 1 dell’articolo 27 della legge regionale n.6 del 2015), e all’articolo 11, comma 1, lettera a) (che modifica l'articolo 13 della legge 11 dicembre 2006, n. 24).

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