Dettaglio Legge Regionale

Modifiche alla L.R. 10 marzo 2008, n. 2 e successive modifiche (Provvedimenti urgenti a tutela della costa teatina). (18-12-2009)
Abruzzo
Legge n.32 del 18-12-2009
n.12 del 21-12-2009
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia impugnativa
La legge regionale in esame è stata impugnata dal Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 4 febbraio 2010, su conforme parere del competente Ministero per lo Sviluppo Economico.
La legge modificava una precedente legge regionale, la n.14/2008, già oggetto di impugnazione da parte del Governo e dichiarata incostituzionale nel suo complesso con sentenza n. 68/2010, perché approvata in regime di prorogatio del Consiglio regionale in carenza dei requisiti previsti dalla norma statutaria che consente in prorogatio solo l'approvazione di atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili.
Con la legge regionale n. 32/2009, la Regione è intervenuta nuovamente sull’ articolo 1 della legge regionale n. 2/2008, mantenendo però le medesime illegittimità che erano state eccepite anche per la l.r. n.14/2008. Il Governo ha quindi rilevato , in ordine alla l.r. n. 32/2009, che essa, pur modificando la precedente legge regionale, avesse tuttavia riproposto il divieto delle attività riguardanti gli idrocarburi liquidi, nelle aree indicate dalla stessa norma. Dette attività, che venivavano vietate, sono da ascrivere al settore della ricerca e della produzione di idrocarburi, che costituisce una materia regolata, sotto vari profili, dal diritto comunitario e dalle norme statali di recepimento in materia di energia, in violazione quindi dell'articolo 117,commi primo e terzo Cost.
Su iniziativa degli Uffici della Giunta regionale, sono state tenute, nei mesi di marzo ed aprile 2010, presso questo Dipartimento, riunioni tecniche finalizzate ad individuare una ipotesi di nuova formulazione della norma che potesse far venir meno le criticità evidenziate dal Governo. L'esito di tali incontri è stata la redazione di un testo, concordato, di modifica della norma impugnata.
La Regione Abruzzo, quindi, con la legge regionale n. 48/2010 recante:" Modifiche alla l.r. 18.12.2009, n. 32 recante: " Modifiche alla l.r. 10.3.2008, n. 2 e successive modificazioni (Provvedimenti urgenti a tutela della costa teatina), ha disposto la sostituzione dell'articolo 2 della l.r. n. 32 del 2009, modificandolo nel senso indicato dal Governo. Il Consiglio dei Ministri del 21 gennaio 2011 si è pronunciato positivamente su tale ultima legge.
Si ritiene quindi, su conforme parere del competente Ministero per lo Sviluppo Economico, che siano venuti meno i motivi dell'impugnativa avanti la Corte Costituzionale e, pertanto, ricorrano i presupposti per rinunciare al ricorso.
4-2-2010 / Impugnata
La legge regionale, che apporta modifiche ed integrazioni alla legge regionale n.2/2008 recante “Provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina” , presenta profili di illegittimità costituzionale per le seguenti motivazioni.
In via preliminare si ricorda che il Governo ha già impugnato la legge regionale n. 14/2008 che già prevedeva modifiche alla legge regionale n. 2/2008.
Detta legge regionale è stata censurata, tra l'altro, in quanto la norma che modificava, novellandolo, il comma 6 dell’articolo 1 della legge regionale n. 2/2008, prevedeva che su aree destinate a determinate coltivazioni e produzioni, nonché sulle aree ad esse limitrofe con diversa destinazione urbanistica, fosse tassativamente vietato l'insediamento di industrie di prospezione, ricerca, estrazione, coltivazione e lavorazione di idrocarburi. Venivano altresì vietati la trasformazione e l'ampliamento degli esistenti impianti relativi a dette attività.
Il Governo pertanto, premesso che le attività industriali relative al settore idrocarburi sono da inquadrare nel settore della produzione di fonti di energia, che è materia regolata dal diritto comunitario, nonché da norme statali di applicazione dei principi derivanti dall’ordinamento comunitario, che hanno posto i principi fondamentali in materia energetica, ha ritenuto che i generalizzati divieti alle citate attività, posti dalla norma regionale , fossero in contrasto con l’art. 117, primo comma Cost., perché in violazione dei principi comunitari di libertà di circolazione delle persone e di stabilimento,di cui agli articoli 43 e 49 del trattato U.E., nonché con gli articoli 41 Cost., che afferma il principio di libertà di iniziativa economica privata, e 42 e 43 Cost. che tutelano la proprietà privata.
Inoltre, poiché la norma regionale non risultava in linea con i principi contenuti nelle disposizioni statali in materia di energia , si configurava anche un contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost , perché la competenza legislativa concorrente deve esplicarsi all’interno del quadro di riferimento tracciato dalla legislazione statale “di cornice” e con spirito di leale collaborazione, nonché con l’art. 118 Cost., considerato che le funzioni amministrative in materia di impianti e infrastrutture energetiche sono, eccezion fatta per quelli di rilievo locale, di primaria competenza statale e le relative opere sono considerate dalle leggi statali di preminente interesse nazionale per la sicurezza del sistema elettrico e degli approvvigionamenti.

Con la modifica apportata dalla legge oggi in esame la Regione è intervenuta nuovamente sulla legge regionale n. 2/2008, mantenendo però le medesime illegittimità già riscontrate.
In particolare l'art. 2 della citata legge n. 32 sostituisce l'art. 1 della legge regionale n. 2/2008, come modificata dalla legge regionale n. 14/2008.
Il novellato art. 1, comma 2, vieta le attività di prospezione, ricerca, estrazione, coltivazione e lavorazione di idrocarburi liquidi nelle aree ivi indicate.
Più precisamente le aree, di cui al medesimo art. 1, comma 2, dalla lettera a) alla lettera e), sono zone di particolare sensibilità, mentre quelle di cui alla lettera f) sono aree destinate alle coltivazioni ed alle produzioni vitivinicole, olivicole, frutticole e di pregio.
Il comma 3 dello stesso art. 1 aggiunge che "le aree del territorio regionale sulle quali è consentito lo svolgimento delle attività, ai sensi della presente legge, e quelle sulle quali è fatto divieto di esercitare dette attività, sono individuate sulla base del piano di settore, approvato secondo le modalità e i termini stabiliti dall’art. 6 bis della legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 (Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo)".
Al riguardo, deve essere rilevato che le attività per cui si fa divieto nel novellato art. 1, comma 2, sono da ascrivere al settore della ricerca e della produzione di idrocarburi, che costituisce una materia regolata, sotto vari profili, dal diritto comunitario.
In ambito nazionale, la disciplina fondamentale è contenuta nella legge n. 239/2004, recante "Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia", nella legge n. 625/1996, nella legge n. 9/1991, nella legge n. 613/1967, e, infine, nella legge n. 6/1957.
La legge n. 239/2004, nell'ambito dei principi derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, pone i principi fondamentali in materia energetica, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
Determina, altresì, quelle disposizioni per il settore energetico che contribuiscono a garantire la tutela della concorrenza, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la tutela dell'incolumità e della sicurezza pubblica fatta salva la disciplina in materia di rischi da incidenti rilevanti, la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema al fine di assicurare l'unità giuridica ed economica dello Stato e il rispetto delle autonomie regionali e locali, dei trattati internazionali e della normativa comunitaria.
Gli obiettivi e le linee della politica energetica nazionale, nonché i criteri generali per la sua attuazione a livello territoriale, sono elaborati e definiti dallo Stato che si avvale anche dei meccanismi di raccordo e di cooperazione con le autonomie regionali previsti dall’art. 1, comma 1.
Nello specifico, l’art. 1, comma 7, lettera n) della legge n. 239/2004 prevede che sono esercitati dallo Stato, fra l'altro, le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, che sono adottate, per la terraferma, di intesa con le Regioni interessate.
Il comma 3 del medesimo art. 1 individua gli obiettivi generali di politica energetica del Paese, da conseguire sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione dallo Stato, dalle Regioni e dagli Enti locali.
Ciò premesso, la norma della Regione Abruzzo, nel vietare le attività energetiche più sopra indicate, si pone in contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost., in quanto viola i principi comunitari di libertà di circolazione delle persone e di stabilimento, di cui agli articoli 43 e 49 del Trattato UE, nonché l'art. 41 Cost., che afferma il principio di libertà di iniziativa economica privata.
Inoltre, poiché la norma regionale confligge con i principi contenuti nelle menzionate disposizioni statali in materia di energia, essa, di riflesso, si pone in contrasto anche con l'art. 117, terzo comma, Cost.. Ciò in quanto la competenza legislativa concorrente delle Regioni deve esplicarsi all'interno del quadro di riferimento tracciato dalla legislazione statale "di cornice" (oltre che con spirito di leale collaborazione).
La normativa regionale in questione, risulta altresì contrastare con l'art. 118 Cost., considerato che trattasi di funzioni amministrative di primaria competenza statale, che attengono alla sicurezza dell' approvvigionamento.
Ulteriormente, si consideri che i commi, da 77 a 82-sexies, dell'art. 1 della legge n. 239/2004, come sostituiti dall'art. 27, comma 34, della legge n. 99/2009, prevedono un procedimento unico per il rilascio del titolo minerario, nonché per la successiva autorizzazione alla trivellazione, che vengono rilasciati previa valutazione d'impatto ambientale, di competenza, per la terraferma, della Regione interessata.
Nelle disposizioni statali medesime, si prevede, inoltre che le opere e gli impianti necessari alla ricerca e alla coltivazione vengono dichiarati di pubblica utilità e comportano l'eventuale effetto di variante urbanistica. E' dunque nella sede del procedimento unico statale, al quale partecipano anche le Amministrazioni comunali, che viene verificata la conformità urbanistica degli impianti; il procedimento stesso può concludersi con una determinazione concordata anche in deroga agli strumenti urbanistici.
Ancora, la normativa regionale in questione si pone in contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost., in virtù degli obblighi assunti dal Governo italiano con le Istituzioni Comunitarie.
Si consideri, infatti, che la direttiva 30 maggio 1994, n. 94/22/CE, recante “Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi", recepita con il DLGS 25 novembre 1996, n. 625, al fine di consentire a tutti gli enti interessati di presentare domanda di permesso di ricerca, prevede all'art. 3, paragrafo 2, che gli Stati membri adottino un particolare procedimento amministrativo da avviarsi "mediante avviso che invita a presentare domande, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee".
Il successivo paragrafo 3 consente agli Stati membri il rilascio di un'autorizzazione senza avviare il procedimento di cui al paragrafo 2, qualora l'area oggetto della domanda è, tra l'altro, disponibile in maniera permanente.
Il Governo della Repubblica italiana si è avvalso di detta facoltà pubblicando nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee C396/8 del 19 dicembre 1998, un avviso in cui si è dichiarato che l'intero territorio nazionale, il mare territoriale e la piattaforma continentale soggetta alla giurisdizione italiana sono disponibili in maniera permanente ai sensi del suddetto paragrafo 2.

Per i suesposti motivi la legge regionale deve essere impugnata di fronte alla Corte Costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.

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