Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni contabili per la gestione del bilancio 2022/2024, modifiche alle leggi regionali 9/2022, 10/2022 e 11/2022 in attuazione del principio di leale collaborazione ed ulteriori disposizioni urgenti ed indifferibili. (22-8-2022)
Abruzzo
Legge n.24 del 22-8-2022
n.122 del 26-8-2022
Politiche economiche e finanziarie
19-10-2022 / Impugnata
La legge regionale Abruzzo n. 24 del 22/08/2022 presenta alcuni profili di non conformità ai principi della Costituzione con riferimento alle disposizioni contenute negli articoli 25 e 26 e va impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale per le motivazioni che di seguito si illustrano.

In via preliminare, ad ogni buon fine, si rammenta che la regione Abruzzo sin dal 2007 è impegnata nel Piano di rientro dal disavanzo sanitario in forza dell'Accordo siglato il 6 marzo 2007 tra la Regione e i Ministeri della Salute e dell’Economia e delle finanze (poi recepito con Deliberazione della Giunta Regionale - DGR n. 224 del 13 marzo 2007) ed in quanto tale è tenuta a realizzare una serie di interventi volti al recupero del disavanzo sanitario e alla concomitante riorganizzazione del SSR nel rispetto dell'erogazione dei LEA. La Regione è soggetta, quindi, alla normativa vigente in materia ed in particolare alle disposizioni dell’articolo 2, comma 80, della legge 191/2009 in merito alla cogenza degli interventi individuati dal piano di rientro che sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, peraltro tenendo conto della compatibilità economica dei provvedimenti che si adottano con la cornice economico-finanziaria del SSR.
Ai sensi di quanto previsto dall'art. 2 comma 88 della Legge 23 dicembre 2009, n. 19, il Piano di rientro 2007-2009 è proseguito attraverso il Programma Operativo 2010 (Decreto del Commissario ad Acta - DCA n.77/2010 del 22.12.2010) e oggi è in vigore il Programma Operativo 2019-2021 (approvato con la DGR n. 880 del 22/12/2021).
La Legge finanziaria del 2005 (Legge 311/2004) e l'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 hanno previsto il ricorso a forme di affiancamento, da parte del Governo centrale, alle Regioni che hanno sottoscritto gli accordi contenenti i Piani di Rientro. Detto affiancamento, assicurato dal Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, nell'ambito del Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS), si espleta anche attraverso attività relative alla preventiva approvazione dei provvedimenti predisposti dalle singole Regioni in attuazione di quanto previsto nei rispettivi Piani di Rientro.
Ciò posto, nell'ambito dell'affiancamento cui anche la Regione Abruzzo è tenuta, non risulta correttamente seguito l'iter procedurale per l'approvazione e la promulgazione della legge regionale in esame considerato che il relativo disegno di legge regionale non risulta essere stato regolarmente trasmesso ai Ministeri affiancanti in sede di valutazione preventiva.
Tanto premesso, prima ancora di procedere all'esame puntuale delle specifiche disposizioni regionali, si osserva, in generale, come gli interventi delineati dalla legge regionale de qua, in ragione della sottoposizione della Regione alla disciplina del Piano di rientro, devono essere valutati alla luce degli obiettivi di risanamento dei conti, riorganizzazione e riqualificazione del servizio sanitario regionale. In altri termini, deve trattarsi di interventi coerenti con il quadro economico programmatico complessivo per il triennio 2022-2024, pena la violazione del principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e del correlato principio di coordinamento della finanza pubblica di cui è da considerarsi espressione il Programma operativo di prosecuzione del Piano di rientro, la vincolatività delle cui previsioni è da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale(sentenza Corte costituzionale n. 130 del 2020) in forza dell'art. 2, comma 80 della legge n. 191 del 2009 a norma del quale gli interventi individuati dal piano di rientro sono assolutamente obbligatori.
Ebbene il provvedimento legislativo regionale in esame compromette i vincoli posti dal piano di rientro, in sostanza, vanificano il principio in base al quale pacta sunt servanda: quel principio che rende il vincolo nascente dall'accordo così cogente e inderogabile da condizionare l'intero spettro dell'azione, amministrativa e legislativa, della Regione successiva alla stipula, come dimostrano fra l'altro i poteri di autorizzazione preventiva, di verifica e monitoraggio che il "contraente" statale esercita in qualità di "vigilante" a garanzia della corretta esecuzione degli obblighi assunti (per tutte sentenza n. 2/2010).
La Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che «l'autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», peraltro in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007). Pertanto, il legislatore statale può «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010).
Su queste premesse, si è anche più volte ribadito che, tanto l'art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2007), quanto l'art. 2, commi 80 e 95, della successiva legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2010), commi, questi ultimi, invocati spesso come parametri interposti, possono essere qualificati «come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010).Tali norme, infatti, hanno reso vincolanti per le Regioni gli interventi individuati negli accordi di cui all'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2005), finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato (sentenza di questa Corte n. 91 del 2012).
Alla luce di quanto sopra riportato, si rileva che le disposizioni regionali di seguito indicate si pongono in contrasto, per alcuni profili, con i principi che il legislatore statale ha fissato in materia di "tutela della salute" e di “coordinamento della finanza pubblica”, ai sensi dell'art. 117, terzo comma della Costituzione e con l'art. 2, comma 80 della legge n. 191 del 2009 che stabilisce, altresì, che gli interventi individuati dal piano di rientro sono assolutamente obbligatori. Ne consegue che l'effettuazione di altre spese, in una condizione di risorse contingentate, pone anche il problema della congruità della copertura della spesa "necessaria" (art. 81, terzo comma, Cost.), posto che un impiego di risorse per prestazioni "non essenziali" verrebbe a ridurre corrispondentemente le risorse per quelle essenziali.

L' articolo 25 sostituisce l'articolo 23 della legge regionale n.5/2022 stabilendo, al comma 1, che la "legge regionale 21 dicembre 2021, n. 28 (Contributo a sostegno dell'acquisto di dispositivi per contrastare l'alopecia secondaria e attività di supporto in favore dei pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia) è rifinanziata, nell'ambito del bilancio regionale di previsione finanziario 2022/2024, per l'importo di euro 100.000 per l'esercizio 2022 e per l'importo di euro 250.000 per ciascuna dell'annualità 2023 e 2024". Il comma 2 prevede "Agli oneri finanziari di cui al comma 1 si fa fronte con le risorse dello stanziamento denominato "Contributo acquisto dispositivi per contrastare alopecia secondaria pazienti oncologici", alla Missione 12, Programma 10, Titolo I dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale 2022-2024."
Con specifico riferimento alle previsioni di cui all'art. 25 in esame, si rappresenta che le prestazioni ivi indicate non sono incluse tra le prestazioni garantite dal Servizio Sanitario Nazionale. Ancorché la Regione Abruzzo garantisca tali prestazioni con risorse non destinate alla sanità ma al settore sociale, in tal caso si configura una misura di assistenza supplementare (extra LEA) in contrasto con l'obiettivo dichiarato del Piano di rientro di riequilibrare il profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza (sentenza n. 32 del 2012), che la Regione Abruzzo non potrebbe erogare, stante il divieto di spese non obbligatorie, in quanto soggetta al piano di rientro dal disavanzo sanitario.
Sul punto, la Corte costituzionale ha in più di un'occasione affermato, che l'assoggettamento ai vincoli dei piani di rientro dal disavanzo sanitario impedisce la possibilità di incrementare la spesa sanitaria per motivi non inerenti alla garanzia delle prestazioni essenziali e per spese, dunque, non obbligatorie (sentenze n. 142 e n. 36 del 2021, e n. 166 del 2020).E’ stato, altresì, chiarito che i predetti vincoli in materia di contenimento della spesa pubblica sanitaria costituiscono espressione di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica (ex plurimis, sentenze n. 36 del 2021, n. 130 e n. 62 del 2020, e n. 197 del 2019). In definitiva, in costanza del piano di rientro, rimane inibita alla Regione, nell'esercizio della competenza concorrente in materia di tutela della salute, la possibilità di introdurre prestazioni comunque afferenti al settore sanitario ulteriori e ampliative rispetto a quelle previste dallo Stato. (Cfr. sentenza n. 161 del 2022).
La norma si pone in contrasto quindi con il Piano di rientro dal deficit sanitario della Regione Abruzzo e pertanto con l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in materia di tutela della salute in quanto il rispetto delle procedure sopra esposte garantisce l’equa distribuzione delle risorse a tutela della salute ed in materia di “coordinamento della finanza pubblica”, per contrasto con l'interposta norma sancita all’art. 2, comma 80 della legge n. 191 del 2009. La disposizione, sulla base delle premesse prima esposte, contrasta anche con l’art. 81, terzo comma, Cost. atteso il problema della congruità della copertura della spesa "necessaria", posto che un impiego di risorse per prestazioni "non essenziali" verrebbe a ridurre corrispondentemente le risorse per quelle essenziali.

Articolo 26, comma 1 (Contributo una tantum per lavoratrici e lavoratori delle ASP e contributo alle RP private): al fine di ampliare le attività di rilevamento dei contagi da SARS-CoV-2 nel territorio regionale, prevede la concessione di un contributo "una tantum" non inferiore a 1.000,00 euro a ciascun lavoratore e lavoratrice impiegato nelle Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (ASP) abruzzesi nelle attività di contrasto all'emergenza epidemiologica da Covid-19.
In via preliminare, si rileva che il tenore letterale della norma non consente di definire con chiarezza la platea dei destinatari dell’intervento ovvero se la disposizione in esame si riferisca soltanto ai lavoratori e alle lavoratrici dipendenti delle ASP e, conseguentemente, se il rapporto di lavoro dei medesimi sia da ricondurre all’impiego pubblico contrattualizzato.
L’articolo 11 del decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207 e l'art. 15 della legge regionale Abruzzo 24 giugno 2011, n. 17, recante “Riordino delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza — IPAB - e disciplina delle Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona — ASP” prevedono che il rapporto di lavoro dei dipendenti delle aziende pubbliche di servizi alla persona abbia natura privatistica.
In particolare, l'art. 11 dispone che la disciplina di tale rapporto di lavoro avvenga, previa istituzione di un autonomo comparto di contrattazione collettiva, secondo i criteri e le modalità di cui al titolo III - contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale - del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni. Tuttavia l'art. 3 del CCNQ del 3 agosto 2021 include nel comparto delle funzioni locali anche i dipendenti di ASP che svolgano prevalentemente attività assistenziali.
Ciò posto, considerato che i dipendenti delle ASP sono ricompresi nell’alveo dei dipendenti pubblici contrattualizzati, l’attribuzione di un emolumento economico, seppure “una tantum”, integra una violazione dei limiti delle competenze statutarie e della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.
In particolare, la disposizione in esame nell'attribuire, sia pure una tantum, emolumenti economici a dipendenti pubblici, integra una violazione delle disposizioni del decreto legislativo n. 165/2001, in particolare gli articoli 40 e 45, che riconducono la disciplina del rapporto di lavoro pubblico privatizzato, nonché la determinazione del trattamento economico spettante, alla contrattazione collettiva, configurando quindi una violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione.
Sarebbe inoltre leso il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione alla luce della disparità di trattamento - determinata dalla norma in esame - con la restante categoria di personale operante presso le ASP aventi le medesime caratteristiche di altri territori regionali.
Per quanto sopra, si ritiene di dover impugnare l’articolo 26 della legge in esame per violazione dell’articolo 3 e dell’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
Inoltre, si evidenzia che il contributo una tantum di cui alla norma in esame non risulta coerente con la legislazione vigente né con il Piano di rientro cui la regione è sottoposta. La previsione della norma regionale non è coerente con le norme nazionali che non prevedono tale contributo per il 2022 e pertanto integra un livello ulteriore di assistenza che la Regione Abruzzo, essendo in Piano di rientro dal deficit sanitario, non può assicurare, pur se erogata a carico della Missione 12.
Si ritiene che sussistano i presupposti per l’impugnativa anche per il contrasto con il Piano di rientro dal deficit sanitario della Regione Abruzzo e pertanto con l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in materia di coordinamento di finanza pubblica e tutela della salute.
Più in generale, si ribadisce che la Regione Abruzzo è sottoposta a Piano di rientro dal disavanzo sanitario dall’anno 2007. In tali termini gli interventi in materia sanitaria devono essere sottoposti alla preventiva valutazione dei Ministeri affiancanti come riportato nell'Accordo sottoscritto tra la Regione e i Ministeri della salute e dell’Economia e delle finanze in data 6 marzo 2007.
Infine, si ricorda quanto disposto dall’articolo 2, comma 80, della legge 191/2009 in merito alla cogenza degli interventi individuati dal piano di rientro che sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del suddetto piano. Si rinvia quindi alle argomentazioni esposte precedentemente.

L'articolo 26, comma 2 riconosce, per le medesime finalità, lo stesso contributo di cui al comma 1 anche alle Residenze Protette private, accreditate e contrattualizzate. Alla copertura di tali oneri- quantificati in euro 500.000,00 per le lavoratrici e lavoratori delle ASP in servizio nel periodo della Pandemia COVID e quantificati in euro 500.000,00 per le Residenze Protette private- si provvede mediante le risorse stanziate alla Missione 12, Programma 03, Titolo I. Con riferimento alle previsioni di cui all'art. 26 della legge regionale in esame si richiamano le medesime considerazioni svolte precedentemente.
Inoltre, il costo dei singoli fattori produttivi sostenuto dalle strutture private accreditate non è oggetto di remunerazione ai sensi del decreto legislativo n. 502/1992 (articolo 8-sexies).
Le regioni, infatti, secondo la normativa statale (articolo 4, comma 5-bis e 5-ter, del decreto legge n. 34/2020), possono riconoscere solo incrementi tariffari, nei limiti della tariffa massima nazionale ovvero un incremento di budget determinato dall'acquisto di un maggior numero di prestazioni nel rispetto dell'equilibrio economico finanziario del SSR. Si rinvia alle argomentazioni esposte precedentemente in merito al contrasto con i principi costituzionali già richiamati.

Alla luce di quanto precede, si impugna la legge regionale Abruzzo n. 24 del 2022 ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.





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