Dettaglio Legge Regionale

Modifiche all'art. 29 della legge regionale 10.1.2012, n. 1 "Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria 2012)", norme in materia di rimborso ai cittadini affetti da patologie oncologiche e provvedimenti finanziari riguardanti le Comunità Montane. (17-7-2012)
Abruzzo
Legge n.33 del 17-7-2012
n.40 del 25-7-2012
Politiche economiche e finanziarie
14-9-2012 / Impugnata
La legge della regione Abruzzo 17 luglio 2012, n. 33, recante: “Modifiche all'art. 29 della legge regionale 10.1.2012, n. 1 "Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria 2012)", norme in materia di rimborso ai cittadini affetti da patologie oncologiche e provvedimenti finanziari riguardanti le Comunità Montane)” presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale.
E’ opportuno premettere che la Regione Abruzzo, per la quale è stata verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario tale da generare uno squilibrio economico-finanziario che compromette l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ha stipulato il 6 marzo 2007 un accordo con i Ministri della Salute e dell’Economia e delle Finanze, comprensivo del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che prevede una serie di interventi da attivare nell’arco del triennio 2007-2009 finalizzati a ristabilire l’equilibrio economico e finanziario della Regione nel rispetto dei livelli assistenziali di assistenza, ai sensi dell’art. 1 comma 180, della legge 311 del 2004 ( legge finanziaria 2005).
La Regione Abruzzo, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all’art. 1, comma 180, della legge n. 311/04, nonché dell’intesa Stato – Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi dell’art. 4 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, in attuazione dell’art. 120 della Costituzione, nei modi e nei termini di cui all’art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003.
Nella seduta dell’11 settembre 2008, infatti, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina di un Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Abruzzo, e nella seduta del 12 dicembre 2009 il Commissario è stato individuato nella persona del Presidente della Regione pro tempore.
Successivamente, ai sensi dell’art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il Commissario ad acta, con la delibera n. 44/2010 del 3 agosto 2010, ha approvato il Programma operativo 2010 (successivamente integrato con la delibera n. 77/2010 del 22 dicembre 2010) con il quale dà prosecuzione al Piano di Rientro 2007-2009.
Ciò premesso, la legge in esame presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:
1) L’art. 3 prevede la corresponsione di un rimborso, così come stabilito dalla legge regionale 9 febbraio 2000, n. 6, ai cittadini residenti in ambito regionale affetti da patologie oncologiche, certificate dai Responsabili dei Comprensori oncologici e/o delle strutture a valenza regionale di cui alla L.R. n. 61/1996, o da altro Dirigente sanitario da essi delegato, che necessitano di trattamenti medici, clinico-laboratoristici, chirurgici e radioterapici presso le strutture sanitarie regionali.
Tale disposizione, riconoscendo una provvidenza economica che comporta l’assunzione di oneri aggiuntivi per prestazioni sanitarie e garantendo conseguentemente ai propri residenti livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli stabiliti a livello nazionale, eccede dalle competenze regionali e si pone in contrasto con gli obiettivi di risanamento imposti dal suddetto Piano di Rientro che non consente l’erogazione di prestazioni economiche ulteriori rispetto a quelle elencate dallo stesso Piano di Rientro. Essa, pertanto, interferisce con le funzioni del Commissario ad acta di cui al mandato commissariale del 12 dicembre 2009.
Tale disposizione è, pertanto, costituzionalmente illegittima sotto un duplice aspetto:
a) interviene in materia sanitaria senza rispettare i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario con conseguente lesione dei principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di Piano di rientro è preclusa alla regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del relativo Piano vincolanti per la regione stessa. La disposizione regionale in esame pertanto viola l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica. La Corte Costituzionale con le sentenze n. 100 e n. 141 del 2010 ha infatti ritenuto che le norme statali (quale l’art. 1, comma 796, lett. b, della legge n. 296 del 2006) che hanno “reso vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli atti di programmazione necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, oggetto degli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”, possono essere qualificate come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica. In particolare con la sentenza n. 141 del 2010 la Consulta ha giudicato incostituzionale la l. r. Lazio n. 9 del 2009, che istituiva nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale un nuovo tipo di distretti socio-sanitari, definiti "montani" (con rispettivi ospedali, servizio di eliambulanza, e possibilità di derogare alla normativa in materia di organizzazione del servizio sanitario regionale e di contenimento della spesa pubblica) in quanto “l’autonomia legislativa concorrente delle regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa”;

b) la medesima disposizione, inoltre, interferisce con le funzioni commissariali, in violazione dell’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Al riguardo la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 78 del 2011, richiamando i principi già espressi nella sentenza n. 2 del 2010, ha precisato che anche qualora non sia ravvisabile un diretto contrasto con i poteri del commissario, ma ricorra comunque una situazione di interferenza sulle funzioni commissariali, tale situazione è idonea ad integrare la violazione dell’art. 120, secondo comma, della Costituzione.
La suddetta sentenza ha avuto modo di precisare, in particolare, che “l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti – malgrado il carattere vincolante (art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007») dell’accordo concluso dal Presidente della Regione – ad un’attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. È, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che l’esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 della Costituzione), qual è quello alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali”.

Per i motivi esposti la disposizione regionale indicata deve essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.

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