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Modifiche alla legge regionale 7 maggio 2015, n. 9. Disposizioni in materia di durata delle operazioni di voto per le elezioni comunali e di surrogazione dei consiglieri comunali. (10-7-2015)
Sicilia
Legge n.12 del 10-7-2015
n.29 del 17-7-2015
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia impugnativa
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 04 settembre 2015 è stata impugnata da parte del Governo la legge della regione Sicilia n. 12 del 2015, pubblicata sul B.U.R n. 29 17/07/2015 Recante, “Modifiche alla legge regionale 7 maggio 2015, n. 9. Disposizioni in materia di durata delle operazioni di voto per le elezioni comunali e di surrogazione dei consiglieri comunali. L’impugnativa riguardava l’articolo 1, comma 15, per contrasto con i principi fondamentali della normativa statale contenuti nel decreto legislativo n. 502/1992, in materia di tutela della salute e di pubblico concorso in violazione delgli articoli 97, 117, secondo comma, lettera l) e 117, terzo comma, della Costituzione.
Occorre premettere che la precedente legge regionale n. 9 del 2015 (legge di stabilità), prevedeva all’articolo 85 che “il personale medico, titolare di rapporti di continuità assistenziale, che a seguito di verbale definitivo della Commissione medica del Ministero dell’Economia e della Finanze per l’accertamento delle invalidità civili, è stato assegnato, da almeno quattro anni, a servizi propri di aziende del Servizio Sanitario Nazionale, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, è collocato nell’organico dell’azienda presso cui presta servizio ed alle cui dipendenze è riclassificato il relativo rapporto di lavoro“.
Tale disposizione considerata illegittima non è stata oggetto di impugnativa, essendo sopravvenuto l’impegno ad abrogarla, da parte dell’Assessore all’Economia della Regione Siciliana.
Tuttavia, l’articolo 1, comma 15, della legge impugnata anziché abrogare l’articolo 85 L.R. n. 9/2015, ne aveva apportato modifiche che non hanno consentito di superare i rilievi di illegittimità a suo tempo formulati. Infatti l’articolo 1, comma 15, della L.R. n. 12/2015, nel sopprimere le parole “da almeno quattro anni” ed aggiungere le parole “previo svolgimento di prova selettiva”, aveva previsto la medesima possibilità per il personale medico indicato di riclassificare il rapporto di lavoro da convenzionale a dipendente, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute e di accesso agli impieghi mediante pubblico concorso.
Ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 502/1992, difatti, il rapporto tra il servizio sanitario regionale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale, conformi agli accordi collettivi nazionali. In base a tale disposizione, i rapporti di continuità assistenziale del personale medico rientrano nella medicina convenzionata e non già nella dipendenza.
La disposizione regionale impugnata, intervenendo in materia di personale medico titolare di rapporti di continuità assistenziale, prevedeva a favore di detto personale la collocazione nell’organico dell’Azienda - peraltro senza aver maturato i quattro anni di servizio in precedenza previsti -, con la conseguente riclassificazione del rapporto di lavoro, presso aziende del Servizio sanitario regionale, da convenzionale a dipendente. La norma si poneva quindi, in contrasto con il citato articolo 8 del decreto legislativo n. 502/1992, concernente “Riordino della disciplina in materia sanitaria” e con l’articolo 117, comma 3 Cost., che riserva alla competenza dello Stato la disciplina dei principi fondamentali in materia di tutela della salute.
Inoltre, la trasformazione del rapporto di lavoro da convenzionale a dipendente comportava la violazione anche della normativa contrattuale del comparto degli enti del SSN e quindi dell’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, quali i contratti collettivi.
La disposizione regionale inoltre contrastava anche con il principio del concorso pubblico, che nel settore sanitario è sancito distintamente dall’articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n. 502/1992, secondo il quale “alla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del d.P.R. del 10 dicembre 1997, n. 483”. La previsione di una prova selettiva, peraltro non specificata, per l’inserimento del personale in questione nell’organico dell’Azienda, non è sufficiente a garantire il rispetto del principio del pubblico concorso, nell’assenza di indicazioni specifiche dei requisiti e delle procedure previste dalle disposizioni normative e contrattuali nazionali. La modifica apportata sembra ampliare la sfera degli aspiranti medici anche a coloro che abbiano effettuato meno di quattro anni di servizio presso le Aziende del Servizio sanitario regionale, con effetto retroattivo a decorrere dalla data di entrata in vigore della L.R. n. 9/2015.
La norma regionale pertanto violava, quindi, anche i principi in materia di accesso agli impieghi pubblici e di buon andamento della pubblica amministrazione sanciti all’articolo 97 della Costituzione.
Inoltre seppure la Regione siciliana ai sensi dell’articolo 14, comma 1, lettera p) dello Statuto Speciale, gode di competenza legislativa esclusiva in materia di “ordinamento degli uffici e degli enti regionali”, ed ai sensi dell’art. 17 comma 1, lettera b) , gode di competenza concorrente in materia di “igiene e sanità pubblica”, la disposizione in parola risultava comunque adottata in violazione degli articoli:
- 117, comma 2, lett. l), della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di “ordinamento civile”,
- 117, terzo comma della Costituzione, che riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali, in materia di “tutela della salute”,
in quanto lo stesso art. 14 dello Statuto Speciale stabilisce che la legislazione esclusiva della regione sia esercitata “nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato” mentre il successivo art. 17 prevede che la Regione può emanare leggi in materia di igiene e sanità pubblica “entro i limiti dei principi e degli interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato”.
In base a tali parametri l’art.1, comma 15 della l.r. in questione è stata impugnata in quanto eccedeva dalle competenze statutarie riconosciute alla Regione siciliana dallo Statuto Speciale di autonomia (R.D.L. 15 maggio 1946, n. 455,convertito in legge costituzionale n. 2/1948).
Inoltre con lo stesso ricorso è stata proposta la questione di legittimità conseguenziale dell’articolo 85 della legge regionale n. 9/2015.
In tale contesto il legislatore Siciliano ha emanato e promulgato la legge 1 ottobre 2015, n. 23 recante “Razionalizzazione della spesa per incarichi. Abrogazione di norme. Fondo di rotazione per gli interventi straordinari (R.I.S.)", pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 41 del 09/10/2015, che all’art. 2 (abrogazione di norme) ha abrogato l’art. 85 della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9, come modificato dall’art. 1, comma 15 della legge regionale 10 luglio 2015 n. 12. Quanto sopra unitamente al parere favorevole espresso dal Ministero della Salute e dell’Economia e delle Finanze, ha determinato il venire meno dei motivi che hanno condotto all’impugnativa delle disposizioni considerate illegittime e conseguentemente si ritiene che sussistano i presupposti per la rinuncia al ricorso e alla richiesta di illegittimità conseguenziale dell’art. 85 della legge n. 9 del 2015.
4-9-2015 / Impugnata
La legge della regione Sicilia n. 12 del 2015 presenta profili di illegittimità costituzionale in relazione all’articolo 1, comma 15, che contrasta con i principi fondamentali della normativa statale contenuti nel decreto legislativo n. 502/1992, in materia di tutela della salute e di pubblico concorso e viola gli articoli 97, 117, secondo comma, lettera l) e 117, terzo comma, della Costituzione.

In via preliminare, si osserva che lo Statuto della Regione Sicilia recante “Testo coordinato dello Statuto speciale della Regione Siciliana approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455 (pubblicato nella G.U. del Regno d'Italia n. 133-3 del 10 giugno 1946), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 (pubblicata nella GURI n. 58 del 9 marzo 1948), modificato dalle leggi costituzionali 23 febbraio 1972, n. 1 (pubblicata nella GURI n. 63 del 7 marzo 1972), 12 aprile 1989, n. 3 (pubblicata nella GURI n. 87 del 14 aprile 1989) e 31 gennaio 2001, n. 2 (pubblicata nella GURI n. 26 dell'1 febbraio 2001)” attribuisce alla Regione Sicilia:
- all’art. 14, comma 1, lettera p) la legislazione esclusiva, tra l’altro, in materia di “ordinamento degli uffici e degli enti regionali”, nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato;
- all’art. 17 comma 1, lettera b) la legislazione, tra l’altro, in materia di igiene e sanità pubblica, entro i limiti dei principi e degli interessi generali, cui si informa la legislazione dello Stato.

Occorre premettere che la precedente legge regionale n. 9 del 2015 (legge di stabilità), prevedeva all’articolo 85 che “il personale medico, titolare di rapporti di continuità assistenziale, che a seguito di verbale definitivo della Commissione medica del Ministero dell’Economia e della Finanze per l’accertamento delle invalidità civili, è stato assegnato, da almeno quattro anni, a servizi propri di aziende del Servizio Sanitario Nazionale, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, è collocato nell’organico dell’azienda presso cui presta servizio ed alle cui dipendenze è riclassificato il relativo rapporto di lavoro“.
Tale disposizione considerata illegittima non è stata oggetto di impugnativa, essendo sopravvenuto l’impegno ad abrogarla, da parte dell’Assessore all’Economia della Regione Siciliana.
Tuttavia, l’articolo 1, comma 15, della legge in esame, anziché abrogare l’articolo 85 L.R. n. 9/2015, ne apporta modifiche che non consentono di superare i rilievi di illegittimità a suo tempo formulati. Infatti l’articolo 1, comma 15, della L.R. n. 12/25015, nel sopprimere le parole “da almeno quattro anni” ed aggiungere le parole “previo svolgimento di prova selettiva”, prevede ora la medesima possibilità per il personale medico indicato di riclassificare il rapporto di lavoro da convenzionale a dipendente, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute e di accesso agli impieghi mediante pubblico concorso.
Ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 502/1992, difatti, il rapporto tra il servizio sanitario regionale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale, conformi agli accordi collettivi nazionali. In base a tale disposizione, i rapporti di continuità assistenziale del personale medico rientrano nella medicina convenzionata e non già nella dipendenza.
La disposizione regionale in esame, intervenendo in materia di personale medico titolare di rapporti di continuità assistenziale, prevede a favore di detto personale la collocazione nell’organico dell’Azienda - peraltro senza aver maturato i quattro anni di servizio in precedenza previsti -, con la conseguente riclassificazione del rapporto di lavoro, presso aziende del Servizio sanitario regionale, da convenzionale a dipendente. La norma si pone, quindi, in contrasto con il citato articolo 8 del decreto legislativo n. 502/1992, concernente “Riordino della disciplina in materia sanitaria” e con l’articolo 117, comma 3 Cost., che riserva alla competenza dello Stato la disciplina dei principi fondamentali in materia di tutela della salute.
Inoltre, la trasformazione del rapporto di lavoro da convenzionale a dipendente comporta la violazione anche della normativa contrattuale del comparto degli enti del SSN e quindi dell’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, quali i contratti collettivi.
La disposizione regionale contrasta anche con il principio del concorso pubblico, che nel settore sanitario è sancito distintamente dall’articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n. 502/1992, secondo il quale “alla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del d.P.R. del 10 dicembre 1997, n. 483”. La previsione di una prova selettiva, peraltro non specificata, per l’inserimento del personale in questione nell’organico dell’Azienda, non è sufficiente a garantire il rispetto del principio del pubblico concorso, nell’assenza di indicazioni specifiche dei requisiti e delle procedure previste dalle disposizioni normative e contrattuali nazionali. La modifica apportata sembra ampliare la sfera degli aspiranti medici anche a coloro che abbiano effettuato meno di quattro anni di servizio presso le Aziende del Servizio sanitario regionale, con effetto retroattivo a decorrere dalla data di entrata in vigore della L.R. n. 9/2015.
La norma regionale viola, quindi, anche i principi in materia di accesso agli impieghi pubblici e di buon andamento della pubblica amministrazione sanciti all’articolo 97 della Costituzione.

Alla luce di quanto sopra, seppure la Regione siciliana ai sensi dell’articolo 14, comma 1, lettera p) dello Statuto Speciale, gode di competenza legislativa esclusiva in materia di “ordinamento degli uffici e degli enti regionali”, ed ai sensi dell’art. 17 comma 1, lettera b) , gode di competenza concorrente in materia di “igiene e sanità pubblica”, la disposizione in parola risulta comunque adottata in violazione degli articoli:
- 117, comma 2, lett. l), della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di “ordinamento civile”,
- 117, terzo comma della Costituzione, che riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali, in materia di “tutela della salute”,
in quanto lo stesso art. 14 dello Statuto Speciale stabilisce che la legislazione esclusiva della regione sia esercitata “nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato” mentre il successivo art. 17 prevede che la Regione può emanare leggi in materia di igiene e sanità pubblica “entro i limiti dei principi e degli interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato”.

Pertanto, l’art.1, comma 15 della l.r. di cui trattasi, eccede dalle competenze statutarie riconosciute alla Regione siciliana dallo Statuto Speciale di autonomia (R.D.L. 15 maggio 1946, n. 455,convertito in legge costituzionale n. 2/1948).

Si propone altresì la questione di legittimità conseguenziale dell’articolo 85 della legge regionale n. 9/2015, atteso che l’art. 27 della legge n. 87/1953 recita che “La Corte costituzionale, quando accoglie una istanza o un ricorso relativo a questioni di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge, dichiara, nei limiti dell'impugnazione, quali sono le disposizioni legislative illegittime. Essa dichiara altresì, quali sono le altre disposizioni legislative, la cui illegittimità deriva come conseguenza dalla decisione adottata” e che la stessa Consulta ha dichiarato, con sentenza n. 2/2004, che “l’illegittimità conseguenziale può essere applicata anche ai giudizi in via principale (sentenze n. 20 del 2000, n. 441 del 1994 e n. 34 del 1961), in quanto esprime un principio di diritto processuale che è valido per tutte le questioni di legittimità costituzionale previste dal Capo II legge n. 87/1953, come si desume anche dalla dizione letterale del citato articolo 27”.

Per le motivazioni riportate si ritiene, pertanto, di promuovere ai sensi dell’art. 127 Cost. la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 15 della l.r in esame dinanzi alla Corte Costituzionale ed, ai sensi dell’articolo 27 della legge 87/1953, la questione di legittimità conseguenziale dell’articolo 85 della l.r. n. 9/2015.

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