Dettaglio Legge Regionale

Provvedimenti urgenti per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema della costa abruzzese. (14-10-2015)
Abruzzo
Legge n.29 del 14-10-2015
n.105 del 14-10-2015
Politiche infrastrutturali
4-12-2015 / Impugnata
La legge della Regione Abruzzo n. 29 del 2015, recante “Provvedimenti urgenti per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema della costa abruzzese”, presenta profili di illegittimità costituzionale in riferimento agli articoli 3, 5, 97, 117 comma 3 (con riferimento ai principi fondamentali in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” contenuti nella l. n. 239/2004 e all’art. 6, comma 17, d.lgs. n. 152/2006) e 118 della Costituzione, e deve pertanto essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

La legge regionale, composta di due articoli, dispone il divieto, ai fini della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nelle zone di mare entro le 12 miglia dal perimetro delle coste abruzzesi, estendendo il medesimo divieto anche ai procedimenti autorizzatori e concessori in corso alla data di entrata in vigore della legga, nonché a tutti i procedimenti conseguenti e connessi. L’unica clausola di salvaguardia prevista dalla legge regionale riguarda i titoli abilitativi già rilasciati.
Tale disciplina, nella parte in cui pone il divieto di tutte le nuove attività upstream prospiscenti le coste abruzzesi, comprendendo nell’ambito di applicazione del divieto anche i procedimenti in corso e quelli conseguenti e connessi, contrasta con l’articolo 6, comma 17, d.lgs. n. 152/2006, come modificato dall’articolo 35, comma 1, del decreto legge n. 83/2012, il quale dispone che “Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell'Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi. Le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attività di cui al primo periodo, fatte salve le attività di cui all'articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare….”
L’intervento normativo regionale interferisce con lo svolgimento di un procedimento amministrativo incardinato in capo all’amministrazione statale e finalizzato al rilascio della concessione per lo svolgimento dell’attività di coltivazione di idrocarburi nelle acque di mare poste innanzi alle cose abruzzesi (“Ombrina mare”) e ostacola l’applicazione della citata norma statale che la Regione ha omesso di impugnare in base all’articolo 127 della Costituzione. Ne consegue una violazione dell’articolo 5 della Costituzione, perché la norma regionale “con finalità “meramente demolitorie” e di “reazione” a norme statali, pregiudicherebbe l’unità giuridica della Repubblica”. Al riguardo, si osserva che la Corte Costituzione, con sentenza n. 198/2004, ha affermato che “è implicitamente escluso dal sistema costituzionale che il legislatore regionale … utilizzi la potestà legislativa allo scopo di rendere inapplicabile, nel proprio territorio, una legge dello Stato che ritiene costituzionalmente illegittima, se non addirittura dannosa o inopportuna, anziché agire in giudizio dinanzi a questa Corte ai sensi dell’articolo 127 Cost.”.
La legge regionale, inoltre, interviene in materia di localizzazione delle opere energetiche in mare e, quindi, in un ambito di territorio sottratto alla competenza regionale e ricadente pacificamente in quella dello Stato, perché riconducibile alla materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” l’articolo 117, terzo comma, Cost.
Infatti, la l. n. 239/2004, che fissa i principi fondamentali della materia (come riconosciuto anche da C. Cost. n. 282/2009 e n. 124/2010), in coerenza con l’ordinamento comunitario e al fine di assicurare la tutela della concorrenza e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, per garantire l’unità giuridica ed economica dello Stato, assoggetta a concessione le attività di esplorazione, coltivazione e stoccaggio di idrocarburi (art. 1, comma 2, lett. c). Stabilisce, inoltre, che le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, siano adottate dallo Stato, d’intesa con le regioni interessate, per la terraferma e in via esclusiva, per l’offshore (art. 1, comma 7, lettera n). Sono di esclusiva competenza statale, inoltre, le funzioni amministrative concernenti “l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale” e “l’utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia” (art. 1, comma 7, lettere g) ed l).
La legge regionale si pone in contrasto anche con gli enunciati principi fondamentali dettati dal legislatore statale, che rimettono in via esclusiva allo Stato l’adozione delle determinazioni, in materia upstream, relative alle zone di mare antistanti le coste italiane, laddove la competenza legislativa concorrente dovrebbe, invece, esplicarsi all’interno della legislazione statale di cornice e con spirito di leale collaborazione.
Tra l’altro, in materia di localizzazione di impianti energetici, la Consulta ha già avuto modo di affermare il principio generale per cui la Regione non può introdurre “limitazioni alla localizzazione”, ma eventualmente somministrare “criteri di localizzazione”, quand’anche formulati “in negativo”, ovvero per mezzo della delimitazione di aree ben identificate, ove emergano interessi particolarmente pregnanti affidati alle cure del legislatore regionale, e purché ciò non determini l’impossibilità di una localizzazione alternativa (sent. n. 278/2010); del resto, la generale esclusione di tutto il territorio esime dall’individuazione della ratio che presiede alla dichiarazione di inidoneità di specifiche tipologie di aree (sent. n. 224/2012); pertanto, alla Regione non può essere consentito, anche nelle more della definizione dei criteri statali, di porre limiti assoluti di edificabilità degli impianti (sent. n. 192/2011).
Nel caso di specie, la legge regionale censurata ha derogato ai criteri stabiliti dalla legge statale, adottando determinazioni in un ambito di territorio, quale quello marino, sottratto alle competenze regionali e subordinato, in via esclusiva, alle determinazioni dello Stato.
La competenza regionale sugli idrocarburi in mare e sull’individuazione delle aree per lo svolgimento delle relative attività, deve considerarsi esclusa, oltre che in base ai principi fondamentali fissati nella l.n. 239/2004, anche in ragione del fatto che le finalità cui si collegano la ricerca e l’estrazione degli stessi, con evidenti riflessi anche nei rapporti con l’estero, non attengono all’interesse esclusivo o prevalente delle Regioni, tanto più se si considera che ciascuna regione non è dotata di un proprio mare territoriale, né può esercitare poteri su quel mare. Secondo la Consulta, infatti, “La ricerca sottomarina può organizzarsi e svolgersi unitariamente dalla zona che corrisponde al sovrastante mare territoriale fino a quella che sottostà all’alto mare; e per ciò solo non potrebbe essere oggetto di potestà regionali, sicuramente non estensibili al mare libero. Non si potrebbe dividere il fondo e il sottofondo marino tra zona territoriale, zona contigua e zona d’alto mare, per riconoscere alla Regioni una competenza unicamente riguardo alle attività che possono esercitarsi sulla porzione di fondo e di sottofondo sottostante al mare territoriale, poiché la corrispondente differenziazione del mare si rifà ad una varia natura e ad una diversa intensità dei poteri dello Stato, che attengono alla difesa, alla polizia della navigazione, alla vigilanza doganale, e via enumerando, mentre sul fondo e sul sottofondo marino si esplicano poteri di contenuto e di intensità uguali per tutta la fascia che va dalla linea di bassa marea fino al limite esterno della piattaforma. In altre parole, la condizione giuridica differenziata del mare trova fondamento in una diversità di funzione dei suoi vari tratti, là dove una sola è la funzione del fondo e sottofondo marino, e la distinzione del mare territoriale della zona contigua e dell’alto mare è rilevante soltanto nella misura in cui lo è secondo il diritto internazionale, il quale non fa prevedere, per la piattaforma continentale, l’instaurazione di trattamenti diversi a seconda della sua posizione geografica” (sentenza n. 21/1968).
Ciò nonostante, l’art. 6, comma 17, d.lgs. n. 152/2006, prevede comunque una forma di partecipazione degli enti locali, prevedendo che le attività di ricerca, sviluppo e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare siano autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale (quale endoprocedimento obbligatorio e vincolante, di competenza del Ministero dell’ambiente, di concerto con il Ministero dei beni culturali, sentite le Regioni interessate), e sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle predette attività.
Da ultimo, la legge censurata contrasta con l’articolo 118 Cost., in attuazione del quale sono attribuite allo Stato le competenze amministrative in materia di impianti e infrastrutture energetiche considerate di preminente interesse nazionale per la sicurezza del sistema elettrico e degli approvvigionamenti.
Infine, si ritiene che il provvedimento contrasti con il principio della certezza del diritto e del legittimo affidamento, e quindi del buon andamento della Pubblica Amministrazione, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

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