Dettaglio Legge Regionale

Istituzione dei servizi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico sanitarie, tecniche della prevenzione e delle professioni sociali – modifiche alla legge regionale 7 agosto 2002, n. 29. (20-4-2016)
Calabria
Legge n.11 del 20-4-2016
n.47 del 21-4-2016
Politiche socio sanitarie e culturali
10-6-2016 / Impugnata
La legge della regione Calabria 20 aprile 2016, n. 11 recante “Istituzione dei servizi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico sanitarie, tecniche della prevenzione e delle professioni sociali . Modifiche alla legge regionale 7 agosto 2002, n. 29.”, presenta profili di illegittimità costituzionale.

E’ opportuno premettere che la regione Calabria, per la quale si è verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario tali da generare uno squilibrio economico-finanziario che compromette l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ha stipulato, il 17 dicembre 2009, un accordo con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, comprensivo del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che individua gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).
La Regione Calabria, peraltro, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all'articolo 1, comma 180, della l. n. 311/04, nonché dall'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione, nei modi e nei termini di cui all’articolo 8, comma 1, della legge n. 131/2003.
Nella seduta del 30 luglio 2010, infatti, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina del Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Calabria, individuando lo stesso nella persona del Presidente della Regione pro tempore.
Successivamente, ai sensi dell’art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, con la delibera n. 44/2010 del 3 agosto 2010, il Commissario ad acta ha approvato Programmi operativi con i quali ha dato prosecuzione al Piano di Rientro 2013-2015.
In seguito il Consiglio dei ministri, con delibera del 12 marzo 2015, ha conferito, ai sensi dell’art. 1, comma 569, della legge n. 190 del 2014, l’incarico di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro all’Ing. Massimo Scura ,secondo i Programmi operativi di cui all’articolo 2, comma 88, della legge 30 dicembre 2009, n. 191. Tale delibera attribuisce al nuovo Commissario ad acta i contenuti del mandato commissariale già affidato al Presidente pro tempore. Al nuovo Commissario è infatti assegnato l’incarico prioritario di adottare ed attuare i Programmi operativi e gli interventi necessari a garantire, in maniera uniforme sul territorio regionale, l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualità, nei termini indicati dai Tavoli tecnici di verifica e nell’ambito della cornice normativa vigente.
In particolare il mandato commissariale del 12 marzo 2015 affida al Commissario ad acta, tra le azioni e gli interventi prioritari, al punto 4) “l’adozione del provvedimento di riassetto della rete di assistenza territoriale, in coerenza con quanto specificamente previsto da patto per la salute 2014-2016” e al il punto 1) “l’adozione delle provvedimento di riassetto della rete ospedaliera, coerentemente con il Regolamento sugli standard ospedalieri di cui all’intesa Stato-Regioni del 5 agosto 2014 e con i pareri resi dai Ministeri affiancanti, nonché le indicazioni formulati dai Tavoli tecnici di verifica ”.

Ciò premesso, la legge regionale in esame, che interviene in materia di riassetto della rete di assistenza territoriale, presenta i seguenti aspetti d’illegittimità costituzionale in riferimento all’ art. 1, comma 1, lett. b) e c) e all’articolo 3, comma 1.

1) L’art. 1, comma 1, prevede che “Il Consiglio regionale della Calabria, preso atto di quanto definito dal Commissario ad acta per l'attuazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario calabrese con decreto n. 130 del 16 dicembre 2015 avente ad oggetto "Linee guida per l'adozione degli atti aziendali delle Aziende del Servizio Sanitario della Regione Calabria - modifiche ed integrazioni al D.P.G.R. n. 97/2013" e relativamente all'organizzazione dell'attività assistenziale: a) recepisce la legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica); b) istituisce il Servizio delle professioni sanitarie (SPS) in tutte le Aziende sanitarie provinciali, ospedaliere, universitarie e presso il dipartimento Tutela della salute della Regione Calabria; c) istituisce il Servizio sociale professionale (SSP) in tutte le Aziende sanitarie provinciali, ospedaliere, universitarie e presso il dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria; d) delega la Giunta regionale della Calabria, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, all'emanazione, di concerto con il dipartimento Tutela della Salute e con il Commissario ad acta, di un apposito atto regolamentare teso a promuovere e a valorizzare le funzioni e il ruolo delle professioni sanitarie disciplinate dalla L. 251/2000, definendone gli aspetti organizzativi, gestionali e dirigenziali.”.
La norma regionale sopra citata, pur prendendo atto di quanto definito dal Commissario ad acta con decreto 130 del 16 dicembre 2015, avente ad oggetto Linee guida per l’adozione degli atti aziendali delle Aziende del Servizio sanitario della Regione Calabria, autorizza, all’art. 1, lett. b), il Consiglio regionale della Calabria, relativamente all’organizzazione dell’attività assistenziale, ad istituire il Servizio delle professioni sanitarie (SPS), nonché , all’art. 1, lett. c), il Servizio sociale professionale in tutte le Aziende sanitarie provinciali, ospedaliere, universitarie e presso il dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria.
A tal riguardo è doveroso evidenziare che il Commissario ad acta della regione Calabria, con decreto commissariale del 16 dicembre 2015, n. 130, ha approvato, in relazione all’organizzazione dell’attività assistenziale, “le linee guida per l’adozione degli atti aziendali delle Aziende del servizio sanitario della regione Calabria - modifiche ed integrazioni al D.P.G.R. n. 97/2013” al fine di fornire alle Aziende criteri condivisi per l’adozione dei singoli atti aziendali, nell’ambito dei quali potrà esplicarsi l’autonomia organizzativa di ciascuna azienda. In particolare le citate linee guida, allegate al decreto commissariale n. 130/2105, prevedono a pagina 32, punto 45 che “Le Aziende definiscono l’organizzazione delle attività assistenziali, prevedendo una figura di dirigente delle professioni sanitarie che risponde direttamente al Direttore sanitario dell’Azienda ed eventuali altre figure previste da specifiche norme contrattuali recepite con direttive regionali.”.
Pertanto, sulla base di tali linee guida approvate dal Commissario ad acta, le singole aziende sanitarie possono istituire il Servizio delle professioni sanitarie (SPS) e Servizio sociale professionale (SSP) conformemente all’art. 7 della legge n. 251/2000.
Da ciò consegue che le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 1, lett. b) e lett. c) della legge regionale in esame contrastano con il citato decreto commissariale in quanto istituiscono direttamente il servizio delle professioni sanitarie e il servizio sociale professionale, avocando al Consiglio regionale una competenza delle aziende sanitarie il cui esercizio viene vagliato dalla struttura commissariale.

Le richiamate disposizioni di cui all’articolo 1, comma 1, lett. b) e c) della legge regionale in esame, pertanto, sono incostituzionali sotto un duplice aspetto:
a) interferiscono con le valutazioni e i poteri del Commissario ad acta e pertanto, violano l’articolo 120 della Costituzione.
La Corte Costituzionale , con sentenza n. 79/2013, ha infatti precisato che anche "la mera potenziale situazione di interferenza con le funzioni commissariali è idonea - a prescindere dalla ravvisabilità di un diretto contrasto con i poteri del commissario - ad integrare la violazione dell' art. 120, secondo comma, Cost.".
Come confermato dalla Consulta nella sentenza n. 110/2014, la giurisprudenza costituzionale "ha più volte affermato che l'operato del commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad un'attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. E, dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione che l'esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell'unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del Commissario, ovviamente fino all'esaurimento dei suoi compiti di attuazione del Piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali". La giurisprudenza della Corte Costituzionale al riguardo è costante ed univoca (sul punto, si vedano le sentenze nn. 2/2010, 78/2011, 131/2012, 18/2013, 28/2013 e 79/2013).
b) le stesse disposizioni regionali, inoltre, prevedendo i menzionati interventi in materia di organizzazione sanitaria si sovrappongono alle previsioni del Piano di rientro e in particolare alle azioni di governance di cui al programma operativo 2013-2015, n. 10, (approvato in data 2 aprile 2015, con decreto del Commissario ad acta n. 14), e si pongono pertanto in contrasto con i principi fondamentali diretti alla tutela della salute e al contenimento della spesa pubblica sanitaria e di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali gli interventi previsti nell'Accordo e nel relativo Piano "sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro”. La disposizioni regionali in esame pertanto violano l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrastano con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica e di tutela della salute.
Al riguardo la Corte Costituzionale, con la citata sentenza n. 79 del 2013, e con le altre sentenze emanate in materia (ex plurimis: sentenze n. 79 del 2013, n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010) la vincolatività delle previsioni contenute nel Piano.

2) l’articolo 3, comma 1, della legge regionale in esame modifica l’articolo 20 della legge regionale 7 agosto 2002, n. 29 e stabilisce che ““Al comma 3 dell’articolo 20 della legge regionale 7 agosto 2002, n. 29 (Approvazione disposizioni normative collegate alla legge finanziaria regionale al Settore Sanità), la parola “sei” è sostituita dalla parola “dodici”.
Il citato comma 3 dell’articolo 20 della legge regionale 7 agosto 2002, n. 29, detta disposizioni riguardanti la nomina dei Commissari nelle Aziende Sanitarie ed in quelle Ospedaliere e prevede che “Per esigenze di carattere straordinario possono essere nominati dalla Giunta Commissari nelle Aziende sanitarie ed in quelle Ospedaliere preferibilmente scelti tra i dirigenti in servizio della Pubblica amministrazione e di enti privati di media e grande dimensione con almeno cinque anni di anzianità svolta con autonomia gestionale e di risorse, per un periodo di sei mesi eventualmente rinnovabile per una sola volta fino ad un massimo di sei mesi.”.
L’articolo 3 della legge regionale in esame, modificando l’articolo 20, comma 3, della legge regionale n. 29/2002 sopra citato, interviene in ordine alla durata dell’incarico commissariale prevedendo un ampliamento, da sei mesi a dodici mesi peraltro rinnovabile, della durata in carica dei commissari straordinari regionali. Tale ampliamento contrasta con il carattere temporaneo che propriamente caratterizza la gestione commissariale. In via generale, infatti, il commissario straordinario regionale nelle aziende sanitarie ed in quelle ospedaliere viene nominato per ragioni di carattere del tutto eccezionale (ad es. per decadenza e ecc), e con una durata ben limitata.
L’articolo 3 della legge regionale in esame, invece, nel prevedere un ampliamento della durata del mandato commissariale per periodo così lungo (dodici mesi rinnovabile) rischia di assumere una connotazione di gestione ordinaria che rientrerebbe nella competenza propria del direttore generale il quale deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502/1992.
In particolare, il comma 3 del citato articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502/1992 prevede che “ la regione provvede alla nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, attingendo obbligatoriamente all'elenco regionale di idonei, ovvero agli analoghi elenchi delle altre regioni, costituiti previo avviso pubblico e selezione effettuata, secondo modalità e criteri individuati dalla regione, da parte di una commissione costituita dalla regione medesima in prevalenza tra esperti indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti, di cui uno designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli elenchi sono aggiornati almeno ogni due anni. Alla selezione si accede con il possesso di laurea magistrale e di adeguata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale, nel campo delle strutture sanitarie o settennale negli altri settori, con autonomia gestionale e con diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie, nonché di eventuali ulteriori requisiti stabiliti dalla regione. La regione assicura, anche mediante il proprio sito internet, adeguata pubblicità e trasparenza ai bandi, alla procedura di selezione, alle nomine e ai curricula. Resta ferma l'intesa con il rettore per la nomina del direttore generale di aziende ospedaliero-universitarie.”.
Pertanto, un conferimento commissariale così lungo come quello previsto dalla disposizione regionale in esame, assume una connotazione di gestione ordinaria, eludendo di conseguenza le procedure di nomina di cui al citato articolo 3-bis del d.lgs. n. 502/1992. La disposizione regionale in esame contrasta pertanto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute di cui all’articolo 3-bis del d.lgs. n. 502/1992 e , pertanto viola l’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Per i motivi esposti le disposizioni sopra indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art.127 Cost.

« Indietro