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Nuove disposizioni in materia di accreditamento delle strutture e dei servizi alla persona del sistema sociale integrato - Modifiche alla l.r. 82/2009 e alla l.r.
51/2009. (4-5-2017)
Toscana
Legge n.21 del 4-5-2017
n.19 del 12-5-2017
Politiche socio sanitarie e culturali
6-4-2018 / Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 10 luglio 2017 è stata impugnata da parte del Governo la legge della regione Toscana n. 21 del 04/05/2017, recante “Nuove disposizioni in materia di accreditamento delle strutture e dei servizi alla persona del sistema sociale integrato - Modifiche alla l.r. 82/2009 e alla l.r. 51/2009.”
Tra le disposizioni per le quali è stata deliberata l’impugnativa, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, è ricompreso l’art. 6, comma 1, che, nel modificare l’art. 6 della legge regionale n. 82 del 2009, prevedeva un sistema di verifiche dell’accreditamento di strutture socio-sanitarie che si poneva in contrasto sia con i principi fondamentali di tutela della salute, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. , sia con il principio di leale collaborazione, in violazione degli artt. 5, 120, 117 e 118 Cost .
Successivamente la regione Toscana, con l'art. 59, comma 1, della legge regionale n. 70 del 12 dicembre 2017, recante “Legge di manutenzione dell’ordinamento regionale 2017”, ha modificato la norma impugnata, eliminando in tal modo i vizi di illegittimità costituzionale che inficiavano tale norma.
Il Consiglio dei Ministri nella riunione dell’ 8 febbraio 2018 ha deliberato la non impugnativa di detta legge n. 70 del 2017.
Pertanto, considerato che appaiono venute meno le ragioni che hanno determinato l'impugnativa del menzionato art. 6, comma 1, della legge regionale in oggetto, su conforme parere del Ministero della salute e a seguito di comunicazione da parte della Regione della mancata applicazione del censurato art. 6, comma 1, sussistono i presupposti per rinunciare al ricorso nei confronti di detta norma.
Si propone pertanto la rinuncia parziale all'impugnazione legge della regione Toscana n. 21 del 04/05/2017 limitatamente all’art.6, comma 1.
Permangono ancora validi gli altri motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 10 luglio 2017.
10-7-2017 /
Impugnata
La legge della Regione Toscana n. 21 del 2017, recante “Nuove disposizioni in materia di accreditamento delle strutture e dei servizi alla persona del sistema sociale integrato-Modifiche alla l.r. 82/2009 e alla l.r. 51/2009”, presenta profili d’illegittimità costituzionale.
La legge regionale in esame, secondo quanto emerge dalle premesse alla legge stessa, interviene sulla disciplina regionale dell'accreditamento delle strutture del sistema sociale e socio-sanitario allo scopo di uniformare i due sistemi di accreditamento, sanitario e sociale.
In particolare, nel perseguire tale scopo, gli artt. 2, 3 e 6, comma 1, lett b), nel modificare la legislazione regionale vigente, assoggettano le strutture socio-sanitarie al sistema di accreditamento e di verifiche dell’accreditamento che è proprio del sistema sociale.
Così disponendo, tuttavia, il legislatore regionale non tiene conto del principio fondamentale in materia di tutela della salute contenuto nell’art. 8-bis, comma 3, del d.lgs n. 502 del 1992, che prevede che le strutture socio-sanitarie devono essere assoggettate allo stesso regime di autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali delle strutture sanitarie. Secondo tale articolo infatti. “ La realizzazione di strutture sanitarie e l'esercizio di attività sanitarie, l'esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l'esercizio di attività sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 8-ter, dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater, nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies. La presente disposizione vale anche per le strutture e le attività sociosanitarie.” Da tale disposizione discende pertanto la necessità che la legge regionale in esame preveda per le strutture socio-sanitarie gli stessi meccanismi di cui al citato D.lgs 502/92.
In particolare l’art. 2 della legge regionale in esame, che sostituisce l'art. 3 della l.r. n. 82/2009, indica i requisiti per l'accreditamento delle strutture socio-sanitarie, e l’articolo 3, che aggiunge l’art. 3-ter alla l.r. n. 82/2009, prevede l'istituzione del “Gruppo tecnico regionale di valutazione” di cui si avvale la Giunta regionale ai fini dell'effettuazione dei controlli in ordine al possesso e al mantenimento dei requisiti richiesti per l’accreditamento, nonché alla conformità agli indicatori delle strutture del sistema socio-sanitario integrato.
Dette norme regionali, nel disciplinare in tal modo la gestione del sistema di verifiche delle strutture accreditate, finiscono per uniformare l’ambito socio-sanitario al sistema sociale che, come noto, soggiace a regole differenti, in tema di autorizzazione e accreditamento, rispetto alle attività più specificatamente sanitarie, ponendosi in tal modo in contrasto con la disciplina vigente in materia. Esse, prevedendo requisiti per l'accreditamento e modalità di controllo dell'accreditamento stesso difformi da quelli previsti dalla normativa statale, contrastano in particolare sia con i menzionati artt. 8- bis, 8-ter e 8-quater del D.lgs n. 502/92, che disciplinano l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, sia con l’Intesa Stato-Regioni del 20 dicembre 2012 , recante il “Disciplinare sulla revisione della normativa dell’accreditamento”, che prevede l’istituzione di un sistema di accreditamento uniforme a livello nazionale, nonché con l’Intesa Stato-Regioni del 19 febbraio 2015 che, sempre al fine di uniformare il sistema di autorizzazione/accreditamento delle strutture sanitarie a livello nazionale, definisce, sulla base di quanto previsto dai documenti prodotti dal Tavolo per lo sviluppo e l'applicazione del sistema di accreditamento nazionale, la tempistica degli adempimenti regionali ed aziendali, attuativi della richiamata Intesa del 20 dicembre 2012, , nonché i requisiti e le modalità di funzionamento degli "organismi tecnicamente accreditati".
Tali Intese, che integrano la disciplina nazionale in materia di accreditamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie di cui ai menzionati artt. 8- bis, 8-ter e 8-quater del D.lgs n. 502/92 , sono state adottate in attuazione all'articolo 7, comma 1, dell'Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009, concernente il Patto per la Salute 2010-2012 - richiamato nel comma 66 della l. n. 191 del 2009 e nell’art. 11, comma 2, del d. l. n. 78 del 2010 - che ha previsto la stipula in sede di Conferenza Stato-Regioni di un’intesa finalizzata a promuovere una revisione normativa in materia di accreditamento. L’art. 7, comma 1, del Patto per la salute, citato nella menzionata legislazione statale, prevede infatti che “ Si conviene, nel rispetto degli obiettivi programmati di finanza pubblica, di stipulare un’intesa ai sensi dell’art. 8, comma 6 della legge n. 131 del 2003 in sede di Conferenza Stato-Regioni finalizzata a promuovere una revisione normativa in materia di accreditamento e di remunerazione delle prestazioni sanitarie”.
Inoltre, l’art. 3 della legge in commento, affidando la valutazione e la verifica per le strutture del sistema sociale integrato al menzionato Gruppo tecnico regionale, senza, tuttavia, prevedere alcun meccanismo di coordinamento funzionale con l’Organismo tecnicamente accreditante istituito dalle menzionate intese, contrasta con quanto previsto nell’allegato A (pag. 52) della menzionata Intesa Stato-Regioni del 20 dicembre 2012 che, al paragrafo 4, quarto capoverso, riguardante “verifiche: modalità strumenti e responsabilità”, prevede la verifica esterna del possesso dei requisiti dell’accreditamento da parte di un “predefinito organismo accreditante”, e contrasta altresì con la disciplina contenuta nell’allegato B dell’Intesa Stato-Regioni del 19 febbraio 2015 che contiene “i criteri per il funzionamento degli organismi ‘tecnicamente’ accreditanti”, ai quali, in base a quanto convenuto nelle menzionate intese, le Regioni e le Province autonome si debbono adeguare.
I medesimi rilievi formulati nei confronti dell’art. 3 devono essere svolti anche con riferimento all’art.6, che, sostituendo l'art. 6 della l.r. n. 82/2009, nel disciplinare specificamente l’attività di controllo delle strutture accreditate, prevede, alla lett. b), che tale controllo sia effettuato “ogni due anni” ed abbia ad oggetto “il mantenimento dei requisiti e la conformità agli indicatori delle strutture, individuate con metodo a campione secondo i criteri definiti nel regolamento di cui all'articolo 11”. Così disponendo, tale norma non indica il termine ultimo di durata dell’accreditamento, con il conseguente rischio che il controllo periodico ivi previsto, effettuato ogni due anni dalla Giunta regionale, consenta un rinnovo tacito dell’accreditamento delle strutture e dei servizi di cui trattasi. Tale norma regionale in particolare contrasta con quanto previsto nell’allegato A della menzionata Intesa Stato-Regioni del 20 dicembre 2012 , recante la “ Disciplina per la revisione della normativa dell’accreditamento”, che, al paragrafo 4, sesto capoverso, pag. 52, specifica che “i termini per la validità ed i tempi di verifica dell’accreditamento istituzionale rilasciato non devono superare il quinquennio”.
Da quanto esposto emerge il contrasto delle disposizioni regionali sopra indicate con i principi fondamentali in materia di tutela della salute contenuti nei menzionati artt. 8- bis, 8-ter e 8-quater del D.lgs n. 502/92, come integrati - in virtù dell’art. 7, comma 1, del Patto per la Salute 2010-2012, richiamato nella citata legislazione statale - dalle Intese Stato-Regioni del 20 dicembre 2012 e del 19 febbraio 2015 e dai relativi allegati.
Il rispetto delle citate Intese è del resto fondamentale anche per assicurare l’osservanza del principio di leale collaborazione consacrato in tali accordi. La Corte Costituzionale ha infatti in varie occasioni e in casi analoghi identificato l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni come lo strumento idoneo comporre il concorso di competenze statali e regionali e a realizzare la leale collaborazione tra lo Stato e le autonomie (ex plurimis, sentenze n. 88 del 2014, n. 297 e n. 163 del 2012) qualora siano coinvolti interessi che non siano esclusivamente e individualmente imputabili al singolo ente autonomo. In particolare la Consulta, con la sentenza n. 119 del 2010 (punto 3. 2. del “Considerato in diritto”), ha giudicato incostituzionali le disposizioni della legge della Regione Puglia n. 31 del 2008 (in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili) che avevano unilateralmente individuato aree territoriali ritenute non idonee all’installazione di impianti eolici e fotovoltaici, non ottemperando alla necessità, prevista dalla legislazione statale recante i principi fondamentali in materia di produzione di energia elettrica, di ponderazione concertata degli interessi rilevanti in questo ambito, in ossequio al principio di leale cooperazione. Con la sentenza n. 124 del 2010 la Corte Costituzionale ha poi ritenuto illegittime anche le disposizioni della legge della Regione Calabria n. 42 del 2008 che consentivano l’individuazione di soglie di potenza degli impianti di produzione di energia elettrica diverse da quelle stabilite dalla legislazione statale recante i principi fondamentali in materia, affermando che l’eterogeneità delle discipline (statale e regionale) poste a raffronto rende palese anche la violazione della norma statale che in tale materia rinvia ad “un procedimento che, in ragione delle diverse materie interessate (tutela del territorio, tutela dell’ambiente, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia), coinvolge lo Stato e le Regioni in applicazione del principio di leale collaborazione, il quale impedisce ogni autonomo intervento legislativo regionale (sentenze n. 282 e n. 166 del 2009)”.
Le disposizioni regionali in esame, pertanto, non rispettando le citate Intese, condivise dalla stessa Regione, oltre a violare l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, per contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela della salute, ledono altresì il principio di leale collaborazione consacrato nelle stesse intese, quale espressione del necessario coordinamento dei livelli di governo statale e regionale nella materia di cui trattasi, in violazione degli artt. 5 , 120, 117 e 118 della Costituzione.
Per i motivi esposti le disposizioni regionali indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’art. 127 Cost.
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