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Misure per l'efficientamento dell'azione amministrativa e l'attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2021 - 2023 - Collegato alla stabilità regionale per il 2021 (29-6-2021)
Campania
Legge n.5 del 29-6-2021
n.63 del 29-6-2021
Politiche economiche e finanziarie
5-8-2021 / Impugnata
La legge della regione Campania n. 5 del 29/06/2021, recante “Misure per l’efficientamento dell’azione amministrativa e l’attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2021 -2023 – Collegato alla stabilità regionale per il 2021”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale.
§§§
1. L’art. 57, comma 2, della legge in oggetto, che prevede che: "Per gli effetti della disciplina delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, le società e associazioni sportive dilettantistiche, costituite in conformità all'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato finanziaria 2003), affiliate ad un organismo sportivo, federazioni sportive nazionali, sono riconosciute come esercitanti attività di interesse generale, quali enti del terzo settore, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera t) del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n.106)”, è costituzionalmente illegittimo per i seguenti motivi.

1.1. L’articolo 57, comma 2, è illegittimo poiché estende la qualifica di enti del Terzo settore alle società e associazioni sportive dilettantistiche in assenza dei requisiti di legge (tra cui, oltre all’azione volontaria dell’ente che desidera assumerla, quale l'iscrizione nel Registro unico del Terzo settore ai sensi dell'art. 4 del Codice del Terzo settore di cui al Dlgs. 117//2017, anche una serie di obblighi, come ad esempio i relativi adeguamenti statutari) e contrariamente a quanto stabilito dal legislatore nazionale, che impedisce agli enti in forma societaria - fatte salve le ipotesi in cui le stesse abbiano la qualifica di impresa sociale - di ottenerne la qualifica.
Il legislatore nazionale ha infatti dettato, in tema, e ad eccezione dei casi di qualificazione ex lege espressamente individuati, il ricorso ad una proceduta omogenea su tutto il territorio nazionale.
Pertanto la previsione regionale viola l’art. 117, comma 2, lett. l), in materia di ordinamento civile.
Invero, come chiarito dalla sentenza n. 185/2018 della Corte Costituzionale, "i soggetti del Terzo settore, in quanta soggetti di diritto privato, per quanto attiene alla loro conformazione specifica, alla loro organizzazione e alle regole essenziali di correlazione con le autorità pubbliche, ricadono tipicamente nell’ordinamento civile». L'ordinamento civile, come noto, comprende tali discipline, allo scopo di garantire l'uniformità di trattamento sull'intero territorio nazionale, in ossequio al principio costituzionale di eguaglianza ".
È pertanto pacifico che l'eventuale decisione della Regione di agevolare le società e le associazioni sportive dilettantistiche in materia di concessioni demaniali marittime, pur negli eventuali limiti della propria competenza sulla specifica materia, non può basarsi su un percorso generale di "riconoscimento di tali enti quali enti del Terzo settore”, in quanto le regole che presidiano il riconoscimento sono sottratte alla competenza regionale.
Si fa d’altro canto presente, in tema, che nel caso di associazioni sportive dilettantistiche, l’opzione di essere riconosciute come ente del terzo settore non è priva di conseguenza, in quanto comporta la rinuncia al regime forfettario di cui alla legge 398/1991.
1.2 Va poi rilevato, sotto altro profilo, sempre con riferimento al medesimo comma 2 dell’articolo 57, che la disposizione in esame equipara, "per gli effetti della disciplina delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali", le società e associazioni sportive dilettantistiche agli enti privati per fini di beneficienza o per altri fini di pubblico interesse contemplati dall'articolo 37 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione.
La disposizione del citato articolo 37 richiama, al secondo periodo, l'art. 39, comma 2, del codice della navigazione che stabilisce per le concessioni a favore dei suddetti enti l'applicazione di canoni meramente ricognitori.
Tanto premesso, va ricordato il decreto-legge 5 gennaio 1993, n. 400, convertito dall'art. 1, comma 1, della legge 4 dicembre 1993, n. 494, che, all'articolo 03, comma 1, lettera c), numero 2), prevede per le società e associazioni sportive dilettantistiche la riduzione del canone nella misura del 50 per cento.
La disposizione della legge regionale in esame, con l'equiparazione di tali società a quelle di cui al comma 2 dell'articolo 39 cod. nav. e dell'art. 37 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione di cui al DPR n. 328/1952, determina l'applicazione del predetto articolo 03 del diverso decreto-legge n. 43 del 2000, comma 1, lettera d) che, invece, prevede la riduzione dei canoni nella misura del 90 per cento.
L'applicazione della predetta disciplina determina quindi un canone meramente ricognitorio [nella misura del 10% dell'ordinario ex articolo 03, comma 1, lettera d) del decreto-legge 400/93] in luogo di quello espressamente previsto "nel caso di concessioni demaniali marittime assentite alle società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro affiliate alle Federazioni sportive nazionali con l'esclusione dei manufatti pertinenziali adibiti ad attività commerciali', dall'articolo 03, comma 1, lettera c), numero 2), del decreto-legge 400/93, che prevede una riduzione del canone del 50% (e non nella misura del 90% prevista della presente disposizione regionale in esame).
La previsione della legge regionale comporta, pertanto, l'applicazione di un diverso trattamento tra le società e associazioni sportive dilettantistiche della Regione Campania e le analoghe società delle altre Regioni, a favore delle quali è prevista, come sopra detto, una riduzione del canone concessorio pari al 50 per cento.
Alla luce di tutto quanto sopra indicato, l’articolo 57, comma 2 della legge regionale in oggetto viola il principio di uniformità dell'ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma, lettera 1) Cost. ed il principio di uguaglianza di cui all'art.3 Cost..

§§§
L’articolo 11 della legge in oggetto, recante " Misure in materia di commercio. Modifiche alla legge regionale 21 aprile 2020, n. 7", è costituzionalmente illegittimo per i seguenti motivi.
2.1 Con l’art. 11, comma 1, lett. a) punto 2 è stato modificato l’articolo 19 comma 6, della legge regionale n. 7 del 2020, già oggetto di impugnazione, pendente, dinanzi la Corte Costituzionale, prevedendo, che lo strumento comunale d’intervento per l’apparato distributivo (SIAD) disponga i vincoli di carattere dimensionale o tipologico agli insediamenti delle attività commerciali in aree o edifici che hanno valore storico, archeologico, artistico e ambientale “ai sensi della disciplina vigente”.
La modifica apportata al comma 6 della legge regionale 7/2020, dall’art. 11, comma 1, lett. a) punto 2, della legge regionale 5/2021, con l’inciso “ai sensi della disciplina vigente” non risulta idoneo a superare le censure costituzionali in precedenza sollevate, sul punto, nel ricorso avverso la legge regionale 7/2020.
Invero, non solo la previsione normativa non stabilisce un chiaro rapporto di subordinazione del SIAD rispetto al piano paesaggistico (in ossequio agli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio), ma – ciò che più conta – la disciplina regionale continua ad assegnare al SIAD contenuti propri della pianificazione paesaggistica da approvarsi previa intesa con lo Stato, atteso che proprio il SIAD stabilisce i vincoli di carattere dimensionale o tipologico agli insediamenti delle attività commerciali in aree o edifici che hanno valore storico, archeologico, artistico e ambientale.
Come già evidenziato in occasione dell’impugnazione della legge regionale n. 7 del 2020, invero, spetta soltanto al piano paesaggistico – ai sensi degli articoli 135 e 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio – predeterminare gli usi del territorio compatibili con i valori paesaggistici tutelati.
Tali compiti non possono, pertanto, essere legittimamente assegnati a un altro strumento, tanto più laddove non vi sia (come non vi è in Campania) un piano paesaggistico fatto d’intesa con lo Stato, ai sensi del Codice di settore, che possa orientare la pianificazione subordinata, la quale include necessariamente anche il SIAD.
In altri termini, la violazione delle norme richiamate, costituenti parametri interposti rispetto all’articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, discende dalla circostanza che la Regione da un lato si sottrae all’obbligo di copianificazione dei beni tutelati, in vigore ormai da oltre dieci anni, e dall’altro assegna contenuti propri del piano paesaggistico a un diverso strumento, elaborato senza la partecipazione dell’Amministrazione preposta alla tutela.
Alla luce di quanto sopra, l’art. 11, comma 1, lett. a) punto 2, della LR 5/2021, che apporta modifiche all’articolo 19, comma 6, della legge regionale n. 7 del 2020, è costituzionalmente illegittimo per i motivi indicati.
La previsione in questione si pone altresì in contrasto con il principio costituzionale di leale collaborazione, in quanto il SIAD costituisce il frutto di una scelta assunta unilateralmente dalla Regione, al di fuori del percorso condiviso con lo Stato che il Codice pone come presupposto ineludibile dell’intero processo di pianificazione.
Al riguardo, occorre infatti ricordare che il 14 luglio 2016 è stata siglata l’Intesa istituzionale tra questo Ministero e la Regione Campania per l’elaborazione congiunta del Piano Paesaggistico Regionale (PPR) di cui all’art. 135 del D. Lgs 42/2004, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’art. 143, comma 1, lettere b), c) e d) dello stesso decreto, al fine di coordinare sinergicamente le attività di rispettiva competenza, anche in considerazione della precedente Intesa Istituzionale siglata tra i medesimi soggetti in data 6 dicembre 2010.
In attuazione di tali intese è stato predisposto il Preliminare di PPR, approvato con DGRC n. 560 del 12 novembre 2019, ed è attualmente in corso la seconda fase del processo di co-pianificazione paesaggistica, che dovrebbe portare alla redazione definitiva e successiva condivisione tra le parti del predetto PPR.
Con l’unilaterale approvazione della legge in esame, la Regione affida al SIAD contenuti attinenti alla disciplina d’uso degli ambiti vincolati, che sono propri della pianificazione paesaggistica, sottraendosi così non solo all’obbligo di legge di co-pianificazione di tali beni, ma anche all’impegno specificamente assunto al riguardo nei confronti del Ministero.
Sul proposito, occorre ricordare che la Corte ha già avuto modo di affermare l’illegittimità costituzionale di norme regionali – nel caso specifico della Basilicata – volte a introdurre una disciplina incidente su ambiti sottoposti a vincolo paesaggistico “senza alcuna concertazione con gli organi ministeriali competenti”, così violando “l’obbligo di pianificazione congiunta imposto dal legislatore statale nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni ambientali, così venendo meno agli impegni assunti con il Protocollo di intesa sottoscritto il 14 settembre 2011, in vista dell’obiettivo di garantire «un’efficace ed efficiente tutela e valorizzazione dei caratteri paesaggistici, storici, culturali e naturalistico-ambientali» (art. 2 del Protocollo)” (Corte cost. n. 86 del 2019).
Va ricordato al riguardo che, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, il principio di leale collaborazione “deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni”, atteso che “la sua elasticità e la sua adattabilità lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti” (così in particolare, tra le tante, Corte cost. n. 31 del 2006). In particolare, la Corte ha posto proprio tale principio alla base della pronuncia n. 140 del 2015, con la quale ha censurato l’art. 52 del Codice, proprio per il mancato coinvolgimento di una delle parti in causa (a quel tempo, la Regione).
La scelta della Regione Campania di assumere iniziative unilaterali e reiterate, al di fuori del percorso di collaborazione già proficuamente avviato con lo Stato, si pone, pertanto, in contrasto anche con il predetto principio (cfr. Corte cost. n. 240 del 2020).
Alla luce di tutto quanto sopra indicato, va impugnato l’articolo 11, comma 1, lettera a), punto 2) della legge regionale n. 5 del 2021 – che modifica l’articolo 19, comma 6, della legge regionale n. 7 del 2020, già oggetto di precedente impugnativa dinanzi la Corte Costituzionale - per violazione dell’art. 9 Cost., dell’art. 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione, in considerazione della violazione degli articoli 135, 143, e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, da considerare norme interposte, nonché del principio di leale collaborazione.

2.2. Con l’art. 11, comma 1, lett. c), punto 2, della legge regionale 5/2021 è stato modificato l’articolo 28, comma 10, della legge regionale n. 7 del 2020, prevedendo che in caso rilocalizzazione di una grande struttura di vendita resti fermo il rispetto delle procedure di autorizzazione paesaggistica, qualora l’immobile ricada in un’area sottoposta a vincolo.
Anche in tal caso l’intervento in questione non risulta idoneo a superare i rilievi al riguardo fatti valere da questo Ministero.
Nonostante la modifica normativa in questione alla fine del comma 10, infatti, il medesimo comma continua a prevedere che la rilocalizzazione di una grande struttura di vendita sia ammessa nell’intero territorio regionale in conformità con le scelte di localizzazione per le grandi strutture previste nel SIAD del comune di insediamento e sia subordinata all’autorizzazione comunale, previa valutazione da parte della competente conferenza dei servizi esclusivamente dell’impatto sull’ambiente e sul traffico nel territorio in cui si rilocalizza, nel rispetto delle normative edilizie vigente.
Al riguardo, va rilevato che, già prima della modifica apportata, non vi era alcun dubbio che la rilocalizzazione fosse soggetta ad autorizzazione paesaggistica, sussistendone i presupposti.
Il dato che si era inteso contestare nel precedente ricorso, invece, e che rimane immutato, è che la Regione confermi e rafforzi la funzione del SIAD quale strumento deputato a esercitare scelte pianificatorie riferite a opere di particolare impatto riferite anche ad ambiti sottoposti a vincolo paesaggistico, stabilendo autonomamente e senza coinvolgimento dell’Amministrazione preposta alla tutela se determinate aree vincolate siano idonee a ospitare strutture di vendita.
Si tratta, ancora una volta, di una previsione che si pone in diretto contrasto con gli articoli 135 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, i quali, come già ricordato, demandano al piano paesaggistico fatto previa intesa con lo Stato la predeterminazione degli usi del territorio compatibili con i valori tutelati.
Si richiama, al riguardo, quanto sopra illustrato al precedente punto 2.1 anche in relazione ai profili riguardanti l’obbligo di leale collaborazione.
Va pertanto impugnato l’art.11, comma 1, lettera c), punto 2 della legge regionale n. 5 del 2021 - che modifica l’articolo 28, comma 10, della legge regionale n. 7 del 2020, già oggetto di precedente impugnativa dinanzi la Corte Costituzionale - per violazione degli articoli 9 e 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, in considerazione della violazione degli articoli 135, 143 e 145 del Codice di settore quali norme interposte, nonché del principio di leale collaborazione.

2.3. L'art. 11, comma 1, lettera i), della legge regionale in esame modifica l’articolo 130, comma 1, lett. b), della legge regionale n. 7 del 2020 prevedendo che la concessione per l’installazione di un nuovo impianto di distribuzione di carburanti lungo le autostrade, le tangenziali ed i raccordi autostradali rilasciata dalla Regione sia subordinata, fra l’altro, alla verifica della conformità alle disposizioni per la tutela del paesaggio.
Al riguardo, va evidenziato come il riferimento alle “disposizioni per la tutela del paesaggio” risulti alquanto generico. Deve essere invero stigmatizzato il mancato riferimento, da parte della norma, al piano paesaggistico, elaborato congiuntamente con il Ministero della cultura ovvero alla disciplina d’uso dei beni paesaggistici, di cui agli articoli 140, 141 e 141-bis del Codice, ovvero – quanto meno – ai casi e limiti individuati mediante apposito accordo stipulato tra la Regione e il Ministero, destinato a confluire nel piano paesaggistico.
Conseguentemente, la tutela paesaggistica nel caso di concessioni per l’installazione di nuovi impianti di distribuzione di carburanti lungo le autostrade, le tangenziali ed i raccordi autostradali in tutto il territorio regionale, continua a essere illegittimamente sottratta alla pianificazione obbligatoria e alla disciplina del piano paesaggistico e rimessa alle valutazioni caso per caso dei singoli interventi.
Deve essere pertanto rilevata la violazione degli articoli 135, 143 e 145 del Codice, costituenti norme interposte rispetto all’articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione. Emerge, inoltre, la violazione dell’articolo 9 Cost., in considerazione dell’abbassamento del livello della tutela del paesaggio, nonché la violazione del principio di leale collaborazione, per le ragioni già sopra illustrate.
Va pertanto impugnato l’articolo 11, comma 1, lettera i) della legge regionale n. 5 del 2021 – che modifica l’articolo 130, comma 1, della legge regionale n. 7 del 2020, già oggetto di impugnativa dinanzi la Corte Costituzionale - per violazione degli articoli 9 e 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, in considerazione della violazione degli articoli 135, 143 e 145 del Codice di settore quali norme interposte, nonché del principio di leale collaborazione.
§§§
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, la legge regionale in parola, negli articoli sopra indicati, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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