Dettaglio Legge Regionale

Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell’Appennino «Monti Simbruini». (1-7-2021)
Lazio
Legge n.8 del 1-7-2021
n.67 del 6-7-2021
Politiche infrastrutturali
5-8-2021 / Impugnata
La legge regionale, che reca la modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell’Appennino «Monti Simbruini» risulta costituzionalmente illegittima con riferimento a talune disposizioni che, per le motivazioni di seguito indicate, risultano contrastanti con gli standard di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema posti dal legislatore statale nell’esercizio della competenza esclusiva ex art. 117, comma secondo, lett. s), Cost., cui è da ricondurre la disciplina ambientale dei parchi (cfr. Cort. Cost., sentenze n. 290 del 2019; n. 121 del 2018).

La legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), ricondotta dalla giurisprudenza costituzionale alla materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» (da ultimo, sentenze n. 74 e n. 36 del 2017 Corte Cost.), ai cui principi fondamentali le Regioni sono tenute ad adeguarsi, assume la valenza di parametro interposto in quanto espressione della competenza esclusiva dello Stato a porre standard uniformi di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema non derogabili in peius dalle regioni.
Ciò premesso, si rileva quanto segue :
L'articolo 1 (ed unico) della legge regionale in esame, sotto la rubrica, “Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell'Appennino «Monti Simbruini», prevede che:
1. La perimetrazione del Parco naturale regionale dell’Appennino «Monti Simbruini», istituito con la legge regionale 29 gennaio 1983, n. 8, è modificata secondo la planimetria in scala 1:10.000 e la relazione descrittiva di cui, rispettivamente, agli allegati A e B che costituiscono parte integrante della presente legge.
2. Nelle more dell’adeguamento, ai sensi dell’articolo 26, comma 5 bis, della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di aree naturali protette regionali) e successive modifiche, del Piano del Parco naturale regionale dell’Appennino «Monti Simbruini», approvato con deliberazione del Consiglio regionale 27 ottobre 1999, n. 587, alla disposizione di cui al comma 1, continua ad applicarsi la disciplina prevista nel medesimo Piano.
3. Limitatamente al territorio oggetto di modifica ai sensi del comma 1, non ricompreso nella perimetrazione prevista nel Piano di cui al comma 2, si applicano le disposizioni previste dall’articolo 8, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della l.r. 29/1997 e successive modifiche.
Detta norma, nella sua attuale formulazione, si pone in contrasto con l’art. 23 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, per effetto del quale:
«1. La legge regionale istitutiva del parco naturale regionale, tenuto conto del documento di indirizzo di cui all'articolo 22, comma 1, lettera a), definisce la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia, individua il soggetto per la gestione del parco e indica gli elementi del piano per il parco, di cui all'articolo 25, comma 1, nonché i principi del regolamento del parco.»
L’ivi richiamato art. 22, comma 1, lett. a) della legge n. 394 del 1991 a sua volta stabilisce che «Costituiscono principi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali: a) la partecipazione delle province, delle comunità montane e dei comuni al procedimento di istituzione dell'area protetta, fatta salva l'attribuzione delle funzioni amministrative alle province, ai sensi dell'articolo 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Tale partecipazione si realizza, tenuto conto dell'articolo 3 della stessa legge n. 142 del 1990, attraverso conferenze per la redazione di un documento di indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da destinare a protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli obiettivi da perseguire, alla valutazione degli effetti dell'istituzione dell'area protetta sul territorio»
Lo stesso art. 22, comma 1, della legge quadro alla lettera c), garantisce, altresì, agli enti locali la partecipazione alla gestione dell’area protetta, sicché essi non possono essere estromessi dal procedimento con cui si compie un atto di evidente rilievo gestionale strictu sensu considerato, qual è da considerarsi la variazione dei confini del parco.
In una visione complessiva e di sistema degli impatti della norma e nella ipotizzabile riconducibilità della intervenuta riperimetrazione del Parco regionale alla nozione di “Piano”, si rilevano potenziali riflessi, in termini di contrasto anche con l’art. 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 «in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica».
Quanto sopra, tenuto conto, per l’appunto, della ampia nozione di "piano" stessa recata dalla Direttiva 42/2001/CE sulla Valutazione Ambientale Strategica come recepita dal legislatore nazionale, in relazione alla quale la Commissione Europea è intervenuta più volte chiarendo, sulla base di una uniforme giurisprudenza della Corte di Giustizia, che ("[...] in considerazione della finalità della direttiva 2001/42, consistente nel garantire un livello elevato di protezione dell'ambiente, le disposizioni che delimitano l'ambito di applicazione di tale direttiva, ed in special modo quelle che enunciano le definizioni degli atti ivi previsti, devono essere interpretate in senso ampio" sentenza C-567/10, punti 24-43).
La Valutazione Ambientale Strategica deve, dunque, essere prevista per tutte quelle decisioni che determinano effetti sulle modalità di uso di una determinata area, provocandone un sostanziale cambiamento.
A tal proposito, sul concetto di "piano", si richiamano i paragrafi 3.3, 3.4, 3.5 e 3.6 del documento della Commissione Europea "Attuazione della direttiva 2001/42/ce concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente", in cui, appunto, si chiarisce in maniera inequivocabile che "uno dei possibili parametri di valutazione può essere la misura in cui è probabile che un atto abbia effetti significativi sull’ambiente. Una possibile interpretazione è che i termini includano qualsiasi dichiarazione ufficiale che vada oltre le aspirazioni e stabilisca un corso di azione per il futuro" e, più avanti, "Ciò potrebbe includere, ad esempio, piani per la destinazione dei suoli che stabiliscano le modalità di riassetto del territorio o che fissino delle regole o un orientamento sul tipo di sviluppo che potrebbe essere appropriato o consentito in determinate aree o ancora che propongano i criteri da tenere in considerazione nel concepimento del nuovo progetto".
Tra l'altro, nel caso di specie, poiché la normativamente sancita riperimetrazione interessa «piccole aree a livello locale» e si sostanzia in una «modifica minore» al piano previgente, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, art. 6, comma 3, dovrebbe essere l'autorità competente a valutare se la riperimetrazione stessa possa produrre «impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento.», da ciò derivandone l’eventuale necessità di un suo assoggettamento a verifica di assoggettabilità a VAS, ovvero - nella rilevata insussistenza dei presupposti - il relativo esonero da siffatta verifica.
Sempre in tale ottica, a tale violazione si accompagna, in maniera conseguenziale, quella, correlata, sulla mancata sottoposizione del provvedimento a Valutazione di Incidenza Ambientale di cui all'art. 6, comma 3, della Direttiva 43/92/CE, come recepito dall'art. 6, del d.P.R. 12 marzo 2003, n. 120, che ha sostituito l'art. 5, del d.P.R. 8 Settembre 1997, n. 357, applicabile anche ai piani e ai programmi (anche in questo caso la Commissione Europea, a pag. 41 del documento "Gestione dei siti Natura 2000 - Guida all'interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 92/43/CEE (direttiva Habitat)" rileva che "di ovvia rilevanza a norma della direttiva Habitat sono i piani territoriali o di destinazione dei suoli. Alcuni di essi hanno effetti legali diretti per la destinazione d'uso dei terreni, altri invece soltanto indiretti. A titolo di esempio, i piani territoriali regionali o aventi un'ampia estensione geografica spesso non sono applicati direttamente, bensì costituiscono la base per piani più dettagliati o fungono da quadro generale per consensi allo sviluppo con effetti legali diretti. Entrambi i tipi di piani di destinazione dei suoli si dovrebbero considerare coperti dall'articolo 6, paragrafo 3, nella misura in cui possono avere effetti significativi su un sito Natura 2000.")
Sul punto va, quindi, ribadito quanto già affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 38 del 2015, per cui “la disciplina della valutazione di incidenza ambientale (VINCA) sulle aree protette ai sensi di “Natura 2000”, contenuta nell’art. 5 del regolamento di cui al d.P.R. n. 357 del 1997, deve ritenersi ricompresa nella “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, rientrante nella competenza esclusiva statale, e si impone a pieno titolo, anche nei suoi decreti attuativi, nei confronti delle Regioni ordinarie”.
Si evidenzia, inoltre, che la stessa l.r. Lazio 6 ottobre 1997, n. 29, recante “Norme in materia di aree naturali protette regionali” non prevede che possa operarsi la modifica della perimetrazione di un parco naturale regionale attraverso una legge, all’uopo disponendo bensì all’art. 26, comma 5 bis - in coerenza con la legge quadro di riferimento 394/1991.- , che “il piano dell'area naturale protetta è aggiornato almeno ogni dieci anni, secondo le procedure previste dal presente articolo per la sua adozione ed approvazione, le quali prevedono che:
«2. Il piano dell'area naturale protetta è redatto a cura dell'ente di gestione, con l'assistenza dell'Agenzia regionale per i parchi, ed è adottato e trasmesso alla Regione entro nove mesi dall'insediamento degli organi dell'ente di gestione.
3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, la Giunta regionale si sostituisce all'ente di gestione per l'adozione del piano, affidandone la redazione alle proprie strutture competenti in materia o all'Agenzia regionale per i Parchi, che debbono provvedere nel termine di un anno.
4. Il piano adottato ai sensi dei commi precedenti è depositato per quaranta giorni presso le sedi degli enti locali interessati e della Regione. La Giunta regionale provvede, con apposito avviso da pubblicare su un quotidiano a diffusione regionale, a dare notizia dell'avvenuto deposito e del relativo periodo. Durante questo periodo chiunque può prenderne visione e presentare osservazioni scritte all'ente di gestione, il quale esprime il proprio parere entro i successivi trenta giorni e trasmette il parere e le osservazioni alla Giunta regionale. Entro tre mesi dal ricevimento di tale parere la Giunta regionale, previo esame congiunto della sezione aree naturali protette e della sezione prima del CTCR, propone al Consiglio regionale, l'approvazione del piano, apportando eventuali modifiche ed integrazioni e pronunciandosi contestualmente sulle osservazioni pervenute.
5. Il piano approvato dal Consiglio regionale è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione ed è immediatamente vincolante nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei privati.».
Risulta, dunque, chiaro che la disposta riperimetrazione del Parco naturale regionale «Monti Simbruini» avrebbe dovuto seguire o l’iter previsto dalla legge n. 394 del 1991 per la sua istituzione, ovvero l’iter previsto dalla l.r. Lazio 29/1997 per l’aggiornamento al piano del parco che, ai sensi del relativo art. 26, comma 1, lett. a), include «la perimetrazione definitiva dell'area naturale protetta».
Nell’ambito di una disamina generale della norma regionale di che trattasi, non può non rilevarsi, altresì, il carattere incongruente della previsione di cui al comma 2, che mentre da un lato prevede che il piano dovrà essere modificato attraverso le procedure di cui all’art. 26 della l.r. 29/1997, dall’altro statuisce che alla modifica della perimetrazione del parco regionale fissata al comma 1 continui ad applicarsi la disciplina prevista dal Piano del parco vigente
Parimenti non dubbio risulta , poi, il dato testuale di cui al comma 3 del medesimo art. 1, che stabilisce che si applichino le norme di salvaguardia, di cui all’art.8 della l.r. 29/1997, al «territorio oggetto di modifica ai sensi del comma 1» (ossia ai sensi della legge in esame), ma «non ricompreso nella perimetrazione prevista nel Piano di cui al comma 2» (ossia del Piano che dovrebbe essere oggetto di adeguamento).
In sintesi, la legge regionale in esame, nella sua non chiara formulazione, di fatto impone l’effettività della riperimetrazione del Parco naturale regionale «Monti Simbruini», ma sembra poi rimandare ad un successivo adeguamento del Piano del Parco, che non potrà che avvenire (quello sì), nel rispetto delle previsioni dell’art. 26 della l.r. 29/1997.
In tale contesto si richiama, stante la relativa attinenza, quanto sancito dalla stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 134 del 2020 con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Liguria n. 3 del 2019, nella parte in cui andava a modificare con legge regionale i confini dei parchi naturali regionali delle Alpi Liguri, dell’Antola, dell’Aveto e del Beigua.
A giudizio della Consulta, ognuna di queste variazioni, “non è stata affidata a modifiche del piano del parco, alle quali avrebbero potuto partecipare i rappresentanti degli enti locali, ma è avvenuta direttamente con legge, e deve perciò osservare il medesimo procedimento seguito dal legislatore ai fini della perimetrazione provvisoria dei confini, ai sensi dell’art. 22 della legge quadro, compresa la interlocuzione con le autonomie locali”. Attraverso, dunque, le censurate disposizioni recate dalla legge regionale, la Regione si pone nella direttiva di modificare d’imperio i confini del Parco naturale regionale “Monti Simbruini”, eludendo le previste procedure di revisione del piano del parco, attraendo così a sé interamente il governo delle aree protette, che viene sottratto agli Enti Parco previsti dalla legge statale n. 394/1991.
Considerata la riconducibilità della disciplina delle aree protette nella competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente» ex art. 117, secondo comma, lettera s) e alla possibilità, in tale ambito, da parte delle Regioni, di determinare maggiori livelli di tutela, ma non di derogare alla legislazione statale (Corte Cost. sentenze n. 44 del 2011, n. 193 del 2010, n. 61 del 2009 e n. 232 del 2008), va ulteriormente affermato (come chiarito da parte del Giudice delle leggi) che "il territorio dei parchi, siano essi nazionali o regionali, ben (possa) essere oggetto di regolamentazione da parte della Regione, in materie riconducibili ai commi terzo e quarto dell'art. 117 Cost., purche' in linea con il nucleo minimo di salvaguardia del patrimonio naturale, da ritenere vincolante per le Regioni" (Corte Cost., sentenze nn.rr. 232 del 2008, punto 5. del Considerato in diritto e 44 del 2011, gia' citata).
Nell’ambito, quindi, delle materie di loro competenza, le Regioni trovano un limite negli standard di tutela fissati a livello statale. Questi, tuttavia, non impediscono al legislatore regionale di adottare discipline normative che prescrivano livelli di tutela dell’ambiente più elevati (di recente, Corte Cost., sentenze n. 66 del 2018, n. 74 del 2017, n. 267 del 2016 e n. 149 del 2015), i quali «implicano logicamente il rispetto degli standard adeguati e uniformi fissati nelle leggi statali» (Corte Cost., sentenza n. 315 del 2010), che rappresentano, ex se, limiti invalicabili per l'attività legislativa della Regione, in quanto statuenti norme imperative che devono essere rispettate sull'intero territorio nazionale per primarie esigenze di tutela ambientale.
E la più volte menzionata legge n. 394 del 1991 non si limita, per l’appunto, a dettare standard minimi uniformi finalizzati a tutelare soltanto i parchi e le riserve naturali nazionali e regionali – istituiti ai sensi dell’art. 8 della legge quadro (rispettivamente, con decreto del Presidente della Repubblica e con decreto del Ministro dell’ambiente) – ma impone anche un nucleo minimo di tutela del patrimonio ambientale rappresentato dai parchi e dalle riserve naturali regionali, che vincola il legislatore regionale nell’ambito delle proprie competenze (sentenze n. 74 e n. 36 del 2017, n. 212 del 2014, n. 171 del 2012, n. 325, n. 70 e n. 44 del 2011).
Per i motivi dianzi esposti, la norma regionale contenuta nell’articolo 1 della legge regionale in esame deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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