Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni in materia di energia. (24-2-2005)
Toscana
Legge n.39 del 24-2-2005
n.19 del 7-3-2005
Politiche infrastrutturali
29-4-2005 / Impugnata
La legge in esame disciplina le attività in materia di energia e, in particolare, la produzione, il trasporto, la trasmissione, lo stoccaggio, la distribuzione, la fornitura e l’uso dell’energia stessa.
Essa presenta molteplici aspetti censurabili relativi a numerose disposizioni normative.
In particolare :

A )Le norme disciplinanti le modalità dell’approvvigionamento e della distribuzione dell’energia risultano lesive dei principi fondamentali in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" così come enunciati dalla legge statale n. 239/2004, in violazione dell’articolo 117 comma terzo Cost.; le stesse norme, inoltre, pregiudicano anche la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all’art. 117, comma secondo, lett. m) della Costituzione, nonché la potestà legislativa esclusiva in materia di concorrenza (lett. e).
Specificatamente :

1)l’art. 27, al comma 1, attribuisce a Regioni ed enti locali le funzioni necessarie a garantire il rispetto del diritto di accesso ai servizi energetici; il comma 2 specifica, inoltre, che tali funzioni comprendono anche la stima del fabbisogno energetico regionale e la determinazione di un’offerta energetica differenziata; il successivo art. 28, comma 1, consente inoltre alla regione di adottare “speciali modalità di svolgimento” dell’approvvigionamento e distribuzione dell’energia.
Dette disposizioni regionali sono da un lato inconcepibili in un sistema di approvvigionamento - quale quello dell’energia - basato sulla rete nazionale; dall’altro incompatibili con l’impianto generale della materia fissato dalla l.n.239/2004 (le cui disposizioni sono espressamente considerate principi fondamentali in materia di energia – cfr. art.1, comma 1).
Tale legge, infatti, nell’enunciare gli obiettivi generali della politica energetica (art. 1, comma 3) prescrive che essi vadano perseguiti secondo diversi livelli di amministrazione, da ripartirsi in base ai principi della sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Non risponde a detti principi l’allocazione di funzioni operata dagli articoli citati nella parte in cui attribuisce alla regione il compito di garantire il diritto di accesso ai servizi energetici: tale compito, infatti, non può che appartenere allo Stato, quale supremo garante dell’unità giuridica ed economica del nostro ordinamento, nonché quale depositario dell’unico livello di amministrazione capace di “dominare” un fenomeno economico (la distribuzione dell’energia) caratterizzato dalla dimensione nazionale; tale affermazione è vieppiù avvalorata dalla constatazione che risulta qui in gioco anche la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Il collegamento con tale ultima garanzia costituzionale è fatto palese dalla disciplina statale in materia di regolazione e concorrenza del mercato dell’energia.
In base alla l. 481/1995, infatti, è l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas che “definisce i livelli generali di qualità riferiti al complesso delle prestazioni e i livelli specifici di qualità riferiti alla singola prestazione da garantire all’utente” (art.2, comma 12, lett.h) e che “verifica la congruità delle misure adottate dai soggetti esercenti il servizio al fine di assicurare la parità di trattamento tra gli utenti” (lett.n): il riferimento alla garanzia delle prestazioni dell’utente finale - unita alla constatazione che i suddetti compiti costituiscono gli obiettivi essenziali dell’attività dell’Autorità – pone la disciplina regionale censurata in diretto contrasto con le norme statali citate, da qualificare allo stesso tempo come principi fondamentali in materia di energia e come espressione dell’obiettivo costituzionale di garantire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali.
2)Gli articoli 28, commi 3, 4,e 5 , e 29, 32 e l’art.3, comma 1, fondati sull’assunto della compartimentazione regionale del settore dell’energia, consentono alla regione di stipulare autonomamente contratti di servizio con le imprese erogatrici dei servizi energetici.
Tali disposizioni, in quanto contenenti vari aspetti della disciplina dei contratti di servizio, debbono ritenersi contrastanti con il principio fondamentale della materia (l. n. 239/2004,art. 1, comma 2, lett. c) secondo il quale l’esercizio delle attività in questione deve necessariamente svolgersi secondo il regime concessorio, la cui dimensione normale è quella nazionale (lo si evince dall’art.1, comma 8, lett. a 1).
Dopo aver rimandato anche per queste disposizioni ai motivi già espressi al punto precedente, basti qui riassumere che tali norme regionali sono incompatibili con lo stesso impianto generale della materia in oggetto, in quanto prefigurano una illegittima compartimentazione e differenziazione del mercato nazionale dell’energia.
Per concludere sul punto, si deve precisare anche l’illegittimità dell’art. 3, comma 1 della legge in esame, in virtù del rimando da esso operato agli articoli sopra censurati.

3) L’art. 3, al comma 2, lett.a, attribuisce alla regione le funzioni amministrative relative all’autorizzazione unica di cui all’art.11 nei casi ivi indicati, tra cui “le linee e gli impianti di trasmissione, trasformazione, distribuzione di energia elettrica di tensione nominale superiore a 100 mila volt …qualora interessino un ambito territoriale interregionale”; l’art. 38, inoltre, dispone l’autorizzazione in sanatoria degli impianti compresi tra i 30.000 e i 150.000 volt con autorizzazione emessa dalla giunta regionale; l’art. 11, infine, specifica ulteriormente le opere soggette all’autorizzazione unica, ribadendo alle lettere a e b che tra questi vi sono gli impianti di produzione di energia elettrica e le relative linee di trasporto.
Tutte le disposizioni citate non tengono conto dell’art.1, comma 26 della l. n. 239/2004 che, riscrivendo completamente l’art. 1 sexies del d.l. 239/2003 poi convertito nella l. n. 290/2003, attribuisce la funzione autorizzatoria relativa alla costruzione e all’esercizio delle opere connesse alle infrastrutture della rete nazionale di trasporto dell’energia elettrica al Ministero delle attività produttive, previa intesa con le regioni interessate. Tra tali opere sono esplicitamente annoverate, al comma 4 quater, anche quelle connesse al collegamento alla rete nazionale di trasporto dell’energia delle centrali termoelettriche di potenza superiore a 300 MW. Da una diversa disposizione statale (l’art. 1, comma 8, lett. a 7 della l.n. 239/2004) si evince che anche l’autorizzazione alla costruzione di tale ultimo tipo di centrale è riservata alla competenza statale.
Le norme regionali citate, dunque, vanno considerate illegittime nella parte in cui risultano applicabili anche alle ipotesi già disciplinate dal legislatore statale, di cui risulterebbero un’inutile duplicazione, da considerarsi vieppiù inconcepibile dato il principio dell’unicità dell’autorizzazione – contenuto nelle sopra menzionate direttive europee e ribadito dalla l. n.239/2004.
Giova rammentare che la disciplina statale citata è strumentale alla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni ed è espressione di quella disciplina comunitaria più volte citata che collega l’unicità del mercato dell’energia ad una migliore tutela della concorrenza in materia.
Per completezza si deve osservare che l’illegittimità delle norme citate in tale punto si riverbera sul contenuto dell’art. 3, comma 4, laddove collega l’attribuzione di ulteriori funzioni amministrative (quelle di cui al R.D. n. 1775 del 1933) al riparto di competenza operato dalle norme della presente legge regionale.

B) Ulteriori disposizioni regionali violano altri e differenti principi fondamentali della materia, questa volta contenuti nel d.lgs. n. 387/2003, i quali risultano anche espressione della finalità di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema ai sensi dell’art.117, secondo comma, lett.s) Cost..
-l’art. 26 autorizza la Regione a promuovere accordi tra i soggetti che intendono svolgere le attività relative all’autorizzazione per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e
gli enti locali interessati all’individuazione di misure di compensazione e di riequilibrio ambientale:
tali accordi, tuttavia, sono impossibilitati dall’art. 1 comma 5 della l. n. 239/2004 che, per effetto del rinvio all’art. 12 comma 5 del d.lgs. n.387/2003, afferma che le autorizzazioni di impianti di produzioni da fonti rinnovabili non possono essere subordinati né condizionati a qualsiasi forma di compensazione o riequilibrio ambientale;
-l’art. 13 sottopone ad autorizzazione unica gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e ibride e rende applicabile anche a tali casi la disciplina procedimentale di cui all’art. 11; il comma 4 di questo articolo prevede che, su richiesta dell’interessato, con il provvedimento di autorizzazione “può essere dichiarata la pubblica utilità dei lavori e delle opere ed apposto, laddove non esistente, il vincolo preordinato all’esproprio”: ciò però contrasta il principio fondamentale di cui all’art. 12, comma 1 del d.lgs. n. 387/2003 in base al quale le predette opere, una volta autorizzate, sono automaticamente “di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”. Per effetto del suddetto combinato disposto, dunque, è reso facoltativo ciò che la legge statale di principio considera automatico: risulta, dunque, frustrato lo scopo –comune anche alle norme statali di cui al punto immediatamente precedente- di non ostacolare in alcun modo l’installazione degli impianti da fonti rinnovabili, in un’ottica di promozione della tutela dell’ambiente ai fini dell’art. 117, secondo comma, lett. s) Cost.

C) Le norme contenute negli articoli 30 e 33 presentano aspetti di illegittimità costituzionale sotto il profilo dell’invasione della potestà esclusiva statale in materia di concorrenza e di rapporti con l’Unione europea (art. 117, secondo comma, lettere e) ed a) Cost,nonché per la violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario (art. 117, comma primo Cost.)
-l’art.30 ai commi 1, 3 e 4, configura una disciplina autonoma della concorrenza nel settore energetico a livello regionale: in particolare, il comma 1 prevede un termine diverso (il primo gennaio 2006) rispetto a quello nazionale (primo gennaio 2007: secondo il dettato dell’art. 14, comma 5 quinquies del d.lgs. 79/1999, da ultimo ribadito dalla Dir. 2003/54/CE, art. 21) a partire dal quale far scattare l’effettiva liberalizzazione del mercato energetico, mentre i commi 3 e 4 prefigurano indebite ingerenze regionali nella materia della concorrenza, addirittura prevedendo una disciplina specifica per i contratti diretti tra produttore e cliente idoneo;
-l’art. 33 affida alla Regione il compito di valutare segnalazioni e reclami degli utenti, compito questo già spettante all’Autorità per l’energia ed il gas ai sensi dell’art.2, comma 12, lett. m della l.n.481/1995 e ribadito dalla normativa comunitaria (ex art. 23, comma 5 della Dir. 2003/54/CE).
L’insieme delle disposizioni in oggetto è finalizzato alla creazione di una disciplina differenziata della concorrenza, a base regionale, in materia di energia: l’incostituzionalità ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lett. e Cost., è pertanto palese. Giova ricordare, inoltre, che la potestà esclusiva statale in materia di concorrenza è stata esercitata dalla legge n. 481/95 - che affida all’Autorità per l’energia ed il gas i compiti di cui agli articoli 30 e 33 - in attuazione della direttiva comunitaria 96/92/CE, recentemente rinnovata dalla Dir. 2003/54/CE: in ragione di ciò, dunque, le medesime disposizioni regionali si pongono anche in contrasto con l’ordinamento comunitario ai sensi dell’art. 117 comma primoCost. e con la potestà esclusiva statale in materia, ai sensi dell’art. 117 comma secondo, lett.a Cost.

D) L'art. 42 è pure censurabile sotto l'aspetto della violazione di norme fondamentali statali, questa volta tuttavia nella materia di legislazione concorrente "ordinamento della comunicazione".
Il comma 1, lett. a del citato articolo, infatti, si pone in contrasto con l’art. 95 del d.lgs. 259/93 (Codice delle Comunicazioni) nella parte in cui dispone la disapplicazione dell’art. 113 del R.D. n.1775 del 1933; tale ultima disposizione –è bene precisare- per effetto del rinvio recettizio operato dal comma 2 lett. c del predetto art. 95, deve essere considerata parte integrante del corpus normativo del Codice, nonché espressione del principio fondamentale di cui appresso.
L’art. 95 cit., infatti, esprime al comma 1 il principio che nessuna conduttura di energia elettrica possa essere costruita, modificata o spostata senza il nulla osta del Ministero delle Comunicazioni.
Tale disposizione deve ritenersi principio fondamentale poiché risponde all’esigenza di garantire il corretto e regolare funzionamento delle infrastrutture di comunicazione elettronica, sulle quali può incombere il rischio di interferenze prodotte dal nuovo impianto di condutture elettriche.La norma censurata, disponendo la disapplicazione dell’art. 113 del R.D. cit. - che disciplina la modalità del nulla osta ministeriale nei casi d’urgenza -, produce l’irragionevole effetto per cui solo e proprio in questi casi di urgenza si possa prescindere da detto nulla osta.
L’art. 113 cit., dunque, rappresenta una specificazione del principio contenuto al comma 1 dell’art. 95 e -come tale- non può essere disapplicato o violato da una norma regionale. La stessa giurisprudenza costituzionale ha consentito interventi normativi statali anche in materie concorrenti nei casi in cui si debba “assicurare l’esercizio unitario, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” di determinate funzioni amministrative “caratterizzate dalla presenza di istanze unitarie”(sent. 303/2003): ciò che accade certamente nel caso della “realizzazione degli impianti e delle reti rispondenti a rilevanti interessi nazionali” (sent. 307/2003).

Pertanto si ritengono illegittimi i seguenti articoli della legge in esame secondo gli aspetti già prospettati e, segnatamente:
A)l’art. 3 commi: 1, 2 e 4; l’art. 11: lettere a e b; gli articoli 27, 28, 29, 32 e 38 sotto il profilo della illegittimità ex art. 117 comma terzo (violazione delle norme fondamentali della materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia”) nonchè ex art. 117, comma secondo, lett. m) “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” ed e) “tutela della concorrenza”;
B)gli articoli 13 e 26 sotto il profilo della violazione dell’ art. 117, comma terzo e comma secondo, lett. s) “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”;
C)gli articoli 30 e 33 sotto il profilo della violazione dell’art. 117 comma 2 lettere e) ed a) “rapporti dello Stato con l’Unione europea” nonché dell’art. 117 comma 1, in ragione della violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario;
D)l’art. 42 ancora per violazione dell’art.117, comma terzo, con riferimento però alla materia "ordinamento della comunicazione".

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