Dettaglio Legge Regionale

Misure per la riduzione delle liste d’attesa in sanità – Primi provvedimenti. (28-3-2019)
Puglia
Legge n.13 del 28-3-2019
n.36 del 1-4-2019
Politiche socio sanitarie e culturali
20-5-2019 / Impugnata
La legge della Regione Puglia n. 13 del 28 marzo 2019, recante “Misure per la riduzione delle liste d’attesa in sanità-primi provvedimenti”, presenta i seguenti profili d’illegittimità costituzionale.

1) L’art. 5, comma 4, prevede che “Nel caso in cui il fondo previsto dall'articolo 2 della legge 8 novembre 2012, n. 189 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute) non risulti sufficiente a garantire il rispetto dei tempi di attesa, il direttore generale attiva intese sindacali finalizzate a incrementare detto fondo, attingendo alle quote già accantonate per i fondi perequativi alimentati dalla libera professione”.
Tale norma regionale prevede che, qualora il fondo che l'art. 2 del d. l. n. 158 del 2012 destina alla riduzione dei tempi di attesa non risulti sufficiente a garantire tale finalità, il direttore generale possa attivare intese sindacali finalizzate a incrementare detto fondo, attingendo alle quote già accantonate per i fondi perequativi alimentati dalla libera professione.
Al riguardo si precisa che i fondi perequativi, menzionati dalla norma regionale in esame, sono previsti e regolamentati dalla vigente disciplina contrattuale, in base all’art. 5 del d.P.C.M. 27 marzo 2000 (Atto di indirizzo e coordinamento concernente l'attività' libero-professionale intramuraria del personale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale), che (in attuazione degli artt. 4, comma 11 e 15- quinquies del d.lgs. 502/1992 e dell’art. 9 del D.lgs 502/92 “Riordino della disciplina in materia sanitaria”) all’art. 5, comma 2, lett. e), indica “una percentuale pari al 5 per cento della massa dei proventi dell'attività libero-professionale, al netto delle quote a favore dell'azienda, quale fondo aziendale da destinare alla perequazione per quelle discipline mediche e veterinarie che abbiano una limitata possibilità di esercizio della libera professione intramuraria; analogo fondo è costituito per le restanti categorie”.
Pertanto il menzionato art. 2 del d. l. n. 158 del 2012 (riguardante l’attività libero-professionale intramuraria) prevede che le Aziende sanitarie, nell'ambito della definizione degli importi da corrispondere a cura dell'assistito per le prestazioni sanitarie, d'intesa con i dirigenti interessati, e previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale, debbano tener conto, oltre che della quota già prevista dalla vigente disciplina contrattuale (comunque, come sopra descritto, non inferiore al 5 per cento della massa di tutti i proventi dell'attività libero-professionale definita in sede di contrattazione collettiva integrativa aziendale), anche di un'ulteriore quota pari al 5 per certo del compenso del libero professionista destinata ad interventi volti alla riduzione delle liste di attesa.
Da ciò consegue che la vigente normativa statale (art. 2 del d. l. n. 158 del 2012) sopra descritta vincola al fondo destinato alla riduzione dei tempi di attesa una quota ben definita e non anche quella destinata dal contratto collettivo al fondo di perequazione, che, invece, come sopra detto, occorre per finanziare (con una quota della tariffa per la prestazione sanitaria non inferiore al 5 per cento della massa di tutti i proventi dell'attività libero-professionale), la perequazione per le discipline mediche e veterinarie che abbiano una limitata possibilità di esercizio della libera professione intramuraria.
La norma regionale in esame pertanto, disciplinando una materia riservata alla contrattazione collettiva, invade la materia dell'ordinamento civile, riservata alla legislazione esclusiva dello Stato, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione.
La norma regionale è altresì censurabile, per il medesimo motivo, in quanto, prevedendo che per incrementare il fondo di cui all'art. 2 si proceda attraverso "intese", si pone anche sotto tale profilo in contrasto con il menzionato art. 2 del d. l. n. 158 del 2012 che richiede la previa contrattazione integrativa aziendale.

2) L’art. 9 dispone che i direttori generali delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli IRCSS rideterminino le dotazioni organiche in funzione dell'accrescimento dell'efficienza e della realizzazione della migliore utilizzazione delle risorse umane, tenendo anche conto della necessità di procedere all'abbattimento delle liste d'attesa.
La disposizione regionale omette però di richiamare il rispetto dei limiti di spesa per il personale posti sia dall’art. 1, comma 584, della l .n. 190/2014, sia dall’art. 2, comma 71, della legge n. 191/2009 cui sono assoggettati gli enti del Servizio sanitario nazionale al fine di concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.
La norma regionale in esame, pertanto, non richiamando le disposizioni statali che vincolano le Regioni, in particolare quelle in piano di rientro, a rispettare il tetto di spesa per il personale, è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri ponendosi in contrasto con l’art. 81 della Costituzione.

Per i motivi esposti le norme regionali sopra indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione.

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