Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni multisettoriali per esigenze urgenti del territorio regionale (8-7-2019)
Friuli Venezia Giulia
Legge n.9 del 8-7-2019
n.20 del 10-7-2019
Politiche infrastrutturali
5-9-2019 / Impugnata
La legge regionale, che detta disposizioni multisettoriali per esigenze urgenti del territorio regionale, eccede dalle competenze attribuite alla Regione Friuli Venezia Giulia dallo Statuto speciale di autonomia, L.C. 31 gennaio 1963, n.1 e successive modifiche e integrazioni, in relazione alle norme sotto specificate, per i motivi di seguito illustrati .

1) L’articolo 14 , modifica l’articolo 5 della l. r. 9/2005 “Norme regionali per la tutela dei prati stabili naturali”, introducendo, dopo il comma 7 di detto articolo , il comma 7-bis e il comma 7-ter. Il comma 7-bis, prevede un tempo di “trenta giorni” per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi dopo le attività autorizzate ai sensi dell’art. 12 della l.r. 1/2009 (ovvero manifestazioni motoristiche, ciclistiche e nautiche con o senza mezzi a motore, anche a carattere amatoriale, e per l'utilizzo temporaneo di beni del demanio idrico regionale funzionali all'organizzazione e allo svolgimento delle predette manifestazioni). A seguire, il comma 7-ter prevede per tale periodo (trenta giorni) la sospensione dei divieti previsti dall’art 4, comma 1, della l.r. 9/2005, ovvero di una serie di divieti volti a evitare impatti negativi sui prati stabili. Si evidenzia che fra i prati stabili rientrano habitat individuati ai sensi della direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e della direttiva 2009/147/CE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Ciò premesso, si rappresenta che per l’impatto negativo prodotto dalle attività di cui all’art. 12 della l.r. 1/2009, non possono essere previste deroghe alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi per habitat protetti dalle citate Direttive e dalla normativa nazionale in materia, D.P.R. 35/199 e s.m. Pertanto i citati commi 7-bis e 7-ter all’art. 14 presentano aspetti di illegittimità costituzionale in quanto trattasi di previsioni che si pongono in contrasto con i parametri interposti nazionali ed eurounitari dianzi citati riconducibili alla materia tutela dell'ambiente e dell'ecosistema materia di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma , lettera s) , della Costituzione .

2) L’ articolo 45 abroga l’articolo 17 della legge regionale 31/2015 relativo all'accoglienza ed all'inserimento abitativo delle persone straniere, adottata in attuazione dell'articolo 40 del decreto legislativo 286/1998.
Tale abrogazione lascia un vuoto normativo a livello regionale circa la disciplina relativa all’accesso in capo ai cittadini stranieri ad un’idonea soluzione abitativa; non vi è, infatti, nell’ordinamento regionale uno strumento alternativo rispetto al Programma annuale individuato dall’abrogato articolo 17 per promuovere le forme di intervento previste a favore delle persone straniere dalle lettere a), b) e c), dello stesso articolo abrogato, con l’effetto conseguente di porre la norma regionale in esame in contrasto con il comma 5 dell’articolo 3 del D.Lgs. 286/98 (“Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello straniero”) ai sensi del quale “le regioni adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell’obiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello stato, con particolare riguardo a quelle inerenti all’alloggio, alla lingua, all’integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona”. La norma regionale in esame pertanto ponendosi in contrasto con la menzionata previsione del d. lgs. N. 286 del 1998 che esplicitamente attribuisce, con disposizioni che costituiscono principi fondamentali, compiti significativi alle Regioni e agli enti locali nell’ambito delle politiche e degli interventi sociali da destinare agli immigrati, viola l’art. 117, secondo comma, lett. a) e b), della Costituzione, che riserva alla competenza statale la competenza in materia di condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e in materia di immigrazione.

3) L’articolo 74, comma 3, integra il comma 3 dell’art. 34 della l.r. n. 17/2014, riguardante la riconversione delle strutture ospedaliere, prevedendo che i “punti di primo intervento” esistenti presso gli ospedali della Regione riconvertiti per lo svolgimento di attività distrettuali sanitarie e sociosanitarie, siano “dotati di spazi di osservazione a disposizione della funzione di emergenza – urgenza”.
Premesso che la regione Friuli Venezia Giulia non ha presentato l’atto di riordino della rete ospedaliera in ossequio al D.M. 2 aprile 2015, n. 70, adottato a norma dell’art. 1 comma 169, della legge n. 311/2004 (Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera), la citata previsione dell’articolo 74 della legge in esame, non è in linea con il menzionato D.M. 70/2015, nella parte in cui quest’ultimo dispone che, a seguito della riconversione dell’attività di un ospedale per acuti in un ospedale per la post-acuzie oppure in una struttura territoriale, “nei punti di primo intervento non è prevista l’osservazione breve del paziente”.
Per completezza espositiva si riporta di seguito quanto testualmente previsto dal D.M. n. 70/2015: “9.1.5 punti di primo intervento (PPI) esclusivamente a seguito della riconversione dell’attività di un ospedale per acuti in un ospedale per la post-acuzie oppure in una struttura territoriale, potrebbe rendersi necessario prevedere, per un periodo di tempo limitato, il mantenimento nella località interessata di un punto di primo intervento, operativo nelle 12 ore diurne e presidiato dal sistema 118 nelle ore notturne (…) la funzione dei punti di primo intervento è la trasformazione in postazione medicalizzata del 118 entro un arco temporale predefinito, implementando l’attività territoriale al fine di trasferire al sistema dell’assistenza primaria le patologie a bassa gravità e che non richiedono trattamento ospedaliero secondo protocolli di appropriatezza condivisi tra 118, DEA, hub o spoke di riferimento e Distretto, mantenendo rigorosamente separata la funzione di urgenza da quella dell’assistenza primaria. Nei punti di primo intervento non è prevista l’osservazione breve del paziente”.
Al riguardo si rappresenta che la Corte Costituzionale ha precisato che alla competenza in materia di “livelli essenziali di prestazioni”, di cui all’art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, sono riconducibili anche norme che contengono un riferimento trasparente agli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera indicati nel D.M. n. 70/2015 (cfr. sentenza n. 231 del 2017) “la determinazione di tali standard deve, infatti, essere garantita, con carattere di generalità, a tutti gli aventi diritto”, e la relativa competenza, “avendo carattere trasversale, è idonea ad investire tutte le materie rispetto alle quali il legislatore statale deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di determinate prestazioni, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle (Sentenze n. 125/2015, n. 11/2014, n. 207 n,. 203 e n. 164 del 2012)” (cfr. sentenza n. 192 del 2017).
L’intervento legislativo regionale in questione, oltre che sulla competenza statale in materia di “livelli essenziali delle prestazioni”, inevitabilmente incide anche sull’organizzazione sanitaria e, pertanto, sulla materia “tutela della salute” (sentenza n. 54 del 2015), poiché esso si inserisce nell’ambito della cornice funzionale e operativa, definita dallo Stato proprio allo scopo di garantire la qualità e l’adeguatezza delle specifiche prestazioni (cfr. sentenza n. 207 del 2010). Esso pertanto eccede dalla competenza legislativa attribuita al Friuli Venezia Giulia in materia di “assistenza sanitaria ed ospedaliera” dall’art. 5, n. 16) dello Statuto speciale, e viola i principi fondamentali in materia di tutela della salute di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione. La Consulta (cfr. ex plurimis sentenza n. 126/2017) ha infatti affermato che, in ambito sanitario, anche per le regioni a statuto speciale si profila violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto la competenza legislativa concorrente in materia di “tutela della salute”, assegnata alle regioni ordinarie dall’art. 117, terzo comma, Cost., dopo la riforma costituzionale del 2001, è “assai più ampia” di quella attribuita dagli statuti speciali in materia di “assistenza sanitarie e ospedaliera” (cfr. ex plurimis sentenza n. 162 del 2007; nello stesso senso, sentenze n. 134/2006 e n. 270/2005).
4) l’articolo 88 della legge in esame introduce il comma 3-quinquies all’art. 77 della l.r. 18/2005, il quale dispone che “al fine di favorire il riassorbimento delle eccedenze occupazionali determinatesi sul territorio regionale in conseguenza di situazioni di crisi aziendale, gli incentivi di cui al comma 3 bis possono essere concessi esclusivamente a fronte di assunzioni, inserimenti o stabilizzazioni occupazionali riguardanti soggetti che, alla data della presentazione della domanda di incentivo, risultino residenti continuativamente sul territorio regionale da almeno cinque anni”.
Tale norma, nella misura in cui collega un incentivo occupazionale al requisito della residenza del lavoratore in Regione da almeno cinque anni, è incostituzionale sotto molteplici aspetti. Preliminarmente, si rileva che l’art. 3 della Costituzione sancisce che la Repubblica riconosce il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto; pertanto, la previsione normativa della legge regionale di fornire incentivi alle imprese esclusivamente per l’assunzione di soggetti che risultino residenti continuativamente sul territorio della Regione da almeno cinque anni, presenta profili di contrasto con la suddetta norma costituzionale, sia perché attua una violazione indiretta del diritto al lavoro, riconosciuto a tutti indistintamente, di fatto riservandolo solo alla categoria dei residenti quinquennali, sia perché si pone in conflitto con le molteplici attività statali volte viceversa alla promozione delle condizioni per facilitare l’ingresso nel mondo lavorativo da riconoscersi tout court a tutti i lavoratori; la possibile cumulabilità di tali incentivi regionali con altri interventi contributivi previsti da leggi statali, comporterebbe, infatti, il rischio di violare i principi di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, comma 2, della Costituzione, nonché la normativa comunitaria in tema di libertà di circolazione, diritto di stabilimento e libera concorrenza. Inoltre la richiesta di un periodo di residenza protratto nel tempo deve rientrare nei limiti della “non manifesta irragionevolezza”, come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 222/2013. La norma regionale in esame che prevede il riconoscimento di un incentivo occupazionale per il datore di lavoro che decide di assumere un lavoratore residente da almeno cinque anni nel territorio regionale, appare pertanto illegittima proprio sotto il profilo della ragionevolezza: non sembra esserci alcuna connessione tra il riconoscimento di un incentivo al datore di lavoro e il requisito della residenza protratta nel tempo del lavoratore, ben potendosi verificare la situazione per cui un soggetto non residente abbia ad esempio svolto negli ultimi cinque anni, un periodo di attività lavorativa più consistente rispetto ad un altro semplicemente residente, contribuendo il primo più del secondo al “progresso materiale e morale della comunità su base regionale” che la regione Friuli Venezia Giulia si pone l’obiettivo di promuovere con la legge in oggetto.
Pertanto la norma in esame che dispone che i previsti incentivi possano essere concessi esclusivamente a fronte di assunzioni, inserimenti e stabilizzazioni occupazionali riguardanti soggetti che, alla data della presentazione della domanda di incentivo, risultino residenti continuativamente sul territorio regionale da almeno cinque anni, oltre a realizzare una forma di discriminazione indiretta e contrastare con il principio di ragionevolezza, in violazione dell’art.3 Cost., viola anche l’articolo 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, riguardante i livelli essenziali delle prestazioni, poiché appare evidente che le misure di politica attiva del lavoro, nell’alveo delle quali rientrano gli incentivi occupazionali riconosciuti ai datori di lavoro per l’assunzione di particolari categorie di lavoratori, fanno parte dei “servizi che devono essere riconosciuti a tutti i residenti sul territorio italiano, a prescindere dalla regione o provincia autonoma di residenza”, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 150/2015.
5) L’ Articolo 107. comma 1, lett. b) stabilisce che alla lettera e) del comma 5 dell'art. 8 della l.r. n. 18/2016 le parole "per un numero pari ai posti messi a concorso" siano soppresse e le parole "due anni" siano sostituite dalle seguenti: "tre anni; il bando di concorso può prevedere un limite massimo di idonei". Al riguardo, si rappresenta che la disciplina delle assunzioni è stata recentemente riordinata dal legislatore statale con la legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019) e, in particolare, l’articolo 1, commi 361, 363 e 365 regola l’utilizzo delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale.
La disposizione regionale prevede modalità di utilizzazione delle graduatorie concorsuali diversa da quella individuata da detto articolo 1, commi 361 e 365, della legge n. 145 del 2018 e, comunque, incompatibile con la disciplina contenuta nelle prefate disposizioni. Ne consegue la violazione dei principi di uguaglianza, di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3, 51, primo comma, e 97, della Costituzione, nonché l’invasione nella competenza riservata alla legislazione statale nelle materie del diritto civile, della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere l) e m), e terzo comma, della Costituzione.
6) L’Articolo 108 stabilisce che l'indennità di cui all'art. 110, sesto comma, della legge regionale n. 53/1981 sia corrisposta anche agli autisti di rappresentanza di cui all'art. 38 del regolamento di organizzazione dell'Amministrazione regionale e degli enti regionali emanato con decreto del Presidente della regione n. 0277/2004 e all'art. 14 del regolamento di organizzazione degli Uffici n. 101/2019, in contrasto con le disposizioni contenute nel titolo III (Contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale) del d.lgs n. 165/2001 che indica le procedure da seguire in sede di contrattazione e l'obbligo del rispetto della normativa contrattuale.
Per quanto sopra esposto, si evidenzia il contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera I), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).
Si riscontra altresì un contrasto con il principio di eguaglianza fra i cittadini di cui all'art. 3 della Costituzione in quanto il personale delle altre regioni nella stessa situazione lavorativa si troverebbe di fronte ad una diversa qualificazione degli emolumenti.
7) L’Articolo 109 prevede che in merito alle assunzioni della polizia locale alle Unioni territoriali intercomunali e ai comuni delta regione continui ad applicarsi l'art. 56 comma 20 ter della legge regionale 18/2016 che prevede la possibilità di procedere ad assunzioni oltre il 100% della spesa relativa al personale di ruolo sostenuta nell'anno precedente.
Si rappresenta che per l'anno 2019 il limite della spesa relativo al personale di ruolo appartenente alla polizia locale cessato nell'anno precedente è quello fissato dall'art. 35 bis del dl n. 113 del 2018 convertito dalla legge n. 132 del 2019 in base al quale i comuni che nel triennio 2016-2018 hanno rispettato gli obiettivi dei vincoli di finanza pubblica possono, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 228, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, assumere a tempo indeterminato personale di polizia locale, nel limite della spesa sostenuta per detto personale nell'anno 2016 e fermo restando il conseguimento degli equilibri di bilancio. Le cessazioni nell'anno 2018 del predetto personale non rilevano ai fini del calcolo delle facoltà assunzionali del restante personale.
La norma regionale, inoltre, non fissando alcun limite di spesa risulta essere in contrasto anche con l'art. 33 del dl 34/2019 che subordina le facoltà assunzionali al ricorrere di requisiti di sostenibilità finanziaria.
Le menzionate disposizioni sono norme di principio il cui superamento comporta una lesione dei principi stabiliti dall'art. 117, comma terzo, della Costituzione, nell'ottica del coordinamento della finanza pubblica, cui la Regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
8) L’Articolo 112 ,comma 1, stabilisce che in relazione al processo di superamento delle Province e del conseguente trasferimento di funzioni alla regione, il trattamento economico di cui al comma 1 dell’ art. 50 della legge regionale n. 10 del 2016 - che prevede il mantenimento della retribuzione individuale di anzianità o il maturato economico in godimento all'atto del trasferimento - si applica anche nei confronti del personale trasferito dalle province alla regione mediante mobilità volontaria di comparto.
Al riguardo si rileva che l'art. 30, comma 2-quinquies, del decreto legislativo 165 del 2001 disciplina il trattamento giuridico economico spettante al dipendente trasferito per mobilità disponendo che "Salvo diversa previsione, a seguito dell'iscrizione nel ruolo dell'amministrazione di destinazione, al dipendente trasferito per mobilità si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa amministrazione", pertanto, la citata norma rappresenta una regolazione uniforme a cui deve attenersi tutta la pubblica amministrazione il cui rapporto di lavoro è stato contrattualizzato ed in quanto tale riconducibile alla materia dell'«ordinamento civile» riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Viceversa con la norma regionale in esame, si attribuiscono al personale istituti giuridici quali la Ria ed il maturato economico, giustificati in caso di mobilità obbligatoria nel caso di trasferimento di funzioni, che non appaiono, però giustificabili nell'ipotesi di mobilità volontaria.
Ciò posto, la disposizione regionale eccede dalle competenze regionali violando gli articoli 117, secondo comma lettera l), e 3 della Costituzione.

Per questi motivi, la legge regionale, limitatamente alle norme sopra evidenziate, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione

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