Dettaglio Legge Regionale

Collegato alla legge di stabilità regionale 2020. (25-11-2019)
Veneto
Legge n.44 del 25-11-2019
n.137 del 29-11-2019
Politiche economiche e finanziarie
23-1-2020 / Impugnata
La legge regionale Veneto n. 44 del 2019 "Collegato alla legge di stabilità regionale 2020" è censurabile con riferimento agli articoli 19, 21 e 28 per violazione dell’articolo 3, 117, secondo comma, lettera l), terzo comma, della Costituzione per i motivi che si illustrano di seguito.

L'articolo 19 aggiunge all'articolo 3 della legge regionale 14 maggio 2013, n. 9, i segu8enti commi:
"1-bis. Il contratto aggiuntivo regionale prevede una specifica clausola in base alla quale:
a) il medico in formazione specialistica si impegna, nei cinque anni successivi al conseguimento del diploma di specializzazione, a partecipare alle procedure indette dalle aziende ed enti del servizio sanitario regionale veneto per il reclutamento di medici che prevedano tra i requisiti per la partecipazione, la specializzazione conseguita, ad accettare e a svolgere gli incarichi assegnatigli, anche come convenzionato, per un periodo complessivo di tre anni;
b) concorrono al computo del periodo di attività lavorativa obbligatoria presso le aziende ed enti del servizio sanitario regionale veneto di cui alla lettera a) tutti gli incarichi, anche non continuativi, assegnati con contratti di lavoro di qualunque tipologia o di convenzionamento per l'accesso ai quali sia richiesta la specializzazione conseguita mediante il contratto aggiuntivo regionale;
c) si configura inosservanza parziale all'obbligo di cui alla lettera a) la prestazione dell'attività lavorativa del medico per un periodo inferiore a quello minimo complessivo di tre anni entro i cinque anni successivi dal conseguimento del diploma di specializzazione;
d) in caso di inosservanza parziale dell'obbligo ai sensi della lettera c), per causa a lui imputabile, il medico assegnatario del contratto aggiuntivo regionale è tenuto a restituire alla Regione un importo pari al 15 per cento dell'importo complessivo percepito per ogni anno, o frazione superiore a sei mesi, di servizio non prestato rispetto ai tre anni minimi previsti;
e) in caso di inosservanza totale dell'obbligo di cui alla lettera a) per causa a lui imputabile, il medico assegnatario del contratto aggiuntivo regionale è tenuto a restituire alla Regione un importo pari al 50 per cento dell'importo complessivo percepito;
f) in caso di risoluzione anticipata del contratto per rinuncia al corso di studi il medico assegnatario del contratto aggiuntivo regionale è tenuto a restituire alla Regione il 50 per cento dell'importo complessivo percepito.
1-ter. La Giunta regionale effettua annualmente verifiche a campione sul rispetto degli obblighi di cui al comma 1-bis in una percentuale minima di almeno il 10 per cento dei medici specializzati assegnatari di contratti aggiuntivi regionali.
1-quater. Le entrate derivanti dall'applicazione del comma 1-bis del presente articolo sono allocate al Titolo 3 "Entrate extratributarie", Tipologia 200 "Proventi derivanti dall'attività di controllo e repressione delle irregolarità e degli illeciti" del Bilancio di previsione 2020-2022 e sono destinate al finanziamento di contratti aggiuntivi regionali di cui alla presente legge (Missione 13 "Tutela della Salute", Programma 01 "Servizio sanitario regionale - Finanziamento ordinario corrente per la garanzia dei LEA")".
Al riguardo, occorre richiamare l'art. 37, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 1999 che stabilisce "all'atto dell'iscrizione alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, il medico stipula uno specifico contratto annuale di formazione-specialistica, disciplinato dal presente decreto legislativo e dalla normativa per essi vigente, per quanto non previsto o comunque per quanto compatibile con le disposizioni di cui al presente decreto legislativo. Il contratto è finalizzato esclusivamente all'acquisizione delle capacità professionali inerenti al titolo di specialista, mediante la frequenza programmata delle attività didattiche formali e lo svolgimento di attività assistenziali funzionali alla progressiva acquisizione delle competenze previste dall'ordinamento didattico delle singole scuole, in conformità alle indicazioni dell'Unione europea. Il contratto non dà in alcun modo diritto all'accesso ai ruoli del Servizio sanitario nazionale e dell'università o ad alcun rapporto di lavoro con gli enti predetti". Il successivo comma 2 precisa che "lo schema-tipo del contratto è definito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con i Ministri della sanità, del tesoro e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano". La normativa in questione ha trovato attuazione nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 luglio 2007, con cui è stato definito lo schema tipo del contratto di formazione specialistica.
Pertanto, emerge che l'art. 37 del d.lgs. n. 368 del 1999 definisce in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale i requisiti e i contenuti dei contratti di cui trattasi, disciplinando aspetti squisitamente attinenti alla formazione; pertanto, le clausole aggiuntive previste dal legislatore regionale snaturano di fatto la ratio e l'oggetto del contratto di formazione specialistica, che, appunto, ai sensi del richiamato articolo 37, "è finalizzato esclusivamente all'acquisizione delle capacità professionali inerenti al titolo di specialista".
In particolare, le clausole aggiuntive introdotte dalla legge regionale in parola, disciplinando aspetti che riguardano l'accesso al Servizio sanitario regionale, esulano dal contenuto tipico del contratto di formazione, discostandosi dai principi fondamentali dettati dal legislatore statale in un ambito rientrante nella materia delle «professioni» ovvero in quella della «tutela della salute» (articolo 117, terzo comma, Cost.). L'inerenza, infatti, delle disposizioni regionali alla materia concorrente delle “professioni” ovvero a quella della «tutela della salute è resa evidente dal fatto che esse afferiscono alla formazione del medico specializzando, dalla quale dipendono tanto l'esercizio della professione medica specialistica, quanto la qualità delle prestazioni rese all'utenza; ed invero, entrambi questi aspetti sono condizionati, sotto molteplici profili, dalla preparazione dei sanitari in formazione (cfr. Corte cost., sent. n. 126 del 2014).
Peraltro, i contenuti delle clausole regionali, imponendo - di fatto - al soggetto beneficiario del contratto aggiuntivo scelte di carattere strettamente personale (quali la partecipazione a procedure concorsuali), potrebbero porsi in contrasto con i principi costituzionali in materia di autodeterminazione negoziale (artt. 2 e 41 Cost.).
D'altra parte, occorre considerare che il concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione medica ha carattere nazionale; da ciò discende che le clausole in parola, atteso che il contratto regionale viene stipulato all'esito della selezione nazionale, rischia di risolversi in una ingiustificata discriminazione nei confronti dei soggetti non beneficiari del contratto statale con conseguente violazione del principio costituzionale di uguaglianza (art. 3 Cost).
Per completezza espositiva, si segnala che, con la sentenza n. 126 del 2014, la Corte costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Governo per l'art. 3 della legge regionale Veneto del 14 maggio 2013, n. 9, che, prima dell'intervenuta integrazione ad opera della legge regionale in esame, si articolava in un unico comma del seguente tenore: "il medico specializzando assegnatario del contratto aggiuntivo regionale, sottoscrive apposite clausole, predisposte dalla Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, al contratto di formazione specialistica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 luglio 2007 'Definizione schema tipo del contratto di formazione specialistica dei medici" che viene conseguentemente adeguato a quanto previsto dalla presente legge". La Consulta, in tale occasione, dopo aver chiarito - come sopra esposto - che la materia incisa è da ascriversi a quella di competenza concorrente "professioni" ovvero "tutela della salute", ha concluso nel senso di ritenere infondate le questioni di illegittimità relative alla violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera l), e 3 Cost., ritenendo che il legislatore regionale fosse "intervenuto in conformità al dPCM cui rinvia la norma statale". Tuttavia, nella medesima pronuncia, la Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire, con un inciso finale, che "la Regione nel predisporre le clausole da apporre ai contratti aggiuntivi da essa finanziati, dovrà farlo in maniera compatibile con quanto disposto nello schema tipo del contratto nazionale."

L'articolo 21, nell'autorizzare l'Azienda Ospedale-Università di Padova a rideterminare, previa deliberazione della Giunta regionale, i fondi del personale del comparto e delle aree dirigenziali fino a concorrenza del livello medio pro capite riferito all'anno 2018 dei fondi delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale, interviene in materia di trattamento economico del personale contrattualizzato ponendosi in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), art. 117, terzo comma, nonché con l'art. 3 della Costituzione.
Invero, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale (cfr., ex multis, Corte Cosi. n. 81/2019), la disciplina del lavoro pubblico e, in particolare, quella del trattamento economico accessorio, deve essere ricondotta alla materia dell'"ordinamento civile" e per ciò solo, ai sensi del richiamato art. 117 della Costituzione, ascritta alla competenza esclusiva del legislatore nazionale e demandata da questi, per effetto del combinato disposto degli articoli 40 e 45 del d.lgs n. 165 del 2001, alla contrattazione collettiva, nel rispetto dei vincoli di bilancio e limiti derivanti dalla legge statale.
Inoltre, l'incremento del fondo della sola azienda ospedaliera università di Padova, parametrato sulla base del livello medio pro capite riferito all'anno 2018 dei fondi delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale, è censurabile anche sotto il profilo della violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., nell'ottica del coordinamento della finanza pubblica di cui è espressione il limite imposto dall'art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017; con tale norma infatti il legislatore statale ha introdotto un contenimento della spesa per salario accessorio del personale delle pubbliche amministrazioni, disponendo che l'ammontare complessivo delle risorse ad esso destinate annualmente non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.
Al riguardo il legislatore regionale, introducendo, ai fini dell'incremento del Fondo, il solo limite della spesa complessiva del personale del servizio sanitario regionale, di fatto lascia impregiudicata la possibilità che l'amministrazione in questione possa superare il limite di cui all'articolo 23 del d.lgs. n. 75 del 2017, con ciò, peraltro, violando anche il principio dell'art. 3 Cost. per la disparità di trattamento economico che deriverebbe al solo personale interessato rispetto al restante personale pubblico su cui la legge statale è intervenuta.

L'articolo 28 dà attuazione all'art. 6, comma 4 della legge n. 56 del 2019 (c.d. legge Concretezza) ai sensi del quale le regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni della predetta legge - recependo in particolare quanto previsto ai commi 2 e 4 dell'art. 3 della medesima legge 56/2019. Si prevede inoltre, in coerenza con quanto disposto all'art. 9 della legge n. 3 del 2003 e all'art. 3, comma 61, della legge n. 350 del 2003, la possibilità di effettuare assunzioni anche utilizzando le graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le stesse.
Ciò premesso, si ritengono presenti elementi di illegittimità all'ultimo periodo del comma 3 dell'art. 28 in esame, ai sensi del quale "I bandi di concorso pubblicati dalla Regione e dagli enti regionali ( ... ) possono prevedere (...) l'esonero dalle eventuali preselezioni dei candidati che al momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda sono dipendenti dell'amministrazione che ha bandito il concorso da almeno cinque anni, anche in forza di contratti di lavoro flessibile. E difatti la possibilità ivi contemplata di esonerare da eventuali preselezioni i candidati già dipendenti, anche per effetto di contratti di lavoro flessibile, non trova riscontro nel quadro giuridico statale, posto che l'art. 35, comma 3-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 prevede, per i titolari di contratto di lavoro a tempo determinato o flessibile, procedure di reclutamento con riserva dei posti o per titoli ed esami. Neppure le disposizioni di cui all'art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 in materia di superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni contengono previsioni nel senso indicato dal legislatore regionale.
L'articolo 28 esorbita dunque il potere legislativo regionale in una materia, quella dell'ordinamento civile, di esclusiva competenza dello Stato, ex art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione. Si riscontra, altresì, un contrasto con i principi di ragionevolezza e parità di trattamento. In tal senso, sul punto, si è espresso il TAR Lazio, con sentenza n. 11205 del 19 novembre 2018, evidenziando che "-non è affatto scontato che l'essere già dipendente della medesima amministrazione garantisca la sussistenza in capo al candidato dei requisiti attitudinali richiesti per la posizione per la quale il concorso è stato bandito (...)..e che le esigenze di parità di trattamento (...) giustificano e legittimano la sottoposizione anche dei candidati interni alla prova attitudinale.

Per i motivi esposti la legge regionale in esame deve essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.

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