Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni in materia di occupazioni del demanio idrico da parte dei gestori del servizio idrico integrato e in materia di geotermia. (24-7-2020)
Toscana
Legge n.73 del 24-7-2020
n.73 del 29-7-2020
Politiche infrastrutturali
10-9-2020 / Impugnata
La legge regionale, che reca disposizioni in materia di occupazioni del demanio idrico da parte dei gestori del servizio idrico integrato e in materia di geotermia è censurabile relativamente alla disposizione contenuta nell’articolo 2, che reca la disciplina delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica.
La disposizione regionale, oltre a violare gli articoli 3 e 97 della Costituzione, perché irragionevole e contraria al principio del buon andamento dell’amministrazione, contrasta con la disciplina in materia di Valutazione ambientale strategica, di cui alla direttiva n. 2001/42/CE, e quindi con gli articoli 11 e 117, primo e secondo comma lettera s) della Costituzione. La norma regionale inoltre, in contrasto con le disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio, viola l'articolo 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, che attribuisce allo Stato la potestà esclusiva in materia di tutela del paesaggio, nonché con l'articolo 9 della Costituzione, che riconosce la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione. La medesima disposizione, infine , risulta in contrasto con previsioni di principio contenute nel d.lgs n.22 del 2010, recante il Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, violando così l’articolo 117 , terzo comma della Costituzione con riferimento alla materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia” di legislazione concorrente.
In particolare :
1. L’ articolo 2 delle legge regionale n. 73 del 2020, rubricato “Applicazione della disciplina delle aree non idonee”, dispone che: “L'individuazione delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana effettuata mediante la Delib.C.R. 7 luglio 2020, n. 41 (Modifica del Piano ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini della definizione delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana. Adozione ai sensi dell'articolo 19 della L.R. 65/2014) è immediatamente efficace e si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.”.
L’effetto della previsione normativa è quello di rendere immediatamente efficace la delibera del Consiglio regionale della Toscana del 7 luglio 2020, n. 41, con la quale è stata soltanto adottata la “Modifica del Piano ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini della definizione delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana. Adozione ai sensi dell'articolo 19 della L.R. 65/2014”, mentre ancora pende la fase istruttoria della predetta modifica, in vista della relativa approvazione, che seguirà l’iter previsto dall’articolo 19 della legge regionale n. 65 del 2014.
In particolare, l’avviso di adozione della modifica del PAER è stato pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Toscana (BURT) del 29 luglio 2020, n. 31 – parte seconda. Dalla predetta pubblicazione decorre il termine di sessanta giorni entro il quale qualunque interessato può presentare osservazioni, e in parallelo si dipanerà anche la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS). Tutte le osservazioni e gli elementi acquisiti verranno poi valutati in vista della definitiva approvazione dello strumento pianificatorio.
L’articolo 2 in esame mira, quindi, ad anticipare gli effetti della delibera del Consiglio regionale n. 41 del 2020, in tema di localizzazione degli impianti di produzione di energia geotermica, applicando le relative previsioni anche ai procedimenti pendenti, nonostante l’iter di formazione del piano non sia concluso prescindendo dalle osservazioni già formulate , nell’ambito della VAS, da parte, tra l’altro di Uffici statali quali quelli preposti alla tutela del paesaggio e dei beni culturali.
Occorre infatti tenere presente che la modifica del PAER oggetto della delibera del Consiglio regionale n. 41 del 2020 individua le aree “non idonee”, determinando così l’effetto, per differenza, di classificare come potenzialmente idonee tutte le aree non incluse nella predetta classificazione, e tra le quali – a titolo esemplificativo, e salvo quanto si dirà più oltre – vengono a ricadere persino le zone archeologiche sottoposte a tutela ai sensi dell’articolo 142, comma 1, lett. m), del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ove sia accertata la presenza di risorsa geotermica.
L’effetto dell’applicazione anticipata della modifica del PAER (soltanto) adottata non è, quindi, quello di incrementare la tutela, salvaguardando le aree non idonee, bensì di qualificare sin da subito come aree non classificate come “non idonee” – e quindi come ambiti potenzialmente atti alla localizzazione di impianti geotermici – anche aree di pregio, in contrasto con le esigenze della tutela e con le previsioni del Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico (PIT), elaborato d’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice di settore. E ciò senza attendere di esaminare gli apporti partecipativi degli interessati, i contributi formulati dalle Amministrazioni coinvolte e gli esiti della procedura di VAS.
Conseguentemente, mentre finora, in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica alla localizzazione di impianti geotermici veniva operata una valutazione caso per caso, avendo come unico parametro di riferimento il PIT, d’ora in poi, l’introduzione di una normativa ad hoc in materia di impianti geotermici renderà particolarmente arduo negare la predetta autorizzazione nei confronti di impianti ricadenti in aree di pregio, ma non incluse nel novero delle “non idonee”.
1.1.Con riferimento allo svolgimento del procedimento di formazione della modifica del PAER, occorre ricordare che, a seguito dell’avvio della procedura di valutazione ambientale strategica (ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 152 del 2006, dell’articolo 23 della legge regionale n. 10 del 2020 e dell’articolo 17 della legge regionale n. 65 del 2014) da parte della Regione Toscana, tutti gli Istituti periferici coinvolti del Ministero per i beni e le attività culturali hanno rilevato l’estrema sinteticità della documentazione, richiedendo all’Autorità competente, in considerazione dei rilevanti valori paesaggistici interessati, di integrare i documenti di piano, il quadro conoscitivo e il rapporto ambientale con appositi documenti, anche cartografici, utili a definire precisamente le aree non idonee (ANI) e a valutarne gli effetti sul patrimonio culturale.
La Regione Toscana, con due note del 30 luglio 2020, ha trasmesso la deliberazione 7 luglio 2020, n. 41, di adozione del Piano in oggetto (pubblicata sul BURT n. 31 – parte seconda – del 29 luglio 2020) e la relativa documentazione, integrata a seguito della fase preliminare di VAS, comunicando contestualmente ai soggetti con competenze ambientali il termine del 27 settembre 2020 entro cui presentare osservazioni e ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.
La procedura di VAS – come detto – è quindi tuttora aperta, in conformità a quanto previsto dal citato decreto legislativo n. 152 del 2006 e le osservazioni formulate dagli organi competenti in fase di adozione (ai sensi degli articoli 14 e 15 del decreto legislativo n. 152 del 2006, dell’articolo 25 della legge regionale n. 10 del 2010 e dell’articolo 19 della legge regionale n. 65 del 2014) saranno oggetto di valutazione da parte dell’Autorità competente.
Allo stato attuale, dall’esame istruttorio sin qui svolto emerge che nel Piano adottato le richieste formulate in fase preliminare dagli organi del Ministero per i beni e le attività culturali sono state in larga parte disattese dalla Regione, prevedendo disposizioni non condivise concernenti ambiti tutelati dalla Parte II e dalla Parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (di seguito, “Codice”).
Pertanto, l’articolo 2 della legge regionale in esame, rendendo immediatamente efficace la modifica al Piano ambientale ed energetico regionale (PAER) e applicandola anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge de qua, nonostante la procedura di VAS sia ancora in corso, impedisce ai preposti organi statali la partecipazione al processo decisionale, pur in presenza Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico (PIT), elaborato congiuntamente con il predetto Ministero, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Più specificamente, anticipando alcune considerazioni nel merito su quanto disciplinato dal Piano, salve le valutazioni da rendersi in sede di VAS, si ravvisano svariate previsioni in contrasto col Codice e con quanto richiesto dagli organi competenti del MiBACT in fase preliminare di VAS.
In particolare, con l’Allegato A.1 “Modifica PAER A.3 allegato 7 Aree Non Idonee agli impianti di produzione di energia elettrica da fonte geotermica” alla citata deliberazione di adozione del Piano, la Regione ha ritenuto idonee per l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte geotermica di potenza inferiore o uguale a 20 MWe le aree sottoposte a tutela ai sensi dell’articolo 136 (immobili ed aree di notevole interesse pubblico) e dell’articolo 142, comma 1, lettera f), del Codice (parchi e riserve naturali nazionali o regionali) e, per l’installazione di impianti di potenza superiore a 20 MWe, le aree sottoposte a tutela ai sensi dell’articolo 142, comma 1, lettera m), del Codice (zone di interesse archeologico).
La Regione Toscana, pertanto, non ha recepito le osservazioni formulate dalle competenti Soprintendenze in fase di VAS, osservazioni con le quali si richiedeva l’esclusione dalle aree idonee di quelle di cui agli articoli 136 e 142, comma 1, lettera m), del Codice.
Né la Regione ha inserito l’obbligo di valutazione della compatibilità di tale idoneità rispetto alla disciplina contenuta nel Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico (PIT), peraltro assumendo tali deliberazioni unilateralmente, ed escludendo quindi il MiBACT dal processo decisionale concernente le aree tutelate dal Codice e oggetto di co-pianificazione.
La Regione ha, inoltre, ritenuto idonee per l’installazione di impianti con potenza superiore a 20 MWe le zone all’interno di coni visuali, disattendendo anche sotto quest’ultimo profilo le richieste di esclusione di tali zone avanzate dalle competenti Soprintendenze in fase di VAS. La previsione introdotta non è conforme alla disciplina del PIT elaborato d’intesa con lo Stato che, all’articolo 10, comma 1, lettere e) ed f), impone di provvedere alla tutela dell’intervisibilità tra i diversi insiemi di valore storico-testimoniale, nonché le visuali panoramiche che li traguardano, e alla non alterazione della godibilità della percezione visiva degli insiemi di valore storico-testimoniale, ivi compreso il loro intorno territoriale, anche in riferimento alle eventuali installazioni tecnologiche, inclusi gli impianti per la produzione di energie rinnovabili.
Si fa presente, infine, che per alcuni procedimenti in corso – VIA nazionale per gli impianti geotermici “pilota” e VIA regionale – la valutazione negativa di compatibilità degli impianti proposti con i valori paesaggistici interferiti è stata espressa dai competenti Uffici ministeriali con riferimento ad aree che risulterebbero idonee in applicazione della delibera regionale n. 41 del 2020: dato, questo, che dimostra la gravità degli effetti derivanti dall’applicazione immediata della predetta delibera, anche ai procedimenti pendenti.
1.2. La norma regionale contrasta in primo luogo con la disciplina in materia di VAS, che è di derivazione europea. Deve, infatti, tenersi presente che la predetta disciplina trova origine nella direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE.
La direttiva prevede, al “considerando” n. 15, che: “Allo scopo di contribuire ad una maggiore trasparenza dell'iter decisionale nonché allo scopo di garantire la completezza e l'affidabilità delle informazioni su cui poggia la valutazione, occorre stabilire che le autorità responsabili per l'ambiente ed il pubblico siano consultate durante la valutazione dei piani e dei programmi e che vengano fissate scadenze adeguate per consentire un lasso di tempo sufficiente per le consultazioni, compresa la formulazione di pareri”. Viene, così, evidenziata una sequenza temporale delle fasi procedurali tale da assicurare lo svolgimento della VAS necessariamente prima della approvazione di piani e programmi soggetti alla predetta procedura.
L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva stabilisce, poi, che “La valutazione ambientale di cui all'articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa.” e, coerentemente, il successivo articolo 8 prevede che “In fase di preparazione del piano o del programma e prima della sua adozione o dell'avvio della relativa procedura legislativa si prendono in considerazione il rapporto ambientale redatto ai sensi dell'articolo 5, i pareri espressi ai sensi dell'articolo 6 nonché i risultati di ogni consultazione transfrontaliera avviata ai sensi dell'articolo 7”.
Nel rispetto di tali indicazioni, l’articolo 4 (Obblighi generali) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante “Norme in materia ambientale”, dispone che: “1. La valutazione ambientale di cui all'articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa”. Il successivo articolo 11 (Modalità di svolgimento) stabilisce che “La fase di valutazione è effettuata anteriormente all'approvazione del piano o del programma, ovvero all'avvio della relativa procedura legislativa, e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso. Essa è preordinata a garantire che gli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione.” (comma 3) e che “La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.” (comma 5).
Le disposizioni richiamate stabiliscono quindi la necessità che il procedimento relativo alla VAS accompagni l’iter del piano e sia concluso in una fase anteriore all’entrata in vigore dello strumento. La previsione regionale censurata, anticipando gli effetti della modifica del PAER a un momento endoprocedimentale, senza che sia conclusa la procedura di VAS, e senza che tale anticipata efficacia sia diretta a una maggior tutela ambientale (per le ragioni sopra dette) si pone, quindi, in diretto contrasto sia con la disciplina nazionale richiamata che, prima ancora, con la normativa europea di riferimento. Viene, infatti, vanificata la finalità stessa della procedura di VAS, in quanto si attribuisce efficacia a previsioni per le quali la verifica è ancora in corso.
Sono, pertanto, violate le previsioni:
(i) dell’articolo 11 e dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, per contrasto con gli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, in considerazione della violazione della direttiva sopra richiamata;
(ii) dell’articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, rispetto al quale costituiscono parametri interposti le previsioni sopra richiamate degli articoli 4 e 11 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
1.3 un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale della norma regionale censurata è ravvisabile nella violazione degli articoli 135, 143, e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, costituenti parametri interposti rispetto all’articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione.
Le disposizioni normative richiamate pongono, infatti, il principio – coessenziale all’impianto della tutela del paesaggio – dell’obbligo di pianificazione congiunta tra Stato e Regione dei beni paesaggistici.
Va sottolineato, al riguardo, che la parte III del Codice dei beni culturali e del paesaggio delinea un sistema organico di tutela paesaggistica, inserendo i tradizionali strumenti del provvedimento impositivo del vincolo e dell’autorizzazione paesaggistica nel quadro della pianificazione paesaggistica del territorio, che deve essere elaborata concordemente da Stato e Regione. Tale pianificazione concordata prevede, per ciascuna area tutelata, le c.d. prescrizioni d’uso (e cioè i criteri di gestione del vincolo, volti a orientare la fase autorizzatoria) e stabilisce la tipologia delle trasformazioni compatibili e di quelle vietate, nonché le condizioni delle eventuali trasformazioni.
In questo quadro, è alla pianificazione paesaggistica che spetta, ai sensi dell’articolo 135, comma 4, del Codice di settore, di definire “apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare: a) alla conservazione degli elementi costitutivi e delle morfologie dei beni paesaggistici sottoposti a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, delle tecniche e dei materiali costruttivi, nonché delle esigenze di ripristino dei valori paesaggistici; b) alla riqualificazione delle aree compromesse o degradate; c) alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo del territorio; d) alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO”.
Coerentemente con queste previsioni, l’articolo 143, comma 1, dello stesso Codice, nel delineare i contenuti propri del piano paesaggistico, riserva al predetto strumento il compito di operare la “analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio ai fini dell'individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, nonché comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo” (lett. f), la “individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate” (lett. h), la “individuazione dei diversi ambiti e dei relativi obiettivi di qualità, a termini dell’articolo 135, comma 3” (lett. i).
Il successivo articolo 145, comma 3, stabilisce, poi, che “Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette”.
Gli ambiti riservati al piano paesaggistico non possono, pertanto, essere surrogati da una disciplina dettata unilateralmente dalla Regione, né tanto meno è consentito ad alcuno strumento pianificatorio di derogare alle previsioni del piano paesaggistico. E ciò in considerazione della posizione di assoluta preminenza nel contesto della pianificazione territoriale che il legislatore nazionale, nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia, ha assegnato al piano paesaggistico. Gli articoli 143, comma 9, e 145, comma 3, del Codice di settore sanciscono infatti l’inderogabilità delle previsioni del predetto strumento da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico e la loro cogenza rispetto agli strumenti urbanistici, nonché l’immediata prevalenza del piano paesaggistico su ogni altro atto della pianificazione territoriale e urbanistica (cfr. Corte cost. n. 180 del 2008).
Si tratta di una scelta di principio la cui validità e importanza è già stata affermata più volte dalla Corte costituzionale, in occasione dell’impugnazione di leggi regionali che intendevano mantenere uno spazio decisionale autonomo agli strumenti di pianificazione dei Comuni e delle Regioni, eludendo la necessaria condivisione delle scelte attraverso uno strumento di pianificazione sovracomunale, definito d’intesa tra lo Stato e la Regione. La Corte ha, infatti, affermato l’esistenza di un vero e proprio obbligo, costituente un principio inderogabile della legislazione statale, di elaborazione congiunta del piano paesaggistico, con riferimento ai beni vincolati (Corte cost. n. 86 del 2019) e ha rimarcato che l’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica “è assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull’intero territorio nazionale” (Corte Cost., n. 182 del 2006; cfr. anche la sentenza n. 272 del 2009).
La norma regionale qui contestata è suscettibile di incidere direttamente sulle prescrizioni d’uso (copianificate) dei vincoli paesaggistici, laddove inserisce gli ambiti tutelati, per differenza, tra le aree astrattamente idonee alla localizzazione degli impianti geotermici, non effettuando neppure alcun richiamo all’obbligo di coerenza con le predette prescrizioni d’uso, che come detto non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico ai sensi dell’art. 145 del Codice di settore.
Inoltre, a fronte di un Piano paesaggistico copianificato, la Regione non solo non ha ritenuto di coinvolgere preventivamente il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo nell’ambito dello studio svolto ai fini dell’individuazione delle aree non idonee, ma anche, pur a fronte delle valutazioni degli uffici ministeriali espresse in sede di VAS ancora in corso, con la deliberazione del Consiglio regionale n. 41 del 7 luglio 2020 ha proceduto ad includere tra le aree potenzialmente idonee alcuni ambiti vincolati e subito dopo, con l’emanazione della norma in questione, ha reso detta individuazione immediatamente efficace e applicabile finanche ai procedimenti in corso.
La norma dunque si pone in contrasto con la potestà esclusiva statale in materia di ambiente e di beni culturali di cui all’articolo 117 Cost., secondo comma, lett. s), in quanto introduce e disciplina procedimenti pianificatori che incidono su beni soggetti a vincolo paesaggistico, senza il coinvolgimento del Ministero, e quindi in violazione delle norme interposte individuabili negli articoli 135, 143 e 145 del Codice di settore, che pongono l’obbligo di co-pianificazione dei beni paesaggistici e stabiliscono il principio di sovraordinazione del piano paesaggistico elaborato d’intesa con lo Stato rispetto a ogni altro strumento pianificatorio.
È, inoltre, violato l’articolo 9 della Costituzione, alla stregua del quale la tutela del paesaggio assurge a valore “primario e assoluto” (Corte cost. n. 367 del 2007), in considerazione dell’effetto di diminuzione della tutela determinato dalla norma censurata.
1.4. L’articolo 2 della legge regionale si pone altresì in contrasto con il principio costituzionale di leale collaborazione, in quanto costituisce il frutto di una scelta assunta unilateralmente dalla Regione, al di fuori del percorso condiviso con lo Stato che ha condotto all’adozione del PIT.
Va ricordato al riguardo che, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, il principio di leale collaborazione “deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni”, atteso che “la sua elasticità e la sua adattabilità lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti” (così in particolare, tra le tante, Corte cost. n. 31 del 2006). In particolare, la Corte ha chiarito che “Il principio di leale collaborazione, anche in una accezione minimale, impone alle parti che sottoscrivono un accordo ufficiale in una sede istituzionale di tener fede ad un impegno assunto” (così ancora la sentenza richiamata).
La scelta della Regione Toscana di assumere iniziative unilaterali, al di fuori del percorso di collaborazione attuato con lo Stato, si pone, pertanto, in contrasto anche con il predetto principio.
1.5. Da ultimo, la norma regionale in esame si pone in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione, in quanto l’anticipazione – a contrario, nei termini sopra detti – dell’individuazione delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione degli impianti geotermici, con effetti anche sui procedimenti pendenti, risulta irragionevole e contraria al principio del buon andamento dell’amministrazione.
L’entrata in vigore anticipata della normativa regionale renderà infatti assai arduo negare l’autorizzazione alla localizzazione di impianti geotermici nelle aree, pur sottoposte a vincolo paesaggistico, non incluse tra le aree non idonee (tra le quali rientrano, come detto, anche le zone archeologiche). Laddove poi le predette aree dovessero essere incluse tra quelle non idonee in sede di approvazione del piano, ed eventualmente in accoglimento delle osservazioni formulate dagli uffici statali del Ministero per i beni e le attività culturali, potrebbe rilevarsi l’impossibilità di eliminare gli effetti prodotti dalle autorizzazioni già legittimamente rilasciate sulla base della legge regionale censurata.
Si tratta di una conseguenza del tutto arbitraria, in quanto potrebbe verificarsi un trattamento di favore limitato ai soli procedimenti pendenti nell’attuale fase transitoria, con conseguenze anche in termini di disparità di trattamento tra gli operatori economici.

2. Il medesimo articolo 2 delle legge regionale , che , come sopra illustrato, mira a rendere efficace la deliberazione del Consiglio regionale del 07/07/2020 con la quale sono state apportate modifiche al PAER (Piano ambientale ed energetico regionale) al fine di individuare le zone inidonee all'installazione degli impianti geotermici in Toscana, presenta ulteriori profili di illegittimità con riferimento alla materia, di legislazione concorrente, “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia. .
La suddetta normativa regionale indica, infatti, le aree ove non possono essere collocati, in generale, gli impianti geotermici sul territorio regionale, senza, tuttavia, escludere dal proprio ambito di applicazione gli “impianti geotermici pilota”, la cui disciplina è riservata alla competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22. Né tale esclusione può considerarsi implicita laddove nel PAER è stato invece espressamente specificato che "Le aree non idonee sopra riportate non si applicano alle "piccole utilizzazioni locali" ex art. 10 del D.Lgs. 22/2010".
Al riguardo, si fa presente preliminarmente che, in ossequio a quanto stabilito dall'articolo 117, comma terzo, la materia "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" è attribuita alla competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni.
Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 ha espressamente delegato alle Regioni le funzioni relative al conferimento di titoli minerari per risorse geotermiche nella terraferma, lasciando allo Stato la determinazione degli indirizzi della politica mineraria nazionale ed i relativi programmi, il compito di rilasciare i titoli in mare, le funzioni di inventario, i relativi aggiornamenti, l'acquisizione di dati, e la promozione di nuove tecnologie, nonché la dichiarazione di aree indiziate di minerale, sentite le Regioni interessate.
Con il citato decreto Legislativo n. 22/2010 è stata successivamente introdotta la sperimentazione degli "impianti geotermici pilota" al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale con re iniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, con emissioni nulle e con potenza installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale. La disciplina di tali Impianti viene rimessa alla competenza esclusiva statale in base alle previsioni della legge 9 agosto 2013, n. 98.
L'art. 3, comma 2-bis, del D. Lgs 112/1998 prevede, inoltre, che "Nel caso di sperimentazione di impianti pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, l'autorità competente e il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l'intesa con la regione interessata, all'atto del rilascio del permesso di ricerca, l'autorità competente stabilisce le condizioni e le modalità con le quali e fatto obbligo al concessionario di procedere alla coltivazione dei fluidi geotermici in caso di esito della ricerca conforme a quanto indicato nella richiesta di permesso di esercizio”.
Così formulata, la norma regionale in esame si pone quindi in contrasto con la disciplina dell'allocazione di questi particolari Impianti finalizzati alla sperimentazione geotermica a basso impatto ambientale, riservata alla competenza legislativa statale. La violazione delle citate norme statali di principio comporta il contrasto con l’articolo 117 , terzo comma della Costituzione con riferimento alla materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia”.
Per i motivi sopra esposti la disposizione contenuta nell’articolo 2 della legge regionale deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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