Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale. (15-4-2021)
Sicilia
Legge n.9 del 15-4-2021
n.17 del 21-4-2021
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia parziale
Nella seduta del 17 giugno 2021, il Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge regione Sicilia n. 9/2021 (Legge di stabilità 2021). Tra gli artt. impugnati figurava il 41 (Progetti a favore degli studenti con disabilità), il cui comma 2 prevedeva che l'onere relativo agli interventi previsti a favore di tale categoria gravasse per un totale di 5 milioni di euro sulla missione 12, ed il cui comma 3 imputava gli oneri (per la quota parte di 1 milione di euro) alla missione 13.

Considerato che il comma 1 faceva riferimento a progetti e servizi integrativi, migliorativi e aggiuntivi in favore degli studenti con disabilità, in modo assolutamente generico e senza specificarne la natura (sociale o sanitaria), era stata posta la questione di costituzionalità avverso il comma 3, nella parte in cui distoglieva risorse dalla missione 13 per destinarle a prestazioni di natura non sanitaria, incidendo sui LEA cui le medesime risorse erano destinate. La regione, essendo in piano di rientro dal disavanzo sanitario, è assoggettata al divieto di spese non obbligatorie, ai sensi dell'art. 1, comma 174, della legge n. 311/2004.

Si rilevava, pertanto, una violazione:
- dell'art. 81, terzo comma, Cost.;
- dell'art. 117, secondo comma, lett. m) Cost. in materia di LEA;
- dell'art. 117, terzo comma, Cost. in materia di tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica.

In un secondo momento, la disposizione è stata modificata dall'art. 22 della legge regione Sicilia n. 20/2021. Il testo vigente recita:
"1. L'assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e il lavoro, per le finalità di cui all'articolo 6 della legge regionale 5 dicembre 2016, n. 24 e successive modificazioni, è autorizzato, a seguito di preventiva ricognizione delle necessità sul fabbisogno e relativa ripartizione proporzionale alle Città metropolitane ed ai liberi Consorzi comunali, ad avviare progetti e servizi integrativi, migliorativi ed aggiuntivi in favore degli studenti con disabilità.
2. Per assicurare lo svolgimento delle attività di cui al presente articolo, è autorizzata, per l'esercizio finanziario 2021, la spesa di 4.000 migliaia di euro da iscrivere in apposito capitolo di spesa "Servizi integrativi migliorativi ed aggiuntivi a favore degli studenti disabili delle scuole secondarie di secondo grado", nella rubrica del dipartimento regionale della famiglia e delle politiche sociali (Missione 12, Programma 2)".

A seguito dell'intervenuta novella, la disposizione censurata ha:
- precisato (comma 1) che i progetti ed i servizi integrativi in favore degli studenti con disabilità siano ripartiti, previa ricognizione delle effettive necessità, in misura proporzionale alle Città metropolitane ed ai liberi Consorzi comunali;
- ridotto (comma 2) l'autorizzazione di spesa relativa al finanziamento delle attività in esame da 5 a 4 milioni di euro.
- abrogato il comma 3, che stabiliva che "Agli oneri di cui al presente articolo si fa fronte per la quota di parte di 1.000 migliaia di euro con riduzione della Missione 13, Programma 1, capitolo 413374".

Tanto premesso, quindi, alla luce della novella e del nulla osta del Ministero della salute, si ritiene possibile procedere alla rinuncia parziale all’impugnativa promossa avverso l'art. 41 della legge della regione Sicilia n. 9/2021. In vista dell’udienza di discussione, prevista il 7 giugno 2022, residua tuttora l’impugnativa avverso gli altri artt. della medesima legge (ricorso n. 33/2021).




17-5-2022 / Impugnata
La legge regionale Sicilia n. 9 del 15.04.2021 “Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale”, è censurabile con riferimento a molteplici disposizioni che, per le ragioni che di seguito si riportano, eccedono dalle competenze attribuite alla Regione Siciliana dallo Statuto Speciale di autonomia, R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e violano la Costituzione della Repubblica.

1. Articolo 5, comma 1, lett. f)

La norma apporta modifiche all'articolo 55 della legge regionale 7 maggio 2015 n. 9. In particolare, la lettera f) introduce il comma 7-bis con il quale viene riconosciuto al personale del comparto in servizio a tempo indeterminato e determinato presso l'ufficio speciale C.U.C. (Centrale Unica di Committenza) una retribuzione annua sostitutiva dei premi di cui al comma 4 dell'articolo 90 del CCRL vigente nelle misure riconosciute dall'articolo 94 del medesimo CCRL al personale del comparto in servizio presso l'UREGA (Ufficio Regionale Espletamento Gare d'Appalto).
Al riguardo, si segnala che l'articolo 22, commi 1 e 2, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, ha demandato la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti regionali ai contratti collettivi di lavoro stipulati, secondo le modalità e con i criteri di cui al titolo III del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, così come sostituito dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In particolare, l'articolo 45 di tale ultima norma stabilisce espressamente che "Il trattamento economico fondamentale ed accessorio ... è definito dai contratti collettivi".
Secondo il consolidato orientamento della Corte costituzionale, la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, compresi gli aspetti relativi al trattamento economico, rientra nella materia dell'ordinamento civile e, pertanto, spetta in via esclusiva al legislatore nazionale. Considerato che il decreto legislativo n. 165 del 2001 rimette espressamente alla contrattazione collettiva la definizione del trattamento economico fondamentale ed accessorio, la disposizione in esame si pone in contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione.
A tale proposito, si rievocano i contenuti tassativi della recente sentenza della Corte costituzionale n. 16/2020, riguardante un analogo contenzioso con la stessa Regione siciliana che dichiara "costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. l) Cost., l'art. 22, commi 14 e 15, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, che ridetermina il trattamento economico dei dipendenti ... La norma impugnata dal Governo invade la competenza esclusiva statale nella materia "ordinamento civile", in quanto contrasta con la riserva di contrattazione collettiva per il trattamento economico fondamentale ed accessorio del personale pubblico. Sebbene alla Regione Siciliana spetti, ai sensi dell'art. 14, lett. q), dello statuto di autonomia, la competenza legislativa esclusiva in materia di stato giuridico ed economico del proprio personale, tale potestà di regolazione incontra i limiti derivanti dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, quali sono i principi desumibili dal T.U. pubblico impiego. (Precedenti citati: sentenze n. 93 del 2019, n. 201 del 2018, n. 178 del 2018, n. 172 del 2018 e n. 189 del 2007)".

2. Articolo 14

L’articolo 14 detta disposizioni in materia di “Interventi in favore del personale ex Arra” (Agenzia Regionale per i rifiuti e le acque), ovvero recita: “1. Al personale già trasferito all'Agenzia regionale di cui all'articolo 7 della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19 e successive modificazioni, per mobilità e transitato nei ruoli dell'Amministrazione regionale in applicazione dell'articolo 9, comma 2, della legge regionale 16 dicembre 2008, n. 19 e successive modificazioni è riconosciuta, con effetti economici decorrenti dal 1° gennaio 2021, l'anzianità di servizio prestato presso le amministrazioni di provenienza. Tale servizio è equiparato a servizio prestato presso l'amministrazione regionale. 2. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzata, per gli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, la spesa annua di euro 497.242,00 (Missione 1, Programma 10, capitolo 108157). A decorrere dall'esercizio finanziario 2024 si provvede ai sensi del comma 1 dell'articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118”.

L’Agenzia Regionale in parola è stata istituita con la legge regionale n. 19/2005 ed ai sensi dell’articolo 7, comma 2 è dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia tecnica, organizzativa, gestionale, amministrativa e contabile e posta sotto la vigilanza della Presidenza della Regione. In forza del successivo comma 8, al relativo personale si applica lo stato giuridico e il trattamento economico e di quiescenza e di previdenza del personale dell'Amministrazione regionale.
Successivamente la legge regionale n. 19/2008, all'articolo 9, ha trasferito le funzioni e i compiti, unitamente al personale dell'Agenzia, all'Assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità. Il suddetto personale ha mantenuto la medesima posizione giuridica.
In tale contesto, la norma in esame interviene riconoscendo al personale già trasferito all’Agenzia, e transitato per mobilità nei ruoli della Regione, con effetti economici decorrenti dal 1° gennaio 2021, l’anzianità di servizio prestato presso le amministrazioni di provenienza. Tale servizio è equiparato al servizio prestato presso l’amministrazione regionale. Infatti la disposizione puntualizza "Al personale... è riconosciuta, con effetti economici decorrenti dal 1° gennaio 2021, l'anzianità di servizio prestato presso le amministrazioni di provenienza. Tale servizio è equiparato a servizio prestato presso l'amministrazione regionale.”
Sebbene, con ordinanza 4435/2018, la Corte di Cassazione abbia chiarito che il trasferimento attuato tramite mobilità realizza una modificazione meramente soggettiva del rapporto ed è condizionato da vincoli precisi, concernenti la conservazione dell’anzianità, della qualifica e del trattamento economico ed è inquadrabile nella fattispecie della cessione del contratto ex art. 1406 e ss. cod. civ., visto che comporta il trasferimento soggettivo del complesso unitario di diritti e obblighi derivanti dal contratto, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali, tali principi, tuttavia, sono applicabili nel caso di omogena comparazione di servizi resi nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, mentre la norma censurata estende il riconoscimento delle anzianità pregresse anche per i servizi svolti dal personale presso enti e soggetti di diritto privato, e successivamente assunti nell' organico dell'ex Arra (Agenzia Regionale per i rifiuti e le acque), che è stata istituita con la legge regionale n. 19/2005.
Dal tenore della norma non è chiara, da un lato, la scelta del termine del 1° gennaio 2021 quale dies a quo di decorrenza degli effetti economici dell’anzianità di servizio, considerato che il transito per mobilità dei dipendenti di cui si discorre sembrerebbe risalire ad epoca assai risalente. Al tempo stesso, d’altro canto, neppure è dato desumersi con chiarezza, dalla formulazione della norma, la natura dei periodi di servizio oggetto del computo ai fini del riconoscimento dell’anzianità, che non può ovviamente includere periodi di lavoro svolti presso enti non rientranti nel perimetro delle amministrazioni pubbliche, ciò al fine di evitare situazioni di disparità di trattamento, anche in termini di avanzamenti economici, con conseguente violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, tra il personale transitato nei ruoli della Regione e gli altri dipendenti pubblici regionali. Infatti, determinare il computo dei periodi lavorativi svolti presso altri enti e amministrazioni di rispettiva provenienza (Comuni, Società partecipate non rientranti nel pubblico impiego, ecc.) prima del passaggio nei ruoli dell'ex Arra a seguito dell'espletamento di procedure di mobilità volontaria, crea evidenti disparità di trattamento nei confronti del personale, sia dipendente della Regione stessa sia dipendente di altre P.A., inquadrato nei rispettivi ruoli a seguito di analoghe procedure di mobilità e che non beneficia della ricostruzione economica retroattiva prevista per i soli dipendenti ex Arra, con evidente violazione dell'articolo 3 della Costituzione in materia di uguaglianza e parità di trattamento.
Sul punto, il comma 1 dell'articolo 81 del CCRL, nel definire la struttura della retribuzione, alla lettera c) contempla la voce "retribuzione individuale di anzianità". Appare di tutta evidenza che la previsione di cui trattasi, che modifica il parametro dell'anzianità posto alla base dell'elemento retributivo appena citato, riconoscendo con effetto retroattivo anche i servizi precedenti all'inquadramento nei ruoli ex Arra e regionali, influisce direttamente sulla determinazione della retribuzione individuale con ciò intervenendo nella materia che il legislatore nazionale ha demandato alla contrattazione.
Peraltro, il riconoscimento di tali effetti economici con valore retroattivo determina anche l'attribuzione "ora per allora" di progressioni ed avanzamenti di fascia economica all'interno delle categorie previste dal vigente ordinamento professionale, con conseguente incremento della retribuzione tabellare (trattamento economico fondamentale) al personale all'epoca non in servizio nei ruoli regionali e, in quanto tale, non in possesso dei requisiti soggettivi di anzianità di effettivo servizio, previsti dai rispettivi CCRL pro-tempore vigenti.
L’assunto, secondo cui il mancato riconoscimento dell'anzianità di servizio in esame determinerebbe una discriminazione nei confronti nel restante personale di ruolo inquadrato nella medesima posizione giuridico-economica, con riferimento all'accordo integrativo del 9.12.2019 relativo alla Progressione economica orizzontale all'interno delle categorie, non risulta essere in linea con il citato accordo decentrato che prevede espressamente la valutazione, con distinti punteggi, delle seguenti anzianità di servizio maturate nelle pubbliche amministrazioni:
• anzianità nella posizione
• anzianità di ruolo presso l'amministrazione regionale
• anzianità non di ruolo
• anzianità di ruolo presso altre pubbliche amministrazioni

Da quanto sopra esposto, si evince che correttamente la contrattazione collettiva non ha previsto la valutazione dei servizi resi presso enti e soggetti di natura privata, nel rispetto di quanto previsto dalle vigenti disposizioni normative e degli orientamenti giurisprudenziali; pertanto, si conferma che l'intervento regionale in esame sconfina nella disciplina normativa dell'ordinamento civile, che riserva alla contrattazione collettiva tali aspetti, con ciò ricordando che, sebbene alla Regione Siciliana spetti, ai sensi dell'art. 14, lett. q), dello Statuto di autonomia, la competenza legislativa esclusiva in materia di stato giuridico ed economico del proprio personale, tale potestà di regolazione incontra i limiti derivanti dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, quali sono i principi desumibili dal testo unico del pubblico impiego (Corte Cost. n. 16/2020 n. 93/2019, n. 201/2018, n. 178/2018, n.172/2018 e n. 189/2007).
Tenuto conto che la materia del trattamento economico fondamentale ed accessorio rientra nella disciplina dell'ordinamento civile, la disposizione normativa si pone in contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, per le medesime motivazioni di cui al predetto articolo 5, che si intendono integralmente riportate, ivi compresi i richiami alla recente giurisprudenza costituzionale.
Il riconoscimento dell'anzianità pregressa determina un nuovo beneficio economico per il solo personale in mobilità ex Arra consentendo l'incremento della "retribuzione individuale di anzianità", il cui onere è stato previsto dalla disposizione in esame e che, in quanto tale, si aggiunge agli stanziamenti previsti dalla stessa Regione per i rinnovi contrattuali del personale. Tali oneri assumono natura di "spese obbligatorie" quali componenti del trattamento economico fondamentale della retribuzione e, pertanto, da corrispondere in via permanente e strutturale ai dipendenti.
Infatti, per quanto riguarda la copertura finanziaria della maggiore spesa a carico del bilancio regionale, prevista dal comma 2 dell'articolo in esame per gli anni dal 2021 al 2023, il richiamo all'articolo 38 del d.lgs. n.118 del 2011 per gli oneri a decorrere dall'esercizio finanziario 2024 non è pertinente, trattandosi di spesa di natura obbligatoria afferente al trattamento economico del personale ex Arra, per il quale l'onere deve essere indicato a regime, mentre solo per le spese non obbligatorie la quantificazione dell'onere annuo può essere rinviata alla legge di bilancio. Pertanto, si rileva il contrasto con l'articolo 38 del decreto legislativo n. 118 del 2011 e di conseguenza con l'articolo 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici.

3. Articolo 36
La disposizione prevede 'Norme in materia di stabilizzazione e fuori uscita personale ASU'. Tale disposizione, al comma 1, estende l'applicazione delle misure di cui all'articolo 1, commi da 292 a 296, della legge 30 dicembre 2020 n. 178, ai lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'articolo 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5.
In particolare, la predetta disposizione è volta a favorire l'assunzione a tempo indeterminato delle categorie di lavoratori di cui all'articolo 2, comma 1, del d.lgs. 81/2000 (soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili), nonché all'articolo 3, comma 1, del d.lgs. n. 280/1997 (soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità). La norma quindi estende il regime di assunzioni a tempo indeterminato disposto dalla legge n. 178/2020, ex commi 292-296, in favore dei “lavoratori socialmente utili di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (LSU), e all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280 (LPU), nonché dei lavoratori già rientranti nell'abrogato articolo 7 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 (lavoratori percettori di trattamento straordinario di integrazione salariale), e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità, anche mediante contratti di lavoro a tempo determinato o contratti di collaborazione coordinata e continuativa nonché mediante altre tipologie contrattuali”, ai lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'articolo 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014 n. 5, che a sua volta ricomprende sia titolari di contratto a tempo determinato sia soggetti utilizzati in attività socialmente utili.
L'articolo 1 comma 292, della legge 178/2020, disposta con riferimento all’anno 2021, nel disciplinare le modalità di assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori socialmente utili, dispone che le amministrazioni pubbliche utilizzatrici di tale personale, di cui all'articolo 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2000 e all'articolo 3, comma 1 del d.lgs. n. 280/1997, anche mediante contratti di lavoro a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa, nonché mediante altre tipologie contrattuali, possono procedere con le assunzioni a condizione che gli stessi lavoratori siano in possesso degli specifici requisiti di cui alle lettere a), b), c) e d) del richiamato comma 292:
“a) possesso da parte dei lavoratori dei requisiti di anzianità previsti dall'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, ovvero dall'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, o svolgimento delle attività socialmente utili o di pubblica utilità per il medesimo periodo di tempo; b) assunzione secondo le modalità previste dall'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, dei lavoratori che siano stati previamente individuati, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure selettive pubbliche anche espletate presso amministrazioni diverse da quella che procede all'assunzione, salvo quanto previsto dalle lettere a), c) e d) del presente comma; c) espletamento di selezioni riservate, mediante prova di idoneità, ai lavoratori che non siano stati previamente individuati, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure selettive pubbliche anche espletate presso amministrazioni diverse da quella che procede all'assunzione, salvo quanto previsto dalle lettere a), b) e d) del presente comma; d) assunzione secondo le modalità previste dall'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, dei lavoratori utilizzati mediante contratti di lavoro a tempo determinato o contratti di collaborazione coordinata e continuativa nonché mediante altre tipologie contrattuali, fermo restando quanto disposto dalle lettere a), b) e c) del presente comma”.
Tra l'altro il comma 296 prevede, per determinate categorie e per il solo anno 2021, che le assunzioni possano avvenire anche in deroga alla dotazione organica e al piano di fabbisogno del personale, in qualità di lavoratori sovrannumerari.
Al riguardo, in via preliminare, non si evince chiaramente se l'ampliamento della categoria ammessa ad utilizzare la procedura e le deroghe di cui all'articolo 1, commi da 292 a 296, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, rispetti i vincoli e i requisiti richiesti dal legislatore nazionale per dar luogo alla procedura di stabilizzazione ivi prevista. Non si evidenzia, quindi, se la stabilizzazione del personale ASU di cui si discorre verrà effettivamente condotta nel rispetto della citata normativa statale.

Trattasi, a quanto consta, di una platea di circa 4.571 soggetti, percettori di un’indennità mensile di sostegno al reddito, il cui impiego da parte della Regione e dei Comuni avviene in base a convenzioni e protocolli e non con contratti di lavoro, circostanza questa che crea un ulteriore disallineamento rispetto ai requisiti richiesti dal citato comma 292 che fa riferimento a LSU e LPU che hanno già un rapporto di lavoro in corso. Considerata la particolare condizione dei soggetti in parola, nonché gli aspetti finanziari implicati in una così ampia procedura di stabilizzazione, si rievoca la recente sentenza n. 194/2020 della Corte Costituzionale che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 64 della l.r. Sicilia n. 8/2018, che prevedeva il transito con contratto a tempo indeterminato, anche parziale, presso la società partecipata Resais spa di soggetti impegnati in attività formative o lavori socialmente utili presso la Regione, ha affermato che “deve ritenersi integrata la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., quando la disciplina regionale, consentendo la trasformazione di contratti precari di lavoratori in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, incide sulla regolamentazione del rapporto precario già in atto e, in particolare, sugli aspetti connessi alla durata del rapporto, e determina, al contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico, ovvero il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione (sentenza n. 51 del 2012). Ciò è vero anche per una Regione ad autonomia speciale, quale la Regione Siciliana. Questa Corte ha infatti ripetutamente affermato la riconducibilità della regolamentazione del rapporto di pubblico impiego privatizzato ovvero contrattualizzato, ivi compreso quello relativo al personale delle Regioni a statuto speciale, alla materia «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. (ex plurimis, sentenze n. 16 del 2020, n. 81 del 2019, n. 172 del 2018, n. 257 del 2016, n. 211 del 2014, n. 151 del 2010 e n. 189 del 2007)”.
Sempre nella soprarichiamata sentenza, la Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 23 della medesima l.r. n. 8/2018 della Regione Sicilia nella parte in cui si prevedeva il transito, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, sempre presso la Resais spa, di soggetti inseriti nell’elenco di cui all’art. 30 della l.r. n. 5/2014 titolari di contratto a temine, affermando che “questa prevista stabilizzazione ex lege invade la materia dell’ordinamento civile”.
Va sottolineato che la Corte nella citata sentenza non esclude la possibilità di stabilizzazione di rapporti precari, ma richiede il rispetto dei profili di ordinamento civile e di coordinamento della finanza pubblica stabiliti della normativa statale di riferimento che, invero, nel caso di specie, non sembrano rispettati, stante il sopra evidenziato disallineamento con la normativa nazionale quanto all’ambito soggettivo di applicazione e ai requisiti richiesti, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. l) Cost.

Sul punto, ma non per questo di minore importanza, la diposizione in esame interviene sconfinando apertamente al di fuori della competenza legislativa riservata alla Regione, anche considerando la specificità riconosciuta alla medesima dal proprio Statuto speciale, in quanto interviene, in via generale, nella materia degli enti locali i quali sono soggetti alla normativa statale di cui al decreto legislativo n. 267/2000 (Testo unico degli enti locali), nonché in materia di personale non regionale, prevedendo la stabilizzazione ed assunzioni a tempo indeterminato nell'ambito degli organici degli enti locali stessi, la cui competenza rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato ed è regolamentata, rispettivamente, dal decreto legislativo n. 165/2001, dal decreto legislativo n. 75/2017 (articolo 20), e dal decreto legge n. 34/2019 (articolo 33, comma 2), con ciò ponendosi in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. I), della Costituzione.
La normativa statale di cui all'articolo 1, commi da 292 a 296, della legge 30 dicembre 2020 n. 178 (LSU del c.d. bacino storico), prevede le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori che hanno già rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale o contratti di collaborazione coordinata continuativa (forma di lavoro flessibile) instaurati direttamente con i comuni che possono procedere alla loro stabilizzazione mentre, si ribadisce, nel caso degli ASU, si tratta di soggetti che non hanno forme di lavoro dirette con i Comuni, ma sono utilizzati dagli stessi in virtù di protocolli o convenzioni con la Regione, percependo un'indennità mensile che assume natura di "sostegno al reddito" e che, anche per tale motivo, non li rende assimilabili e comparabili agli LSU del c.d. bacino storico.
Al riguardo, la norma regionale, al comma 2, dispone in via imperativa che tali soggetti possono essere stabilizzati anche con contratti a tempo parziale, secondo i parametri contrattuali minimi previsti dalla legge e dal CCNL di riferimento, concorrendo a tale spesa con risorse storiche della Regione, implementate entro determinati limiti di spesa.
Anche su tale aspetto la disposizione sconfina nella riserva di legge assoluta statale, in quanto le predette assunzioni a tempo indeterminato comportano per i comuni il consolidamento strutturale e permanente delle corrispondenti spese di personale, cui non corrisponde alcuna certezza in ordine alla integrale copertura con le risorse regionali. In merito, la stabilizzazione in ruolo determina un incremento degli oneri complessivi da sostenere per tali soggetti, che attualmente beneficiano dell'assegno di "sostegno al reddito" erogato per 12 mensilità, mentre lo status di dipendente diretto comporta la corresponsione del trattamento economico fondamentale ed accessorio contrattualmente previsto (ivi compresa la XIII" mensilità), cui si aggiungono gli oneri riflessi a carico del datore di lavoro.
Ne discende, pertanto, che la norma regionale determina l'insorgenza di criticità in ordine al conseguimento degli equilibri di bilancio, cui i comuni sono tenuti nel rispetto della vigente legislazione statale in materia di finanza pubblica, con l'ulteriore violazione dell'articolo 81, terzo comma, della Costituzione.
Il comma 6 del citato articolo 36 prevede che agli enti che stabilizzano gli ASU è riconosciuto su base annua un contributo parametrato all'importo dell'assegno di utilizzazione di tali soggetti, maggiorato per tener conto del maggior costo sostenuto per l'assunzione a tempo indeterminato con contratto a tempo parziale, ma entro il limite dell'autorizzazione di spesa prevista dal comma 7.
Ne discende, che la norma regionale determina le suddette criticità in ordine alla integrale copertura degli oneri posti a carico dei Comuni, in quanto non vi è nessuna certezza che il riparto delle risorse di cui al comma 7 - effettuato dopo l'assunzione a tempo indeterminato ditali soggetti - sia sufficiente a compensare in via esaustiva i maggiori costi posti a carico di tali enti.
Infatti, anche in assenza della relazione tecnica e/o degli elementi dimostrativi degli oneri derivanti dalla prevista operazione di stabilizzazione, non può essere considerata idonea la copertura finanziaria di cui al comma 7 del citato articolo 36, pari a 10.000.000 euro per l'anno 2021 e 54.159.248,56 euro per ciascuno degli esercizi finanziari 2022 e 2023. Peraltro, la copertura finanziaria derivante dalla maggiore spesa a carico del bilancio regionale, prevista dal citato comma 7, nel prevedere spese di natura obbligatoria afferenti al trattamento economico del personale ASU, provvede alla relativa copertura solo fino all'anno 2023.
A decorrere dall'esercizio finanziario 2024, il citato comma 7 richiama per la copertura finanziaria quanto previsto dall'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo n. 118/2011. Tale articolo prevede che "Le leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l'onere a regime, ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare la quantificazione dell'onere annuo alla legge di bilancio". Pertanto, ne consegue che, trattandosi di spese obbligatorie aventi carattere strutturale e permanente nel tempo e che necessitano, in quanto tali, di una copertura finanziaria certa e consolidata, il richiamo all'articolo 38 del decreto legislativo n. 118 del 2011 per la copertura degli oneri a regime non è idoneo in quanto non supportato dalla quantificazione dell'onere per gli anni successivi al triennio considerato nel bilancio di previsione.
La disposizione, ponendosi in contrasto con l'articolo 38 del d.lgs. n. 118/2011 che quindi, per tali fattispecie, stabilisce che l'onere annuale deve essere indicato a regime, viola, conseguentemente, l'articolo 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione in materia di “armonizzazione dei bilanci pubblici” e l’articolo 117, terzo comma, in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Infine, la disposizione regionale si pone in contrasto anche con quanto previsto dall'articolo 3 della Costituzione, in materia di uguaglianza e parità di trattamento, in quanto determina evidenti disparità rispetto ad altri soggetti, siano essi personale precario sia destinatari di altre analoghe forme di sostegno al reddito, che non possono essere assunti con tale procedura agevolata in quanto destinatari della normativa statale di natura ordinaria finalizzata al superamento del precariato delle pubbliche amministrazioni (articolo 20 del decreto legislativo n. 75/2017).

4. Articolo 41, comma 3
L'articolo 41, rubricato "Progetti a favore degli studenti con disabilità", è sindacabile nella parte in cui, da un lato, al comma 2, prevede che l'onere relativo agli interventi previsti a favore di tale categoria gravino per un totale di 5 milioni di euro sulla missione 12 e, dall'altro, al comma 3, specifica che ai predetti oneri si fa fronte per la quota parte di 1 milione di euro con riduzione della missione 13.
Considerato che il comma 1 fa riferimento a generici progetti e servizi integrativi, migliorativi e aggiuntivi in favore degli studenti con disabilità, senza specificare la natura, sociale o sanitaria, di tali interventi, si ritiene censurabile il comma 3, nella parte in cui distoglie risorse dalla missione 13 per destinarle a prestazioni di natura non sanitaria, incidendo sui livelli essenziali di assistenza cui le medesime risorse sono destinate.
La disposizione viola i princìpi fondamentali dettati nella materia “coordinamento della finanza pubblica” sancito dall’articolo 117, terzo comma della Costituzione, l'articolo 81, terzo comma, della Costituzione, l’articolo 117, secondo comma, lett. m) in materia di livelli essenziali di assistenza e l’articolo 117, terzo comma della Costituzione in materia di tutela della salute.
Si rappresenta, infatti, che la regione Sicilia, essendo in piano di rientro dal disavanzo sanitario, è assoggettata al divieto di spese non obbligatorie, ai sensi dell’articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
La disposizione travalica, inoltre, le competenze affidate alla Regione dallo Statuto di autonomia che, all’articolo 17, comma 1, lettera c), affida alla stessa il potere di emanare leggi in materia di assistenza sanitaria, al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione, tuttavia tale potere deve essere esercitato nel limite “dei princìpi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato”.

5. Articolo 50
L’articolo 50 dispone che: "1. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Aziende del Servizio Sanitario Regionale e l'istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia procedono ad incrementare le ore di incarico a tempo indeterminato a ciascun medico veterinario specialista ambulatoriale interno, già titolare di incarico da almeno 5 anni, per il raggiungimento di almeno trenta ore di incarico settimanali per medico-veterinario.
2. Gli incrementi di orario eccedenti la quota di almeno trenta ore settimanali di cui al comma 1 devono essere motivati e autorizzati dall'Assessorato regionale della Salute, sulla base di una preventiva ricognizione del fabbisogno delle prestazioni e delle attività programmate o programmabili, relative alla specialistica ambulatoriale veterinaria, presso ciascuna Azienda sanitaria provinciale e presso la sede dell'istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia e possono essere attribuiti nel rispetto del vincolo dell'equilibrio economico del bilancio aziendale.
3. I direttori generali delle Aziende sanitarie provinciali e dell'istituto Zooprofilattico sperimentale della Sicilia sulla base delle criticità riscontrate e della programmazione delle attività, compatibilmente con il titolo di specializzazione di cui all'allegato 2 dell'Accordo Collettivo Nazionale del 31 marzo 2020, in possesso di ogni medico veterinario specialista e sulla base dei criteri di valutazione, di cui all'articolo 21 comma 3, del citato Accordo Collettivo Nazionale, possono disporre una sola volta il passaggio dell'intero effettivo delle ore di incarico a branche diverse, allo scopo di ottimizzare e concentrare le risorse sulle attività prioritarie, previa formale accettazione degli interessati.
4. In caso di transito da una branca all'altra, allo specialista è riconosciuta l'anzianità di servizio già maturata. Al fine di garantire l'appropriatezza delle prestazioni, il transito ad altra branca potrà avvenire a seguito di un adeguato periodo di affiancamento.
5. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo, quantificati in euro 7.883.103 su base annua, trovano copertura sui fondi del servizio sanitario regionale, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale.
6. L'articolo 46 della legge regionale 11 agosto 2017, n.16 è abrogato",
Al riguardo, la disposizione regionale non è conforme con le disposizioni previste dall'Accordo Collettivo Nazionale del 31 marzo 2020 per la disciplina dei rapporti con specialisti ambulatoriali interni, veterinari e altre professionalità sanitarie (biologi, chimici, psicologi) ambulatoriali.
In particolare, il riportato articolo 50 confligge con l'articolo 20, comma 1, del citato Accordo, in cui è stabilito che "ciascuna Azienda, prima di procedere alla pubblicazione degli incarichi, verifica la possibilità di completare l'orario degli specialisti ambulatoriali, veterinari e professionisti già titolari a tempo indeterminato presso l'Azienda stessa nella medesima branca o area professionale. In tal caso, le ore resesi disponibili e da assegnare, anche mediante frazionamento, per realizzare il completamento orario del tempo pieno (38 ore settimanali), sono assegnate con priorità ai titolari con maggiore anzianità di incarico. A parità di anzianità prevale il maggior numero di ore di incarico, in subordine l'anzianità di specializzazione ed infine la minore età. L'Azienda rende nota tale disponibilità sul proprio sito istituzionale".
In altri termini, dalla norma contrattuale si evince chiaramente come, in relazione alle disponibilità pervenute, l'Azienda debba individuare l'avente diritto all'incremento orario nel rigoroso rispetto dei soli criteri ivi previsti, tra i quali non compare quello della previa titolarità "di incarico da almeno 5 anni", contemplato, invece, dalla norma regionale.
Né, peraltro, la disposizione contrattuale configura la possibilità di transitare da una branca all'altra; al contrario, chiarisce che l'incremento orario deve riguardare la medesima branca o area professionale dello specialista ambulatoriale veterinario già titolare di un incarico a tempo indeterminato presso l'Azienda sanitaria che conferisce l'incarico, con l'ulteriore precisazione, di cui al successivo articolo 28, che "l'incarico ambulatoriale, ancorché sommato ad altra attività compatibile, non può superare le 38 ore settimanali".
Alla luce di quanto rappresentato, l'articolo 50 esercita una competenza non propria, ingerendosi nell'ambito di competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lett. I), Cost.
Ed invero, quando - come nel caso all'esame - un accordo collettivo nazionale, in attuazione dell'articolo 8 del decreto legislativo 502 del 1992, determina puntualmente la disciplina di un determinato aspetto del rapporto di lavoro, non è consentito ad una legge regionale stabilire delle deroghe (cfr. sulla sfera di competenza dei contratti collettivi, Corte cost., sentenza n. 10 del 2019).
Si solleva, pertanto, questione di legittimità costituzionale per violazione della competenza statale esclusiva in materia di "ordinamento civile" (articolo 117, secondo comma, lettera I), Cost.) e per violazione dell'esigenza connessa al precetto costituzionale di eguaglianza (articolo 3, Cost.), di garantire l'uniformità, sul territorio nazionale, delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti in questione.

6. Articolo 53

L'articolo 53 stabilisce che "In conformità alle indicazioni espresse dall'Agenzia europea per i medicinali (EMA), nelle more dell'autorizzazione definitiva da parte dell'AlFA, è autorizzata la terapia genica "Zolgensma", già inserita dall'AlFA nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del servizio sanitario nazionale ai sensi del decreto legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento dei lattanti e dei bambini affetti da atrofia muscolare spinale (SMA) fino a 21 chilogrammi di peso, anche oltre i sei mesi di età. Ai relativi oneri provvede a valere sulle risorse del capitolo 413374 nella misura di 4.200 migliaia di euro (Missione 13, Programma 1, capitolo 413374)".
La norma non risulta in linea con la legislazione vigente, in quanto richiama uno statuto normativo non più applicabile alla fattispecie disciplinata.
In particolare, il menzionato articolo 53 non tiene conto dell'intervenuta adozione della determinazione dell'AlFA n. 277 del 10 marzo 2021, con la quale è stato definito il regime di rimborsabilità e prezzo del medicinale "Zolgensma", prevedendo quanto segue:
"Indicazione terapeutica autorizzata:
«Zolgensma» è indicato per il trattamento di:
• pazienti con atrofia muscolare spinale (SMA) Sq con una mutazione biallelica nel gene SMN1 e una diagnosi clinica di SMA tipo 1, oppure
• pazienti con SMA 5q con una mutazione biallelica nel gene SMN1 efino a tre copie del gene SMN2.
Indicazione terapeutica rimborsata:
«Zolgensma» è indicato per il trattamento dell'atrofia muscolare spinale (SMA) 5q in pazienti con peso fino a 13,5 kg:
• diagnosi clinica di SMA di tipo 1 ed esordio nei primi sei mesi di vita, oppure
• diagnosi genetica di SMA di tipo I (mutazione biallelica nel gene SMNI e fino a due copie del gene SMN2)".
Successivamente, con determinazione n. 46485 del 16 aprile 2021, l'AlFA ha disposto l'esclusione del medicinale Zolgensma dall'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento entro i primi sei mesi di vita di pazienti con diagnosi genetica (mutazione biallelica nel gene SMNI e fino a 2 copie del gene SMN2) o diagnosi clinica di atrofia muscolare spinale di tipo 1 (SMA 1), in quanto tale indicazione è stata inserita nella citata determinazione del 10 marzo 2021, n. 277.
Dalle disposizioni contenute nelle determinazioni appena menzionate, emerge con chiarezza che l'AlFA ha previsto la rimborsabilità del farmaco de quo a carico del Servizio Sanitario Nazionale esclusivamente per il trattamento di pazienti con peso massimo di 13,5 kg.
Sul punto, appare opportuno evidenziare che l'accordo tra AlFA e l'azienda Novartis ha incluso l'impegno della società a mettere a disposizione il farmaco a titolo gratuito all'interno di studi clinici per i bambini con un peso compreso tra i 13,5 e i 21 kg, allo scopo di acquisire su questi pazienti, in un setting controllato, dati ulteriori di efficacia e sicurezza.
Tanto premesso, la somministrazione della terapia a pazienti aventi un peso compreso tra i 13,5 kg e i 21 kg, prevista dalla norma regionale, costituisce un livello ulteriore di assistenza, che la regione Sicilia, in quanto soggetta al piano di rientro dal disavanzo sanitario non potrebbe assicurare, neanche con fondi sociali, vigendo il divieto di effettuare spese non obbligatorie, ai sensi dell'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
Al riguardo, giova ricordare che la Corte costituzionale (cfr. ex multis sent. n. 104 del 2013) ha evidenziato che "l'autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa", specie "in un quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario".
Pertanto, si rileva l'illegittimità costituzionale dell'articolo 53 per violazione del principio del contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio generale di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
La norma segnalata viola altresì l'articolo 117, secondo comma, lettera m) in materia di livelli essenziali di assistenza e l'articolo 81, terzo comma, della Costituzione, in quanto, in ragione della sua genericità, si pone in contrasto con i princìpi di certezza e attualità della copertura finanziaria.
La disposizione travalica le competenze affidate alla Regione dallo Statuto di autonomia che, all’articolo 17, comma 1, lettera c), affida alla stessa il potere di emanare leggi in materia di assistenza sanitaria, al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione, tuttavia tale potere deve essere esercitato nel limite “dei princìpi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato”.

7. Articolo 54

Profili di illegittimità si riscontrano anche in relazione all'articolo 54, in particolare laddove prevede che l'istituzione di centri regionali di riferimento per l'esecuzione delle analisi genetiche denominate "Non Invasive Prenatal Test- NIP" e contempla, a favore delle assistite residenti in ambito regionale, l'esenzione dalla partecipazione al costo correlato ai predetti screening, disponendo altresì che "al fine dell'adeguamento delle strutture e degli impianti tecnologici, operativi e strumentali finalizzato ad assicurare l'offerta dello screening prenatale di cui al comma 2, è autorizzata la spesa di 4.000 migliaia di euro cui si provvede a valere sul Fondo sanitario regionale".
Al riguardo, le indagini genetiche indicate dalla disposizione in esame non sono attualmente incluse nei livelli essenziali di assistenza e conseguentemente non possono essere garantite dal SSN.
L'allegato 10C del D.P.C.M. 12 gennaio 2017 ("Condizioni di accesso alla diagnosi prenatale invasiva, in esclusione dalla quota di partecipazione al costo"), infatti, non contempla i NIPT tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria per i quali è prevista la relativa esenzione.
La previsione contenuta nel comma 2 dell'articolo de qua, dunque, integra un livello ulteriore di assistenza, che la regione Sicilia, essendo in piano di rientro, non può assicurare, vigendo il divieto di spese non obbligatorie, ai sensi dell'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
Si rileva, pertanto, la violazione dell'articolo 117, terzo comma della Costituzione, per violazione dei princìpi fondamentali della materia "coordinamento della finanza pubblica" e dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), in materia di livelli essenziali di assistenza.
Nella disposizione in esame, peraltro, non sono contenute indicazioni in ordine alle risorse che si intendono utilizzare per l'esecuzione dei NIPT in regime di esenzione, posto che nella norma si fa solo riferimento alle risorse che verranno utilizzate per l'adeguamento delle strutture e degli impianti tecnologici, operativi e strumentali finalizzato ad assicurare l'offerta dello screening prenatale stesso. Pertanto, si ravvisa anche la violazione dell'articolo 81, terzo comma Cost., in quanto, in ragione della sua genericità, si pone in contrasto con i princìpi di certezza e attualità della copertura finanziaria costituzionalmente garantiti.
Peraltro, è all’uopo utile rappresentare che la Commissione nazionale permanente per l'aggiornamento dei LEA ha dato priorità alla valutazione dell'inserimento di questa tipologia di test nei Livelli essenziali di assistenza e che, in alcune regioni non in piano di rientro, sono state già avviate delle sperimentazioni specifiche, con modalità organizzative differenti, dirette ad utilizzare il NIPT come test di screening diretto a prevenire le più comuni patologie cromosomiche (trisomie) del feto.
Anche in tale ipotesi valgono le considerazioni indicate per l’articolo 53 circa il superamento delle competenze statutarie.

8. Articolo 55

L'articolo 55 presenta un profilo di incostituzionalità relativamente alla previsione per cui "Al fine di garantire maggiore accessibilità alla terapia antidolorifica nelle pazienti affette da endometriosi, in ottemperanza a quanto stabilito dalle società scientifiche del settore, l'Assessore per la salute è autorizzato a consentire la prescrivibilità dei farmaci antinfiammatori non steroidei in fascia A in deroga ai vincoli previsti dalla nota AlFA 66 per tutte le pazienti in possesso del codice di esenzione 063. Ai relativi oneri nei limiti di un milione di euro si provvede a valere sulle risorse del capitolo 413374 (Missione 13, Programma 1, capitolo 413374)".
Al riguardo, l'esenzione prevista a favore degli assistiti affetti da patologie croniche è relativa alle sole prestazioni di specialistica ambulatoriale correlate e non si estende ai farmaci.
A livello nazionale, infatti, i farmaci sono classificati in fascia A, gratuiti per tutti gli assistiti, o in fascia C, completamente a carico degli assistiti stessi.
Anche la previsione contenuta nella disposizione in esame, dunque, consentendo la prescrivibilità a favore delle assistite con esenzione per endometriosi di alcuni farmaci in Fascia A in deroga ai vincoli fissati con la menzionata nota AlFA n. 66 e ponendo il relativo onere a carico di risorse di natura sanitaria (visto il riferimento alla Missione 13, Programma 1, e al capitolo relativo al cofinanziamento regionale farmaci innovativi), integra un livello ulteriore di assistenza (extra-LEA) che la regione Sicilia non può garantire, in quanto soggetta al piano di rientro dal disavanzo sanitario, stante il divieto di spese non obbligatorie.
Tanto premesso, si rileva il difetto di legittimità costituzionale della norma per la violazione dell'articolo 117, terzo comma, Cost. per violazione dei princìpi fondamentali della materia "coordinamento della finanza pubblica" e dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), in materia di livelli essenziali di assistenza.
Anche in tale ipotesi valgono le considerazioni indicate per l’articolo 53 circa il superamento delle competenze statutarie.

9. Articolo 56

L'articolo 56, comma 1, riconosce un contributo al REMESA (REseau MEditerranèen de Santè Animale), ovvero una rete che è stata istituita sotto l'egida dell'OlE (Organizzazione Mondiale della Sanità Animale) e della FAO (Organizzazione Mondiale dell'Alimentazione e dell'Agricoltura), che comprende i Capi dei Servizi Veterinari di 15 Paesi del Mediterraneo e ha obiettivi e finalità diverse dall'ufficio istituito presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, sede di Palermo, denominato Scientific and Technical Office of REMESA (STOR).
Nel dettaglio, la Rete mediterranea è un network nato per cooperare allo sviluppo e all'implementazione di progetti e programmi riguardanti temi di comune interesse per i Paesi aderenti e relativi alla salute animale.
Lo STOR di Palermo, istituito con una risoluzione votata nel corso della 18° Joint Permanent Commitee (JPC) del REMESA il 26/27 giugno 2019 al Cairo, è nato per fornire supporto scientifico alla rete REMESA in coordinamento con il Segretariato OlE/FAO, con specifiche finalità tra cui: fungere da sede amministrativo-logistica della rete, agevolare la comunicazione e il contatto tra ricercatori ed esperti afferenti la rete REMESA, assistere i Paesi nell'applicazione per ottenere fondi per lo sviluppo di progetti e attività analoghe di carattere internazionale.
Al riguardo, è opportuno evidenziare che per le suddette attività istituzionali l'IZS Sicilia, nel marzo 2021, ha presentato già un progetto all'OlE, con una richiesta di finanziamento per la stessa cifra (pari a 250.000,00 €), oggi indicata dalla norma regionale.
Alla luce di quanto sopra, in merito al finanziamento previsto dalla legge della regione siciliana ora in commento, lo stesso non può essere decurtato dalle risorse del Fondo Sanitario Nazionale, destinate, per la quota spettante, al funzionamento e alle funzioni istituzionali ordinarie dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, così come individuate dalla delibera CIPE “Fondo sanitario nazionale - Riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale”, ai sensi dell’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (cfr. Tabella B - delibera CIPE 14 maggio 2020, n. 20 - (20A04860) GU Serie Generale n. 230 del 16-09-2020).
Alla luce di quanto sopra, si ritiene di dover impugnare la disposizione in esame per violazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione per violazione dei princìpi fondamentali in materia di "coordinamento della finanza pubblica" ed in materia di “tutela della salute”, in quanto distrae risorse del Fondo sanitario Nazionale.

10. Articolo 57

L'articolo 57, rubricato "Avvio progetti per la fornitura di cannabis terapeutica" prevede che:
"1. Al fine di sopperire alle richieste derivanti dal rapporto di fabbisogno accertato dalle autorità sanitarie nazionali di produzione di "cannabis terapeutica", l'Assessorato regionale dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea è autorizzato anche tramite i propri enti strumentali, all'avvio di progetti innovativi pure nelle forme del partenariato con le società presenti sul territorio nazionale, finalizzati ad avviare le procedure previste dall'articolo 17, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90".
A tal proposito, si ricorda che, a tenore della disposizione statale testé menzionata, "Chiunque intenda coltivare, produrre, fabbricare, impiegare, importare, esportare, ricevere per transito, commerciare a qualsiasi titolo o comunque detenere per il commercio sostanze stupefacenti o psicotrope, comprese nelle tabelle di cui all'articolo 14 deve munirsi dell'autorizzazione del Ministero della sanità".
L'articolo 26 del citato D.P.R. n. 309 del 1990 prevede, inoltre, che "(…) è vietata nel territorio dello Stato la coltivazione delle piante comprese nella tabella I e II di cui all'articolo 14 (…)"; tuttavia, "il Ministro della Sanità può autorizzare istituti universitari e laboratori pubblici aventi fini istituzionali di ricerca, alla coltivazione delle piante sopra indicate per scopi scientifici, sperimentali o didattici".
Le competenze amministrative del Ministero della salute nella materia di cui trattasi sono poi state ulteriormente precisate dal D.M. 9 novembre 2015 (Funzioni di Organismo statale per la cannabis previsto dagli articoli 23 e 28 della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, come modificata nel 1972).
In particolare, l'articolo 1 di tale decreto, nell'individuare le precise funzioni del Ministero della salute, in qualità di Organismo statale per la cannabis, prevede che lo stesso Dicastero: "autorizza la coltivazione delle piante di cannabis da utilizzare per la produzione di medicinali di origine vegetale a base di cannabis [ ... ]"; "individua le aree destinate alla suddetta coltivazione (..)"; "importa, esporta e distribuisce sul territorio nazionale, ovvero autorizza l'importazione, l'esportazione, la distribuzione all'ingrosso e il mantenimento di scorte delle piante e materiale a base di cannabis (...)"; "provvede alla determinazione delle quote di fabbricazione di sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis sulla base delle richieste delle Regioni e delle Province Autonome e ne informa l'International Narcotics Conntrol Board (INCB) presso le Nazioni Unite".
Alla luce di quanto appena rappresentato, è chiaro che le autorizzazioni alla sperimentazione, anche nell'ambito di progetti che comportino pure indirettamente un utilizzo delle piante ai sensi delle norme sopra richiamate, devono essere rilasciate preventivamente dal Ministero della salute.
La norma regionale rischia, pertanto, di realizzare una commistione tra le funzioni dell'Assessorato regionale all'agricoltura e quelle amministrative proprie del Ministero della salute, con possibili ripercussioni sull'effettiva capacità del sistema di assicurare un adeguato livello di garanzie al fondamentale diritto alla tutela della salute presidiato dall'articolo 32 della Costituzione.
Ed invero, l'attribuzione a livello statale delle descritte funzioni amministrative, oltreché nel principio di uguaglianza (articolo 3 Cost.), trova giustificazione in precise esigenze di tutela della salute, che, per loro natura, richiedono, in attuazione del principio di adeguatezza di cui all'articolo 118 della Costituzione, un esercizio unitario (in tal senso, anche la Corte Costituzionale, sentenze nn. 12/2004 e 303/2003).

In relazione alle considerazioni che precedono, poiché la legge regionale Sicilia n. 9 del 2021 esorbita dalle competenze affidate alla Regione dallo Statuto Speciale di autonomia, R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, e viola gli articoli della Costituzione di volta in volta menzionati, si ritiene di dover promuovere l’impugnativa dinanzi la Corte costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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