Dettaglio Legge Regionale

Disciplina della ricerca ed utilizzazione delle acque minerali e termali, delle risorse geotermiche e delle acque di sorgente. (29-7-2008)
Campania
Legge n.8 del 29-7-2008
n.32 del 11-8-2008
Politiche infrastrutturali
3-10-2008 / Impugnata
La legge regionale in esame, che detta la disciplina della ricerca ed utilizzazione delle acque minerali e termali, delle risorse geotermiche e delle acque di sorgente, presenta aspetti di illegittimità costituizionale in relativamente alle norme contenute negli articoli 33, comma 10, 44, comma 8 e 45. In particolare :

1 . L’articolo 33, comma 10 prevede “Non sono assoggettate a valutazione di impatto ambientale o valutazione di incidenza i rinnovi delle concessioni in attività da almeno cinque anni dall’entrata in vigore della presente legge”.
In via preliminare, occorre considerare che è diritto dovere della amministrazione titolare del potere autorizzativo, alla scadenza di ogni singola autorizzazione, verificare sia l’eventuale mutamento delle condizioni territoriali ed ambientali sia gli aggiornamenti intervenuti nel quadro normativo di riferimento prima di poter assumere una qualsiasi decisione liberatoria, sia pure in termini prescrittivi, o, in alternativa, interdittiva.
Inoltre, il limite temporale di una autorizzazione, sotto il profilo giuridico amministrativo, rappresenta il punto cronologico oltre il quale l’intervento autorizzato cessa di esistere.
Tanto premesso, è evidente che la previsione dell’art. 33, comma 10, disponendo il non assoggettamento alle procedure di VIA tout court di tutti “i rinnovi delle concessioni in attività da almeno cinque anni dall’entrata in vigore della presente legge” consente la indebita sottrazione alla vigente normativa in materia di VIA di intere categorie di progetti, in aperta e palese violazione di quanto nello specifico stabilito dal D. Lgs. 152/06 e s.m.i., Allegato III alla Parte Seconda, lettera b) e allegato IV, punto 7, lettera d). Infatti, in primo luogo, verrebbero ad essere escluse dalle procedure VIA , al momento del rinnovo della concessione quelle attività in precedenza mai sottoposte a tale procedura in quanto precedenti all’entrata in vigore della normativa comunitaria. Tale esclusione risulta in netto contrasto con i principi sopra richiamati e con gli obblighi indicati dall’ampia e specifica giurisprudenza della Corte di giustizia Europea (v. causa C-201/02, sentenza 7 gennaio 2004, c.d. Delena Wells)Inoltre nella evenienza di rinnovo di una concessione già a suo tempo sottoposta a VIA,non sarebbe possibile verificare se gli eventuali mutamenti delle condizioni territoriali ed ambientali rendano necessario o meno subordinare l’eventuale rinnovo ad un, se del caso, doveroso aggiornamento della procedura in materia di VIA a suo tempo realizzata (VIA propriamente detta ovvero verifica di VIA).
La norma regionale in esame, inoltre, presenta ulteriori aspetti di criticità in quanto non tiene conto di quei principi che il decreto legislativo n. 152/06 detta per la disciplina dei procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico. Infatti l’art. 95, comma 4 del 152/06, dispone che “tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del decreto ambientale sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni”.
E ancora, l’art. 97 del 152/05 dispone che le concessioni di utilizzazioni di acque minerali naturali e di sorgente siano rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.
Pertanto, si rileva che la norma regionale , dettando disposizioni confliggenti con la normativa comunitaria e nazionale vigente, presenta profili di illegittimità con riferimento all’art.117, comma 1 e comma 2, lett.s) della Costituzione, ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

2 .L’ art. 44, comma 8, riferendosi genericamente a “concessioni perpetue” dispone per le stesse una proroga cinquantennale senza tener conto dell’articolo 96, comma 8. del decreto legislativo n. 152/06 che prevede che "Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79". Dette disposizioni statali costituiscono espressione di standard di tutela ambientale che devono essere uniformi su tutto il territorio nazionale e pertanto la norma regionale risulta in contrasto con l' art.117, comma 2, lett.s) della Costituzione, ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

3. L' art. 45 , dedicato alle perforazioni non autorizzate, recita testualmente: “entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge i concessionari che hanno effettuato una nuova captazione di acque già oggetto di concessione in data anteriore al 31 dicembre 2005, senza la preventiva autorizzazione, presentano apposita istanza di sanatoria con le modalità previste nel regolamento di attuazione. Essi sono, altresì, tenuti al pagamento della sanzione di euro 15000,00 previa acquisizione dei pareri delle amministrazioni interessate”.
In merito si rileva come la norma disciplina una sanatoria di derivazione d’acqua in contrasto con il comma 6 dell’articolo 96 del decreto legislativo n. 152/06.
Infatti il testo unico ambientale al citato articolo 96, comma 6 dispone “Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto è ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all'articolo 17 del Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del Regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione può proseguire fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e dell'equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all'articolo 95, comma 5.
Al comma 7 dispone “I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e 4 del Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché per la presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 30 giugno 2006. In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.”
Appare necessario rilevare che il termine per la sanatoria è scaduto il 30 giugno 2006, e che il rilascio di una concessione in sanatoria è sempre subordinato al rispetto della legislazione vigente nonché di parametri, indicazioni e principi fissati nella normativa nazionale (delle utenze regolarmente assentite, del raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e dell'equilibrio del bilancio idrico).
Infine, nella norma regionale la determinazione della sanzione appare non corretta, anche in considerazione del fatto che i parametri per la determinazione della stessa sono fissati nel RD n.1175/33.
La competenza sanzionatoria in campo amministrativo si risolve sostanzialmente sia nell’ esercizio stesso del potere sia nella determinazione delle modalità di quantificazione della sanzione . Tanto è vero che la norma generale recata dall’art. 17 del R.D.n.1775/33 prevede la possibilità di modulare la quantificazione della sanzione a seconda della gravità della fattispecie da sanzionare. Pertanto, appare un illegittimo esercizio della competenza, in materia di sanzioni, da parte della regione Campania, indicare un importo specifico e non tener conto dei criteri fissati dal citato R.D.
Le richiamate disposizioni statali di riferimento costituiscono espressione di standard di tutela ambientale che devono essere uniformi su tutto il territorio nazionale e pertanto le norme regionali risultano in contrasto con l' art. 117, comma 2, lett.s) della Costituzione, ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
Per i motivi sopra esposti questo Ufficio ritiene di sollevare la questine legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.

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