Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni per l’attuazione del principio di leale collaborazione ed ulteriori disposizioni. (11-3-2022)
Abruzzo
Legge n.5 del 11-3-2022
n.28 del 18-3-2022
Politiche infrastrutturali
5-5-2022 / Impugnata
La legge della Regione Abruzzo n. 5 dell’11 marzo 2022, recante “Disposizioni per l’attuazione del principio di leale collaborazione ed ulteriori disposizioni” che modifica e integra svariate leggi regionali in molteplici settori, è censurabile relativamente all’articolo 19 che, per i motivi di seguito indicati, si pone in contrasto con l’articolo 117, terzo comma della Costituzione e, nello specifico, con i principi fondamentali posti dallo Stato nella materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia». La medesima disposizione, inoltre, ponendosi in contrasto con norme statali di recepimento di direttive europee in materia energetica, viola l’articolo 117, primo comma, della Costituzione.



In particolare:
1. L’articolo 19 interviene sulla legge regionale n. 8 del 23 aprile 2021 (Esternalizzazione del servizio gestione degli archivi dei Geni Civili regionali e ulteriori disposizioni) sostituendone l’articolo 4, recante “Disposizioni urgenti per individuazione aree inidonee all’installazione di impianti da fonti rinnovabili”.
Si rappresenta preliminarmente che l’anzidetto articolo 4 è già stato impugnato innanzi alla Corte Costituzionale con delibera del Consiglio dei Ministri del 17 giugno 2021 e dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 77 del 2022; l'articolo 4, comma 2, è stato poi modificato dall'articolo 16, comma 1, della L.R. 11 gennaio 2022, n. 1, anch'esso impugnato dal Consiglio dei Ministri con successiva delibera del 1° marzo 2022, per il quale è dunque pendente un ricorso di fronte alla Corte Costituzionale.

L’originaria formulazione, dichiarata costituzionalmente illegittima perché contrastante con le esigenze di semplificazione e di celerità che contraddistinguono il procedimento per il rilascio delle autorizzazioni per la costruzione e l’esercizio degli impianti da fonti rinnovabili, testualmente recitava:
“1. Nelle more dell'individuazione in via amministrativa delle aree e dei siti inidonei all'installazione di specifici impianti da fonti rinnovabili, così come previsto dal D.M. 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti Rinnovabili), sono sospese le installazioni non ancora autorizzate di impianti di produzione di energia eolica di ogni tipologia, le grandi installazioni di fotovoltaico posizionato a terra e di impianti per il trattamento dei rifiuti, inclusi quelli soggetti ad edilizia libera, nelle zone agricole caratterizzate da produzioni agroalimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e del paesaggio rurale.
2. La Giunta regionale è tenuta a proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione di cui al comma 1, ai sensi del D.M. 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti Rinnovabili), entro e non oltre il 31 dicembre 2021.
3. Qualora la Giunta non adempia a quanto stabilito dal comma 2, cessano le sospensioni di cui al comma l.”

L’articolo 16 della legge regionale n. 1 del 2022 ha prorogato il termine previsto dal secondo comma dell’articolo 4 spostandolo dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2022, mentre l’articolo 19 della legge n. 5 del 2022 sostituisce l’intero articolo, la cui attuale formulazione risulta quindi la seguente:
“1. I Comuni, con deliberazione del Consiglio comunale da adottare entro e non oltre il 31 maggio 2022, possono individuare le zone del territorio comunale inidonee all'installazione degli impianti da fonti rinnovabili limitatamente alle zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione del paesaggio rurale e delle tradizioni agroalimentari locali.
2. Decorso il termine previsto dal comma 1, non possono essere posti limiti ulteriori alla facoltà autorizzatoria della Regione in materia.”

Si evidenzia che la disposizione in esame attiene al regime abilitativo degli impianti di energia da fonti rinnovabili e, pertanto, coinvolge la materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», che l’art. 117, terzo comma, Cost. affida alla legislazione concorrente di Stato e Regioni.
In tale ambito, per costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, le Regioni sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati dal legislatore statale e in buona parte racchiusi nel d.lgs. n. 387 del 2003, recante “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità” (ex multis sentenze n. 11 del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020), costituente parametro statale interposto e, in specie, dall’art. 12.
I tratti essenziali della disciplina disegnata dall’anzidetto articolo 12 si compendiano nell’obiettivo di razionalizzare e di semplificare le procedure autorizzative per la costruzione e per l’esercizio degli impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili. Di regola, si prevede il rilascio di un’autorizzazione unica da parte della Regione o delle Province delegate da quest’ultima o, nel caso di impianti di potenza particolarmente elevata, del Ministero dello sviluppo economico.
Il comma 4 stabilisce, in particolare, che l’autorizzazione sia «rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni».
Il comma 7 precisa, poi, che gli impianti in questione possano «essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici» e che, in tal caso, «[n]ell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14».
Il comma 10, infine, prevede che «in Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento».
Anche le citate Linee guida, approvate con decreto ministeriale 10 settembre 2010, sono annoverate, per giurisprudenza costante dello stesso Giudice delle leggi, tra i principi fondamentali della materia, vincolanti nei confronti delle Regioni in quanto «costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria” (sentenza n. 86 del 2019). Nell’indicare puntuali modalità attuative della legge statale, le Linee guida hanno “natura inderogabile e devono essere applicate in modo uniforme in tutto il territorio nazionale (Corte Cost. sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del 2018)” (Corte Cost. sentenza n. 106 del 2020, Corte Cost. sentenza n. 177 del 2021 e, in senso analogo, Corte Cost. sentenze n. 11 del 2022 e n. 46 del 2021, come richiamate da ultimo nella sentenza n. 77 del 2022 cit.).
In particolare, l’articolo 17.1 delle Linee guida stabilisce che, al precipuo «fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee guida, le Regioni e le Province autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al presente punto e sulla base dei criteri di cui all’allegato 3».
In sostanza, le Regioni, «attraverso un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l’insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti», individuano le aree e le zone reputate non idonee, al fine di segnalare – proprio nella prospettiva dell’accelerazione – «una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione», fermo restando che in questa sede deve effettuarsi la valutazione definitiva e decisiva. L’individuazione di aree o zone non idonee opera, dunque, solo una «valutazione di “primo livello”», con finalità acceleratorie, spettando poi al procedimento di autorizzazione il compito di verificare «“se l’impianto così come effettivamente progettato, considerati i vincoli insistenti sull’area, possa essere realizzabile” (così […] Corte Cost. sentenza n. 177 del 2021)» (Corte Cost. sentenza n. 11 del 2022).
Inoltre, l'Allegato 3 (paragrafo 17) "Criteri per l'individuazione di aree non idonee" al medesimo decreto ministeriale prevede che: «L'individuazione delle aree non idonee dovrà essere effettuata dalle Regioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica, secondo le modalità indicate al paragrafo 17 e sulla base dei seguenti principi e criteri».

Ciò posto, la norma regionale che qui si contesta, appare porsi dunque in contrasto con la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 387/2003 e, in particolare, con il dianzi rassegnato quadro regolatorio rinvenibile nel citato art. 12 e nelle Linee guida che ne costituiscono attuazione, che non contemplano una funzione del Comune in tema di ubicazione di impianti di energia rinnovabile, anche “delegata” da parte della Regione, con conseguente esclusione della possibilità per il Comune stesso di utilizzare lo strumento urbanistico generale al fine di condizionare siffatti profili regolatori.
Al contrario, il quadro regolatorio di riferimento demanda alla Regione l'individuazione delle aree non idonee all'installazione di impianti da fonti rinnovabili, fermo restando che tale individuazione possa essere svolta sulla base di attività istruttorie e di proposte formulate dai Comuni.

Devesi, altresì, osservare che nell’ambito del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), viene previsto, per quel che occupa, di demandare alle Regioni, sulla base di criteri previamente prestabiliti e condivisi, l’individuazione delle aree idonee e non idonee per la localizzazione di impianti da fonti rinnovabili.
A tali fini, particolare rilievo è stato attribuito all’individuazione delle aree adatte alla realizzazione degli impianti nonché alla condivisione degli obiettivi nazionali con le Regioni, da perseguire attraverso la definizione di un quadro regolatorio nazionale che, in coerenza con le esigenze di tutela delle aree agricole e forestali, del patrimonio culturale e del paesaggio, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, stabilisca criteri (previamente condivisi con il livello regionale) sulla cui base le Regioni stesse procedano alla definizione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l’installazione di impianti da fonti rinnovabili.
In tale contesto si colloca il quadro previsionale recentemente recato dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili”, che, all’articolo 20, sotto la rubrica “Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili” , stabilisce, in particolare, che, con successivi decreti del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro della cultura e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, vengano dettati i criteri e principi per l'individuazione delle aree idonee all'installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC cui devono conformarsi le Regioni nell’attività legislativa di individuazione delle aree idonee medesime.

Alla luce di quanto su esposto, l’art. 19 della legge regionale Abruzzo n. 5 del 2022 si pone, quindi, in aperto contrasto con i principi fondamentali della materia di celere conclusione delle procedure di autorizzazione e di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, principi che sono al contempo attuativi di direttive dell’Unione europea e riflettono anche impegni internazionali vòlti a favorire l’energia prodotta da fonti rinnovabili (Corte Cost. sentenza n. 286 del 2019), risorse irrinunciabili al fine di contrastare i cambiamenti climatici.
La norma regionale risulta quindi in contrasto con l’articolo 117, terzo comma della Costituzione, con riferimento alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», oltre a violare l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, che impone anche alle regioni il rispetto del diritto europeo nell’esercizio della propria competenza legislativa, considerato che le richiamate disposizioni statale costituiscono recepimento di direttive europee in materia energetica.


Per i motivi esposti, la legge regionale, limitatamente alla disposizione di cui all'articolo 19, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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