Dettaglio Legge Regionale

Stabilizzazione del personale sanitario precario, in attuazione della legge 30 dicembre 2021, n. 234. (4-8-2022)
Molise
Legge n.13 del 4-8-2022
n.41 del 5-8-2022
Politiche socio sanitarie e culturali
28-9-2022 / Impugnata
La Legge Regione Molise n. 13 del 4 agosto 2022, pubblicata sul B.U.R n. 41 del 5 agosto 2022, recante “Stabilizzazione del personale sanitario precario, in attuazione della legge 30 dicembre 2021, n. 234” presenta profili di illegittimità costituzionale, come di seguito evidenziato:

In particolare l'articolo 1 stabilisce che "Ai fini dell'attuazione dell'articolo 1, comma 268, lettera b) e c), della legge 30 dicembre 2021 n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024) e successive modificazioni, gli enti del Servizio sanitario regionale procedono preliminarmente, entro il 31 dicembre 2022, ad una ricognizione dei fabbisogni del personale, anche nel periodo pandemico, ed applicano il CCNL dell'ambito sanitario aggiornando, anche in deroga, il piano triennale del fabbisogno del personale, applicando le previsioni di legge anche al personale contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico ed amministrativo, selezionato attraverso prove selettive per titoli e/o colloquio, e che abbia maturato o che maturerà alla data del 31 dicembre 2022 i 18 mesi previsti dalla legge n. 234/2021".
In via preliminare si evidenzia che l'art. 1, comma 268, lett. b) della L. n. 234/2021, al fine di rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l'emergenza sanitaria da COVID-19, ha disciplinato, ferma restando l'applicazione del c.d. "Decreto Madia", un'apposita procedura di stabilizzazione segnatamente disponendo che: "(...) gli enti del Servizio sanitario nazionale (…)ferma restando l'applicazione dell'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, dal 1° luglio 2022 e fino al 31 dicembre 2023 possono assumere a tempo indeterminato, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale, il personale del ruolo sanitario e del ruolo sociosanitario, anche qualora non più in servizio, che siano stati reclutati a tempo determinato con procedure concorsuali, ivi incluse le selezioni di cui all'articolo 2-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e che abbiano maturato al 30 giugno 2022 alle dipendenze di un ente del Servizio sanitario nazionale almeno diciotto mesi di servizio, anche non continuativi, di cui almeno sei mesi nel periodo intercorrente tra il 31 gennaio 2020 e il 30 giugno 2022, secondo criteri di priorità definiti da ciascuna regione. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto mediante procedure diverse da quelle sopra indicate si provvede previo espletamento di prove selettive;".
La lettera c) del medesimo art. 1, comma 268, lett. b) della L. n. 234/2021, a sua volta, stabilisce che gli enti del Servizio sanitario nazionale "possono, anche al fine di reinternalizzare i servizi appaltati ed evitare differenze retributive a parità di prestazioni lavorative, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale, avviare procedure selettive per il reclutamento del personale da impiegare per l'assolvimento delle funzioni reinternalizzate, prevedendo la valorizzazione, anche attraverso una riserva di posti non superiore al 50 per cento di quelli disponibili, del personale impiegato in mansioni sanitarie e socio-sanitarie corrispondenti nelle attività dei servizi esternalizzati che abbia garantito assistenza ai pazienti in tutto il periodo compreso tra il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021 e con almeno tre anni di servizio."
Ciò premesso, con riferimento specifico all'art. 1, comma 268, lettera b), della legge 30 dicembre 2021 n. 234, emerge come il legislatore regionale, pur nel dichiarato intanto di darvi attuazione, abbia invero elaborato criteri propri, come la possibilità di derogare al pieno triennale dei fabbisogni del personale, nonché di ampliare l'ambito soggettivo di applicazione anche al personale del ruolo tecnico e amministrativo, ovvero di estendere al 31 dicembre 2022 la finestra temporale utile ai fini della maturazione dei 18 mesi di servizio; ciò, in palese difformità con quanto stabilito dal legislatore statale.

Per completezza espositiva si rappresenta che, in tema di stabilizzazione del personale c.d. precario, la Corte Costituzionale ha più volte qualificato le norme statali in materia come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, poiché si ispirano alla finalità del contenimento della spesa pubblica e, nello specifico, al settore del personale (ex plurimis, sentenze n.n. 310, 108,69 e 68 del 2011; 51 del 2012; 277/2013; 231/2017; n. 194/2020). Più nel dettaglio, la Corte "ha riconosciuto come principi di coordinamento della finanza pubblica le disposizioni statali che stabiliscono limiti e vincoli al reclutamento del personale delle amministrazioni pubbliche ovvero relative alla stabilizzazione del personale precario, in quanto incidono sul rilevante aggregato di finanza pubblica costituito dalla spesa per il personale" (sentenze n.n. 1 del 2018, 277 e 18 del 2013, 148 e 139 del 2012; 251 del 2020). La disciplina in questione è, altresì, riconducibile alla materia dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. l) Cost. posto che la norma regionale incide sulla regolamentazione del rapporto precario (in particolare, sugli aspetti connessi alla sua durata) e determina, al contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico (il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione). In tale prospettiva, la Corte Costituzionale ha avuto modo di chiarire che la disciplina della fase costitutiva del contratto di lavoro, così come quella del rapporto sorto per effetto dello stesso, si realizzano mediante la stipulazione di un contratto di diritto privato e, pertanto, appartengono alla materia dell'ordinamento civile (cfr. ex multis sentenza n. 324 del 2010 e n. 69 del 2011).
In ragione di tutto quanto sopra esposto, l'articolo 1 della legge in esame ponendosi in contrasto con la normativa statale sopra citata viola l'art. 117, comma 3, Cost. che riserva allo Stato la competenza a porre principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, nonché l'art. 117, comma 2, lett. l) Cost. concernente la materia dell'ordinamento civile.

Infine, tenuto conto che la Regione è impegnata nel programma operativo di prosecuzione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, si evidenzia la necessità che venga assicurata la compatibilità delle previsioni di cui trattasi non solo rispetto alla normativa nazionale, ma anche rispetto ai contenuti del piano di rientro e dei programmi operativi relativi all'attuazione del commissariamento vigente nella sanità regionale.
Ed infatti, le disposizioni segnalate, devono, in ogni caso, essere valutate alla luce degli obiettivi di risanamento dei conti, riorganizzazione e riqualificazione del servizio sanitario regionale. In altri termini, deve trattarsi pur sempre di interventi coerenti con il quadro economico programmatico complessivo per il triennio 2022-2024, pena la violazione del principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e del correlato principio di coordinamento della finanza pubblica di cui è da considerarsi espressione il Programma operativo di prosecuzione del Piano di rientro, la vincolatività delle cui previsioni è da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale(sentenza Corte costituzionale n. 130 del 2020) in forza dell'art. 2, comma 80 della legge n. 191 del 2009 a norma del quale gli interventi individuati dal piano di rientro sono assolutamente obbligatori.

Infine, tenuto conto del commissariamento della Regione Molise, occorre, altresì, escludere una eventuale interferenza delle disposizioni de quibus, con le funzioni demandate al Commissario ad acta.
In merito, si rammenta che la Corte costituzionale ha costantemente affermato che, ai sensi dell'art. 120, secondo comma, Cost., "il Governo può nominare un commissario ad acta, le cui funzioni, come definite nel mandato conferitogli e come specificate dai programmi operativi (ex art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009), pur avendo carattere amministrativo e non legislativo (sentenza n. 361 del 2010), devono restare, fino all'esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali - anche qualora questi agissero per via legislativa - pena la violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost." (ex plurimis, sentenze n. 14 del 2017; n. 266 del 2016; n. 278 e n. 110 del 2014; n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013 e già n. 78 del 2011). "L'illegittimità costituzionale della legge regionale sussiste anche quando l'interferenza è meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare il piano di rientro "(sentenza n. 110 del 2014; n. 14 del 2017; nello stesso senso, n. 266 del 2016 e n. 227 del 2015).
Il divieto di interferenza con le funzioni commissariali si traduce, dunque, in un "effetto interdittivo di qualsiasi disposizione incompatibile con gli impegni assunti ai fini del risanamento economico-finanziario del disavanzo sanitario regionale (sentenza n. 51 del 2013), potendo essa intervenire in maniera disarmonica rispetto alle scelte commissariali e, dunque, indirettamente ostacolare l'unitarietà dell'intervento (sentenza n. 266 del 2016)" (cfr. Corte cost., sent. 106/2017).
Per questi motivi, la norma in esame viola l'articolo 120, secondo comma, Cost.


Per i motivi esposti, si ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale della legge regionale in esame.

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