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Modificazioni della legge provinciale sui lavori pubblici, della legge provinciale sulla ricerca e della legge provinciale 16 giugno 2006, n. 3 (Norme in materia di governo dell'autonomia del Trentino). (7-4-2011)
Trento
Legge n.7 del 7-4-2011
n.15 del 12-4-2011
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE

Con delibera del Consiglio dei Ministri del 19 maggio 2011, il Governo ha impugnato alcune norme della legge provinciale di modifica dela legge provinciale sui lavori pubblici.
In particolare sono state censurate :
- una norma (art.13, comma 1) che prevede la facoltà in capo alle amministrazioni aggiudicatrici di sostituire il certificato di collaudo con quello di regolare esecuzione dei lavori che è difforme rispetto alla norma statale contenuta nel codice dei contratti pubblici, che prevede analoga facoltà solo per contratti del valore inferiore ai 500.000 euro.
- una disposizione (l’art. 17, comma 1) che attribuisce al regolamento provinciale la possibilità di individuare i casi in cui i lavori pubblici sono individuati a corpo o a misura, in contrasto con la normativa nazionale.
- la disciplina (30, comma 4)delle opere superspecialistiche ed ai requisiti di specializzazione richiesti per la loro esecuzione, che differisce da quella statale
- la disposizione (art. 47) circa l'affidamento dei lavori pubblici su beni culturali , secondo cui una perizia che individui anche genericamente le opere, i lavori e le forniture sostituisca il progetto definitivo e il progetto esecutivo, in contrasto con la normativa statale che quale prescrive che l'affidamento dei lavori, afferenti il settore dei beni culturali, sia disposto sulla base della presentazione del progetto definitivo e del progetto esecutivo.
Con l'articolo 51 della legge provinciale n. 18/2011, la Provincia è intervenuta su alcune delle norme impugnate :
- con il comma 3 ha modificato l'art.25, comma 1, della legge provinciale sui lavori pubblici, che era stato a sua volta modificato dall'art. 13, comma 1, della l.p. n. 7/2011. La modifica apportata riporta entro la soglia prevista dalla norma statale di riferimento la la facoltà in capo alle amministrazioni aggiudicatrici di sostituire il certificato di collaudo con quello di regolare esecuzione dei lavori, facendo quindi venir meno l'osservazione del Governo.
- con il comma 8 si interviene sull'articolo 37 comma 5 della .della legge provinciale sui lavori pubblici che era stato a sua volta modificato dall'art. 30, comma 4, della l.p. n. 7/2011, riguardante le opere superspecialistiche, aggiungendo un riferimento alla diisciplna statale, ma mantenendo la possibilità del sub-appalto, quindi non risolvendo la questione sollevata dal Governo, considerato che che per dette opere la norma codicistica esclude la possibilità di sub-appalto.
- con il comma 16 si interviene sull'articolo 58.19 della legge provinciale sui lavori pubblici che era stato a sua volta modificato dall'art. 47 della l.p. n. 7/2011, circa l'affidamento dei lavori pubblici su beni culturali, rendendo la disciplina provinciale conforme alla la normativa statale secondo cui l'affidamento dei lavori, afferenti il settore dei beni culturali, deve essere disposto sulla base della presentazione sia del progetto definitivo e che del progetto esecutivo.
Nessun intervento è stato invece effettuato sulla norma, censurata dal Governo, contenuta nell'art. 29 della l.p. sul lavori pubblici e modificato dall'art. 17, comma 1 della l.p. n.7/2011.

Pertanto le modifiche introdotte dall'articolo 51 della l.p. n. 18/2011 fanno venir meno le censure già formulate relative agli articoli 13, comma 1 e 47 della l.p. n. 7/2011, e sussistono quindi i presupposti per una rinuncia parziale dell'impugnativa, mentre residua l'interesse a coltivare il ricorso relativamente alle norme contenute negli articoli 17, comma 1, e 30, comma 4 della medesima legge provinciale n. 7/2011.
19-5-2011 / Impugnata
La legge in esame , che modifica la legge provinciale sui lavori pubblici, presenta diversi aspetti di illegittimità costituzionale.
E’ necessario premettere che lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol attribuisce alle Province autonome la potestà legislativa in diverse materie tra le quali, assume rilievo la materia della «viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale» (art. 8, primo comma, n. 17, dello Statuto di autonomia).
Sempre lo Statuto, nel citato art. 8, precisa che detta potestà debba essere esercitata «entro i limiti indicati dall’art. 4» e, pertanto, «in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali – tra i quali è compreso quello della tutela delle minoranze linguistiche locali – nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» (art. 4, primo comma, dello statuto di autonomia).
La giurisprudenza della Corte costituzionale, a tal proposito, ha ritenuto, con le sentenze n. 51 e n. 447 del 2006, che «il legislatore statale conserva il potere di vincolare la potestà legislativa primaria della Regione speciale attraverso l’emanazione di leggi qualificabili come “riforme economico-sociali”» (citata sentenza n. 51 del 2006). Tra di esse è stata anche ricompresa la disciplina dettata dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).
Inoltre, come aggiunge la più recente Sent. 45/2010 "la Provincia autonoma di Trento, nel dettare norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale, pur esercitando una competenza primaria specificamente attribuita dal proprio statuto di autonomia, deve non di meno rispettare, con riferimento soprattutto alla disciplina della fase del procedimento amministrativo di evidenza pubblica, i principi della tutela della concorrenza, strumentali ad assicurare le libertà comunitarie e dunque le disposizioni contenute nel Codice degli appalti che costituiscono diretta attuazione delle prescrizioni poste a livello europeo.
Altro limite alla suddetta competenza legislativa provinciale è rinvenibile nei principi dell’ordinamento civile della Repubblica, tra i quali sono ricompresi anche quelli afferenti alla disciplina di istituti e rapporti privatistici, che non può che essere uniforme sull’intero territorio nazionale, in ragione della esigenza di assicurare il rispetto del principio di uguaglianza.
In relazione a questo aspetto viene in rilievo, in linea generale, la fase di conclusione ed esecuzione del contratto di appalto. Con riferimento a tale fase la Corte, infatti, ha avuto modo di rilevare come l’amministrazione si ponga in una posizione di tendenziale parità con la controparte ed agisca non nell’esercizio di poteri amministrativi, bensì nell’esercizio della propria autonomia negoziale (sentenza n. 401 del 2007).
Ciò significa che le regioni e le province autonome possono programmare, finanziare, realizzare opere pubbliche, in quanto strumenti utili alle politiche pubbliche di loro competenza, ma la loro potestà legislativa non si può estendere né alla disciplina delle
procedure di appalto, né alla regolamentazione dell’attività negoziale: la prima è infatti attratta dalla competenza esclusiva dello Stato relativa alla «tutela della concorrenza», la seconda confluisce nell’«ordinamento civile».
Vi è infine il limite, anche contenuto nella Statuto di autonomia (art. 4, primo comma), delle norme fondamentali di riforma economico-sociale, le quali costituiscono principi generali che esigono un'attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale ( v., ad esempio, Sentt. Nn. 118, 356 e 366 del 1992; 349 e 386 del 1991).
A tal proposito, nella suindicata fase di conclusione ed esecuzione del rapporto contrattuale si collocano anche istituti che rispondono ad interessi unitari e che, implicando valutazioni e riflessi finanziari, non tollerano discipline differenziate nel territorio dello Stato (sia pure con riferimento ad un singolo istituto afferente alla fase esecutiva, si vedano la sentenza n. 447 del 2006 e, prima della riforma del Titolo V, la sentenza n. 482 del 1995).
Ciò premesso la legge in esame è censurabile relativamente alle seguenti norme :

1) l’art. 13, comma 1,che sostituisce il comma 1 dell’art. 25 della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26, prevede la facoltà in capo alle amministrazioni aggiudicatrici di sostituire il certificato di collaudo con quello di regolare esecuzione dei lavori qualora la spesa risultante dal conto finale, al netto del ribasso, non superi la soglia comunitaria. L’articolo 141, comma 3, del codice dei contratti pubblici che prevede invece che , nel caso di lavori di importo sino a 500.000 euro il certificato di collaudo sia sostituito da quello di regolare esecuzione e per i lavori di importo superiore, ma non eccedenti il milione di euro, è in facoltà del soggetto appaltante sostituire il certificato di collaudo con quello di regolare esecuzione. Pertanto la norma provinciale facendo riferimento alla soglia comunitaria, che per i lavori pubblici e di 5.150.000 di euro, si pone in contrasto con la normativa nazionale in materia di collaudo che, così come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 53/2011, 45/2010, 411/2008, afferisce alla fase della esecuzione e conclusione dei contratti e rientra specificamente nella competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile. La disposizione provinciale , quindi, eccede dalle competenze statutarie della Provincia Autonoma di cui all’articolo 8 dello Statuto speciale di autonomia violando la competenza in materia di ordinamento civile riconosciuta allo Stato dall’articolo 117, secondo comma lettera l) Cost.

2) L’art. 17, comma 1 modifica il comma 2 bis dell’art. 29 della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26; la lettera b) del novellato comma attribuisce al regolamento provinciale la possibilità di individuare i casi in cui i lavori pubblici sono individuati a corpo o a misura. La disposizione, disciplina la fattispecie in modo difforme rispetto all’art. 53, comma 4, del d.lgs. 163/2006, il quale indica tassativamente i casi in cui i contratti di appalto debbano essere stipulati a corpo e quelli invece da stipulare a misura.
Si tratta di aspetti riguardanti l’oggetto del contratto e pertanto anche in questo caso si evidenzia una violazione dell’articolo 8 dello Statuto speciale di autonomia per violazione della competenza statale in materia di ordinamento civile di cui all’articolo 117, secondo comma lettera l) Cost.

3) L’art. 30, comma 4, che sostituisce il comma 5 dell’art. 37 della legge provinciale 10 settembre 1993, stabilisce “Qualora nell'oggetto dell'appalto o della concessione di lavori rientrino, oltre ai lavori prevalenti, opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali, e qualora una o più di tali opere superi in valore il 15 per cento dell'importo totale dei lavori, se i soggetti affidatari non sono in grado di realizzare le predette componenti, possono utilizzare il subappalto con i limiti dettati dall'articolo 42. L'eventuale subappalto non può essere suddiviso senza ragioni obiettive”. La disciplina statale di riferimento è contenuta nell’art. 37, comma 11 del codice dei contratti pubblici, che consente, nella fattispecie in esame, di costituire raggruppamenti temporanei di tipo verticale, esplicitamente escludendo la possibilità di procedere a sub - appalto. In particolare, si osserva che , rispetto alla norma codicistica, viene omesso il riferimento all’elenco delle opere superspecialistiche ed ai requisiti di specializzazione richiesti per la loro esecuzione, la cui disciplina, ai sensi del medesimo art. 37 comma 11 del medesimo codice, è rimessa al regolamento statale di attuazione. Si evidenzia che la disciplina relativa alla qualificazione necessaria per la partecipazione alle procedure di gara, nel rispetto dei principi di parità di trattamento e di tutela della concorrenza, non può che essere uniforme in tutto il territorio nazionale (cfr. Corte Cost., 17.12.2008, n. 411). La norma provinciale quindi eccede il limite del rispetto degli obblighi internazionali, di cui agli articoli 4 e 8 dello Statuto di autonomia, tra i quali è da annoverarsi, così come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 45/2010, “il rispetto dei principi generali del diritto comunitario e delle disposizioni contenute nel Trattato del 25 marzo 1957 istitutivo della Comunità europea, ora ridenominato, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e, in particolare, per quanto interessa in questa sede, di quelle che tutelano la libera concorrenza”. La stessa Corte ha precisato che la nozione di concorrenza di cui al secondo comma, lettera e), dell’art. 117 della Costituzione «non può che riflettere quella operante in ambito comunitario» (sentenza n. 401 del 2007).
Pertanto la norma in parola viola l’articolo 117, primo comma , Cost, ed invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza di cui all’art articolo 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione, in contrasto altresì con l'articolo 117, secondo comma lettera l) Cost. con riferimento all'ardinamento civile e penale.

4) L'art. 47 che va a modificare l'art. 58.19 l.p. 26/93 prevede che l'affidamento dei lavori pubblici su beni culturali sia disposto sulla base di una perizia che individui anche genericamente le opere, i lavori e le forniture, in sostituzione sia del progetto definitivo che del progetto esecutivo.
Tale disposizione si pone in contrasto con la normativa statale contenuta nell'art. 203 del d.lgs. 163 del 2006 la quale prescrive che l'affidamento dei lavori, afferenti il settore dei beni culturali, sia disposto sulla base della presentazione del progetto definitivo e del progetto esecutivo; quest'ultimo può essere omesso solo in determinati casi tassativamente previsti.
Tale disposizione ha come scopo la conservazione dei beni culturali, attenendo a profili di tutela che non possono essere derogati, e quindi, nonostante la competenza primaria della provincia autonoma in materia di tutela dei beni culturali, la stessa è tenuta a rispettare le disposizioni che assicurano una tutela minima uniforme su tutto il territorio nazionale .La disposizoni in esame presenta dunque profili di incostituzionalità in quanto non assicura le funzioni minime indefettibili di tutela del patrimonio culturale, come previste dal D.lgs. N. 42/2004, le quali costituiscono , come più volte riconosciuto dalla Corte Costituzionale nella Sentt. N. 164/2009 e 101/2010 norme di grande riforma economico-sociale, cui anche le province autonome debbono uniformarsi, in violazione quindi dell’articolo 8 dello Statuto speciale di autonomia.

Per questi motivi la legge deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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