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Norme in materia di incentivazione alla transizione energetica. (7-11-2022)
Puglia
Legge n.28 del 7-11-2022
n.122 del 8-11-2022
Politiche infrastrutturali
28-12-2022 /
Impugnata
La legge della Regione Puglia n.28 del 7 novembre 2022 recante “Norme in materia di incentivazione alla transizione energetica” è censurabile relativamente a diverse disposizioni, che, per le ragioni che di seguito si illustrano, violano l’articolo 117 comma terzo della Costituzione e, nello specifico, i principi fondamentali posti dallo Stato nella materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». Le medesime disposizioni, inoltre, considerato che si pongono in contrasto con norme statali di recepimento di direttive europee in materia energetica, violano anche l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, oltre a risulatre invasive, con specifico riferimento all’articolo 3, comma 2, della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.
Si premette che in materia di energia, come ribadito anche da costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, le Regioni sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati dal legislatore statale e in buona parte racchiusi nel d.lgs. n. 387/2003, recante “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità” (ex multis sentenze n. 11 del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020), costituente parametro statale interposto e, in specie dall’art. 12 (ex multis , sentenze n.14/2018 e n.177/2018).
I tratti essenziali della disciplina disegnata dall’anzidetto articolo 12, rubricato “Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative” si compendiano nell’obiettivo di razionalizzare e di semplificare le procedure autorizzative per la costruzione e per l’esercizio degli impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili. Di regola, si prevede il rilascio di un’autorizzazione unica da parte della Regione o delle Province delegate da quest’ultima o, nel caso di impianti di potenza particolarmente elevata, del Ministero dello sviluppo economico. Anche le Linee guida, approvate con decreto ministeriale 10 settembre 2010, adottate in attuazione dell’art.12, comma 10, del suddetto decreto legislativo n. 387/2003 e del decreto legislativo n.28/2011 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), il cui rispetto si impone al legislatore regionale, sono annoverate, per giurisprudenza costante della Corte Costituzionale, tra i principi fondamentali della materia, vincolanti nei confronti delle Regioni in quanto «costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria” (sentenza n. 86 del 2019, n.177 del 2021 e n. 106 del 2020), costituente parametro statale interposto e, in specie, dall’art. 12.
In particolare, l’art. 12 del dlgs n.387/2003 stabilisce che, per lo svolgimento del procedimento di cui al terzo comma, devono essere approvate le linee guida in sede di Conferenza unificata le quali sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio.
In attuazione di tali linee guida, le Regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Tali “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili” sono state, infine, approvate con D. M. 10 settembre 2010. Secondo, infatti, l’orientamento della Corte Costituzionale in tema di energie rinnovabili (ex plurimis, sentenze n. 224/2012, n. 275/2012, n. 192/2011, nn. 194, 168, e 119/2010, n. 282//2009, n. 364/2006), fondato sul criterio funzionale della individuazione degli interessi pubblici sottesi alla disciplina, le procedure autorizzative per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili integrano una normativa riconducibile alla materia di potestà legislativa concorrente della “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”.
Occorre inoltre osservare che, ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239 - cui la norma regionale in esame si propone di dare attuazione — è consentito predisporre misure di compensazione ambientale e territoriale “qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale” (articolo 1, comma 4, lettera f).
La previsione costituisce “principio fondamentale in materia energetica” ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, secondo quanto espressamente disposto dallo stesso articolo 1, comma 1, della Legge n. 239/2004 (“Nell'ambito dei principi derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, sono principi fondamentali in materia energetica, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, quelli posti dalla presente legge”). Infatti, come detto, la materia energetica è oggetto di legislazione concorrente, in cui la determinazione dei principi fondamentali è riservata alla legislazione dello Stato (art. 117, comma 3, Cost.).
Quanto sopra premesso, risultano in particolare censurabili, per contrasto con il predetto articolo 117, commi primo, secondo e terzo, l’articolo 1, commi 1, 2 e 3; l’ articolo 2, commi 1 e 2 e l’articolo 3, comma 2, per le ragioni che di seguito si illustrano.
L’articolo 1 ed il conseguenziale articolo 2 della legge regionale, dispongono misure di compensazione territoriale e di riequilibrio ambientale e territoriale a carico dei soggetti proponenti, dei produttori, dei vettori e dei gestori di impianti e infrastrutture energetiche, con un ambito di applicazione che riguarda le strutture già esistenti e che sembrerebbe volersi rivolgere anche alle fonti energetiche rinnovabili. Le disposizioni contenute nelle norme richiamate si pongono in netto contrasto con i principi generali in materia energetica fissati dalla legislazione nazionale mediante la Legge n. 239 del 2004 e dall’art. 12 del D. Lgs. n. 387/2003, la cui attuazione è stata disciplinata con il D.M. 10 settembre 2010.
1. L’articolo 1 sotto la rubrica “Oggetto e finalità” al comma 1 prevede che “La Regione [...] disciplina misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale fra livelli e costi di prestazione e impatto degli impianti energetici” e “...] qualora ricorrano i presupposti previsti dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 [...} e, ove pertinenti, dal decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010 [...], sono dovute misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale a carico dei proponenti, dei produttori, dei vettori e dei gestori di impianti e infrastrutture energetiche sul territorio pugliese, anche relative a strutture esistenti e in attività alimentate con combustibili di natura fossile”.
Lo stesso articolo 1, comma 2, prevede che, qualora ricorrano i presupposti previsti dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 e, ove pertinenti, dal decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010 , sono dovute misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale a carico dei proponenti, dei produttori; dei vettori e dei gestori di impianti e infrastrutture energetiche sui territorio pugliese, anche relative a strutture esistenti e in attività alimentate con combustibili di natura fossile.
L'anzidetta disposizione normativa regionale nel prevedere la doverosità delle misure di compensazione e riequilibrio ambientale e territoriale a carico dei soggetti elencati. "anche relative a strutture esistenti e in attività alimentate con combustibili di natura fossile", si pone in contrasto con il portato di cui al comma 5, dell'articolo 1, della legge n. 239 del 2004, che contempla la possibilità per Regioni, enti pubblici territoriali ed enti locali territorialmente interessati di stipulare accordi che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, solamente per nuove infrastrutture energetiche o per potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti.
La medesima disposizione regionale di cui all’articolo 1, comma 2, inoltre, presenta aspetti di illegittimità anche in specifico riferimento all'ambito soggettivo di applicazione della norma; quest'ultima, infatti, estende la previsione di misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale a carico "dei proponenti, dei produttori, dei vettori e dei gestori di impianti e infrastrutture energetiche sul territorio pugliese", così ampliando eccessivamente la portata applicativa della norma, in palese difformità dal dettato normativo nazionale di cui all’articolo 1, comma 5, della legge n. 239 del 200, teso a limitarne l'applicazione ai soli soggetti proponenti.
Pertanto, l’articolo 1, comma 2, risulta costituzionalmente illegittimo in quanto si pone in contrasto con quanto previsto al comma 5, dell’articolo 1, della legge n. 239 del 2004, che contempla la possibilità per Regioni, enti pubblici territoriali ed enti locali territorialmente interessati di stipulare accordi che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, solamente per nuove infrastrutture energetiche o per potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti.
Il contrasto con la indicata normativa statale di principio determina la violazione dell’ articolo 117, terzo comma della Costituzione con riferimento alla materia “ «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia».
2. l’art. 1, comma 3, prevede che : “La Giunta regionale, sentiti gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati, cura i negoziati con i soggetti indicati al comma 2 al fine di sottoscrivere accordi recanti misure di compensazione e misure di riequilibrio ambientale e territoriale, perseguendo i seguenti obiettivi: a) ridurre le ripercussioni negative delle infrastrutture e degli impianti sul territorio; b) garantire il miglioramento della sostenibilità ambientale di immobili e infrastrutture pubbliche; c) promuovere il risparmio energetico e la riconversione verso l’impiego diffuso di fonti energetiche rinnovabili, anche attraverso il potenziamento della misura del reddito energetico regionale di cui alla legge regionale 9 agosto 2019, n. 42 (Istituzione del Reddito energetico regionale), e la creazione di comunità energetiche; d) realizzare interventi di forestazione in ambito urbano e periurbano; e) indennizzo anche a titolo di riequilibrio per concentrazione di attività, impianto e infrastruttura a elevato impatto territoriale. La Giunta monitora l’esecuzione degli accordi”
La norma elenca, dunque, gli obiettivi a cui è volta, nell'ottica del legislatore regionale, la sottoscrizione di accordi recanti misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale. Tali obiettivi non risultano pienamente coerenti con quelli generali di politica energetica nazionale, come descritti dall'articolo 1, comma 3, lettere da a) ad m) della legge n. 239 del 2004, dove non figura, ad esempio, la realizzazione di interventi di forestazione in ambito urbano e periurbano o la necessità di garantire il miglioramento della sostenibilità ambientale di immobili e infrastrutture pubbliche. Da ciò ne deriva la violazione di detto parametro interposto che prevede espressamente che tali accordi devono essere coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale. Con specifico riferimento, poi, agli impianti alimentati a fonti rinnovabile, si evidenzia, peraltro, che le suddette voci di cui all'articolo 1, comma 3, della legge regionale in esame e non risultano pienamente coerenti neppure con le finalità degli accordi compensativi previsti dalle Linee guida di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010, e precisamente all'Allegato 2, punto numero 2, dove è previsto che "…l'autorizzazione unica può prevedere l'individuazione di misure compensative, a carattere non meramente patrimoniale, a favore degli stessi Comuni e do orientare su interventi di miglioramento ambientale correlati alla mitigazione degli impatti riconducibili al progetto, ad interventi di efficienza energetica, di diffusione di installazioni di impianti a fonti rinnovabili e di sensibilizzazione della cittadinanza sui predetti terni"; oltretutto, tali misure compensative, come previste dal decreto ministeriale 10 settembre 20 10, devono essere orientate a favore dei Comuni, diversamente da quanto è dato rinvenire nella legge regionale in esame;
Ulteriore profilo di illegittimità costituzionale del medesimo articolo 1, comma 3, della legge regionale Puglia n. 28 del 2022, si rinviene dal confronto con il parametro interposto recato, per gli impianti alimentati a fonte rinnovabile, dall'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 e dal decreto ministeriale 10 settembre 20 10, e precisamente dall'Allegato 2, punto
2, lett, f), ove è previsto che le misure compensative sono definite in sede di conferenza di servizi, sentiti i Comuni interessati, anche sulla base di quanto stabilito da eventuali provvedimenti regionali e non possono unilateralmente essere fissate da un singolo Comune, con ciò lasciando intendere che la sede dei "negoziati" volti alla definizione delle medesime misure sia esclusivamente quella amministrativa. A contrario, nel suddetto articolo 1, comma 3, è, invece, previsto che sia la Giunta regionale (organo politico), sentiti gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati, a curare i negoziati con i soggetti interessati al fine di sottoscrivere accordi recanti misure di compensazione e di riequilibrio ambientale. La Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 99/2012) ha affermato che "[ ... ] il legislatore statale, infatti, attraverso la disciplina delle procedure per l'autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha introdotto principi che, per costante giurisprudenza di questa Corte, non tollerano eccezioni sull'intero territorio nazionale, in quanto espressione della competenza legislativa concorrente in materia di energia, di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
La medesima norma regionale, ancora, nell'attribuire alla Giunta regionale il potere di concludere i suddetti accordi, si pone in evidente contrasto con l'articolo 34, comma 16, del decreto-legge 8 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, secondo cui "Gli accordi di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239, sono stipulati nei modi stabiliti con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la conferenza unificata."
Infine, con specifico riferimento alla previsione contenuta nello stesso articolo 1, comma 3, lett. e) che prevede tra gli obiettivi da perseguire con le previste misure di compensazione , un “indennizzo anche a titolo di riequilibrio per concentrazione di attività, impianto e infrastruttura a elevato impatto territoriale”, si evidenzia che le misure di compensazione non possono avere carattere meramente patrimoniale o economico. L’art. 1, comma 5 della Legge n. 239/2004 precisa infatti che “le regioni, gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387”, che, appare utile rammentare, prevede che “l’autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province”.
L’articolo 1, comma 3 della legge regionale in esame è dunque in contrasto con la indicata normativa statale di principio, in violazione dell’ articolo 117, terzo comma della Costituzione con riferimento alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia».
3. Il successivo articolo 2, della legge regionale de qua (in rubrica "Misure di compensazione territoriale relative agli impianti e alle infrastrutture di gas") prevede, invece, che "Fuori dai casi di cui all'articolo 1 della presente legge e ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della lettera f), della L 239/2004, al fine di contenere il costo del gas sostenuto dalle famiglie pugliesi e tenuto conto della mancata corresponsione di qualsiasi forma d'indennizzo o investimento anche a titolo di riequilibrio per concentrazione di attività, impianto e infrastruttura a elevato impatto territoriale, è disposta per ogni impianto o infrastruttura, nella misura del 3 per cento del valore commerciale del volume del gas prodotto, trasportato o importato in Italia, la misura di compensazione e riequilibrio territoriale a carico dei proponenti, dei produttori, dei vettori e dei gestori di impianti e infrastrutture di gas presenti, anche in esercizio, sul territorio pugliese. I soggetti di cui al comma 1 cedono il gas ai gestori della rete di trasporto locale e da questi ai distributori locali e alle società di vendita, al prezzo decurtato dall'ammontare della compensazione disposta dal comma 1, affinché il corrispettivo sia detratto a titolo di sconto in fattura alle utenze domestiche delle famiglie pugliesi. Lo sconto deve essere espressamente indicato in ogni fattura.”
La norma regionale in esame dispone quindi misure compensative ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera f) della legge n. 239/2004, senza tuttavia dimostrare la ricorrenza del presupposto della concentrazione di attività, impianti e infrastrutture a elevato impatto ambientale nel territorio d'interesse e, quindi, in contrasto con il suddetto principio fondamentale stabilito dalla legislazione dello Stato. La disposizione risulta pertanto illegittima per contrasto con l'articolo 117,terzo comma 3, della Costituzione, in materia di potestà legislativa concorrente.
A ciò si aggiunga che l'articolo 2 della legge in esame, per come formulato, non si concilia con il funzionamento della filiera del gas naturale, laddove dispone che gli operatori interessati vendano il gas "ai gestori della rete di trasporto locale e, da questi; ai distributori locali e alle società di vendita".
Infatti, nell'ambito della filiera di riferimento, il gas naturale prodotto o importato in Italia viene ceduto alle società di vendita, le quali a propria volta lo rivendono ai clienti finali. I gestori della rete di trasporto e i distributori si occupano, rispettivamente, del trasporto del gas e della consegna ai clienti finali: non è quindi conforme al sistema ed è improprio prevedere che il gas venga ceduto a prezzo decurtato "ai gestori della rete di trasporto e, da questi, ai distributori locali".
Peraltro, si consideri che, in attuazione di principi sovranazionali, l'attività di distribuzione di gas naturale è oggetto di separazione societaria da tutte le altre attività del settore del gas (art. 21, d.lgs n. 164/2000 e v. art. 23, d. lgs n. 93/2011) ed è un servizio pubblico attribuito dallo Stato in concessione secondo le disposizioni di legge (ad. 2, lett. e, legge n. 239/2004): ne consegue che la norma regionale, incidendo sull'attività dei distributori, violerebbe i predetti principi in contrasto con le disposizioni di cui all'articolo 117, commi 1 e 3, della Costituzione.
Si fa ancora rilevare che il meccanismo disciplinato dall'articolo 2 della legge regionale risulta interferire con la competenza attribuita dalla legge statale all'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (legge 14 novembre 1995, n. 481), con riguardo alla composizione della bolletta e ai relativi oneri imposti agli operatori. La norma regionale in esame impone, infatti, che gli operatori ("gestori della rete di trasporto locale, distributori locali e società di vendita") trasferiscano al cliente finale, tramite la fattura, lo sconto sul prezzo del gas derivante dalle misure compensative, senza precisare in che modo ciò incida sulla bolletta e prevedendo l'ulteriore onere a carico degli operatori medesimi di adottare il relativo regolamento operativo, da approvarsi da parte della Giunta regionale (art. 2, commi 2 e 3), introducendo, quindi, potenziali costi aggiuntivi a carico degli operatori nei settori regolati, oltre che attribuendo alla Giunta competenze regolatorie.
Anche in questo caso, pertanto, la norma viola l'art. 117, terzo comma , della Costituzione per violazione dei principi di legislazione concorrente in materia energetica.
4. l'articolo 3, comma 2, infine , prevede che la Giunta possa "modificare le modalità di erogazione e attribuzione delle misure di compensazione di cui all'articolo 2, comma 1" al fine di favorire anche le "utenze produttive", e non quindi esclusivamente quelle civili. La previsione regionale finisce dunque per favorire le utenze produttive della Regione Puglia , risultando pertanto idonea a generare effetti distorsivi della concorrenza, in violazione della competenza esclusiva statale nella materia di cui all'art. 117, comma secondo, lett. e) della Costituzione.
Ciò senza trascurare la circostanza che il medesimo art. 3, comma 2, della legge regionale in esame viene a sovrapporsi alle più recenti norme nazionali di sostegno ai costi energetici della produzione, e, in particolare, dell'articolo 16 del decreto-legge 10 marzo 2022, n. 17, convertito con modificazioni dalla legge 27 aprile 2022, n. 34, recante "Misure per fronteggiare l'emergenza derivante dal rincaro dei prezzi dei prodotti energetici attraverso il rafforzamento della sicurezza di approvvigionamento di gas naturale a prezzi equi".
La legge regionale, limitatamente alle disposizioni sopra indicate, deve quindi essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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