Dettaglio Legge Regionale

Norme in materia di caccia, pesca, foreste, ambiente, usi civici, agricoltura, patrimonio ed urbanistica. (12-12-2011)
Bolzano
Legge n.14 del 12-12-2011
n.51 del 20-12-2011
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia parziale

RINUNZIA PARZIALE

La legge della provincia di Bolzano n. 14/2011 recante:" Norme in materia di caccia, pesca, foreste, ambiente,usi civici, agricoltura, patrimonio ed urbanistica è stata oggetto di impugnazione governativa, giusta delibera del consiglio dei Ministri del 3 febbraio 2012, per vari profili di illegittimità.
Tra le varie disposizioni impugnate, si censurava l'art. 2, comma 15, che inseriva l'art. 36 bis alla legge provinciale 17 luglio 1987, n. 14, in materia di tributi.
Tale disposizione stabiliva che l'associazione dei cacciatori istituisce un fondo di garanzia da utilizzare per indennizzare ogni danno arrecato alle colture agricole e forestali dalla fauna selvatica cacciabile. In particolare, in detta norma è previsto che il fondo venga alimentato da un "contributo finanziario annuale o d'ospite nella misura compresa fra il cinque ed il dieci per cento della tassa di concessione annuale per la licenza di porto di fucile per uso caccia".
Tale contributo rappresentava, in sostanza, un tributo a carico di quei soggetti titolari di permessi annuali o d'ospite che esercitano l'attività venatoria e che sono tenuti a risarcire il danno causato alle colture agricole e forestai dalla fauna selvatica cacciabile.
Così disponendo, il legislatore provinciale si poneva in contrasto con le disposizioni che sospendono il potere delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni delle aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato. Tali disposizioni, contenute inizialmente nell’art.1 comma 7, del decreto legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito con modificazioni dalla legge 24 luglio 2008, n. 126 - abrogato dall’’art. 13, comma 14, lettera a) del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 - sono state nei fatti riproposte nell’art. 77-bis, comma 30, del decreto 1egge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in base al quale: “Resta confermata per il triennio 2009-2011, ovvero sino all’attuazione del federalismo fiscale se precedente all’anno 2011, la sospensione del potere degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato” ed è stata successivamente reiterata con l’articolo 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010 n. 220, in base alla quale “Resta confermata, sino all’attuazione del federalismo fiscale la sospensione del potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, di cui al comma 7 dell’articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008. n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, fatta eccezione per gli aumenti relativi alla tasso sui rifiuti solidi urbani (TaRSU) e per quelli previsti dai commi da 14 a 18 dell’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010.n. 78, convertito, con modificazioni , dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
L'Ufficio legislativo- finanze del Ministero dell'economia con nota del 7 marzo u.s. ha fatto presente che, per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 4, comma 4, del decreto legge n. 16 del 2 marzo 2012- ai sensi del quale sono abrogati l'art. 77 bis, comma 30 e l'art. 77 ter, comma 19 del decreto legge n. 112 del 2008, nonché l'articolo 1, comma 123 della legge 220 del 2010 - le Regioni e gli enti locali possono, ad oggi, deliberare aumenti di tributi, con salvezza dei provvedimenti normativi in tal senso, emanati prima dell'apporvazione del decreto legge n. 16 del 2012.
Per il suddetto motivo, sussiste il presupposto per la rinuncia parziale all'impugnazione della legge della provincia autonoma di Bolzano n. 14/2011, limitatamente, cioè, alla norma contenuta nell'art. 2, comma 15.
Permangono ancora validi, invece, gli altri motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri
del 3 febbraio 2012.
3-2-2012 / Impugnata
La legge provinciale, che detta modifiche a diverse precedenti norme provinciali in materia di caccia, pesca, foreste, ambiente, usi civici, agricoltura, patrimonio ed urbanistica presenta aspetti di illegittimità costituzionale relativamente ad alcune norme.
Si premette, in via generale, che, nonostante la Provincia, ai sensi dell'art. 8, comma 1, punti nn. 15 e 16, del D.P.R. 670/1972 recante lo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige, abbia una potestà legislativa primaria in materia di caccia e di parchi per la protezione della flora e della fauna, secondo una consolidata giurisprudenza costituzionale, (cfr. sent. n.378/2007) la potestà di disciplinare l'ambiente nella sua interezza è stata affidata in via esclusiva allo Stato, dall’art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione, il quale, come è noto, parla di “ambiente” (ponendovi accanto la parola “ecosistema”) in termini generali e onnicomprensivi. Ne consegue che spetta allo Stato disciplinare l’ambiente come una entità organica, dettare cioè delle norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e le singole componenti considerate come parti del tutto. Ed è da notare che la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente, inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario (sent. n. 151/1986) ed assoluto (sent. n. 210/ 1987) e deve garantire, come prescrive il diritto comunitario, un elevato livello di tutela, come tale inderogabile da altre discipline di settore. Inoltre, la disciplina unitaria del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome, in materie di competenza propria, ed in riferimento ad altri interessi. Ciò comporta che la disciplina ambientale, che scaturisce dall’esercizio di una competenza esclusiva dello Stato, investendo l’ambiente nel suo complesso, e quindi anche in ciascuna sua parte, viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza (cfr. sent. n. 380/2007).
E' indubbio, in particolare, che l'esercizio dell'attività venatoria sia da ricomprendersi nella nozione di ambiente ed ecosistema, così come la Corte Costituzionale ha ricostruito nelle sentenze citate, dal momento che tale attività incide sulla tutela della fauna e di conseguenza sull'equilibrio dell'ecosistema.
Pertanto, nelle materie oggetto di disciplina della legge in esame il legislatore provinciale, nell'esercizio della propria competenza legislativa piena, è sottoposto al rispetto degli standards minimi ed uniformi di tutela posti in essere dalla legislazione nazionale, ex art. 117, comma 2, lettera s) Cost., oltre che al rispetto della normativa comunitaria di riferimento (direttive 79/409/CEE, 92/43/CEE,88/22/CEE) secondo quanto disposto dall'articolo 8, comma 1 dello Statuto speciale di autonomia e dall'articolo117, primo comma, Cost.
Sulla base di queste premesse sono censurabili, per violazione dei vincoli posti al legislatore provinciale dal suindicato art. 8, comma 1 dello Statuto, nonché in quanto invasive della competenza esclusiva statale di cui all'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, le seguenti disposizioni della legge in esame :

1. Le norme provinciali di seguito indicate si pongono in contrasto con le disposizioni statali specificate della l. n. 157/1992, norma che costituisce un limite alla potestà legislativa regionale e provinciale, contenendo disposizioni non derogabili perché diretta espressione dell'esigenza di tutela ambientale per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio che stabiliscono standard minimi e uniformi di tutela della fauna in tutto il territorio nazionale.

1.1) l’art. 2, comma 1, modifica il comma 1 dell’ art. 2 della l.p. n.14/1987, escludendo dal campo di applicazione della norma, che definisce la fauna selvatica, i piccioni domestici inselvatichiti. Tale previsione si pone in contrasto con quanto disposto dal comma 1, dell’art. 2 della legge 11 febbraio 1992, n.157 "Norme per la protezione della fauna omeoterma e per l'esercizio dell'attività venatoria" secondo cui “Fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale”.

1.2) L’art. 2, al comma 2, modifica le lettere b) ed e) del comma 1, dell’ art. 4 della l.p. n. 14/1987 , prevedendo periodi di caccia per le specie volpe, cinghiale, lepre bianca, e pernice bianca diversi , nonché maggiori rispetto all’arco temporale massimo consentito, da quelli stabiliti dall’art. 18, commi 1 e 2 , della citata legge 157/1992. In particolare per il cinghiale e la volpe, si consente la caccia dal 1° luglio al 31 gennaio, quindi per sette mesi, mentre la norma statale la consente dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio per la volpe e dal 1 ottobre al 31 dicembre o dal 1 novembre al 31 gennaio per il cinghiale, quindi per un periodo di tempo minore. Per quanto riguarda la lepre bianca e la pernice bianca, la norma provinciale ne legittima la caccia dal 1° ottobre al 15 dicembre, mentre la norma statale indica, per tali specie, il periodo compreso tra il primo ottobre al 30 novembre, anche in questo caso dunque per un arco temporale minore.

1.3) L’art. 2, comma 3, inserisce il comma 1-bis all’art. 4 della l.p. n. 14/1987, prevedendo che, in zone frutti-viticole determinate, l'esercizio della caccia alla lepre comune, al merlo, alla cesena ed al tordo bottaccio sia consentito fino al 10 gennaio. La medesima norma , inoltre, consente , nel periodo a partire dal 16 dicembre la caccia a queste tre specie di turdidi tutti i giorni della settimana. Anche in questo caso si evidenzia un contrasto con il citato art. 18, comma 1 della legge 157/1992, per quanto riguarda il periodi di caccia e con i commi 5 e 6 del medesimo articolo 18 , secondo i quali le giornate di caccia settimanale non possono essere superiori a tre, affermando il principio del silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì.

1.4) L’art. 2, comma 5, che sostituisce l’art. 13 della l.p. n. 14/1987, prevede che l’esercizio dell’attività venatoria sia consentita sia in forma vagante sia mediante appostamento fisso. Tale previsione si pone in contrasto con l’art. 12, comma 5, della legge 157/1992, secondo il quale l'esercizio venatorio può essere praticato nelle diverse forme consentite soltanto in via esclusiva .

1.5) L’art. 2, comma 11, che aggiunge il comma 3 all’art. 29 della l.p. n. 14/1987, prevede che l’assessore competente in materia di caccia predisponga un piano di controllo della nutria da attuarsi dal Corpo forestale e dagli agenti venatori. Tale disposizione si pone in violazione della disciplina statale di riferimento in quanto la specie “Myocastor coypus” è considerata fauna selvatica italiana ai sensi dell’art. 2, comma 1 della legge 157/92
Le azioni volte al controllo delle specie di fauna selvatica sono disciplinate dall’art. 19, comma 2 della medesima legge statale che prevede la possibilità di autorizzare l’abbattimento degli esemplari di tali specie, per i fini specificatamente ivi previsti, soltanto dopo che l’ISPRA (ex INFS) abbia verificato l’inefficacia dell’utilizzo di metodi ecologici di controllo adottati (“Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica, Qualora l’Istituto verifichi l’inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento”). Appare perciò evidente che la disposizione provinciale, delineando una procedura di abbattimento delle nutrie senza subordinare tale attività alla valutazione tecnica dell’ISPRA, risulti illegittima.


2. La norma contenuta nell’art. 7, comma 5 sostituisce il comma 6 dell’art. 22 della l.p. n. 6 del 2010. La nuova disposizione stabilisce che i provvedimenti di approvazione relativi a opere o progetti che abbiano avuto una valutazione di incidenza negativa dispongono le misure compensative necessarie per garantire la coerenza globale della rete ecologica europea Natura 2000. Tale previsione, di fatto, elimina l’obbligo di dare comunicazione alla Commissione europea delle misure di compensazione adottate per i progetti per i quali la Valutazione d’incidenza abbia dato esito negativo, ponendosi pertanto in contrasto con la disciplina statale. Infatti, l’adozione di eventuali misure di compensazione deve essere obbligatoriamente comunicata per opinione o parere (a seconda dei casi ) alla Commissione europea per il tramite del Ministero dell’Ambiente della tutela del territorio e del mare , ai sensi dell’articolo 5, commi 9 e 10 del DPR n. 357/1997 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche ) nonché dell’ art. 6 comma 4 della Direttiva 92/43/CEE).

Sulla base di quanto esposto, le norme provinciali richiamate ai punti 1 e 2 , eccedono dalle competenze statutarie in quanto dettano disposizioni difformi dalla normativa statale di riferimento afferente alla materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui all’art. 117, co. 2, lett. s), per la quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, oltre a risultare in contrasto con l’articolo 117, comma 1, della Costituzione che richiede il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
Le norme provinciali devono pertanto essere impugnate, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

3 . La norma contenuta nell’art. 2, comma 15, inserisce l’art. 36-bis alla legge provinciale 17 luglio 1987, n.14, prevedendo che l’associazione dei cacciatori istituisce un fondo di garanzia da utilizzare per indennizzare ogni danno arrecato alle colture agricole e forestali dalla fauna selvatica cacciabile, In particolare. in detta norma é previsto che il fondo venga alimentato da un “contributo finanziario annuale dovuto da ogni titolare di un permesso annuale o d’ospite nella misura compresa fra il cinque e il dieci per cento della tassa di concessione annuale per la licenza dl porto di fucile per uso di caccia”.
Tale contributo rappresenta, in sostanza, un tributo a carico di quei soggetti titolari di permessi annuali o d’ospite che esercitano l’attività venatoria e che sono tenuti a risarcire il danno causato alle colture agricole e forestali dalla fauna selvatica cacciabile.
Si rileva in proposito che allo stato attuale sono ancora vigenti le disposizioni che sospendono il potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato. Tali disposizioni, contenute inizialmente nell’art.1 comma 7, del d.l. 27 maggio 2008, n. 93, convertito con modificazioni dalla legge 24 luglio 2008, n.. 126 — abrogato dall’’art. 13, comma 14, lettera a) del d.l. 6 dicembre 2011, n.201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214- sono state nei fatti riproposte nell’art. 77-bis, comma 30, del d.1.25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. in base al quale: “Resta confermata per il triennio 2009-2011, ovvero sino all’attuazione del federalismo fiscale se precedente all’anno 2011, la sospensione del potere degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato” ed è stata successivamente reiterata con l’articolo 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010 n.. 220, in base alla quale “Resta confermata, sino all’attuazione del federalismo fiscale. la sospensione del potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali. delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, di cui al comma 7 dell’articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008. n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n.. 126, fatta eccezione per gli aumenti relativi alla tasso sui rifiuti solidi urbani (TaRSU) e per quelli previsti dai commi da 14 a 18 dell’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010.n. 78, convertito, con modificazioni , dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
Quest’ultima disposizione, quindi, supera la originaria previsione del triennio, e collega il definitivo “sblocco” del potere di aumentare i tributi “sino all’attuazione del federalismo fiscale”.
Il potere di introdurre un nuovo tributo contrasta pertanto con le norme statali innanzi citate, finalizzate ad un riequilibrio finanziario complessivo, e che si inseriscono in un complesso percorso di risanamento della finanza pubblica a cui tutti gli enti territoriali, anche ad autonomia speciale, sono chiamati a partecipare.
Conseguentemente, la norma provinciale si pone in contrasto con l’art. 1, comma 123, della citata legge n. 220/2010, ed eccede dalle competenza statutarie della Provincia,
violando l’art 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario.

Le menzionate norme provinciali devono pertanto essere impugnate, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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