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Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012 - 2014 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012). (10-1-2012)
Abruzzo
Legge n.1 del 10-1-2012
n.6 del 18-1-2012
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE

Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2012 è stata impugnata la legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2012 n. 1, pubblicata sul BUR n. 6 del 18/01/2012, recante “Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012 - 2014 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012)”.
Nello specifico, tra le diverse disposizioni per le quali è stata deliberata l’impugnativa costituzionale, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, sono ricomprese le disposizioni di seguito elencate:

- l’art. 1, comma 1, dispone il rifinanziamento della legge regionale n. 72/2000, nella parte in cui fornisce un contributo ai cittadini abruzzesi portatori di handicap psicofisici che applicano il metodo DOMAN. Tale disposizione interferisce con le funzioni del commissario ad acta e, pertanto, viola l’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Inoltre, non rispettando i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario, lede i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 e viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.

- l’art. 42, comma 2, nell’introdurre l’art. 12-bis dopo l’art. 12 della l. r. n. 6 del 2011, demanda alla Giunta regionale la definizione delle linee di indirizzo per le aziende del servizio sanitario regionale volte all’implementazione del sistema di misurazione e di valutazione della performance del personale sanitario regionale. Tale disposizione interferisce con le funzioni del commissario ad acta e, pertanto, viola l’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Inoltre, non rispettando i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario, lede i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 e viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.

- l’art. 44 stabilisce che la quota di compartecipazione a carico degli assistiti per le prestazioni di assistenza specialistica, comprensiva del ticket di 10 euro, non possa superare il costo della prestazione. Tale disposizione interferisce con le funzioni del commissario ad acta e, pertanto, viola l’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Viola, inoltre, l’art. 117, terzo comma, della Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica, ledendo sia i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 in quanto non rispetta i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario, sia i principi contenuti nell’art. 1, comma 796, lettera p) e p-bis) della legge 296/2006 (Finanziaria 2007) e nell’art. 17, comma 6 del d. l. n. 98 del 2011, convertito in l. n. 111 del 2011, in quanto la quota di compartecipazione dovuta dagli assistiti differente da quella stabilita dalla norma statale è consentita previa certificazione di equivalenza finanziaria. Da ultimo viola l’articolo 81 della Costituzione in quanto determina un minore livello di entrate rispetto a quelle ritenute congrue per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza senza prevedere la corrispondente copertura delle spese necessarie per compensare le minori entrate.

- l’art. 45, comma 2, nel modificare l’art. 3, comma 5, lett. b) della legge regionale 32/2007, prevede che gli studi professionali singoli e associati, mono e polispecialistici, di cui al comma 2 dell’articolo 8 ter del d.lgs. 502/92, possano ottenere da parte del Comune territorialmente competente il rilascio dell’autorizzazione, e il contestuale permesso di costruzione, realizzazione, ampliamento, trasformazione o trasferimento della struttura sanitaria o socio-sanitaria, senza la preveniva acquisizione del nulla-osta di compatibilità, da esprimersi con parere obbligatorio e vincolante, da parte della Direzione Sanità.
Tale disposizione interferisce con le funzioni del commissario ad acta e, pertanto, viola l’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Viola, altresì, l’art. 117, terzo comma, della Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica, i quanto lede i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 in quanto non rispetta i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario. Da ultimo viola i principi fondamentali in materia di tutela della salute di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione in quanto si pone in contrasto con l’art. 8-ter, comma 3, del d. lgs. n. 502/92 il quale stabilisce che l’erogazione di prestazioni con oneri imputabili al S.S.N. sia consentita solo presso strutture particolarmente qualificate che hanno ottenuto il riconoscimento di qualità con l’atto di accreditamento.

- l’art. 46 stabilisce che, fermo restando il budget assegnato, la struttura privata accreditata erogante prestazioni di riabilitazione ex art.26 legge 833/1978 possa trasferire, nell’ambito della stessa ASL, parte di tali prestazioni in sedi presenti all’interno della stessa ASL già autorizzate ma non accreditate. Tale disposizione interferisce con le funzioni del commissario ad acta e, pertanto, viola l’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Inoltre, non rispettando i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario, lede i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 e viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica. Da ultimo viola i principi fondamentali in materia di tutela della salute di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione in quanto si pone in contrasto gli artt.8-bis, 8-ter, 8- quater, d.lgs. 502/92, i quali stabiliscono che l’erogazione di prestazioni con oneri imputabili al S.S.N. sia consentita solo presso strutture particolarmente qualificate che hanno ottenuto il riconoscimento di qualità con l’atto di accreditamento.

Con successiva legge regionale 16 luglio 2013, n. 21, recante “Abrogazione della L.R. 29 ottobre 2012, n. 51 “Sospensione disposizioni di cui alla legge regionale n. 1 del 10.01.2012 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012) in applicazione dell'art. 17, comma 4, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98” e abrogazione di disposizioni di cui alla L.R. 10 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012 - 2014 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012)”.”- per la quale il Governo, nella seduta del 19 settembre 2013, ha deliberato la non impugnativa - è stata disposta dall’art. 2 l’abrogazione degli artt. 1, comma 1, 42, comma 2, 44, 45, comma 2, e 46 della legge regionale n. 1/2012 consentendo, pertanto, di superare i rilievi governativi .

Il Ministero della salute, con nota LEG 4822-P del 18 settembre 2013, ed il Ministero dell’economia e delle finanze, con nota prot. n. 13762 del 5 novembre 2013, hanno comunicato di ritenere superati i rilievi di incostituzionalità deliberati in riferimento alla legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2012, n. 1.

Per i motivi sopra rappresentati, sussiste il presupposto per la rinuncia parziale all’impugnativa della legge regionale n. 1/2012, limitatamente agli artt. 1, comma 1, 42, comma 2, 44, 45, comma 2, e 46.

Permangono ancora validi gli ulteriori motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2012.
9-3-2012 / Impugnata

La legge della regione Abruzzo 10 gennaio 2012, n. 1, recante: “Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012)” presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:

1) La norma contenuta nell’articolo 16 introduce modifiche alla legge regionale n. 25 del 3 agosto 2011 recante “Disposizioni in materia di acque con istituzione del fondo speciale destinato alla perequazione in favore del territorio montano per le azioni di tutela delle falde e in materia di proventi relativi alle utenze pubbliche”, prevedendo, al comma 2, che “al comma 1, dell’articolo 12 (Aggiornamenti dei costi unitari e dei canoni minimi relativi ai canoni di concessione di acque pubbliche) della legge regionale n. 25/2011 le parole “di potenza nominale concessa o riconosciuta, in euro 27,50” sono sostituite con le parole “di potenza efficiente, riportata nei rapporti annuali dell’anno precedente, dal GSE, in 35,00”.
Occorre preliminarmente osservare che, in materia di concessioni di derivazioni di acqua pubblica, l’art. 35 del T.U. n. 1775 del 1933 prevede che le utenze di acqua pubblica siano sottoposte al pagamento di un canone annuo e che quest’ultimo sia regolato sulla media della forza motrice nominale disponibile nell'anno. L’art. 6 del medesimo T.U. prevede, altresì, una bipartizione delle utenze di acqua pubblica per la produzione di forza motrice in piccole e grandi derivazioni, a seconda della potenza nominale media annua dell’impianto produttivo: fino a kW 3.000 (3 MW) o superiore a tale valore.
Ciò premesso, si evidenzia che la norma regionale in esame, stabilendo un nuovo importo del costo unitario del canone, associando lo stesso non più alla potenza nominale, bensì alla potenza efficiente di ciascun impianto idroelettrico, si pone in contrasto con la normativa statale sopra citata.
La riserva statale di determinazione dei criteri relativi ai canoni di derivazione di acqua è atto riconducibile alla tutela dell’ambiente considerato che il Regio decreto n. 1775 del 1933 rubricato “Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici”, detta disposizioni in tema di acque pubbliche, materia, quest’ultima, riconducibile a detta competenza esclusiva statale. L’art. 35 del R.D. sopra citato è norma che ha la funzione di garantire uniformità di disciplina su tutto il territorio nazionale e pertanto il criterio da essa previsto non può essere modificato da una norma regionale che risulta pertanto violare la competenza esclusiva dello Sato in materia di tutele dell’ambiente di cui all’articolo 117, comma 2, lettera s) Cost.
Inoltre la previsione regionale in esame determina uno svantaggio concorrenziale a danno degli operatori insediati nel territorio della Regione Abruzzo. E’ infatti palese che una disciplina dei canoni disordinata e disomogenea sul territorio da parte delle Regioni altera l’equilibrio concorrenziale fra i vari impianti di generazione, posto che gli operatori si troverebbero a sostenere oneri e costi diversi a seconda del territorio sul quale svolgono la loro attività e che l'assenza, riduzione o aumento del costo rappresentato dai canoni per l'utilizzo dei beni demaniali funzionali alla produzione di energia elettrica incide sul confronto competitivo per le imprese. Si evidenzia quindi la violazione della competenza esclusiva riconosciuta allo Stato in materia di tutela della concorrenza dall’articolo 117, comma 2, lettera e) Cost.
Infine la fissazione di un criterio diverso per la determinazione del canone si pone in contrasto con i principi fondamentali in materia di produzione , trasporto e distribuzione di energia , fissati dalla legge n. 239/2004, in particolare per quanto concerne gli aspetti di funzionamento unitario dei mercati dell’energia, di non discriminazione nell’accesso alle fonti energetiche e alle relative modalità di fruizione, di economicità dell’energia offerta ai clienti finali e di non discriminazione degli operatori nel territorio nazionale, in violazione quindi dell’articolo 117, comma terzo della Costituzione.

Inoltre risultano costituzionalmente illegittime ulteriori disposizioni in materia sanitaria.

E’ opportuno premettere che la Regione Abruzzo, per la quale è stata verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario tale da generare uno squilibrio economico-finanziario che compromette l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ha stipulato il 6 marzo 2007 un accordo con i Ministri della Salute e dell’Economia e delle Finanze, comprensivo del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che prevede una serie di interventi da attivare nell’arco del triennio 2007-2009 finalizzati a ristabilire l’equilibrio economico e finanziario della Regione nel rispetto dei livelli assistenziali di assistenza, ai sensi dell’art. 1 comma 180, della legge 311 del 2004 ( legge finanziaria 2005).
La Regione Abruzzo, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all’art. 1, comma 180, della legge n. 311/04, nonché dell’intesa Stato – Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi dell’art. 4 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, in attuazione dell’art. 120 della Costituzione, nei modi e nei termini di cui all’art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003.
Nella seduta dell’11 settembre 2008, infatti, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina di un Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Abruzzo, e nella seduta del 12 dicembre 2009 il Commissario è stato individuato nella persona del Presidente della Regione pro tempore.
Successivamente, ai sensi dell’art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il Commissario ad acta, con la delibera n. 44/2010 del 3 agosto 2010, ha approvato il Programma operativo 2010 (successivamente integrato con la delibera n. 77/2010 del 22 dicembre 2010) con il quale dà prosecuzione al Piano di Rientro 2007-2009.

Ciò premesso, la legge in esame presenta i seguenti profili d’illegittimità costituzionale:

2) L’art. 1, comma 1, che dispone il rifinanziamento di alcune leggi regionali, autorizza, tra l’altro, il rifinanziamento della legge regionale n. 72/2000, la quale fornisce un contributo ai cittadini abruzzesi portatori di handicap psicofisici che applicano il metodo DOMAN.
Tale disposizione, che garantisce ai propri residenti livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli stabiliti a livello nazionale, comportando l’assunzione di oneri per prestazioni sanitarie aggiuntive, è incompatibile con gli obiettivi di risanamento imposti dal suddetto Piano di Rientro. Essa pertanto interferisce con l’attuazione del Piano di rientro, affidata al Commissario ad acta con il mandato commissariale del 12 dicembre 2009.
Tale disposizione è, pertanto, incostituzionale sotto un duplice aspetto:
a) essa interferisce con le funzioni commissariali, in violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. Al riguardo la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 78 del 2011, richiamando i principi già espressi nella sentenza n. 2 del 2010, ha precisato che anche qualora non sia ravvisabile un diretto contrasto con i poteri del commissario, ma ricorra comunque una situazione di interferenza sulle funzioni commissariali, tale situazione è idonea ad integrare la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Secondo tale sentenza in particolare “l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti – malgrado il carattere vincolante (art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007») dell’accordo concluso dal Presidente della Regione – ad un’attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. È, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che l’esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali”.

b) Inoltre la medesima disposizione, oltre ad effettuare senza alcuna legittimazione il menzionato intervento in materia di organizzazione sanitaria, in luogo del Commissario ad acta, interviene in materia senza rispettare i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario.
Ne consegue la lesione dei principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di Piano di rientro è preclusa alla regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del relativo Piano vincolanti per la regione stessa. La disposizione regionale in esame pertanto viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica. La Corte Costituzionale con le sentenze n. 100 e n. 141 del 2010 ha infatti ritenuto che le norme statali (quale l’art. 1, comma 796, lett. b, della legge n. 296 del 2006) che hanno “reso vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli atti di programmazione necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, oggetto degli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”, possono essere qualificate come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica. In particolare con la sentenza n. 141 del 2010 la Consulta ha giudicato incostituzionale la l. r. Lazio n. 9 del 2009, che istituiva nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale un nuovo tipo di distretti socio-sanitari, definiti "montani" (con rispettivi ospedali, servizio di eliambulanza, e possibilità di derogare alla normativa in materia di organizzazione del servizio sanitario regionale e di contenimento della spesa pubblica) in quanto “l’autonomia legislativa concorrente delle regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa”.



3) L'art. 6, comma 1, dispone che “le economie di stanziamento relative agli importi iscritti in bilancio per il rimborso dell'anticipazione di liquidità di cui all’art. 2, comma 98, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010), sono destinate al finanziamento delle spese relative al servizio di trasporto pubblico locale regionale”.
La disposizione regionale in esame, nel destinare a finalità diverse da quelle sanitarie le anticipazioni di liquidità che sono state autorizzate dallo Stato per la copertura dei debiti sanitari pregressi, contrasta con il principio di contenimento della spesa pubblica espresso dal menzionato art. 2, comma 98, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010), secondo il quale lo Stato è autorizzato ad anticipare alle regioni interessate dai piani di rientro la liquidità necessaria allo specifico fine di estinguere i debiti sanitari cumulativamente registrati. La disposizione regionale in esame, pertanto, contrastando con i sopra menzionati principi di coordinamento della finanza pubblica, viola l’art. 117, terzo comma, Cost.
Tale contrasto appare ancora più evidente alla luce dei verbali dei Tavoli tecnici per la verifica del Piano di rientro dai deficit sanitari (del 14 dicembre 2011, 20 luglio 2011 e 7 aprile 2011) dai quali risulta che proprio la destinazione di tale anticipazione di liquidità alla copertura di debiti sanitari ha consentito alla regione di essere valutata positivamente e di avere accesso avere pertanto accesso ad una quota di spettanze residue.
La disposizione in esame inoltre, intervenendo in materia di organizzazione sanitaria in costanza di Piano di rientro dal disavanzo sanitario, interferisce con l’attuazione del Piano, affidata al Commissario ad acta con il mandato commissariale del 12 dicembre 2009. In particolare essa, disponendo circa copertura del debito pregresso, menoma le attribuzioni conferite al Commissario dal punto 9 del mandato commissariale, che demanda al Commissario ad acta l’adozione dei provvedimenti per l’individuazione sul bilancio regionale delle somme per il ripristino del finanziamento del Servizio sanitario regionale. Essa pertanto, interferendo con le funzioni commissariali, viola l’art. 120, secondo comma, Cost.
La medesima disposizione inoltre, destinando eventuali economie a favore di servizi extrasanitari, compromette la funzione di valutazione e di monitoraggio che è attribuita ai menzionati Tavoli tecnici per la verifica del Piano di rientro dai deficit sanitari dall’art. 1, comma 796, lett. b) della l. n. 296 del 2006 (l. finanziaria 2007) e che è ribadita nell’Accordo e relativo Piano di rientro del 2007. Essa, pertanto, non rispettando i vincoli posti sia dalla norma statale da ultimo citata, sia dall’Accordo e dal relativo Piano di rientro dal disavanzo sanitario, lede i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria contenuti nel menzionato art. 1, comma 796, lett. b) della l. n. 296 del 2006, che affida ai Tavoli tecnici l'attività di affiancamento delle regioni soggette a Piano di rientro (sia ai fini del monitoraggio dello stesso, sia per i provvedimenti regionali da sottoporre a preventiva approvazione da parte del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle finanze), e contenuti nell’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di Piano di rientro è preclusa alla regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del relativo Piano vincolanti per la regione stessa. La disposizione regionale in esame pertanto viola l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.

4) L'art. 6, comma 2, abroga il comma 2 dell'articolo 83 della legge regionale n.15/2004 (legge finanziaria regionale 2004), che prevedeva che l’introito derivante dalla maggiorazione della tassa automobilistica regionale, pari ad euro 10.000.000,00, fosse destinato alla copertura dei disavanzi sanitari maturati a decorrere dall’esercizio 2001. Lo stesso art. 6, comma 2, stabilisce inoltre che l’importo delle maggiorazioni della tassa automobilistica regionale non utilizzato per il finanziamento del programma operativo del Servizio Sanitario Regionale è riprogrammato e destinato al pagamento delle rate di rimborso dei mutui e dei prestiti relativi al comparto sanitario.
Tale disposizione regionale, che incide sulla copertura del disavanzo sanitario attraverso le entrate fiscali, contrasta sia con la stima delle coperture regionali da entrate fiscali, risultante dal Programma operativo 2011- 2012 (pag. 11), sia con le valutazioni effettuate dai Tavoli tecnici per la verifica del Piano di rientro dai deficit sanitari circa il risultato di gestione 2011 e l’effettiva esigenza di copertura del debito al 31 dicembre 2009 (risultanti dal verbale del 14 dicembre 2011). Ne consegue la lesione dei principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria sotto un duplice aspetto:
- innanzitutto la disposizione regionale in esame viola i principi di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di Piano di rientro è preclusa alla regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del relativo Piano vincolanti per la regione stessa;
- inoltre, la stessa disposizione, incidendo sull’operato dei menzionati Tavoli tecnici, compromette la funzione di valutazione e di monitoraggio ad essi attribuita dall’art. 1, comma 796, lett. b) della l. n. 296 del 2006 (l. finanziaria 2007) e ribadita nell’Accordo e relativo Piano di rientro del 2007.
Essa pertanto viola l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui le norme statali sopra indicate sono espressione..

5) L’art. 42, comma 2, che aggiunge l’art. 12-bis dopo l’art. 12 della l. r. n. 6 del 2011, demanda alla Giunta regionale la definizione delle linee di indirizzo per le aziende del servizio sanitario regionale volte all’implementazione del sistema di misurazione e di valutazione della performance del personale sanitario regionale. Tale disposizione, che riguarda la valutazione del personale delle aziende del Servizio sanitario e comporta, secondo quanto specificato nella disposizione stessa, un contemperamento del nuovo sistema di valutazione delle prestazioni con la metodologia della negoziazione per budget già implementata presso le ASL regionali, si pone in contrasto con il primo punto del mandato commissariale del 12 dicembre 2009 che affida al Commissario ad acta la razionalizzazione e il contenimento del personale sanitario. Ne consegue la lesione dei principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di Piano di rientro è preclusa alla regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del relativo Piano vincolanti per la regione stessa. La disposizione regionale in esame pertanto viola anche l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
La medesima disposizione inoltre, intervenendo in materia di organizzazione sanitaria in costanza di Piano di rientro dal disavanzo sanitario, interferisce con l’attuazione del Piano, affidata al Commissario ad acta con il mandato commissariale del 12 dicembre 2009. In particolare la disposizione sopra menzionata, menoma le attribuzioni del Commissario, in violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.

6) L’art. 44 stabilisce che la quota di compartecipazione a carico degli assistiti per le prestazioni di assistenza specialistica, comprensiva del ticket di 10 euro, non possa superare il costo della prestazione.
La disposizione regionale in argomento, che introduce un tetto massimo alla quota di compartecipazione dovuta dagli assistiti, contrasta con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica contenuti nell’art. 1, comma 796, lettera p) e p-bis) della legge 296/2006 (Finanziaria 2007) e nell’art. 17, comma 6 del d. l. n. 98 del 2011, convertito in l. n. 111 del 2011, che non prevedono la fissazione di una soglia massima e
dispongono che le regioni possano applicare ticket differenti rispetto e quello stabilito dalla norma statale, purché dichiarati finanziariamente equivalenti a seguito di certificazione di equivalenza del competente Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005. Pertanto la disposizione in esame, che prevede una quota di compartecipazione dovuta dagli assistiti differente da quella stabilita dalla norma statale senza il conseguimento della certificazione di equivalenza finanziaria, non rispetta le regole poste dalla menzionata disciplina statale, e viola pertanto l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Essa viola inoltre l’articolo 81 della Costituzione in quanto determina un minore livello di entrate rispetto a quelle ritenute congrue per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza senza prevedere la corrispondente copertura delle spese necessarie per compensare le minori entrate.
Inoltre la disposizione in esame, che fissa un limite massimo alla quota di partecipazione dovuta dall’assistito per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, stabilendo che tale limite non possa eccedere la tariffa della prestazione, garantisce ai cittadini abruzzesi un livello di assistenza “ulteriore”, ed è pertanto incompatibile con gli obiettivi di risanamento imposti dal suddetto Piano di Rientro. Così disponendo, la norma in esame interferisce con l’attuazione del Piano di rientro, affidata al Commissario ad acta con il mandato commissariale del 12 dicembre 2009. Essa è pertanto incostituzionale sotto il duplice aspetto illustrato al punto 2) lett. a) e b).

7) L’art. 45, comma 2, che modifica l’art. 3, comma 5, lett. b) della legge regionale 32/2007, prevede che gli studi professionali singoli e associati, mono e polispecialistici, di cui al comma 2 dell’articolo 8 ter del d.lgs. 502/92, possano ottenere da parte del Comune territorialmente competente il rilascio dell’autorizzazione, e il contestuale permesso di costruzione, realizzazione, ampliamento, trasformazione o trasferimento della struttura sanitaria o socio-sanitaria, senza la preveniva acquisizione del nulla-osta di compatibilità, da esprimersi con parere obbligatorio e vincolante, da parte della Direzione Sanità.
Tale disposizione regionale, che esenta gli studi medici sopra menzionati dall’acquisizione del prescritto nulla-osta regionale, contrasta con i principi fondamentali in materia di tutela della salute di cui all’art. 8-ter, comma 3, del d. lgs. n. 502/92 secondo il quale: “Per la realizzazione di strutture sanitarie e sociosanitarie il comune acquisisce, nell’esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni di cui all'art. 4 del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modificazioni, la verifica di compatibilità del progetto da parte della regione. Tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture”.
Tale disposizione statale, che deve applicarsi a tutte le strutture che necessitano di autorizzazione alla realizzazione, tra le quali figurano anche gli studi che la norma regionale in oggetto intende escludere, consente sia di garantire livelli essenziali di sicurezza delle strutture, sia di poter disporre di uno strumento di governo della domanda e dell’offerta di prestazioni sanitarie a livello locale. Pertanto la disposizione in esame ledendo tali principi, viola l’art. 117, comma 3, della Costituzione, per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute. Si richiamano al riguardo i precedenti giurisprudenziali della Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 245/2010 resa proprio su una legge regionale dell’Abruzzo, la n. 19/2009; la sent. n. 150/2010, resa sulla l.r. Puglia n. 45/2008).
La disposizione in esame inoltre interferisce con l’attuazione del Piano di rientro e con il mandato commissariale del 12 dicembre 2009 che contengono specifiche indicazioni circa l’adeguamento della normativa regionale alle norme nazionali in tema di accreditamento e autorizzazione. Essa è pertanto incostituzionale sotto il duplice aspetto illustrato al punto 2) lett. a) e b).

8) L’art. 46, prevede che, fermo restando il budget assegnato, la struttura privata accreditata erogante prestazioni di riabilitazione ex art.26 legge 833/1978 possa trasferire, nell’ambito della stessa ASL, parte di tali prestazioni in sedi presenti all’interno della stessa ASL già autorizzate ma non accreditate.
Tale disposizione regionale, che prevede che la struttura erogatrice possa spostare alcune attività sanitarie in strutture non accreditate, eccede dalle competenze regionali e viola i principi fondamentali in materia di tutela della salute di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
Essa contrasta in particolare con l’art.8-bis, comma 1 e comma 3, del d.lgs. 502/1992, secondo il quale ”La realizzazione di strutture sanitarie e l’esercizio di attività sanitarie, l’esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l’esercizio di attività sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 8-ter, dell’accreditamento istituzionale di cui all’articolo 8-quater, nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies. La presente disposizione vale anche per le strutture e le attività sociosanitarie”.
Al riguardo si sottolinea che consentire attività sanitarie presso strutture autorizzate, ma non accreditate, non garantisce che la struttura sia in possesso anche dei requisiti ulteriori previsti per l’accreditamento e che, quindi, sia in grado di poter erogare prestazioni per conto del SSN.
La disposizione in esame si pone pertanto in contrasto con la ratio dell’accreditamento, desumibile dagli artt.8-bis, 8-ter, 8- quater, d.lgs. 502/92, che è posta a base della tutela del cittadino e della Regione, che eroga prestazioni con oneri imputabili al S.S.N. solo su strutture particolarmente qualificate che hanno ottenuto il riconoscimento di qualità con l’atto di accreditamento.
La disposizione regionale in esame, inoltre, riguardando la materia delle autorizzazioni e degli accreditamenti delle strutture sanitarie, interferisce con l’attuazione del Piano di rientro e con il mandato commissariale del 12 dicembre 2009 che prevedono l’adozione di un piano della rete territoriale e della rete residenziale e semi residenziale dopo aver provveduto a determinare il fabbisogno della regionale. Essa è pertanto incostituzionale sotto il duplice aspetto illustrato al punto 2) lett. a) e b).

Per i motivi esposti si ritiene che le disposizioni indicate debbano essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.

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