Dettaglio Legge Regionale

Ordinamento del servizio sanitario regionale (12-11-2012)
Umbria
Legge n.18 del 12-11-2012
n.50 del 15-11-2012
Politiche socio sanitarie e culturali
/ Rinuncia impugnativa
Nella riunione del Consiglio dei Ministri dell’11 Gennaio 2013 il Governo ha deliberato l’impugnativa della legge della Regione Umbria n. 18 del 12 novembre 2012, recante "Ordinamento del servizio sanitario regionale”.
E’ stata sollevata questione di legittimità costituzionale in quanto alcune disposizioni di detta legge regionale violavano i principi fondamentali in materia di tutela della salute contenuti nel d. lgs. n. 502/1992 (come modificato dal decreto legge n. 158/2012), in violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione. In particolare le disposizioni censurate disciplinavano: - i procedimenti di nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie regionali (art. 17, comma 3) e delle aziende ospedaliere universitarie (art. 20, comma 2), - la procedura da seguire in caso di vacanza dell’ufficio di direttore generale (art. 19, comma 3), - la composizione dei collegi sindacali delle aziende sanitarie regionali e delle aziende ospedaliere universitarie (art. 22, commi 2 e 3), - il conferimento dell’incarico di direttore di distretto (art. 28, comma 1), - la nomina del direttore del dipartimento di prevenzione (art. 32, comma 3), - l’indicazione dei dirigenti preposti al presidio ospedaliero (art. 30, comma 1).
Successivamente la Regione Umbria, con la legge regionale n. 8 del 2013 (art. 18), recante “Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2013 in materia di entrate e di spese – Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali” ha apportato nei confronti delle disposizioni oggetto di censura modifiche tali da eliminare i motivi d’illegittimità costituzionale. Il Consiglio dei Ministri ha deliberato infatti la non impugnativa di detta legge regionale nella seduta del 5 maggio 2013.
La regione Umbria, con nota dell’Assessore alla tutela della salute del 25 settembre 2013, ha assicurato che non è stata data attuazione alle disposizioni oggetto d’impugnativa.
Pertanto, considerato che sono venute meno le ragioni che hanno condotto all'impugnativa delle disposizioni della legge della regione Umbria n. 18 del 12 novembre 2012 sopra indicate, sussistono i presupposti rinunciare al ricorso.
11-1-2013 / Impugnata
La legge della Regione Umbria n. 18 del 12 novembre 2012, titolata “ Ordinamento del servizio sanitario regionale”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:

1) L’art. 17, che disciplina l’elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di Direttore generale delle aziende sanitarie regionali, prevede, al comma 3, che “la giunta regionale ai fini della selezione dei candidati per l'inserimento nell'elenco degli idonei si avvale di una commissione costituita in prevalenza da esperti indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti dalla Regione medesima”. Tale norma contrasta con l’articolo 3-bis, comma 3, del d.lgs. n. 502/1992, come modificato dal decreto-legge n. 158/2012, secondo cui la predetta commissione deve essere costituita da esperti indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti, “di cui uno designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali”. Nella parte in cui il comma 3 dell’art. 17 in esame non prevede la partecipazione alla commissione dell’esperto designato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, si configura un contrasto con la citata norma statale, da considerarsi quale principio fondamentale in materia di tutela della salute, e la conseguente violazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

2) L’articolo 19, comma 3, prevede che “la Giunta regionale in caso di decadenza, di revoca del Direttore generale o di vacanza dell'ufficio, in via temporanea fino alla data di stipula del contratto del nuovo Direttore, e comunque per non oltre sei mesi dalla vacanza dell'ufficio, attribuisce le funzioni al Direttore amministrativo o al Direttore sanitario di cui all'articolo 25, ovvero procede alla nomina di un commissario straordinario in possesso dei requisiti previsti dalla legislazione vigente per la nomina a direttore generale”.
Tale disposizione contrasta con l’articolo 3, comma 6, del d.lgs. n. 502/1992, secondo cui “in caso di vacanza dell'ufficio o nei casi di assenza o di impedimento del direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore più anziano per età. Ove l'assenza o l'impedimento si protragga oltre sei mesi si procede alla sostituzione”.
La disposizione regionale pertanto, stabilendo una procedura difforme da quella statale in caso di vacanza dell’ufficio di direttore generale, contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute di cui all’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 502/1992, in violazione dell’articolo 117, terzo comma 3, della Costituzione.

3) L’articolo 20, dopo aver premesso, al comma 1, che la nomina e le procedure di verifica dei risultati, nonché la conferma, la decadenza e la revoca del Direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria “sono disciplinate conformemente a quanto previsto dal D.Lgs. 517/1999 e sono regolamentate dal protocollo d'intesa tra la Regione e l'Università degli Studi di Perugia di cui all'articolo 11”, specifica, al comma 2, che al Direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria non si applicano le disposizioni della medesima legge regionale (art. 17, commi 1 e 2, e art. 18, commi 1, 4 e 5) che disciplinano le modalità di nomina e di valutazione delle attività del Direttore generale delle aziende sanitarie regionali.
Al riguardo è opportuno premettere che l’articolo 4, comma 2, del d.lgs. n. 517/1999 (recante la “Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419”), per la disciplina dei requisiti e delle procedure di nomina e valutazione dei direttori generali delle aziende ospedaliero-universitarie, rinvia alle disposizioni contenute negli articoli 3 e seguenti del d.lgs. n. 502/1992, riguardanti in generale la nomina e la valutazione dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale.
Pertanto il comma 2 dell’art. 20 della legge in esame, che, in deroga a quanto presto dal comma 1 dell’art. 20, esclude l’applicabilità al direttore generale delle aziende ospedaliero-universitarie delle disposizioni regionali riguardanti il direttore generale delle aziende sanitarie regionali, che sono state emanate in linea con la disciplina statale di cui agli artt. 3 e seguenti del d.lgs. n. 502/1992, si pone in contrasto con i principi fondamentali contenuti in tali ultimi articoli, in violazione dell’art. 117 della Costituzione. Esso contrasta in particolare con l’articolo 3-bis di quest’ultimo decreto legislativo, come modificato dall’articolo 4 del d.l. n. 158/2012 (convertito con modificazioni nella legge n. 189/2012), che prevede, per quanto concerne la nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale (quindi anche delle aziende ospedaliero-universitarie), che la Regione provveda “attingendo obbligatoriamente all'elenco regionale di idonei, ovvero agli analoghi elenchi delle altre regioni, costituiti previo avviso pubblico e selezione effettuata, secondo modalità e criteri individuati dalla regione, da parte di una commissione costituita dalla regione medesima in prevalenza tra esperti indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti, di cui uno designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli elenchi sono aggiornati almeno ogni due anni”. Il comma 2 dell’art. 20 contrasta altresì, con riferimento alla valutazione delle attività del Direttore generale, col comma 5 del medesimo articolo 3- bis del d. lgs n. 502 del 1992, secondo il quale “al fine di assicurare una omogeneità nella valutazione stessa, le regioni concordano, in sede di Conferenza delle regioni e delle province autonome, criteri e sistemi per valutare e verificare tale attività, sulla base di obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi definiti nel quadro della programmazione regionale, con particolare riferimento all'efficienza, all'efficacia, alla sicurezza, all'ottimizzazione dei servizi sanitari e al rispetto degli equilibri economico-finanziari di bilancio”.
Per questo motivo l’articolo 20, comma 2, della legge in esame che esclude l’applicabilità al direttore generale delle aziende ospedaliero-universitarie delle disposizioni statali riguardanti la nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, viola l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, per contrasto con l’articolo 4, comma 2, del d.lgs. n. 517/1999 e con l’articolo 3-bis del d.lgs. n. 502/1992, recante principi fondamentali in materia di tutela della salute.

4) L’articolo 22, commi 2 e 3, disciplina la composizione del collegio sindacale, rispettivamente, delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliero-universitarie, fissando in tre membri la composizione del collegio stesso. Tale previsione contrasta con la normativa statale di riferimento. Infatti, l’articolo 3-ter del d.lgs. n. 502/1992 stabilisce espressamente che il collegio sindacale è composto “da cinque membri, di cui due designati dalla regione, uno designato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal Ministro della sanità e uno dalla Conferenza dei sindaci; per le aziende ospedaliere quest'ultimo componente è designato dall'organismo di rappresentanza dei comuni”. Analogamente, per quanto concerne le aziende ospedaliero-universitarie, l’articolo 4, comma 3 del d.lgs. n. 517/1999, dopo aver precisato che al collegio sindacale delle stesse si applica l’articolo 3-ter del d.lgs. n. 502/1992, prevede che esso è composto da “cinque membri designati uno dalla regione, uno dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal Ministro della sanità, uno dal Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e uno dall'università interessata”.
Pertanto, le disposizioni di cui all’articolo 22, commi 2 e 3 della legge regionale in esame, che riducono sensibilmente il numero dei componenti statali nei collegi sindacali delle aziende sanitarie, violano l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, per contrasto con il richiamato articolo 3-ter del d.lgs. n. 502/1992 e con l’articolo 4, comma 3 del d.lgs. n. 517/1999, da intendersi quali principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute e di coordinamento della finanza pubblica.
Inoltre i commi 2 e 3 dell’art. 22, prevedendo che uno dei tre componenti di tali Collegi sindacali sia “designato dallo Stato”, senza specificare tuttavia che detto componente statale debba partecipare in rappresentanza del Ministero dell’economia e delle finanze, contrastano con il principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica rappresentato dall’art. 16 della legge n. 196 del 2009, che ha, appunto, individuato come necessaria, negli organi collegiali di revisione contabile delle amministrazioni pubbliche, la presenza di un rappresentante del Ministero dell’economia, al fine di dare attuazione alle prioritarie esigenze di controllo e di monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica. Tale articolo stabilisce che: «Al fine di dare attuazione alle prioritarie esigenze di controllo e di monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica di cui all’articolo 14, funzionali alla tutela dell’unità economica della Repubblica, ove non già prevista dalla normativa vigente, è assicurata la presenza di un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze nei collegi di revisione o sindacali delle amministrazioni pubbliche, con esclusione degli enti e organismi pubblici territoriali e, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 3-ter, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, degli enti ed organismi da questi ultimi vigilati, fermo restando il numero dei revisori e dei componenti del collegio». Secondo quanto affermato dalla Consulta con la sentenza n. 122 del 2011 infatti la piena attuazione del principio di coordinamento della finanza pubblica fa sì che la competenza statale non si esaurisce con l’esercizio del potere legislativo, ma implica anche «l’esercizio di poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo» (sentenza n. 376 del 2003). E, del resto, la Corte aveva già messo in rilievo «il carattere “finalistico” dell’azione di coordinamento» e, quindi, l’esigenza che «a livello centrale» si potessero collocare anche «i poteri puntuali eventualmente necessari perché la finalità di coordinamento» venisse «concretamente realizzata» (sempre sentenza n. 376 del 2003).Inoltre nella sentenza n. 370 del 2010 si rileva, poi, come l’attività svolta dai servizi ispettivi di finanza pubblica spetti allo Stato, in quanto essa è propedeutica all’esercizio della funzione di coordinamento della finanza pubblica: infatti l’art. 28, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), esplicitamente attribuisce al Ministero dell’economia e delle finanze il compito di acquisire ogni utile informazione «allo scopo di assicurare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica».
In questa prospettiva, il già ricordato art. 16 della legge n. 196 del 2009 si pone come vera e propria norma di principio che stabilisce una specifica modalità di concretizzazione della finalità di coordinamento della finanza pubblica.
Pertanto, il mancato uniformarsi delle disposizioni regionali in esame al dettato dell’art. 16 della legge n. 196 del 2009, con l’omessa individuazione quale componente del Collegio dei revisori, in rappresentanza dello Stato, del Ministero dell’economia e delle finanze, comporta che l’incostituzionalità delle disposizioni regionali in esame per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., con riferimento alla materia del coordinamento della finanza pubblica da parte dello Stato.

5) L’articolo 28, comma 1, disciplina l’incarico di Direttore di distretto, prevedendo che esso possa essere conferito dal Direttore generale “a un dirigente dell'azienda che abbia maturato una specifica esperienza nei servizi territoriali e un'adeguata formazione nella loro organizzazione”. Tale disposizione contrasta con l’articolo 3-sexies del più volte richiamato d.lgs. n. 502/1992, ai sensi del quale l’incarico in questione può essere attribuito, altresì, ad “un medico convenzionato, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, da almeno dieci anni, con contestuale congelamento di un corrispondente posto di organico della dirigenza sanitaria”.
La norma regionale in questione, quindi, restringendo il novero dei dirigenti medici ai quali può essere conferito l’incarico di Direttore di distretto, viola l’articolo 117, comma 3 della Costituzione, per contrasto col richiamato principio della legislazione statale in materia di tutela della salute, di cui all’articolo 3-sexies del d.lgs. n. 502/1992.

6) L’articolo 30, comma 1, prevede che “Gli ospedali non costituiti in aziende ospedaliere, dislocati in una unica unità sanitaria locale, sono accorpati in un unico presidio”. Il successivo comma 3 stabilisce che “al presidio ospedaliero sono preposti un dirigente medico ed un dirigente amministrativo come previsto all'articolo 4, comma 9, del d.Lgs. 502/1992, tra i quali il Direttore generale dell'azienda della unità sanitaria locale individua il Direttore del presidio ospedaliero responsabile della gestione complessiva”. Detto comma 3 dell’art. 30 contrasta con l’articolo 3, comma 7 del d.lgs. n. 502/1992 (inserito dall’articolo 15, comma 13, lett. F-bis) del d.l. n. 95/2012, ai sensi del quale “nelle aziende ospedaliere, nelle aziende ospedaliero-universitarie di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, e negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, costituiti da un unico presidio, le funzioni e i compiti del direttore sanitario […] e del dirigente medico di cui all'articolo 4, comma 9, del presidio ospedaliero sono svolti da un unico soggetto avente i requisiti di legge”.
La disposizione regionale in esame pertanto, attribuendo al presidio ospedaliero due dirigenti in luogo dell’unico dirigente previsto dal richiamato articolo 3, comma 7, del d.lgs. n. 502/1992, viola l’articolo 117, comma 3, della Costituzione, per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute e di coordinamento della finanza pubblica.

7) L’articolo 32, comma 1, disciplina la figura del Direttore del dipartimento di prevenzione, prevedendo che esso è nominato dal Direttore generale tra “i dirigenti” con almeno cinque anni di anzianità di funzione. Tale disposizione contrasta l’articolo 7-quater, comma 1, del d.lgs. n. 502/1992, come modificato dal d.l. n. 158/2012, secondo cui tale incarico può essere conferito non già ai meri dirigenti, bensì ai “direttori di struttura complessa del dipartimento”.
Si ravvisa quindi la violazione dell’articolo 117, comma 3 della Costituzione, per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute.

Per i motivi esposti le disposizioni regionali sopra indicate debbono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.

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