Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della regione (legge finanziaria 2007). (29-5-2007)
Sardegna
Legge n.2 del 29-5-2007
n.18 del 31-5-2007
Politiche economiche e finanziarie
27-7-2007 / Impugnata
La legge in esame presenta numerosi profili di illegittimità costituzionale.
L’articolato contiene norme modificative della precedente legge regionale n. 4 dell’11 maggio 2006, nella parte in cui quest’ultima prevede l’istituzione da parte della Regione di un’imposta sulla plusvalenza da cessione di determinate categorie di immobili, nonché di un’imposta sugli aeromobili e sulle unità da diporto e di un’imposta sulle seconde case ad uso turistico. Tale legge è stata oggetto di impugnazione da parte governativa ed il ricorso è tutt'ora pendente dinanzi la Corte Costituzionale; con l'odierno provvedimento vengono apportate modifiche alla disciplina dei medesimi tributi impugnati e viene, contestualmente, introdotta un’imposta di soggiorno.
Rispetto alle modificazioni dei tributi regionali in parola, va osservato che la retroattività delle disposizioni introdotte con la legge finanziaria in esame, con particolare riferimento alla novazione degli articoli 2, 3 e 4 della legge n. 4 del 2006, crea dubbi interpretativi di non facile soluzione. Valga, a titolo di esempio, la cancellazione, nel testo di legge aggiornato, delle “navi da crociera” tra i soggetti esentati dall’imposta regionale sugli aerei e barche da diporto, di cui all’articolo 4 della legge regionale n. 4 del 2006. Si rappresenta, peraltro, il divieto di retroattività delle imposte previsto dall’articolo 7, comma 2, DPR n. 917/86 e ribadito, in ultimo dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 148/06.
In via preliminare ed assorbente, con argomentazioni valide per tutte le censure che seguono, bisogna sottolineare che l’articolo 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale di autonomia della Sardegna), alla lettera i), include fra le entrate della Regione «imposte e tasse sul turismo» nonché «altri tributi propri che la regione ha facoltà di istituire con legge in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato». Tale disposto statutario è pressochè identico a quello ricorrente per le altre Regioni ad autonomia differenziata (artt. 72 e 73 dello Statuto Trentino-Alto Adige; art. 6 delle norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074/1965 dello Statuto Siciliano; art. 51 dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia;). Peraltro sulle norme relative agli Statuti del Trentino Alto Adige e della Sicilia la Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi e ne ha dedotto su un piano logico-giuridico, come tratti necessariamente caratteristici dei tributi istituibili attraverso tale potestà impositiva, la loro diversità tipologica e la loro complementarietà rispetto ai tributi dello Stato (cfr. sent. n. 62/87 per il Trentino Alto Adige e sentt. nn. 61/87 e 111/99, per la Sicilia).
Appare evidente, quindi, che il potere impositivo della Regione Sardegna, per quanto riguarda i “tributi propri”, anche sotto il profilo delle imposte e tasse sul turismo (ove la fattispecie in oggetto non può comunque rientrare pienamente, nonostante la classificazione regionale) debba seguire ed essere in armonia con i principi statali in materia di sistema tributario e debba, inoltre, avere come tratti necessariamente caratteristici dei tributi istituibili attraverso tale potestà impositiva, la diversità tipologica e la complementarietà rispetto ai tributi dello Stato; in assenza di tali caratteristiche appare impossibile che l'istituzione di nuovi tributi o tasse possano avere da una parte la caratteristica di tributi propri e dall'altra quella di tasse o imposte sul turismo e che, entrambi, possano essere in armonia col sistema tributario dello Stato.
Peraltro, la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che l’introduzione di “tributi propri” da parte delle Regioni presuppone necessariamente l’intervento del legislatore statale, che deve stabilire i principi ai quali le leggi regionali debbono attenersi e deve tracciare, inoltre, le “grandi linee” dell’intero sistema tributario, definendo gli spazi e i limiti di esplicazione della potestà impositiva dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali: attualmente, in mancanza della legislazione statale di coordinamento, non è ammessa nel campo tributario una “piena esplicazione di potestà regionali autonome” (cfr., in special modo, Corte Cost., sent. n. 37 del 2004).

Premesso questo, le disposizioni illegittime sono:
1. L'articolo 3, comma 1, che sostituisce l'articolo 2 della l.r. n. 4/06; tale norma introduce modifiche solo parziali alla normativa contenuta nella citata legge regionale n. 4 del 2006, con particolare riferimento all’introduzione di un termine minimo di 5 anni dall’acquisizione dell’immobile per potersi configurare la fattispecie impositiva.
Alla luce di quanto sopra, si formulano i seguenti rilievi.
Un primo ordine di problemi è rappresentato, in comune con le altre fattispecie tributarie create dalla Regione, dalla natura dell’imposta in argomento.
Va ricordato, infatti, che la sentenza n. 37 del 2004 della Corte Costituzionale, afferma che il legislatore dovrà “determinare le grandi linee dell’intero sistema tributario e definire gli spazi ed i limiti entro i quali potrà esplicarsi la potestà impositiva, rispettivamente, di Stato, Regioni ed enti locali”. Ne consegue che nell’attuale quadro istituzionale dei rapporti tra lo Stato e gli enti territoriali, alla Regione Sardegna è inibita la facoltà di istituire tributi generali, in virtù della circostanza che essa non dispone di una piena ed esclusiva competenza in materia tributaria.
Sulla base di quanto sopra detto, assume rilevanza costitutiva la classificazione dell’imposta sulle plusvalenze in parola tra le imposte di tipo generale citate nell’articolo 8 dello Statuto speciale della Sardegna e non tra le imposte sul turismo. Infatti, avuto riguardo all’ampiezza del campo di applicazione dell’imposta, al novero dei soggetti passivi ed all’oggetto dell’imposta, la stessa assume indiscutibilmente la natura di imposta sul reddito, pur se applicata ad una categoria reddituale ben delimitata. L’imposta in esame, pertanto, non può essere ascritta alla categoria delle imposte di tipo reale, come sono le differenti tipologie di imposte sul turismo, ma a quelle di tipo personale, come sono le imposte sui redditi.
È consolidato il principio secondo cui l’imposizione sul reddito è prerogativa propria erariale, in quanto la stessa appartiene alla fiscalità generale dello Stato e ne finanzia le funzioni generali (si veda, in proposito, la relazione sull’attività svolta dall’Alta commissione per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale).
L’introduzione, con la legge n. 4 del 2006, di un’ulteriore tassazione sul reddito derivante dalle plusvalenze immobiliari, pur con i correttivi adottati con la legge regionale n. 2 del 2007, ed in particolare con l’introduzione del termine minimo di 5 anni dall’acquisto, manifesta un chiaro fenomeno di invasione di competenze nella materia erariale da parte della Regione.
Si segnala, inoltre, che è stata introdotta un’ulteriore differenza con la legge n. 4/06, in quanto in luogo del termine “fabbricati” adesso si fa riferimento alle “unità immobiliari”, lasciando intravedere una maggiorazione di tassazione in quanto i fabbricati constano di più unità immobiliari.
Ulteriore motivo di rilievo è rinvenibile nell’indeterminatezza del termine “battigia” quale parametro di individuazione dell’ambito territoriale di applicazione del tributo. La norma, infatti, indicando come tassabili le plusvalenze da cessione di unità immobiliari poste entro tre chilometri dalla “battigia”, è irragionevole ed irrazionale e lesiva dei principi posti dall’articolo 3 della Costituzione in quanto pone in essere trattamenti diseguali a fronte di situazioni soggettive sostanzialmente equivalenti.
Vanno, inoltre, confermati i rilievi a suo tempo già mossi verso le norme contenute nella legge regionale n. 4 del 2006, circa l’ambito soggettivo di applicazione del tributo, in quanto l’esclusione dalla soggettività passiva delle persone fisiche e giuridiche residenti in Sardegna rappresenta un'ulteriore palese violazione dell’articolo 3 della Costituzione, accentuata, peraltro, dalla descritta natura di imposta sul reddito del tributo in argomento.
Ulteriori osservazioni si possono sviluppare relativamente all’articolo 2, comma 2, lettera b), della legge n. 4 del 2006, come sostituito dall’articolo 3, comma 1, della legge in commento, in ordine alla tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di quote o di azioni di società titolari della proprietà o di altro diritto reale dei fabbricati individuati dalla precedente lettera a).
Difatti, l’imposta in esame presenta aspetti di palese illegittimità per violazione del generale principio di divieto della doppia imposizione, come disciplinato dall’art. 163 del TUIR e dall’art. 67, comma 1, del DPR n. 600 del 1973. Ciò, in quanto la normativa in commento istituisce un prelievo fiscale ulteriore su una fattispecie impositiva già prevista negli articoli del TUIR n. 67, per le persone fisiche, e n. 81, per le persone giuridiche, dal legislatore statale nell’ambito della tassazione sui redditi, atteso che le plusvalenze su titoli sono già oggetto di tassazione, in ossequio alle citate disposizioni di legge.
Tale imposta, quindi, colpisce soggetti passivi già contemplati da disposizioni statali (art. 1, comma 496, l. n. 266/05), violando quindi l'articolo 8, lettera i), dello Statuto speciale laddove prevede << imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri che la regione ha facoltà di istituire con legge in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato>>.
La disposizione regionale, dunque, duplicando una forma di prelievo già esistente nell’ordinamento tributario, contrasta col divieto della doppia imposizione che costituisce un principio informatore del sistema tributario, riconducibile al principio costituzionale del rispetto della capacità contributiva di cui all’articolo 53 della Costituzione.
La norma, inoltre, poiché colpisce esclusivamente soggetti non residenti in Sardegna, contravvenendo così ai principi di uguaglianza e generalità dell’imposta, viola l’articolo 3 della Costituzione che impedisce trattamenti diseguali a fronte di situazioni soggettive equivalenti.

2. L'articolo 3, comma 2, della legge in esame, che sostituisce l’articolo 3 della legge regionale n. 4 del 2006. Tale norma introduce una nuova imposta, anch’essa a carico dei soggetti non residenti, dovuta per il mero possesso di fabbricati siti nel territorio regionale, diversi da quelli adibiti ad abitazione principale del proprietario o del titolare di altro diritto reale sugli stessi. In particolare, la norma prevede un obbligo impositivo parametrato alla dimensione dell’immobile.
Tale tributo, per natura e disciplina, si configura, quindi, come una nuova imposta sul patrimonio immobiliare destinata a colpire i soggetti non residenti e rappresenta, pertanto, un’autentica duplicazione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) istituita con il D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 504, dalla quale sono stati, peraltro, mutuati molti aspetti applicativi. Da ciò consegue che sono del tutto richiamabili i motivi di censura già esposti dallo scrivente, dovuti all’infrazione del divieto di doppia imposizione, nonché alla connessa violazione del principio di capacità contributiva di cui all’articolo 53 della Costituzione e, infine, alla violazione palese del principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione.
In tal senso, va evidenziato che la norma, oltre essere illegittima nel suo complesso in ragione della duplicazione dell’imposizione, contempla un criterio di tassazione basato sui metri quadrati di superficie, il quale provoca un’evidente disparità di trattamento fiscale dei contribuenti, in ordine al principio costituzionale di proporzionalità della tassazione di tipo patrimoniale nonché del connesso principio di capacità contributiva.

3. L'articolo 3, comma 3, della legge in esame, che sostituisce l’art. 4 della legge n. 4 del 2006. Sulla base dell’interpretazione letterale delle disposizioni contenute nell’art. 2, commi 2 e 3, della legge n. 4 del 2006, come oggi novellato, si evince che i soggetti passivi dell’imposta sullo scalo turistico degli aeromobili negli aerodromi situati nel territorio sardo, nonché delle unità da diporto nei porti, approdi e punti di ormeggio afferenti al territorio regionale, risultano essere le imprese individuali o collettive aventi domicilio fiscale al di fuori della Sardegna titolari dell’esercizio a fini commerciali degli aeromobili e delle unità da diporto, ai sensi rispettivamente degli art. 843 e 265 del codice della navigazione.
Per le considerazioni sopra esposte, deriva che per l’individuazione del soggetto passivo si fa riferimento esclusivamente a veicoli aeronavali rientranti nel campo degli usi commerciali e non anche individuali.
Orbene, il descritto intervento normativo è censurabile sotto molteplici aspetti.
Anzitutto, esso genera un’evidente distorsione della concorrenza, ponendo le imprese sarde operanti nel settore nautico ed in quello del trasporto aereo, in evidente posizione di vantaggio competitivo rispetto alle imprese non domiciliate in Sardegna, in ciò disattendendo quanto previsto dagli articoli 3 e 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea, il quale stabilisce che la concorrenza debba svolgersi in modo libero e non distorto.
Inoltre, soggetto passivo dell'imposta è la persona fisica o giuridica avente domicilio fiscale fuori dal territorio regionale che assume l'esercizio dell'aeromobile ai sensi degli articoli 874 e ss del Codice della navigazione, o che assume l'esercizio dell'unità da diporto ai sensi degli articoli 265 e ss dello stesso Codice.
Ne consegue una palese violazione del principio di uguaglianza previsto dall’articolo 3 della Costituzione e rientrante nei principi fondamentali dell’ordinamento tributario.
Infine, si osserva che la disciplina del tributo, in quanto a campo di applicazione, soggettività passiva e metodo di calcolo forfettario della tariffa (fondato su un imponibile presunto), nonché assenza di specifica destinazione vincolistica del gettito, induce a ritenere che anche tali forme impositive siano al di fuori dell’ambito delle tasse sul turismo, collegate in quanto tali, ad un effettivo utilizzo del territorio.
Peraltro, non tutte le fattispecie che realizzano il presupposto di imposta descritto all’articolo 2 della legge regionale n. 4 del 2006 sono collegate all’attività turistica, in quanto l’approdo per mare o via aerea in Sardegna, nell’arco temporale di applicazione del tributo, può avvenire non solo da parte di turisti ma anche per motivi diversi dal turismo.
Inoltre, come accennato, la norma in argomento risulta priva delle caratteristiche tipiche dei tributi di scopo quale quello turistico ambientale.
In primo luogo, difatti, non è rinvenibile la destinazione vincolistica del gettito su capitoli o poste in bilancio aventi una puntuale destinazione a finalità di tutela e valorizzazione ambientale. Inoltre, non sono presenti elementi che qualificano il rispetto di criteri di selettività e ragionevolezza nell’imposizione, che pure sono fondamentali ai fini del riconoscimento della legittimità di un siffatto provvedimento legislativo (si veda, sull’argomento, la sentenza n. 264 del 1996 della Corte Costituzionale, relativa al sindacato di legittimità di una norma istitutiva di una tariffa d’uso di strade comunali e regionali ad alta intensità di traffico, per molti aspetti assimilabile al tributo in esame).
Ne discende, la ulteriore conseguenza che la norma istitutiva dell’imposta regionale sugli aeromobili e sulle unità da diporto, nel violare gli articoli 3 e 120 della Costituzione, si pone in contrasto anche con il principio comunitario di libera circolazione delle persone (articolo 18 del Trattato istitutivo dell’Unione Europea), dal momento che configura un’imposizione non selettiva in ordine al campo di applicazione nonché irragionevolmente discriminante in quanto a soggettività passiva.

4. L’articolo 5 della legge regionale in esame, che istituisce l’imposta di soggiorno diretta a colpire il soggiorno nelle strutture ricettive turistiche e nelle unità immobiliari concesse in comodato o in locazione effettuato nel periodo dal 15 giugno al 15 settembre di ogni anno. L’istituzione dell’imposta è resa facoltativa per i comuni che la possono applicare a partire dall’anno 2008.
Al riguardo, si rileva che tale disposizione esenta dalla sua applicazione il cosiddetto “turismo interno” ovverosia tutte le persone che pur risiedendo in Sardegna, si spostano da un comune ad un altro non per motivi di lavoro, come prevede il comma 7, dell’articolo 5 in commento.
Per tale motivo, si ritiene che detta nuova imposta sia contraria all’articolo 3 della Costituzione poiché a fronte di situazioni eguali (soggiorno per motivi non di lavoro in un comune diverso da quello di residenza) discrimina tra cittadini residenti in Sardegna e tutti gli altri cittadini.

Per tutti i motivi sopra esposti, si ritiene necessario adire la Corte Costituzionale per la dichiarazione di illegittimità dell’articolo 3, commi 1, 2, 3 e dell’articolo 5 della legge n. 2 del 2007 della Regione Sardegna, per violazione degli articoli 3, 53, 117, commi 1 e 2, e 120 della Costituzione e degli articoli 3 e 8 dello Statuto speciale regionale e il contrasto con la normativa comunitaria di cui agli articoli 12, 23 e 56 del Trattato UE.

« Indietro