Dettaglio Legge Regionale

Norme per l'accoglienza, la convivenza civile e l'integrazione degli immigrati in Puglia. (4-12-2009)
Puglia
Legge n.32 del 4-12-2009
n.196 del 7-12-2009
Politiche socio sanitarie e culturali
4-2-2010 / Impugnata

La legge regionale in oggetto, recante “Norme per l’accoglienza, la convivenza civile e l’integrazione degli immigrati in Puglia”, prevede, all’art. 1, commi 1 e 3, all’art. 2, all’art. 3, all’art. 4, comma 4, all’art. 5, comma 1, lett. a) e b), all’art. 6, comma 1, lett. b) e c), all’art. 10, comma 5, all’art. 13 e all’art. 14, una serie di interventi volti a garantire l’accesso ai servizi socio-assistenziali, socio-sanitari, all’abitazione, all’istruzione, alla formazione professionale, nonché il diritto di difesa, la partecipazione alla vita pubblica locale, etc., ed indica genericamente quali destinatari di tali interventi gli “immigrati”, o i “cittadini immigrati presenti sul territorio regionale”, o, in alcune delle citate norme (art. 1, comma 3, lett. a ed h), gli stranieri “presenti a qualunque titolo sul territorio della regione”.
L’uso di tali formule ampie e generiche, congiuntamente alla circostanza che altre disposizioni della legge regionale (ad esempio, gli artt. 10, 14 e 17) si riferiscono espressamente ai “cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nella regione”, comporta che i suddetti interventi siano inequivocabilmente rivolti anche ai cittadini stranieri immigrati privi di regolare permesso di soggiorno.
Alla luce di tale considerazione, le disposizioni regionali indicate, disciplinando ed agevolando il soggiorno degli stranieri che dimorano irregolarmente nel territorio nazionale, risultano eccedere dalle competenze della Regione, poiché incidono sulla disciplina dell’ingresso e del soggiorno degli immigrati che, come più volte affermato dalla Corte Costituzionale (sentt. n. 50 del 2008, n. 156 del 2006, n. 300 del 2005), è riservata allo Stato, in quanto ricompresa nelle materie “diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea” e “immigrazione”, previste rispettivamente alle lett. a) e b) dell’art. 117, comma 2, Cost.
Dette disposizioni regionali contrastano in particolare con i principi fondamentali stabiliti in tale materia dal d.lgs. n. 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione), che, agli artt. 4, 5, 10, 11, 13 e 14, sancisce l’illegittimità e le conseguenze (respingimento, espulsione o detenzione nei centri di identificazione ed espulsione) del soggiorno degli immigrati irregolari, configurandolo, inoltre – ai sensi del nuovo art. 10 bis (aggiunto dalla legge n. 94/2009, art. 1, comma 16, lett. a) – come reato. Lo stesso Testo Unico stabilisce altresì (ad es. agli artt. 19 e 35) alcune specifiche deroghe a tale disciplina, le quali, costituendo misure eccezionali, devono ritenersi tassative.
Ne consegue che la legge regionale non può in alcun modo incidere in tale ambito normativo, tantomeno predisponendo interventi volti al riconoscimento o all’estensione di diritti in favore dell’immigrato irregolare o in attesa di regolarizzazione, cioè non può disporre, attraverso regimi di deroga non previsti dalla normativa statale, casi diversi ed ulteriori di non operatività della regola generale della condizione di illegittimità e di reato dell’immigrato irregolare.
Le citate disposizioni regionali risultano pertanto violare, oltre al già menzionato art. 117, comma 2, lett. a) e b), anche le competenze statali di cui all’art. 117, comma 2, lett. h) e l), in materia di “ordine pubblico e sicurezza” ed “ordinamento penale”.

1.In particolare, la legge regionale presenta i profili di illegittimità costituzionale sopra evidenziati con riferimento alle seguenti norme:

a)l’art. 2, al comma 1, disponendo che “Le norme di cui alla presente legge si applicano, qualora più favorevoli, anche ai cittadini neocomunitari”, stabilisce una misura nei confronti dei cittadini comunitari che era già contenuta nel testo unico sull’immigrazione (art. 1, comma 2), e che è stata abrogata dall’articolo 37, comma 2, del d.l. 112/2008, convertito nella legge 133/2008. Così disponendo, pertanto, la norma regionale in oggetto viola anche la competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, comma 2, lett. a), in materia di “rapporti dello Stato con l’Unione europea”;

b)l’art. 10, nell’ambito della disciplina dell’accesso e della fruizione dei servizi sanitari da parte di tutti gli immigrati presenti sul territorio regionale, contiene, rispettivamente ai commi 5 e 6, disposizioni riguardanti più specificamente la cura dei “cittadini stranieri temporaneamente presenti (STP) non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno”, e dei “cittadini comunitari presenti sul territorio regionale che non risultano assistiti dallo Stato di provenienza, privi dei requisiti per l’iscrizione al SSR e che versano in condizioni di indigenza”.
Tali norme risultano in contrasto con i principi di cui alla normativa statale in materia, e in particolare con l’art. 35 del d.lgs. n. 286/1998, che, nel dettare disposizioni sull’“Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale”, stabilisce, al comma 3, che “Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno, sono assicurate” unicamente “le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva”.
Pertanto, le norme regionali in esame eccedono dalle competenze regionali in relazione a tutte quelle prestazioni sanitarie da esse previste – ad esempio, l’erogazione dell’assistenza farmaceutica con oneri a carico del SSN (art. 10, comma 5, lett. b) e la previsione della libera scelta del medico di base (lett. c) – ulteriori rispetto a quelle strettamente essenziali indicate dalla citata normativa statale.

c)l’art. 15, comma 3, in materia di politiche di inclusione sociale dei detenuti stranieri, prevede che “D’intesa con il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, la Regione programma interventi diretti a rimuovere gli ostacoli che limitano l’accesso agli istituti previsti dall’ordinamento in alternativa o in sostituzione della pena detentiva, nonché ai permessi premio ex articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), come inserito dall’articolo 9 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 e da ultimo modificato dall’articolo 2, comma 27, lettera b), della legge 15 luglio 2009, n. 94”.
Riguardo tale norma va sottolineato che, oltre a non risultare chiaro cosa debba intendersi per “interventi diretti alla rimozione degli ostacoli che limitano l’accesso agli istituti…”, in ogni caso essa eccede dalle competenze regionali, in quanto incide in un ambito, quello dell’ordinamento penitenziario – riconducibile all’ordinamento penale – di competenza dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. l), e su cui il legislatore statale ha già provveduto a dettare la relativa disciplina, contenuta proprio nella citata l. n. 354/1975.

2.Un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale è inoltre riscontrabile con riferimento all’art. 1, comma 2, lett. h), nel quale si prevede che “La Regione concorre, nell’ambito delle proprie competenze, all’attuazione (…) dei principi espressi (…) dalla Convenzione internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie, approvata il 18 dicembre 1990 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed entrata in vigore il 1° luglio 2003”. Poiché l’Italia non ha ancora ratificato tale Convenzione, la norma regionale in esame risulta eccedere dalle competenze attribuite alla Regione e violare, pertanto, la competenza legislativa esclusiva dello Stato, di cui all’art. 117, comma 2, lett. a), Cost., in materia di “politica estera e rapporti internazionali”.

Per i motivi esposti si ritiene che le disposizioni regionali sopra menzionate debbano essere impugnate dinanzi alla Corte costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.

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