Dettaglio Legge Regionale

Esercizio di pratiche ed attività bionaturali ed esercizio delle attività dei centri benessere. (19-2-2008)
Emilia Romagna
Legge n.2 del 19-2-2008
n.24 del 19-2-2008
Politiche socio sanitarie e culturali
1-4-2008 / Impugnata
La Legge regionale in esame, che regolamenta l' "esercizio di pratiche ed attività bio-naturali ed esercizio delle attività dei centri benessere", contiene disposizioni che, nel loro impianto complessivo e sostanziale, realizzano l'individuazione di nuove figure professionali, eccedendo in tal modo dai limiti della competenza concorrente attribuita alla Regione dall'art. 117, comma 3, Cost., in materia di "professioni". Ricorrono, infatti, i profili di illegittimità costituzionale già rilevati dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 40/2006, n. 424/2005 e n. 300/2007 con riferimento ad analoghe leggi della Regione Piemonte (l.r. n. 13/2004), della Regione Liguria (l.r. n. 18/2004 e n. 6/2006) e della Regione Veneto (l.r. n. 16/2006).
In particolare la valenza istitutiva di nuove figure professionali, censurabile sotto il profilo costituzionale, si desume (come evidenziato anche dalla citata sentenza n. 300/2007) dalle seguenti previsioni:
1) dall'art. 2, comma 1, lett. b), e dall'art. 7, comma 4, che descrivono i compiti assegnati all'operatore di pratiche bio-naturali, il quale, praticando "tecniche naturali e bioenergetiche" " promuove il benessere e il mantenimento in salute della persona", nonché dall'art. 2, comma 2, che definisce le caratteristiche cui deve essere finalizzata l'azione dell'operatore di pratiche bio-naturali, affermando che deve operare "per il miglioramento dalla qualità della vita, conseguibile anche attraverso la stimolazione delle risorse vitali della persona";
2) dall'art. 4, comma 1, che istituisce il Comitato regionale per l'esercizio di pratiche ed attività bio-naturali, cui compete la definizione "degli ambiti di attività correlate alle pratiche bionaturali e, per ciascuno, le modalità di esercizio del relativo percorso formativo"; la definizione dei criteri utili per la creazione "dell'elenco regionale delle pratiche ed attività bionaturali"; la determinazione dei "criteri di riconoscimento degli operatori che già svolgono l'attività sul territorio regionale precedentemente all'entrata in vigore della legge";
3) dall'art. 5, che prevede l'istituzione di un elenco regionale delle pratiche bio-naturali ove possono iscriversi, sulla base del verificato possesso di specifici requisiti attestanti una determinata qualificazione professionale, gli operatori nelle pratiche bio-naturali.
Così disponendo, alla stregua di quanto più volte affermato dalla Corte Costituzionale in materia di professioni (cfr. sentt. nn. 353/2003, 319, 355, 405 e 424/2005, nonché 40 e 153/2006), le suddette previsioni si pongono in contrasto con il principio fondamentale secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili, ordinamenti didattici e titoli abilitanti, così come l'istituzione di nuovi albi, ordini o registri, sono attività riservate allo Stato, residuando alle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà territoriale (tale giurisprudenza è stata, peraltro, recepita nel d.lgs. n. 30/2006 che ha provveduto alla ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni).
A ciò si aggunga che non vale a superare la presunta illegittimità della legge in esame il fatto che in essa venga esplicitamente specificato (all'art. 1, comma 1) che le discipline bio-naturali non sono riconducibili alle "attività di cura e riabilitazione della salute fisica e psichica della popolazione erogate dal servizio sanitario nazionale" e che l'operatore in tali discipline non esegue tali prestazioni "con finalità sanitarie, di cura e riabilitazione da patologie". La legge infatti utilizza espressioni così ampie, come ad esempio "miglioramento della qualità della vita conseguibile anche mediante la stimolazione di risorse vitali" (art. 2, comma 1, lett. b), ovvero mediante l'utilizzo di "tecniche naturali e bioenergetiche" (art. 7, comma 4), che rischiano di far ricadere nel proprio ambito attività curative per le quali non sussiste alcuna evidenza scientifica né alcun riscontro pratico tratto dall'esperienza, che garantiscano la loro efficacia e la loro non lesività per la salute, con conseguenze pratiche difficilmente prevedibili e certo non conciliabili con la necessità che pratiche curative siano svolte da soggetti titolati.
Si tratta di vere e proprie norme in bianco, suscettibili di applicazioni e interpretazioni estensive, non ammissibili in una materia delicata come quella della salute dell'individuo, per la quale il principio di prevenzione non può essere ignorato.
Per completezza espositiva, va segnalato che l'art. 1, comma 2, della recente legge n. 43/2006, sancisce la competenza delle regioni ad individuare e formare profili di operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie. Si ritiene tuttavia, che gli operatori in discipline bio-naturali non possano rientrare nella previsione di cui all'art. 1 della legge sopra citata, in quanto gli operatori di cui alla legge in esame non si limiterebbero a porre in essere attività di carattere ausiliario rispetto a quelle dei professionisti sanitari, ma praticherebbero, direttamente e con una certa autonomia, attività di carattere curativo aventi a che fare con la tutela della salute.
In tal senso, del resto, si è espressa anche la Consulta con la citata sentenza n. 300/2007, secondo la quale gli operatori di interesse sanitario svolgono attività aventi carattere "servente", e di livello inferiore, rispetto a quelle pertinenti alle professioni sanitarie e questo carattere ("servente") non è invece ravvisabile nell'attività dell'operatore delle discipline bionaturali del benessere.
Considerato, infine, che le restanti disposizioni della legge regionale in esame si pongono in inscindibile connessione con quelle specificamente censurate, tale che senza queste ultime, le medesime restano prive di autonoma portata normativa, si ritiene che l'illegittimità costituzionale debba estendersi, di conseguenza, all'intero testo della legge regionale, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87/1953.

« Indietro