Dettaglio Legge Regionale

Interventi a sostegno dell'informazione e della comunicazione istituzionale via radio, televisione, cinema e informatica. (26-10-2009)
Piemonte
Legge n.25 del 26-10-2009
n.43 del 29-10-2009
Politiche socio sanitarie e culturali
11-12-2009 / Impugnata
La legge regionale in oggetto, recante “Interventi a sostegno dell’informazione e della comunicazione istituzionale via radio, televisione, cinema e informatica”, presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento agli artt. 3, comma 1, e 8, comma 2.

1) L’art. 3, comma 1, che prevede una definizione del “Sistema Integrato delle Comunicazioni” (SIC) diversa da quella stabilita dall’art. 2, comma 1, lettera l), del d.lgs. n. 177/2005, “Testo unico della radiotelevisione” (non ricomprendendo nel SIC la “stampa quotidiana e periodica” e la “pubblicità esterna”), contrasta con i principi fondamentali e travalica i limiti posti alla legislazione regionale dall’art 12 dello stesso decreto legislativo.
Poiché la disciplina statale del “Sistema Integrato delle Comunicazioni” rientra fra le norme volte a regolare il mercato al fine di impedire il formarsi di posizioni dominanti, la disposizione regionale incide sulla competenza esclusiva riservata allo Stato in materia di tutela della concorrenza dall’art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione.

2) L’art. 8, comma 2, autorizza la Giunta regionale “a promuovere intese con il Ministero dello sviluppo economico volte a definire l’utilizzo di quota parte del canone di abbonamento RAI corrisposto dai cittadini piemontesi, nel rispetto dei criteri generali approvati dal Consiglio regionale su proposta della Giunta medesima”.
Si premette che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 284 del 2002, ha evidenziato come il canone RAI, “benché all’origine apparisse configurato come corrispettivo dovuto dagli utenti del servizio riservato allo Stato ed esercitato in regime di concessione, ha da tempo assunto, nella legislazione, natura di prestazione tributaria, fondata sulla legge”. In particolare, esso si configura come “imposta”, alla luce della previsione legislativa dell’art. 15, secondo comma, della legge n. 103/1975, secondo cui il canone è dovuto anche per la detenzione di apparecchi atti alla ricezione di programmi via cavo o provenienti dall’estero. Secondo la Corte, “ciò comporta che la legittimità dell’imposizione debba misurarsi (…) sul presupposto della sua riconducibilità ad una manifestazione, ragionevolmente individuata, di capacità contributiva”, consistente proprio nella mera detenzione di un apparecchio radiotelevisivo. A parere del giudice costituzionale, “Il canone radiotelevisivo costituisce in sostanza un’imposta di scopo, destinato come esso è, quasi per intero (…) alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.
Pertanto, la disposizione in esame, prevedendo un intervento della Regione nell’utilizzo del tributo, si pone in contrasto con le norme nazionali contenenti la disciplina del canone stesso, cioè con il r.d.l. n. 246 del 1938 (“Disciplina degli abbonamenti delle radioaudizioni”) e con l’art. 47 del citato d.lgs. n. 177 del 2005, non risultando sufficiente a giustificare un intervento in tale ambito la prescritta intesa con il Ministero dello sviluppo economico.
In tal modo, la norma regionale, intervenendo nella disciplina di un tributo erariale, viola la competenza esclusiva statale in materia di “sistema tributario dello Stato”, di cui all’art. 117, comma 2, lett. e), Cost., anche alla luce di una consolidata giurisprudenza costituzionale in base alla quale “si deve tuttora ritenere preclusa alle Regioni la potestà di legiferare sui tributi esistenti, istituiti e regolati da leggi statali” (sent. n. 37/2004 e sentenze ivi citate).

Per i motivi esposti si ritiene che le disposizioni regionali sopra menzionate debbano essere impugnate in Corte costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.

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