Riforma Province, l'intervento del ministro Calderoli al convegno di Confindustria Cuneo


Oggi, 2 ottobre, a Cuneo per l’appuntamento organizzato dalla Confindustria Cuneo in tema di Province e attualità politica.
Un momento di confronto e riflessione che ha visto la partecipazione anche di numerosi amministratori del territorio, e questo mi fa piacere.
Venendo al tema cardine, è chiaro a tutti che la legge Delrio ha fallito. E lo dico da marito di una tra gli ultimi Presidenti di Provincia eletti negli scorsi anni, quindi so che cosa si faceva prima e cosa si fa (o non si fa) oggi.
Ma è altrettanto chiaro che quella legge è attualmente quella vigente ed è sovrana. Sono passati ben 9 anni dalla sua entrata in vigore e, sebbene dovesse essere solo una sorta di legge “ponte” fino al referendum costituzionale del 2016, è ancora tra noi.
A distanza di questi anni, gli effetti si sono visti e sono evidenti anche ai cittadini: buche per le strade, erba non tagliata, manutenzioni non sempre adeguate. Ma senza i soldi, queste cose non possono essere fatte e quindi non ci si può lamentare. Per cui io ritengo che le Province debbano rinascere e che sia garantito non solo un ritorno di risorse, ma anche un ritorno della democrazia perché devono essere i cittadini a decidere chi può guidarle.
Dev’esserci un Presidente della Provincia eletto dai cittadini e deve poter avere una sua squadra, dotandosi di una giunta vera e propria che lavori al governo del territorio. Dico così perché oggi ci sono i cosiddetti “consiglieri delegati” a svolgere i ruoli di assessore, ognuno dei quali esercita questi incarichi a proprie spese e quindi rimettendoci economicamente. Quindi dico: uno può non arricchirsi con la politica o con la vita amministrativa, ma non si può imporre a una persona di impoverirsi perché ha scelto di dedicarsi al bene della cosa pubblica.
La democrazia è un costo, assolutamente sì. Ma se questo costo lo pago perché il soggetto che deve erogare una funzione è in grado di farlo, allora è una spesa fatta bene e che devo fare.
Un punto a “cerniera” tra Regioni e Comuni è necessario, anche perché abbiamo realtà molto piccole sul nostro territorio. È necessario che vengano ripristinate anche le funzioni come raccordo tra le istituzioni, anche per garantire gli adeguati servizi ai cittadini. Altrimenti come può farlo, ad esempio, un Comune di 40 abitanti? Si fa riferimento al proprio Sindaco, altrimenti si va direttamente alla Regione? È irrealistico.
E non è vero, come potrebbe dire qualcuno, che si “moltiplicano le poltrone”. Né è vero, come si è visto in qualche film di Checco Zalone, che la Provincia svolga un ruolo inutile. Tutto il contrario. Se la democrazia ha un costo ma è giustificato dalle funzioni e dai risultati che realizza, è sostenibile ed è giusto perché è nell’interesse del cittadino.
Il percorso in Parlamento sembrava ben avviato ed ora si trova vincolato a diverse motivazioni per procedere. Alcune sono politiche, altre invece personali. Per come la vedo io, c’è ancora tempo per approvare la riforma e arrivare ad un election-day nel giugno 2024, risparmiando 225 milioni che si dovrebbero spendere in caso di turno elettorale non coincidente con altri. A conti fatti, sarebbe come sprecare in una volta sola il costo di circa 3 mandati per Presidenti e Assessori Provinciali. Un costo che si potrebbe azzerare, accorpando le elezioni nel giugno 2024.
Il disegno di legge al vaglio del Parlamento prevede inoltre una soglia del 40% per vincere le elezioni. Ebbene, non si tratta di un “esperimento” ma di uno strumento per combattere la disaffezione dalla politica, peraltro che è già in uso in Sicilia e che funziona. A causa della disaffezione al voto, che si manifesta soprattutto al secondo turno, molto frequentemente il vincitore, cioè quello che diventa sindaco, prende meno voti di quelli che ha preso il suo sfidante al primo turno. Un’assurdità in piena regola, che genera veri e propri “sindaci di minoranza”.
Sempre parlando di Sindaci, ritengo poi che sia assurdo prevedere dei limiti ai mandati. Se i cittadini scelgono e votano una persona, perché dovremmo impedirglielo? Soprattutto nei Comuni più piccoli, dove fare il Sindaco è come una vocazione da missionario per l’impegno che richiede, questo limite andrebbe tolto. Ma per me è un discorso che vale in generale. Che senso ha porre un limite ai mandati da Sindaco, se per assurdo una persona potrebbe fare 10 volte consecutive il Presidente del Consiglio?
Per quel che riguarda le funzioni da attribuire, con le relative risorse, ripeto ciò che dico anche quando si parla di autonomia: prima vanno definite le funzioni, poi vi vanno attribuite delle risorse e poi vi si applicano. Il tutto ovviamente con buona dose di realismo, garantendo il rispetto dei diritti ai cittadini e soprattutto rispettando l’equilibrio di bilancio. Prima si guarda quanto si ha in tasca e poi si va a fare le spese, non il contrario, perché se no ti portano via anche la carta di credito.
(Testo a cura dell'Ufficio Stampa)